Capitolo IV In «queue»

Se diamo ora un'occhiata a Parigi, una cosa ci salta agli occhi: che le botteghe dei fornai hanno ormai le loro Queues, o Code; lunghe filze di compratori, stanno l'un dietro l'altro in coda, di maniera che il primo venga servito pel primo, – quando si aprono le botteghe! Questa maniera di attendere formando coda, non più vista dai primi di Luglio, appare di nuovo in Agosto. Col tempo, noi la vedremo perfezionata dalla pratica, al grado quasi d'un'arte; e l'arte o quasi arte dello stare in coda diviene una delle caratteristiche del Popolo parigino, che così si distingue da qualsiasi altro Popolo.

Considerate un po': mentre il lavoro è per sè stesso così scarso, un uomo che abbia affine realizzata della moneta è costretto ad aspettare (se sua moglie è troppo debole, e non può nè attendere nè lottare) per mezza giornata, in coda, finchè ottenga che il suo danaro sia cambiato in un pane caro e cattivo! I litigi, che arrivano fino allo spargimento di sangue e alle percosse, divengono inevitabili in quelle Queues esasperate. In mancanza di litigi, si ha un concorde Pange lingua di lamenti contro le istituzioni. La Francia ha cominciato il suo lungo Curriculum della Fame, istruttivo e produttivo più dei Curricula accademici; che si prolunga per sette anni dei più strenui. Come Jean Paul dice nella sua propria vita, «questo affare della fame arriverà a una grande altezza».

Ora considerate, con strano contrasto, le Cerimonie di giubilo; poichè l'aspetto di Parigi, in generale, presenta questi due lati: le cerimonie di giubilo e la scarsezza dei viveri. Parecchie processioni marciano lietamente, coi loro nastri tutti tricolori; cantando canzoni e suonando i tamburelli, si recano all'altare di Santa Genoveffa, per ringraziarla che la Bastiglia è atterrata. Non mancano gli uomini forti e le donne forti del Mercato, coi loro mazzi di fiori e i loro discorsi. L'Abbé Fouchet, famoso in quest'opera (giacchè l'Abbé Lefèvre altro non poteva che distribuire la polvere) benedice il panno tricolore per la Guardia Nazionale; e ne fa una bandiera tricolore Nazionale, vittorioso segnacolo prima o poi nella causa delle libertà civili e religiose di tutto il mondo. Fauchet, dicevamo, è l'uomo dai Te Deum e dalle pubbliche consacrazioni; alle quali, come in questa occasione della bandiera, la nostra Guardia Nazionale «risponderà con salve di moschetti», nella chiesa o cattedrale che sia, riempiendo Notre-Dame dei più rumorosi e fuligginosi Amen, che sono indice di tante cose.

Dopo tutto, dobbiamo dire che il nostro nuovo Maire Bailly, e il nostro nuovo Comandante Lafayette, chiamato anche «Scipio-Americanus», hanno pagato caro il loro avanzamento. Bailly va sontuosamente sul cocchio dorato dello Stato, cogli alabardieri del Re; e Camillo Desmoulins ed altri fanno udire strani suoni al suo passaggio; Scipio monta il «bianco cavallo di guerra» e caracolla col suo pennacchio civico in vista di tutta la Francia. Nessuno di loro, nondimeno, lo fa per nulla; ma in verità a un prezzo esorbitante. Al prezzo, cioè, di alimentare Parigi e d'impedire che combatta. Coi fondi della città, circa diciassettemila dei più derelitti sono adibiti a scavare su Montmartre, per venti soldi al giorno, che servono per comperare, a prezzo del mercato, quasi due libbre di cattivo pane: costoro guardano assai torvo quando Lafayette va ad arringarli. La Municipalità compie un penoso lavoro giorno e notte; poichè deve provvedere al pane, a una Costituzione municipale, a regolamenti d'ogni genere, a imbavagliare la stampa del Sanculottismo; sopratutto: Pane, Pane.

Gli approvvigionatori requisiscono il paese in lungo e in largo con una fame da leoni; scoprono il grano nascosto, acquistano quello che trovano, per amore o per forza; insomma vogliono e debbono trovare il grano. Uno dei còmpiti più ingrati; così difficile, così pericoloso – posto pure che si riesca a qualche cosa. Il 19 di agosto v'è cibo per un giorno. Sorgono lamenti che l'alimento sia adulterato e produca un certo effetto negli intestini: non è grano, ma calcina di Parigi! Senonchè, a proposito di questo effetto che consisteva in un bruciore alla gola e al palato; un proclama municipale vi avverte di non tenerne conto, o, se mai, di considerarlo come la conseguenza d'un benefico drastico. Il Maire di Saint-Denis, tanto il suo pane era nero, è stato dalla popolazione dispeptica del luogo impiccato alla lanterna. Le Guardie Nazionali proteggono a Parigi il mercato del grano: in principio dieci erano sufficienti, poi ne occorsero seicento. Avete un gran da fare, voi, Bailly, Brissot de Warville, Condorcet e altri!

Poichè, come s'è accennato dianzi, vi è da fare anche una Costituzione Municipale. Gli Elettori della vecchia Bastiglia, dopo aver salmodiato per una diecina di giorni sulla loro gloriosa vittoria, cominciarono a sentirsi domandare in tono stizzoso: Chi vi ha messi a quel posto? In conseguenza, erano tenuti a cedere l'ufficio, non senza lamenti e brontolii da ambo le parti, a un più largo Corpo, eletto specialmente per quel posto. Questo nuovo Corpo, aumentato, modificato, poi finalmente fissato nel numero di trecento componenti, col titolo di Rappresentanti della Città (Représentants de la Commune), ora siede colà; regolarmente suddiviso in Comitati, assiduamente occupato a fare una Costituzione, tutti i momenti in cui non è adibito alla ricerca della farina.

Questa Costituzione è un piccolo compendio di meraviglie; di cui una consiste nel «consolidare la Rivoluzione»! Sicchè la Rivoluzione è finita? Il Maire Bailly e tutti i rispettabili amici della libertà hanno d'aria di crederlo. La vostra Rivoluzione, come la gelatina bollita al giusto punto, non ha bisogno che d'essere versata nelle forme della Costituzione, e «consolidata» lì dentro. Non è così? Veramente avrebbe potuto raffreddarsi, la qual cosa è precisamente la più dubbia, o forse la meno dubbia!

Oh sventurati Amici della Libertà; consolidare una Rivoluzione! Obbligati a lavorare colà, nel loro padiglione sospeso sul caos, fra due mondi ostili, l'Alto mondo della Corte e quello inferiore del Sanculottismo; incalzati da entrambi, compiono un lavoro penoso, irto di pericoli, facendo tristemente e con tutto l'ardore, «l'impossibile».

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