Capitolo III. I notabili

Ecco intanto un indizio, una meraviglia da tutti visibile, presagio di tante cose. L'Œil-de-Bœuf mormora dolorosamente: E che! non istavamo forse bene allorquando si spegnevano le conflagrazioni con l'olio? Il Filosofismo costituzionale esulta nella felice sorpresa e col suo sguardo ardente indaga qual sarà il risultato finale. Il pubblico creditore, il pubblico debitore, la gente che pensa e quella che non pensa punto, tutti hanno sorprese di vario genere, sia piacevoli, sia dolorose. Il Conte Mirabeau, sbrigatosi bene o male del suo processo matrimoniale e d'altri ancora, vive e lavora a Berlino nel più oscuro ambiente, compilando le Monarchie Prussiane e opuscoli su Cagliostro; scrive anche innumerevoli dispacci pel suo Governo, da cui è pagato, ma non onorevolmente rimeritato. Senonchè, così di lontano, fiuta o scorge una più ricca preda, e, come aquila o avvoltoio, forse un po' dell'una un po' dell'altro, spiega le sue ali per volare verso la patria.

M. de Calonne ha disteso sulla Francia la miracolosa bacchetta d'Aronne, invocando le cose più inaspettate. L'audacia e la speranza in lui si alternano coi timori, ma ha sempre il predominio quel lato del suo carattere impulsivo e ardimentoso. A volte egli scrive a un suo intimo amico: «Je me fais pitié à moi même» (Io fo pietà a me stesso)»; a volte invita qualche Poeta o Poetastro d'occasione a cantare quest'Assemblea di Notabili, e la Rivoluzione «che si prepara». Sì, la Rivoluzione si prepara, e sarà tale, che ben meriterà d'esser cantata; ma non prima di vederla e di vederne le conseguenze. In un periodo così lungo d'agitazione oscura e profonda, le cose hanno subìto una scossa e si sono venute dissolvendo: ed ora che mai pretende M. de Calonne con la sua alchimia dei Notabili? Vorrebbe forse tutto rinsaldare e ottenere nuove entrate? Vorrebbe forse metter tutto quell'insieme in pezzi, così che non vada più barcollando e piegando, e ne segua piuttosto il conflitto, la collisione?

Intanto, sia quel che si voglia, noi vediamo in quei giorni brevi e smorti gli uomini più influenti e di vaglia che, incrociandosi nel gran vortice della Locomozione francese, ciascuno sulla sua linea, muovono da tutti i punti della Francia alla volta dello Château di Versailles, convocati de part le Rei. Ivi, il 22 Febbraio 1787, s'incontrano tutti, e vi sono allogati. I Notabili sono nel numero di Centotrentasette, contati nome per nome, cui se aggiungerete Sette Principi del Sangue, avrete la loro cifra totale. Uomini di spada, uomini di toga, Pari, Dignitari del Clero, Presidenti di Parlamenti, divisi in Sette Uffici (Bureaux), sotto la presidenza dei nostri Sette Principi del Sangue; Monsieur, d'Artois, Penthièvre e gli altri, fra i quali non va dimenticato il nostro nuovo Duca d'Orléans (che fin dal 1785 non è più Chartres). Quest'ultimo non ancora è stato fatto Ammiraglio, e ora è sul punto di scantonare il quarantesimo anno; le sue speranze sono rovinate come il suo sangue, e ha quasi in uggia il mondo, che è più che quasi annoiato di lui, onde l'avvenire di Monseigneur si presenta molto incerto. La sua vita non trascorre nello splendore, o nella meditazione, o nella combattività; bensì, come dicemmo; egli vive e digerisce «in un sordido fumo e fra le ceneri di sensualità già consumate». Sfarzo e sordidezza, vendetta, noia dell'esistenza, ambizione, tenebre e putredine: ecco la sua vita. E aggiungete trecentomila sterline all'anno. Eppure, poniamo che questo povero Principe rompa quei legami che lo avvincono alla Corte, come ad un sicuro ancoraggio: verso quali regioni dovrà egli mai navigare, attraverso quali vicende dovrà passare, abbandonato in balìa delle onde! Per buona fortuna, egli «affetta ancora di andare a caccia tutti i giorni»; siede a quel posto perchè così bisogna fare, e presiede il suo Bureau, atteggiando il suo viso di luna alla malinconia e gli occhi vitrei al languore, quasi che ne provasse tedio.

Osserviamo finalmente che il Conte di Mirabeau è giunto, reduce da Berlino, sul teatro dell'azione, in cui egli spinge il suo sguardo fulgido come la luce del sole, e non discerne nulla per lui. Egli aveva sperato che i Notabili avessero bisogno d'un Segretario, e difatti ne presero uno; ma cadde la scelta su Dupont de Nemours, uomo di minor fama, ma in compenso migliore; il quale, come spesso odono i suoi amici, lavora dolendosi, e il fatto non è universale, di dover «corrispondere con cinque re». Così, la penna d'un Mirabeau non può divenire officiale; senonchè resta una penna; e, in mancanza del Segretariato, egli si accinge a denunziare l'Aggiotaggio (Dénonciation de l'Agiotage); attestando la sua presenza e la sua attività, com'egli suole, fragorosamente; finchè, avvertito dall'amico Talleyrand, e dallo stesso Calonne in segreto, che «una diciassettesima Lettre-de-Cachet può esser lanciata contro di lui», a tempo spiega il volo di là dalla frontiera.

Ed ora veniamo ai nostri centoquarantaquattro Notabili, che, come le Pitture del tempo ce li rappresentano, siedono in assemblea nei magnifici appartamenti regali, pronti a sentire e a considerare. Il Controllore Calonne è terribilmente in ritardo coi suoi discorsi e nei suoi preparativi; ma la sua «facilità di lavoro» ci è nota. Per freschezza di stile, lucidità, acume, larghezza di vedute la sua Orazione inaugurale fu inarrivabile; eppure il soggetto era così sconfortante!: un Deficit in rapporto al quale variano i calcoli, e lo stesso calcolo del Controllore non è messo fuor di dubbio; ma che tutti sono concordi nel dichiarare «enorme». Tale è l'epitome delle difficoltà del nostro Controllore: ma quali son poi i suoi rimedi? Nient'altro che Turgotismo; poichè, a quel che pare, dovremo ridurci per una volta a quegli espedienti, cioè: Assemblee provinciali, nuove Tasse; anzi, quel che è più strano, nuove Tasse sulla Proprietà Rurale, dette Subvention Territoriale, da cui nè i Privilegiati, nè i Diseredati, nè i Nobili, nè il Clero, nè i Parlamentari saranno esenti!

Follie! Come si fa a tassare quelle Classi Privilegiate avvezze esse medesime ad imporre le tasse sotto forma di pedaggio, tributo, gabella, fino a vuotare le mani dell'ultimo quattrino rimasto? E a questa classe di Privilegiati, meno una piccolissima parte, appartengono i Notabili. Quello stordito di Colonne non aveva avuto cura della «composizione», non aveva pensato a formare un nucleo con una selezione accurata, ma aveva preso quei Notabili in quanto erano realmente notabili, fidente nella prontezza del suo ingegno, nella buona fortuna e nella eloquenza che mai gli erano mancati. Stordito Controllore Generale! L'eloquenza può far molto, ma non tutto. Orfeo, con l'eloquenza divenuta ritmica, musicale (che è poi quella che noi diciamo Poesia), fece scorrere lagrime di ferro sulle guance di Pluto; ma con qual sortilegio in rima e in prosa vorresti tu trarre dell'oro dalle tasche di Pluto!

Onde la tempesta che si sollevò e cominciò a fischiare intorno a Calonne, prima nei Sette Bureaux e poi fuori, suscitata da quei Componenti, s'è andata sempre più allargando sulla Francia, minacciando di non più chetarsi. Un Deficit sì enorme! Ma dunque è incontestabile il cattivo governo, lo sperpero, e, v'è chi insinua, anche il peculato. Lafayette ed altri vanno addirittura più oltre fino ad affermarlo a voce alta, con tentativi di prove. Il nostro bravo Calonne aveva tentato, com'era naturale, di far ricadere il biasimo del suo Deficit sui suoi predecessori, non escluso Necker. Ma Necker s'è fatto a negarlo con tutta veemenza, onde n'è derivata «un'aspra Corrispondenza» che si stampa anche.

Nell'Œil-de-Bœuf e negli Appartamenti privati di Sua Maestà la Regina, l'eloquenza d'un Controllore che diceva: «Maestà, se ciò non è che difficile», con quel che segue, poteva bastare; ma ora purtroppo la causa è portata in un altro campo. Guardatelo, uno di quei tristi giorni, nel Bureau di Monsieur, ove tutti gli altri Bureaux hanno mandati i loro rappresentanti. Egli è in piedi, sulla difensiva; solo, esposto a un fuoco incessante di domande, interpellanze, affermazioni, obbiezioni che partono da «centotrentasette» cannoni di logica, che possono dirsi alla lettera bouches à feu, bocche di fuoco! Mai o quasi mai, a dire di Besenval, un uomo spiegò tanto talento, e destrezza, e sangue freddo, e eloquenza convincente quanto lui. Alla scarica rabbiosa di tante bocche di fuoco egli non oppose niente di più irato, che raggi di luce, correttezza di modi e sorrisi paterni. Con una chiarezza imperturbabile, corretta, risponde per cinque ore ad una scarica capziosa, ignea di domande e interpellanze, fatte per denigrarlo, con parole pronte come il lampo, placide come la luce. Nell'ardore della battaglia principale, a lui, che dopo tutto ha una sola lingua, potrebbe sfuggire il fuoco di fila dei particolari, delle interpellanze incidentali; eppure egli tutto raccoglie, a tutto risponde di primo acchito. Se la dolcezza, se la persuasione dell'eloquenza avessero potuto salvare la Francia, essa sarebbe stata salvata.

Qual grave pondo pel Controllore! In tutti e sette i Bureaux non trova che ostacoli: nel Bureau di Monsieur un Loménie de Brienne, Arcivescovo di Tolosa, che ha messo l'occhio sulla carica di Controllore, eccita il Clero, e ne seguono adunanze e intrighi di retroscena. Nè dal di fuori giunge qualche segno d'aiuto e di speranza. Per quella Nazione (ove Mirabeau, con voce stentorea, denuncia in questo momento l’«aggiotaggio») il Controllore non ha fatto nulla, o meno che nulla; pel Filosofismo ha fatto tanto poco quanto niente, come l'invio di qualche scientifico Lapérouse e alcun che di simile; e, per giunta, non è ora in una «violenta polemica» con quel Necker caro al Filosofismo? Lo stesso Œil-de-Bœuf ha l'aria incerta; un Controllore che vacilla non ha amici. Anche il rigido M. de Vergennes, che con la sua puntualità flemmatica e piena di giudizio avrebbe potuto mettere un freno a tante cose, morì precisamente una settimana prima dell'adunanza di quei malaugurati Notabili. L'attuale Guardasigilli, Garde-des-Sceaux, Miromesnil, si crede faccia la parte del traditore, complottando in favore di Loménie-Brienne! Così pure l'Abate de Vermond, Lettore della Regina, individuo poco amato, era creatura di Brienne e fin dal primo momento cosa sua. È a temere che sia aperto il passaggio delle scale segrete; che il suolo sia minato fin sotto ai nostri piedi. Magari si desse congedo almeno a quel traditore Garde-des-Sceaux Miroménil, facendogli succedere l'eloquente Notabile Lamoignon, uomo di carattere, che non manca d'aderenze e nemmeno d'idee, e che, pur essendo Presidente del Parlamento, è un propugnatore di riforme parlamentari. Si provvederebbe almeno a uno, pensa il solerte Besenval, e, durante il pranzo, lo sussurra all'orecchio del Controllore; il quale, nei momenti in cui non ha da attendere ai suoi doveri di padrone di casa, lo ascolta con un'aria che pare di soddisfazione, ma non risponde nulla di positivo..

Ohimè, che si può mai rispondere? La forza dell'intrigo privato e quella della pubblica opinione divengono sempre più pericolose, sempre più confuse! Il Filosofismo sghignazza quasi che il suo Necker fosse già trionfante. Il popolaccio guarda intento, a bocca aperta, alcune incisioni in legno o in rame, in cui, per esempio, è rappresentato un contadino che convoca i polli del suo pollaio e rivolge loro il seguente discorso di apertura: «Miei cari animali, io vi ho riuniti perchè mi consigliate in che salsa debbo cucinarvi»; un gallo gli risponde: «Mah, noi non vogliamo punto esser mangiati!»; e di rimando «Voi uscite dall'argomento, Vous vous écartez de la question». Riso e logica, cantori di ballate e libellisti, epigrammi e caricature: ecco ciò che ci porta il vento dello spirito pubblico, che soffia all'impazzata, come se la Caverna dei Venti, rompendo ogni freno, stesse per iscoppiare! A notte chiusa il Presidente Lamoignon s'introduce di soppiatto in casa del Controllore, e lo trova che percorre in lungo e in largo la sua camera, come fuor di sè stesso. Con parole rapide e concitate il Controllore prega Lamoignon di dargli «un consiglio»; ma questi schiettamente risponde che, eccettuata la sua nomina anticipata a Guardasigilli, dato che sia questo un rimedio, egli realmente non sa che consigliare.

«Il Lunedì dopo la Pasqua» – 9 aprile 1787, una volta almeno che siamo lieti di riscontrare una data, poichè non v'è niente di più trascurato e falso di queste Histoires e Mémoires – «Io», Besenval, «cavalcando verso Romainville, diretto dal Maresciallo de Ségur, incontrai sui Boulevards un amico, che mi annunziò la caduta di Calonne. Poco dopo, il Duca d'Orléans, che veniva di carriera, galoppando a briglia sciolta (à l'Anglaise), mi confermò la notizia». Il fatto era vero. Il traditore Garde-des-Sceaux Miroménil è andato via e Lamoignon gli è succeduto; ma succeduto solo per proprio profitto e non per quello del Controllore, che, il giorno seguente, dovè abbandonare il suo ufficio. Per poc'altro ancora lo si vedrà aggirarsi in quei pressi fra i cambiavalute e nel gabinetto di Controllore per lavorare intorno a tante cose rimaste incomplete; ma ciò non durerà molto. La tempesta della pubblica opinione e dell'intrigo privato, tale che pare uscita dalla Caverna di tutti i Venti, turbina, percuote e lo travolge fuori di Parigi, fuori della Francia, come per volere d'un'Autorità Superiore, nello Spazio, nell'Invisibile, nelle Tenebre.

La magìa del genio è divenuta omai impotente a stornare l'opera del Destino. Oh ingrato Œil-de-Bœuf! Voi non ricordate che egli ha fatto piovere miracolosamente la manna d'oro su voi, al punto che un cortigiano disse: «Tutti hanno stesa la mano ed io ho avanzato per una volta il mio cappello». Ed ora egli sarebbe povero, sprovvisto addirittura di quattrini, se «la ricca vedova d'un Finanziere della Lorena» non gli avesse offerto, malgrado i suoi cinquant'anni, la sua mano e la ricca borsa che racchiudeva. D'ora innanzi la sua attività incessante s'agiterà nel buio; ma egli non è stanco: Lettere al Re, Appelli, Pronostici, Pamphlets (da Londra); tutto scrive con la sua antica facilità persuasiva, che pur non vale a persuadere; ma fortunatamente la borsa della sua vedova non si esaurisce. Ancora una volta, dopo uno o due anni, la sua ombra sarà vista aleggiare al confine del Nord in cerca d'una elezione a Deputato Nazionale; ma verrà bruscamente respinta. Allora, ripiombato in una più fitta oscurità, raggiungerà le più remote terre d'Europa, e avvolto nel crepuscolo incerto della diplomazia, volteggerà intrigando a pro dei «Principi Esiliati», e si lancerà in avventure d'ogni genere. Travolto dalla corrente del Reno, è sul punto d'annegare, ma riesce a portare in salvo le sue carte completamente asciutte. Instancabile; ma tutto è vano! In Francia non può più operare miracoli e a stento potrà tornarvi per trovarne la tomba. Addio, o facile e intraprendente Controllore Generale, dalla mano leggera e arrischiata, dalla convincente bocca d'oro: uomini peggiori e migliori di te si sono seguiti; ma a te era serbato un còmpito, e tu lo hai disimpegnato: il còmpito di sollevare il vento, anzi tutti i venti.

Ed ora, intanto che l'Ex-Controllore Calonne vola nello spazio in balìa della tempesta, che è mai divenuta la Controlleria? Quell'ufficio si può dire vacante, estinto come la Luna nella sua cavità interlunare. Due ombre preliminari si succedono rapide, il povero M. Fourqueux e il povero M. Villedeuil, in quella specie di simulacro simile alla Luna nuova, che a volte splende tenendo fra le braccia una luna preliminare fosca e vecchia. Siate pazienti, o Notabili! Nell'attualità l'avvento d'un nuovo Controllore è un fatto certo, ed anzi egli è già pronto per quando saranno compiute tutte le manovre necessarie. Il Lamoignon dalla lunga testa, il Segretario dell'Interno Breteuil e il Segretario degli Esteri Montmorin scambiano sguardi significativi fin che questi tre non s'incontrino e parlino insieme. Chi è più avanti nel favore della Regina e dell'Abate de Vermond? Qual'è l'uomo di grande capacità o che almeno si è sforzato di parer grande negli ultimi cinquant'anni? Chi è colui che ora si fa a domandare in nome del Clero «l'applicazione» della pena di morte pei Protestanti, e ora appare nell'Œil-de-Bœuf in tutto il suo sfolgorìo come la persona più gaia e più ricercata dagli uomini e dalle donne che si divertono? Colui che non rifugge dal servirsi d'una buona parola presa dal Filosofismo e dai vostri Voltaire e D'Alembert? Colui che s'è già formato un partito fra i Notabili? – Egli è Loménie de Brienne, Arcivescovo di Tolosa! – rispondono quei tre tutti concordi, ad una voce, e si precipitano per comunicarlo al Re; «con tanta fretta», dice Besenval, che M. de Lamoignon ebbe a «prendere in prestito una simarre», che, a quel che sembra, era una specie d'abito di parata necessario in questa occasione.

Loménie-Brienne, che durante tutta la sua vita «aveva sentito una specie di predestinazione agli alti uffici», li ha alfine conseguiti. Egli presiede le Finanze, avrà quanto prima il titolo di Primo Ministro, e così realizzerà l'intento perseguito nella sua lunga esistenza. Ma disgraziatamente egli aveva adoperato tutto il suo talento, tutta la sua industria per giungere a quel posto, e dopo d'averlo conseguito si ritrovava esaurito, al punto che non restavagli ormai nessuna qualità per mostrarsene degno. A considerarlo nel suo intimo, non si sa come qualificarlo: Loménie è un uomo che guarda stupito nel vuoto, nell'indefinito; senza principî, senza metodo, senza coscienza intrinseca o estrinseca; il suo corpo è logorato, affranto; e gli manca l'energia di tracciarsi un piano sia pure men che savio. Fortuna, in tal caso, che Calonne avesse un piano! Precisamente quel piano che Calonne aveva raccolto da Turgot e da Necker per compilazione, ora diverrà il piano di Loménie per adozione. Non per niente Loménie ha studiato l'andamento della Costituzione Britannica e mostra di avere un certo genere d'Anglomania; infatti, perchè, in quel libero paese, un Ministro messo fuori dal Parlamento, è allontanato dal cospetto del Re, mentre un altro ne entra, introdotto dallo stesso Parlamento?. E di certo ciò non si verifica per far luogo a un semplice cambiamento (che dopo tutto riesce sempre dannoso), ma per far sì che tutti gli uomini partecipino alla cosa pubblica, che la gara per la Libertà si prolunghi indefinitamente e che nessuna ingiustizia sia compiuta.

I Notabili, raddolciti dalle feste di Pasqua e dal sacrifizio di Calonne, non sono d'umor nero. Sua Maestà, mentre le «ombre interlunari» erano in carica, volle aprire la sessione dei Notabili, e fece allora dal suo trono un discorso eloquente, conciliativo o pieno di promesse; in quel frattempo «la Regina stette ad aspettare ad una finestra il ritorno della vettura reale, e Monsieur di lontano battè palma a palma per significarle che tutto era proceduto bene». L'effetto è eccellente; ma quale ne sarà la durata? In attesa, i capi dei Notabili sono carezzati; «il Brienne lucidato a nuovo e il Lamoignon dalla lunga testa sapranno trarre il loro profitto, e l'eloquenza conciliativa non farà difetto». Non è per altro innegabile che l'espulsione di Calonne seguìta dall'attuazione dei suoi piani è una misura che, per ottenere i suoi migliori effetti, dovrebb'essere riguardata ad una certa distanza, così, di volo, e non contemplata e sottoposta ad una minuta analisi? Orbene, giacchè nell'ora presente i Notabili non hanno nessun servigio da rendere, vorrebbero essere così gentili da trovare la maniera di ritirarsi? Le loro «Sei Proposte» intorno alle Assemblee provvisorie, alla soppressione delle Corvées e simili, possono essere accettate senza critica. La Sovvenzione o Tassa fondiaria, come tante altre cose bisogna toccarle soltanto di volo, tranne che nelle fioriture dell'eloquenza conciliativa. Alfine, il 25 Maggio 1787, in una solenne seduta finale, vi fu addirittura un'esplosione di eloquenza: il Re, Loménie, Lamoignon e sèguito fecero successivamente sfoggio di arringhe; ben dieci arringhe oltre quella di Sua Maestà, che durarono tutto il giorno. Dopo di che, come in una specie d'inno corale o scampanio festante di ringraziamenti, di lodi, di promesse, i Notabili sono, per così dire, rimandati a suon d'organo alle loro rispettive dimore. Questi Notabili, che furono i primi dopo quelli di Richelieu nel 1626, sedettero e parlarono per circa nove settimane.

Da alcuni storici, comodamente adagiati, alla debita distanza, Loménie è stato biasimato per questo congedo dei suoi notabili; eppure evidentemente n'era tempo. Vi sono cose, come già dicemmo, su cui non ci si può indugiare con un'analisi minuta e stringente: sui carboni ardenti non si scivola mai troppo presto. In quei sette Bureaux, ove nessun lavoro si poteva compiere, a meno che il parlare non sia già un lavoro, le più intricate materie venivano a galla. Lafayette, per esempio, nel Bureau di Monseigneur d'Artois s'assunse il còmpito di pronunziare più d'una orazione deprecativa in rapporto alle Lettres-de-Cachet, alla Libertà Individuale, all'Aggio e così via; e, avendo Monseigneur cercato di frenarlo, gli fu risposto che un notabile, chiamato a manifestare la sua opinione, doveva manifestarla.

Così anche Sua Grazia l'Arcivescovo di Aix, mentre perorava, una volta, disse in tono querulo e da predicatore queste parole: «La Decima, offerta di pietà che i Cristiani fanno di loro libero arbitrio...». «La Decima – interruppe il Duca La Rochefoucauld con quella sua maniera fredda e burocratica che aveva imparata dagli Inglesi – «offerta della pietà fatta di libero arbitrio dai Cristiani, su cui pendono attualmente in questo regno quarantamila processi». Inoltre, Lafayette, costretto un giorno a dire la sua opinione, giunse fino a proporre di convocare «un'Assemblea Nazionale». «Voi chiedete gli Stati Generali?» domandò Monseigneur con un'aria di sorpresa minacciosa... «Sì, Monsignore, e anche di meglio». «Scrivetelo,» disse Monseigneur ai Segretari. Ed è scritto; e, quel che più monta, verrà messo in atto fra breve.

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