Capitolo III. Sovvertimento generale

Della Corte del Re, pel momento, non v'è quasi nulla da dire. Silenziose, deserte sono quelle sale; la Regalità langue abbandonata dal suo dio della guerra e dalle sue speranze, finchè l'Œil-de-Bœuf non chiami una volta ancora a raccolta. Lo scettro s'è dipartito da Re Luigi ed è passato alla Salle des Menus, al Palazzo civico di Parigi, o non si sa più dove. In questi giorni di luglio, quando tutte le orecchie erano ancora assordate dal crollo della Bastiglia, e Ministri e Principi erano scaraventati ai quattro venti, pareva che finanche i valletti fossero smaniosi d'udire. E allorchè anche Besenval, nel volare verso lo Spazio infinito, dovè fare un po' di sosta a Verstilles, mentre personalmente si rivolgeva a Sua Maestà per un Ordine circa i cavalli di posta, ecco che «il Valletto di servizio viene a mettersi familiarmente tra Sua Maestà e me», protendendo il suo collo di canaglia per informarsi di che si tratta! Sua Maestà, in un impeto di collera, voltosi rapidamente, afferra le molle: «Io garbatamente impedii l'atto, ed egli mi strinse la mano ringraziandomi; e notai che nei suoi occhi era il pianto». Povero Re! anche i Re di Francia, dopo tutto, sono uomini! Lo stesso Luigi XIV una volta die' di piglio alle molle e colpì addirittura con esse; ma fu contro Louvois, e Dame Maintenon accorse. – La Regina non fa che piangere nei suoi appartamenti interni, circondata da deboli donne: ella è giunta «al massimo grado d'impopolarità»; ed è riguardata universalmente come il cattivo genio della Francia. Gli amici e i famigliari suoi consiglieri sono fuggiti; fuggiti per errare alla ventura. Lo Château Polignac ancora torreggia in alto, nel suo torvo aspetto, sulla sua roccia cubica, enorme e baldanzosa, fra le pianure fiorite, cinto dalle montagne azzurre dell'Auvergne: ma non vi sono più un Duca e una Duchessa di Polignac che guardano lontano da quel sito; sono fuggiti, «incontrandosi con Necker a Basilea»; nè ritorneranno più. Che la Francia dovesse vedere i suoi Nobili resistere all'Irresistibile, all'Inevitabile, col viso d'uomini in preda all'ira, era cosa deplorevole, ma da aspettarsi; ma vederli col volto e il pensiero di fanciulli imbronciati, chi avrebbe potuto immaginarlo? Questa fu la specialità. Essi non compresero nulla: nulla vollero comprendere. Ed ora non v'è un nuovo Polignac primogenito di quei due, che se ne sta cogitabondo nel Castello di Ham, in uno stato di stupore da cui non uscirà mai; l'essere più confuso dei mortali esistenti?

Il Re Luigi ha il suo nuovo Ministero; mera Popolarità; il vecchio Presidente Pompignan; Necker tornato in trionfo; ed altri simili. Ma a che cosa gli gioverà? Come si è detto, lo scettro, tutto intero, escluso il legno e la doratura, se n'è andato altrove. La volontà, la determinazione, non sono in quest'uomo tutto innocenza ed indolenza; dipendente da tutti, tranne che da sè stesso, dipendente da ogni circostanza, eccettuate quelle di cui potrebbe rendersi padrone. Così la nostra Versailles è turbolenta nel suo interno e nel suo lavoro. Essa è bella, se guardata di lontano, risplendente come un sole; vista da vicino, a portata di mano, non è altro che un'atmosfera di sole che nasconde le tenebre e il fermento confuso della ruina!

Ma nella Francia si prosegue la più indisputabile «distruzione delle formule», termine di passaggio delle realtà che ne susseguono. Quanti milioni d'individui incatenati, strozzati quasi dalle formole; eppure la loro Vita, o almeno le funzioni della loro Vita, come la digestione e la fame, erano abbastanza reali! Il cielo ha mandato alfine un'abbondante messe: ma qual vantaggio ne ha il povero, quando la Terra viene a interporsi con le sue formule? L'industria, in questi tempi d'insurrezione, giace inoperosa; il capitale di solito non circola, ma ristagna paurosamente nei ripostigli. Il povero è a corto di lavoro e perciò è a corto di quattrini; ma, qualora avesse il danaro, non potrebbe comperare il pane. Fossero le macchinazioni degli Aristocratici, o quelle di d'Orléans, fossero i Briganti, fosse il terrore soprannaturale, o lo strepito dell'arco d'argento di Febo-Apollo, certo si è che i mercati erano vuoti di grano e abbondanti di tumulti. I fittavoli a quel che pare indugiano a trebbiare; poichè, o sono stati «corrotti» con doni; o, non avendo bisogno di donativi, contano sul rialzo sempre crescente dei prezzi, o forse perchè non sono troppo premuti pel terratico. Nè, ciò ch'è strano, le disposizioni municipali «che con tante misure di frumento voi dobbiate venderne altrettante di segala», ed altre di simil genere, valgono gran fatto a migliorare la posizione. I Dragoni con le spade sguainate stanno allineati fra i sacchi di grano, e spesse volte sono più i Dragoni dei sacchi. Le rivolte per la farina abbondano; invertendosi in rivolte d'un genere più fosco. La fame è stata conosciuta e divenuta familiare. Non li vedemmo quando nell'anno 1775 coi visi pallidi, nella miseria, coperti di cenci, presentavano petizioni per far note le loro sofferenze; e per tutta risposta ottenevano una nuova forca alta quaranta piedi? Fame e Oscurità per lunghi anni! Infatti, ripensate quei primi Moti di Parigi quando si credette che un Gran personaggio logorato dalla dissolutezza avesse bisogno di Bagni di sangue; e le Madri in abiti logori, ma sotto cui palpitavano i loro cuori, «occuparono le pubbliche piazze» emettendo selvaggi urli da Rachele... anche allora chetati dalla Forca. Venti anni addietro l'Amico degli Uomini (predicando ai sordi) descriveva i contadini del Limousin (souffre-douleurs) che avevano impresso il dolore nell'aspetto: un aspetto che sorpassa ogni pietà, «quasi che l'oppressione del potente fosse, come la grandine, come il tuono, una cosa irrimediabile, nell'ordine della Natura». Ed ora, se in qualche momento supremo, l'urto d'una Bastiglia che crolla venisse a destarvi; se si provasse che l'oppressione non è nell'ordine della Natura, ma semplicemente dell'Arte e perciò rimediabile, revocabile?

Ha dimenticato il Lettore quel «torrente di selvaggi» che proprio sotto gli occhi dell'Amico degli Uomini discendeva dalle alture del Mont d'Or? Visi sparuti e ruvidi, con lunghi capelli; figure scheletriche che avevano in piedi alti zoccoli; con indosso vesti di lana e cinte di cuoio tempestate di chiodi di rame! Essi si dondolavano sull'un piede e sull'altro, e battevano il tempo anche coi loro gomiti, come procedevano la zuffa e la battaglia che non s'erano fatte attendere; essi acclamavano ferocemente, e in quei visi sparuti era la contrazione d'una specie di riso crudele. Uomini ottusi e induriti, che da tempo erano stati la preda degli esecutori dell'assisa e delle tasse; preda degli «Scrivani dal freddo schizzare della penna». La ferma profezia del nostro vecchio Marchese, che nessuno volle ascoltare, era che «questo Governo, giuocando a mosca cieca e andando innanzi a tentoni, finirebbe nel Sovvertimento Generale, nella Culbute Générale»!

Nessuno volle ascoltare, e tutti percorsero spensierati la loro via; – senonchè anche il Tempo e il Destino viaggiavano. Il Governo, che giuocava a mosca cieca, andando innanzi a tentoni, era giunto al precipizio che non poteva evitare. L'Ottusa Miseria, incalzata dagli scrivani che la perseguitavano col freddo e vile schizzar della penna, è stata tratta a formare – una società di Miserabili! Poichè ora più che mai sono giunte fino a loro le più strane e confuse novelle portate dai Giornali di Parigi con le loro ali di carta; o, quel ch'è più portentoso, dove non vi sono giornali, mediante il rumore e le congetture. L'oppressione non è più inevitabile; è stata rovesciata una Bastiglia, e la Costituzione è sul punto d'esser compiuta! La quale Costituzione, se deve essere qualche cosa e non proprio un nulla, che altro potrebbe essere se non un pane da mangiare?

Il Viaggiatore, «cavalcando su pel monte con le briglie in mano», raggiunge una povera donna: «l'immagine, come di solito son tutte, degli stenti e della miseria; ella mostra l'età di sessant'anni e non ne ha ancora ventotto». Hanno sette figliuoli il suo povero faticatore e lei; una fattoria con una vacca, che li aiuta ad alimentare i fanciulli; hanno anche un piccolo cavallo, un ronzino. Costoro debbono pagare l'affitto, i censi, e fornire di galline questo signore, di sacchi di avena quell'altro; debbono pagare le tasse al Re, le corvées allo Stato, le tasse della Chiesa; tasse senza fine; – e credere che non si possa levare la voce contro questa condizione di cose. Ella ha udito che in qualche luogo, in qualche maniera, qualche cosa sarà fatta pel povero. «Dio ce la mandi subito, poichè i pagamenti e le tasse ci schiacciano (nous écrasent)!».

Si fanno belle profezie, ma non vengono a compimento. Vi sono stati i Notabili, le Assemblee, le uscite e le entrate. Gli intrighi e le manovre, l'eloquenza parlamentare e le dispute, scherma in alto di Greco contro Greco: tutto ciò dura da un pezzo; eppure il pane non viene ancora. Il ricolto è stato mietuto e riposto nei granai; eppure il pane non viene ancora. Messa alle strette dalla disperazione e dalla speranza, che può fare la Miseria se non sollevarsi, come è stato predetto, producendo il Sovvertimento Generale?

Ci pensate a quello che avverrà quando Cinque grossi Milioni di quelle figure sparute, dai visi scialbi (figures haves), in jupes di lana, con le cinte di cuoio tempestate di borchie di rame e con alti zoccoli, sorgeranno in piedi, elevando la voce (simile a un ruggito nella foresta) in faccia alle Classi alte e raffinate, dopo lunghi secoli passati senza controllo, per domandare virtualmente: Come ci avete trattati? come ci avete istruiti, nutriti, guidati, mentre lavoravamo duramente per voi? La risposta può esser letta in fiamme su nel cielo, in una notte d'estate. Questo è il nutrimento e la guida che abbiamo ricevuto da voi: il Vuoto – della tasca, dello stomaco, della testa, del cuore. Mirate, in noi non v'è nulla; oltre quello che la Natura dà ai suoi figli del deserto: la Ferocia e l'Appetito; la Forza alimentata dalla Fame. Notaste voi fra i vostri Diritti dell'Uomo, che l'uomo non debba morire di inedia, quando v'è il pane mietuto da lui? Ciò è tra i Poteri dell'Uomo.

Settantadue Châteaux sono stati divorati dalle fiamme solo nel Mâconnais e nel Beaujolais; questo sembra il centro della conflagrazione, che si è estesa al Dauphiné, all'Alsace, al Lyonnais; tutto il Sud-Est è in fiamme. Per tutto il Nord, da Rouen a Metz, i disordini si sono propagati; i contrabbandieri del sale marciano apertamente in bande armate; le barriere delle città sono arse; i collettori del pedaggio e quelli delle tasse, come ogni personaggio officiale, sono stati messi in fuga. «S'era detto», dice Young, «che il popolo, spinto dalla fame, si rivolterebbe»; e noi vediamo che l'ha fatto. I disperati nullatenenti, che invano sono andati per lungo tempo in cerca di preda, trovando ora la speranza nella disperazione, formano dappertutto dei nuclei. Essi suonano a stormo le campane della chiesa: e la Parrocchia si pone all'opera. La ferocia, l'atrocità, la fame e la vendetta: figurarsi qual lavoro compiano!

Si trova a mal partito ormai quel Signore che, per esempio, «ha murata la sola Fontana del Comune»; colui che ha abusato del suo Chartier e delle sue pergamene; che s'è valso del divieto di caccia riservata, non prudentemente, ma ad usura. Anche le Chiese, anche i Canonicati sono saccheggiati senza misericordia quando hanno trovato il gregge troppo raso, dimenticando di nutrirlo. Guai al paese che il Sanculottismo nei suoi giorni di vendetta calpesta con le sue rozze calzature – calzature di zoccoli! Dei Signori altolocati con le loro donne delicate e i loro fanciulli, furono costretti a «fuggire mezzo nudi», nelle tenebre della notte, lieti di scampare alle fiamme ed anche a qualche cosa di peggio. Voi incontrate costoro alle tables d'hôte degli alberghi, ove fanno riflessioni più o meno savie sulla distinzione di classe ormai distrutta, incerti da qual parte rifarsi. Il métayer troverà la cosa conveniente per indugiare a pagare il suo fitto. Quanto al Collettore delle tasse, che per lungo tempo ha data la caccia come un bipede da preda, ora è nella condizione d'essere perseguitato a sua volta; l'Erario di Sua Maestà «non colmerà il Deficit», questa volta; è opinione di molti che un patriottico Re, essendo il Restauratore della Libertà della Francia, abbia abolito la più parte delle tasse, quantunque, per fini privati, alcuni fanno di tal fatto un segreto.

Dove andrà a finire tutto questo? Si può profetizzare: nell'Abisso, verso il quale viaggiano, tutti i momenti, le delusioni; dove questa delusione è ora arrivata. Poichè, se vi è una Fede, che perdura dagli antichi tempi, è questa, come spesso ripetiamo: che nessuna Menzogna può esistere per sempre. La Verità, essa medesima, deve cangiare di quando in quando la sua veste, e risorgere a nuova vita. Ma tutte le Menzogne hanno la loro sentenza di morte scritta e sottoscritta contro di loro presso il Tribunale del Cielo; e, lente o rapide, procedono incessantemente verso la loro ora.

«I segni che un Gran Signore è proprietario d'un qualche podere», dice il veemente e franco Arturo Young, «sono le terre incolte, le landes, i deserti, lo squallore; andate alla sua residenza: la trovate nel mezzo di una foresta; popolata di daini, cignali e lupi. I campi presentano la scena d'un trattamento che fa pietà, nelle case alberga la miseria. E dire che vi sono tanti milioni di braccia, che vorrebbero essere industriose, e restano inerti, e si muore di fame. Oh, se fossi legislatore in Francia, nient'altro che per un giorno, io vorrei far saltare parecchio questi gran signori!»

O Arturo, e ora che li vedi effettivamente saltare; vuoi tu brontolare ancora in questo momento?

Per lunghi anni e per molte generazioni durò questo stato di cose, ma il tempo venne. Cervelli fiacchi che non potettero esser tocchi da nessun ragionamento, da nessuna esortazione, furono illuminati dal bagliore del tizzone ardente: non poteva attecchire che questo metodo. Considerate la cosa, esaminatela! La vedova va in cerca di ortiche pel pranzo dei suoi figliuoli; il signore profumato, aggirandosi delicatamente nell'Œil-de-Bœuf, trova una alchimia mercè la quale le strapperà la terza ortica, sotto il nome di Fitto e di Legge: un tale ordine di cose deve finire. Non è forse così? Ma, com'è spaventevole una tal fine! Che coloro cui Iddio, nella sua grande misericordia, ha accordato tempo e spazio, ne preparino una più mite!

Per alcuni è oggetto di meraviglia il fatto che i Signori non pensassero a fare qualche cosa per aiutarsi, come per esempio riunirsi ad armarsi; poichè ve n'erano nel numero di «centocinquantamila» e tutti abbastanza valorosi. Purtroppo centocinquantamila, sparsi su vaste provincie, divisi da un reciproco malvolere, non possono accordarsi. I più gran Signori, come abbiamo veduto, hanno già emigrato, con l'intento di fare arrossire la Francia. E oramai le armi non sono più una proprietà particolare dei signori; ma d'ogni mortale che possiede dieci scellini con cui comperare un moschetto di seconda mano.

Inoltre, quei contadini morenti di fame, non hanno dopo tutto quattro piedi e gli artigli in modo che voi possiate tenerli continuamente carponi a quel modo. Essi non sono neppure di color nero: sono semplicemente dei Signori non lavati, e un Signore ha pur viscere umane! – I Signori fecero ciò che potevano; si arruolarono nella Guardia Nazionale, fuggirono levando alte grida, chiamarono in aiuto Cielo e Terra. Un signore, il famoso Memmay di Quincy, presso Vesoul, invitò tutti i rustici di quelle vicinanze a un banchetto, e fece saltare in aria con la polvere il suo castello e loro; all'istante egli scomparve; senza che si sapesse dove. Circa sei anni più tardi tornò e dimostrò che s'era trattato di un accidente.

Le Autorità non se ne stanno neghittose; ancorchè, sfortunatamente, tutte le Autorità, le Municipalità e simili siano in un certo stato transitorio nel loro rigenerarsi dalla vecchia Monarchia in una Democrazia nuova; e nessun Ufficiale sa ancora chiaramente che cosa egli è. Nondimeno i Maires vecchi o nuovi riuniscono le Marechaussées, le Guardie Nazionali, le Truppe di linea; la giustizia, del genere più sommario, non manca. Il Comitato Elettorale di Maçon, quantunque non sia che un Comitato, arriva ad impiccare per suo proprio conto fino a venti persone. Il Prevosto del Dauphiné attraversa il paese «con una colonna mobile», coi birri e coi capestri; potendo ogni albero servire da forca e tenere sospeso il suo reo o i suoi «tredici» rei.

Disgraziato paese! Come il bel verde ed oro dell'anno maturo e luminoso sono mutati in un orrido nero: nere le ceneri dei Castelli, neri i corpi degl'impiccati! L'industria è cessata; non si ode più il rumore del martello o della sega, ma soltanto il suono delle campane a stormo e il tamburo d'allarme. Lo scettro s'è dipartito, non si sa dove diretto; – infranto a pezzi, qui impotente, là tiranno. Le Guardie Nazionali mostrano la loro imperizia, e la indecisione: i soldati tendono ad ammutinarsi; vi è pericolo e questi e quelle si bisticciano, vi è pericolo se si mettono d'accordo. Strasburgo ha visto i tumulti; un palazzo civico è stato ridotto in ruine, i suoi archivi sparsi al vento; i soldati ubbriachi si sono abbracciati per tre giorni coi cittadini ubbriachi; il Maire Dietrich e il Maresciallo Rochambeau sono ridotti quasi alla disperazione.

Nel mezzo di tutti quei fenomeni, si vede nel suo passaggio trionfale, «scortato», per esempio attraverso Belfort, «da cinquanta Guardie Nazionali a cavallo e da tutta la musica militare del luogo», – Necker, che torna da Basilea! All'apogeo della sua gloria, il povero Necker forse indovina in qualche modo dove mena tutto ciò. Uno dei giorni più culminanti si svolge al Palazzo civico di Parigi: sono evviva immortali; la moglie e la figlia s'inginocchiano pubblicamente per baciargli la mano, e a Besenval è accordato il perdono, – che invero vien revocato prima del tramonto: uno dei giorni più alti; sopravverranno poi i giorni più bassi e più bassi ancora, fino ad arrivare a quelli bassissimi. Tale magica virtù è in un nome e nel bisogno d'un nome. Come un Elmo di Mambrino incantato, essenziale per la vittoria, viene questo «Salvatore della Francia»; acclamato, accompagnato a suon di cennamella dal mondo; ma, oimè! pensare che si debba così presto rompere l'incanto, e debba essere precipitato dalla lizza come un bacile da barbiere! Gibbon «avrebbe desiderato di mostrarlo» (in questo stato d'abbandono, di bacile da barbiere) ad ogni uomo solido, desideroso di vedere la sua anima consumata fuori di lui, desideroso di divenire un caput mortuum, per ambizione, raggiungendo o mancando il successo.

Notiamo ancora un'altra piccola fase e poi più nulla. Nei mesi d'autunno, il nostro valente Arturo è stato «molestato per alcuni giorni» dai colpi, dai chicchi di piombo, dalle palle, «che hanno rumoreggiato cinque o sei volte nel mio calesse e intorno alle mie orecchie»; poichè tutto il popolino era andato in campagna per uccidere la selvaggina. È proprio così: sulle Balze di Dover, per tutte le Frontiere della Francia, appaiono quest'autunno due segni sulla Terra: la volata dei signori francesi emigranti, e quella degli emigranti alati della selvaggina francese! Si può dire finito, o presso che finito il Divieto di caccia su questa terra; il fatto è compiuto per un tempo infinito. Tutta la parte che doveva recitare nella storia della civiltà, l'ha recitata: plaudite; exeat!

In questa maniera il Sanculottismo divampa, illustrando molte cose: producendo fra l'altro, come vedemmo, il Quattro Agosto, quella quasi miracolosa notte di Pentecoste dell'Assemblea Nazionale; quasi miracolosa, che ebbe le sue cause e i suoi effetti. Il Feudalismo è colpito a morte; non solo sulla pergamena e coll'inchiostro; ma proprio in realtà, per via del fuoco; cioè della combustione di sè stesso. Questa conflagrazione del Sud-Est andrà scemando, ma si diffonderà verso l'Ovest o altrove; e non si estinguerà finchè il combustibile non sia tutto finito.

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