Così dunque, i Notabili se ne sono ritornati a casa, portando in ogni angolo della Francia l'eco del disavanzo, della decrepitezza, dello sconcerto, e la convinzione che gli Stati Generali cureranno tutto, o, in caso contrario, tutto distruggeranno. Noi possiamo immaginare ciascun Notabile come una torcia funebre che rischiara abissi così orridi, che meglio sarebbe se restassero occulti! L'umore più inquieto s'impossessa degli uomini, fermenta in essi, e cerca uno sfogo nei pamphlets, nelle caricature, nei progetti, nelle declamazioni: vano armeggìo del pensiero, della parola, dell'azione.
È la Bancarotta Spirituale a lungo tollerata, che ora si approssima alla Bancarotta Economica e diviene intollerabile; poichè dagli strati infimi e muti la miseria inevitabile è dilagata, è venuta su, come s'era predetto. In ogni individuo, sia egli un oppressore od anche un oppresso, è subentrata l'idea indistinta che la sua posizione è falsa: tutti gli uomini nelle loro favelle varie e aspre, da conquistatori o da difensori, debbono dar libero sfogo all'agitazione che è in loro. E non è di certo d'una tale stoffa che si compone il benessere della Nazione, la gloria dei reggitori. O Loménie, di qual mondo vorticoso, devastato, affamato e stizzito sei tu giunto a prendere la direzione dopo gli sforzi di tutta una vita!
I primi Editti di Loménie sono fatti semplicemente di lusinghe: creazione delle Assemblee Provinciali, «per la ripartizione delle imposte», quando se ne riscuotono; soppressione delle Corvées o statuto del lavoro; diminuzione delle Gabelle. Misure blande, raccomandate dai Notabili e da lungo tempo reclamate da tutti i liberali. È risaputo che l'olio gettato sulle acque produce un buon effetto. Prima di avventurarsi nelle grandi misure essenziali, Loménie vuol vedere questa strana «ondata della pubblica opinione» in qualche modo lenita.
Ben pensato invero. Ma che avverrà se questa ondata non è di quelle che si leniscono? Vi sono marosi che provengono dalla tempesta nell'alto e da vortici di vento; ma ve ne sono di quelle che hanno origine da venti sotterranei, imprigionati, dicono alcuni; ed anche da una decomposizione interna, da una dissoluzione divenuta poi un'auto-combustione: come quando, secondo la geologia Nettuno-Plutonica, il Mondo, tutto disgregato da attriti di questo genere, dovrà esplodere per venir poi rifatto! Non è però con l'olio che si raddolciscono gli attriti. Lo stolto dice in cuor suo: perchè domani non dovrà essere come ieri e come tutti i giorni che una volta furono domani? Ma il savio, guardando questa Francia dal lato morale, o intellettuale, o economico, vede «in complesso tutti i sintomi che egli ha riscontrati nella storia», e che non è possibile lenire cogli Editti blandi.
Intanto, lenire o non lenire, i quattrini occorrono; e a questo scopo si richiedono Editti tutt'affatto diversi, vale a dire Editti «bourseaux» o fiscali. Come sarebbero facili gli Editti fiscali quando si fosse sicuri che il Parlamento di Parigi li «registrerebbe», come suol dire! Questo diritto di registrare, cioè apporre la semplice firma, l'aveva il Parlamento per antica usanza; e, quantunque non fosse che una Corte di Giustizia, poteva fare rimostranze e venire a patti in virtù di questo diritto. Di qui molte liti; gli strattagemmi disperati di Maupeou, la vittoria, la sconfitta; liti che durano da quasi trent'anni. Di qui quegli editti fiscali che, abbastanza semplici per sè stessi, divengono poi problemi. Per esempio, non v'è la Sovvenzione Territoriale di Calonne, tributo universale, senza eccezione, ch'è la grande ancora della Finanza? E a mostrare, per quanto è possibile, che in lui non fa difetto il talento originale della finanza, lo stesso Loménie è in grado di creare un Édit du Timbre o Tassa di bollo, magari presa a prestito, è vero, ma dall'America; se mai può avere migliore sorte in Francia che colà!
La Francia ne ha di risorse; eppure, è innegabile, l’aspetto del Parlamento è dubbioso. Di già fra i Notabili, in quella sinfonia finale di congedo, il Presidente di Parigi aveva un tono sinistro. Adrien Duport, abbandonando il sogno magnetico, in questa agitazione del mondo, minaccia d'elevarsi ad una veglia soprannaturale. Più superficiale, ma anche più altisonante, è il magnetico d'Espréménil, nel suo ardore tropicale (era nato a Madras) e nella sua violenza fosca e scompigliata; seguace dell'Illuminismo e del Magnetismo Animale, come della Pubblica Opinione, di Adamo Weisshaupt, d'Armedio e Aristogitone e d'ogni maniera d'idee violente e disperate, donde non può uscire niente di buono. Lo stesso ordine dei Pari è preso dalla infezione. I nostri Pari in moltissimi casi mettono da parte gli alamari, i galloni, il bagaglio delle parrucche, e vanno in giro in costume inglese, o cavalcano sollevandosi sulle staffe, a dirittura a rompicollo; nelle loro teste non v'è altro che insubordinazione, eleuteromania e l'idea d'una opposizione confusa e senza limiti. Situazione incerta, da non fidarsi, quand'anche avessimo una Borsa di Fortunatus! Ma Loménie ha atteso per tutto Giugno, spargendo sulle acque quant'olio egli aveva; ora, avvenga che può, i due Editti Finanziari debbono venir fuori. Il sei Luglio egli presenta al Parlamento di Parigi le sue proposte di tassa di Bollo e di tassa Fondiaria; e, quasi per mettere innanzi la sua gamba, non quella presa a prestito da Calonne, dà il primo posto alla tassa di Bollo.
Ma, purtroppo, il Parlamento non registrerà; il Parlamento chiede in cambio «uno stato della spesa», uno stato delle riduzioni che s'hanno in vista; «stati» su vasta scala, che Sua Maestà ricuserà di presentare! Sorgono le Discussioni, l'eloquenza patriottica s'accende: vengono convocati i Pari. Che il Leone Nemeo sia sul punto di rizzarsi? Qui è senza dubbio un duello, che la Francia, l'Universo contemplano: si prega, o, nella peggior ipotesi, si guarda con curiosità, si scommette. Una nuova animazione agita Parigi. Nelle corti esterne del palazzo di Giustizia è un'insolita folla che va e viene, il cui smisurato mormorio va a mischiarsi alla echeggiante eloquenza patriottica dell'interno e le dà vigore. Il povero Loménie osserva di lontano, poco confortato; ha i suoi emissari invisibili che volano su e giù assiduamente, ma senza buoni effetti.
Passano così i soffocanti giorni canicolari nella più elettrica eccitazione; passa l'intero mese di Luglio. Nel Santuario della Giustizia non risuona che l'eloquenza di Armodio e Aristogitone, circondata dal mormorio della calca di Parigi; e nessuna registrazione vi è compiuta, nessuno «stato» vien fornito. «Gli stati?», disse un faceto Parlamentare; «Signori, gli stati che ci dovrebbero essere accordati sono, a mio parere, gli Stati Generali». A questo opportuno tratto di spirito tengono dietro sommessi cachinni di approvazione. Quale parola era stata pronunziata nel Palais de Justice! il vecchio d'Ormesson (zio dell'ex-Controllore) scuote la sua testa d'uomo di giudizio, ben lungi dal ridere. Ma le corti esterne, Parigi, la Francia intera, s'impadroniscono di quella nota lieta, la ripetono; e tanto la ripeteranno e riecheggerà e risuonerà, che diverrà alfine uno scampanìo assordante. Evidentemente non è più il caso di pensare a registrazioni.
Il pio proverbio dice: «Per tutto v'è rimedio, tranne che per la morte». Quando un Parlamento ricusa di registrare, il rimedio che per la lunga pratica è divenuto famigliare ai più semplici è: un Letto di Giustizia. Questo Parlamento non ha fatto altro per tutto un mese che abbandonarsi a un giuoco di parole, a escandescenze, a furie; l'Editto del Bollo non l'ha registrato e non pensa a registrarlo; la Sovvenzione, manco a dirlo. Il sei agosto l'intero corpo refrattario dovrà recarsi in vettura al Castello di Versailles, ove il Re, tenendo il suo Letto di Giustizia, ordinerà, con le sue labbra regali, di registrare. Essi potranno ben protestare a bassa voce, ma pur dovranno ubbidire, chè altrimenti andrebbero incontro ad una incognita peggiore.
È fatto: il Parlamento è venuto fuori in vettura per comando regale, e ha udito l'espresso ordine regale di registrare; poi s'è rimesso in vettura ed è tornato indietro fra la silenziosa aspettativa degli uomini. Ed ora ecco che questo Parlamento siede di nuovo la dimane nel suo Palazzo, «mentre la folla inonda le corti esterne»: esso non solo non registra, ma (o prodigio!) dichiara nullo tutto ciò che è stato fatto il giorno precedente, e il Letto di Giustizia nient'altro che una inutilità! Nella storia di Francia qui appare davvero qualche cosa di nuovo. Ma v'ha di più: il nostro eroico Parlamento, illuminato repentinamente su parecchie cose, dichiara che, quanto ad esso, in ogni caso, non trova di sua competenza il registrare gli Editti-tassa, e di avere ciò fatto per errore durante gli ultimi secoli; che in simile bisogna una sola autorità è competente, quella cioè dell'Assemblea dei Tre Stati del Regno.
Fino a tale punto può lo spirito universale d'una Nazione impossessarsi della più isolata delle Corporazioni; o piuttosto, con tali armi, omicide e suicide, le Corporazioni si battono nell'esasperato duello politico! Ma, in ogni caso, non è questa la vera lotta mortale della guerra, del duello internecino, Greco contro Greco, che ognuno, per quanto non vi sia personalmente interessato, deve riguardare come cosa di sommo interesse? La folla, come s'è già detto, inonda le corti esterne: una folla che si compone di giovani Nobili eleuteromaniaci in costume inglese, che pronunziano discorsi audaci; di Procuratori, di Scrivani della Basoche in vacanza, di Perdigiorni, di Mercanti di notizie e d'altri di classi non definite, che tumultuosamente s'aggirano in quel luogo. «Da tre a quattromila persone» attendono ansiose per udire gli Arrêtés (Decisioni) cui si viene nell'interno; scoppiano gli applausi con grida di evviva; seimila, ottomila mani battono palma a palma! È ben dolce la ricompensa che riceve l'eloquenza patriottica: quando un d'Espréménil, un Fréteau, un Sabatier esce dal suo demostenico Olimpo, chetato che sia il tuono, è accolto nelle corti esterne con un'acclamazione che parte da quattromila gole, ed è portato a braccia «fra le benedizioni», toccando le stelle con la sua testa sublime.