III «Soli Deo Gloria»

Lo storico dovrebbe essere sempre anche uno psicologo: e mai questo assioma metodologico è tanto vero come quando si tratta di rievocare figure che hanno avuto una eccezionale esperienza religiosa e hanno esercitato intorno a sé una peculiare azione proselitistica. Poiché, come è comprensibile, noi desideriamo raccomandare quanto piú fortemente sia possibile la valutazione che abbiamo proposto della origine prima cosí della predicazione luterana come di quella calvinista, non possiamo fare a meno di ribadire anche qui la opportunità e la oggettività del criterio a cui ci siamo ispirati nel ricostruire lo sviluppo intimo della coscienza di Lutero durante la sua crisi monastica, e nel valutare i contrassegni peculiari della esperienza e della predicazione di Calvino. Ci siamo sforzati in ogni modo di tener dietro, istante per istante, diciamo cosí, al tormento che lo spirito di Lutero veniva subendo negli angoscianti scrupoli del suo ascetismo claustrale. A proposito di Calvino ci siamo parallelamente sforzati di individuare la diversa sua formazione e la completa assenza di quel travaglio interiore di coscienza, che la sua vita laicale gli ha consentito. È cosa che non avrebbe bisogno di essere ricordata, se gli storici e i teologi che non sono psicologi non lo dimenticassero costantemente e concordemente, che il matrimonio non può essere celebrato nelle stesse disposizioni di spirito da un prete o da un frate o da un laico. Noi non vorremmo dire nulla di paradossale, ma dobbiamo confessare che ci siamo molte volte domandati se, ad esempio, questa diversa situazione di Lutero e di Calvino di fronte ad un fatto tanto semplice come quello di contrarre matrimonio, non abbia pesato in maniera molto piú considerevole di quanto non si voglia supporre, sul diverso tono con cui Lutero insiste sulla giustificazione per fede, e Calvino invece sulla predestinazione. E pensare che questa diversa insistenza di tono ha esercitato ripercussioni cosí vaste sulla distribuzione delle forze spirituali e sociali nell'Europa postriformata! È per questo che noi ci siamo preoccupati soprattutto di circoscrivere nei dovuti limiti, e inquadrare nella piú oggettiva e concreta cornice, il dramma personale di spirito cosí di Lutero come di Calvino, per aprirci meglio il varco alla risoluzione dell'unico quesito che interessi lo storico dei movimenti riformatori del secolo XVI quali si configurano nella evoluzione della Cristianità moderna, il quesito cioè che si può formulare cosí: in quale modo, in virtú di quali coefficienti e di quali fattori, attraverso quali circostanze, la crisi personale dei riformatori si è trasformata in una forza normativa e in una comunità religiosa organizzata?

L'edizione completa delle opere di Calvino è quella curata dagli studiosi di Strasburgo, J. W. Baum, E. Cunitz, E. Reuss, P. Lobstin, A. Erichson, in 59 volumi, la pubblicazione dei quali ha impiegato quasi un quarantennio, dal 1863 al 1900. L'ultimo dei volumi contiene una elaborata bibliografia. Nel 1926 si fondò a Parigi una «Société Calviniste de France» con lo scopo di studiare e di propagare il calvinismo, «considerato come un elemento di forza e di progresso per il pensiero cristiano» e in pari tempo «di far conoscere la persona e le opere di Calvino e la letteratura religiosa calvinista». Pubblicazioni della Società furono: 1°) J. Calvin, Epître au Roi, préface de la première édition française de l'Institution chrétienne, texte publié, pour la première fois, d'après l'exemplaire de la Bibliothèque nationale, avec introduction, notes, et 2 fac-similés (Paris, Fischbacher, 1928); 2°) J. Calvin, Epître à tous Amateurs de Jésus Christ, préface à la traduction française du Nouveau Testament par Robert Olivetan (1535) (le plus ancien texte français de Calvin qui ait été imprimé), avec Introduction sur une Édition Française de l'Institution dès 1537. Jacques Pannier è lo studioso che ha dedicato a questi saggi le sue cure di editore. Tutta una serie di opere sue ci fanno constatare come la sua perizia in fatto di origini calviniste sia impareggiabile.

Segnaliamo fra i suoi studi i piú notevoli; Le Témoignage du Saint-Esprit (Essai sur I'histoire du dogme dans la théologie réformée); L'enfance et la jeunesse de Calvin (Sa famille, ses études, ses voyages, 1509-1535); L'institution de la religione chrétienne, Texte de la première édition (1541) réimprimé sous la direction de A. Lefranc, par H. Châtelain et J. Pannier, 2 voll. in 8°, Paris, Champion, 1911; Recherches sur l'évolution religieuse de Calvin jusqu'à sa conversion; Calvin à Strasbourg; Calvin et l'épiscopat; Calvin à Ferrare.

Sagace e diligente il saggio di Franco Calandra: Appunti sullo sviluppo spirituale della giovinezza di Calvino, estratto dalla «Rivista storica italiana», del 1939.

Biografie complessive di Calvino degne di essere ricordate son quelle di P. Henry, Das Leben J. Calvins, in tre volumi pubblicati ad Amburgo fra il 1835 e il 1844; V. Audin, Histoire de la vie, des ouvrages et des doctrines de Calvin, in 2 volumi pubblicati a Parigi nel 1841; di E. Stähelin, Joh. Calvin, Leben und ausgewählte Schriften, in 2 volumi pubblicati ad Elberfeld nel 1863; infine di R. N. Carew Hunt, Calvino, nella versione italiana di Ada Prospero, presso il Laterza di Bari, 1939.

Sul primo fermentare delle correnti riformatrici in Francia conviene consultare gli Études sur la Réforme Française di Henri Hauser (Paris, Picard, 1909, «Bibliothèque d'Histoire Religieuse»).

Sul dramma di Serveto v. l'eccellente monografia di Wolrad Emde, Michael Servet als Renaissancephilosoph und Restitutions-theologe, nella «Zeitschrift für Kirchengeschichte» 1941, pag. 96 e segg.

Non abbiamo dedicato un capitolo speciale al movimento scismatico inglese che portò sotto il regno di Enrico VIII la Chiesa d'oltre Manica a separarsi da Roma. Alle sue origini lo scisma Inglese, appunto perché scisma, non ha punti dottrinali sui quali prende nettamente e decisamente posizione contro l'ortodossia romana. Abbiamo cercato nella nostra esposizione del movimento luterano da una parte, del movimento calvinista dall'altra, di inserire di momento in momento la evocazione degli atteggiamenti che vengono assumendo, cosí di fronte a Roma come di fronte alle due grandi correnti della riforma europea, i sovrani d'Inghilterra. Intorno alla figura di Enrico VIII la cultura italiana può oggi vantare di avere una monografia letteralmente perfetta: quella di Corrado Fatta, Il regno di Enrico VIII d'Inghilterra secondo i documenti contemporanei, due grossi volumi pubblicati dalla «Nuova Italia», Editrice di Firenze, nella sua «Biblioteca di Cultura» (XV, 1, 2).

I vari atteggiamenti dal punto di vista strettamente teologico e disciplinare delle Chiese nazionali in Inghilterra e in Scozia subiscono precisamente gli impulsi e il contraccolpo delle lotte interne fra Inghilterra e Scozia e piú tardi fra anglicani e puritani. Sui rapporti dei protestanti d'oltre Manica con Calvino, quando i piú eminenti fra loro si rifugiano sul continente, all'epoca di Maria, parecchie notizie si possono trovare nella grande opera del Doumergue, Jean Calvin, nel volume VII (Parigi e Losanna, 1927). L'argomento è ampiamente svolto in opere come quelle di A. F. Pollard, England under Protector Somerset, Londra, 1900; di G. Burnet, History ot the Reformation, Oxford, 1865; di F. G. Lee, The Church under Elisabeth, Londra, 1892; di A. F. Mitchell, The Scottish Reformation, Edimburgo, 1900.

Oggi, dopo le ricerche del Troeltsch e del Weber, l'interesse intorno al calvinismo e alla sua azione nella genesi del mondo moderno si è polarizzato sui concetti di chiamata, di vocazione, di destino. In quale misura questi concetti basilari del calvinismo hanno pesato sulla costituzione della società capitalistica? Si comprende come il problema abbia suscitato una quantità di indagini, specialmente nei paesi dove calvinismo e capitalismo sembrano aver proceduto di conserva. Noi abbiamo cercato di raccogliere nelle nostre pagine l'eco di queste polemiche e di dare un nostro apprezzamento in materia. Per piú ampi ragguagli diamo qui le indicazioni bibliografiche sostanziali. Il saggio principale di Max Weber fu quello dal titolo: Die protestantische Ethik und der Geist des Kapitalismus, pubblicato nell'«Archiv für Sozialwissenschaft und Sozialpolitik», XX, 1904, e ripubblicato poi nel primo volume delle sue «Gesammelte Aufsätze zur Religionssoziologie», 1920. Discussioni in proposito in L. Brentano, Die Anfänge des modernen Kapitalismus, 1916, pp. 117-157, in Richard H. Tawney, Religion and the Rise of Capitalism, 1926, pp. 315-317. Un buon prospetto della questione è quello dato da Kemper Fullerton, sotto il titolo Calvinism and Capitalism, in un articolo della «Harvard Theological Review» del 1928 (N. 3).

Poiché la trasmissione dell'ordine sacro nella Chiesa d'Inghilterra ha costituito argomento di appassionate discussioni fra cattolici e anglicani nel secolo XIX, fino al giorno in cui la bolla Apostolicae curae, di Leone XIII, del 13 settembre 1896, definí perentoriamente invalide le ordinazioni anglicane, crediamo opportuno qui segnalare il saggio storico-teologico, non del tutto oggettivo e imparziale, del gesuita Brandi, Delle ordinazioni anglicane, Roma, «Civiltà Cattolica», 1908.

La decisione romana, che non mancò di suscitare reazioni vivacissime nel mondo anglicano, fu anche determinata da motivi contingenti e concreti, perché si seppe molto bene che una decisione in altro senso della Santa Sede avrebbe determinato ragioni profonde di scandalo e di malumore fra la gerarchia irlandese, la cui efficienza nella cattolicità degli Stati Uniti si sa quanto sia rilevante.

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