Ridestati, o Loménie Brienne! Qui non è più il caso di «Lettres de jussion», nè di pigliar tempo, nè di fare un compromesso. Tu la vedi tutta la popolazione sbrigliata di Parigi (quella che non ha una posizione stabile, un lavoro determinato, che affluisce nelle corti esterne, le inonda, come un diluvio scrosciante, che porta la distruzione); anche la Basoche degli scrivani di avvocato parla un linguaggio sedizioso. Le classi basse, dinanzi allo spettacolo di questo duello di Autorità contro Autorità, del cittadino che strozza il cittadino, hanno cessato di rispettare la Guardia Civica: i Satelliti della Polizia sono segnati a tergo col gesso (l'M significa mouchard, spia); essi sono respinti, perseguitati come ferae naturae. I sottoposti tribunali rurali mandano messaggi di congratulazione e di adesione. La loro Fonte della Giustizia si va trasformando in Fonte di Rivolta. I Parlamenti delle Provincie guardano su con occhio intento, con anelante brama, mentre il loro fratello maggiore di Parigi combatte; tutti quei Dodici hanno lo stesso sangue, la stessa indole; la vittoria di uno è la vittoria di tutti.
Si va di male in peggio; il 10 agosto si delibera una «Plainte» sulle prodigalità di Calonne e l'autorizzazione a «procedere» contro di lui. Non registrazione, e, in cambio, denunzia di dilapidazione e peculato, e poi il costante ritornello della canzone; Stati Generali! Non hanno le armerie reali dei fulmini che tu possa lanciare, o Loménie, con gagliarda destrezza, in mezzo a quei demostenici barili-tonanti da teatro, per la più parte nient'altro che resina e rumore, e ridurli al silenzio sfracellandoli? Nella notte del 14 agosto, Loménie lancia il suo fulmine, o la sua manata di fulmini. Delle Lettere dette di Sigillo (de Cachet) a profusione, da centoventi e più, vengono rimesse nella notte. Onde, il giorno seguente, di buon'ora, l'intero Parlamento è di nuovo in vettura, andando senza sosta alla volta di Troyes in Champagne: «scortato», dice la Storia, «dalle benedizioni di tutto il popolo»; fatto segno alla riverenza gratuita degli stessi albergatori e postiglioni. Così il 15 agosto 1787.
Che cosa non benedice il popolo nei suoi bisogni estremi! Raramente il Parlamento di Parigi aveva meritato molte benedizioni, e neppur molte n'avea ricevute. Corporazione isolata, la quale, sorta dalle antiche confusioni (mentre il Dominio della Spada lottava alla rinfusa per divenire un Dominio della Penna), s'era venuta costituendo, bene o male, come fanno le Corporazioni in genere, per soddisfare qualche desiderio indeterminato del mondo e molti bisogni individuali ben determinati; era così cresciuta pel corso di secoli in un continuo concedere, e acquistare e usufruire, fino a divenire, quale la vediamo, una prospera Anomalia sociale, che si fa arbitra delle liti e possiede la facoltà di sancire o rigettare le Leggi; che dispone in pari tempo dei suoi posti e dei suoi ufficî, mettendoli all'incanto a pronti contanti; metodo quest'ultimo che il forbito Presidente Hénault, dietro matura riflessione, dimostrerà che è dopo tutto il più innocuo.
In un tal Corpo che si sosteneva su d'un mercato a pronti contanti, non vi poteva essere esuberanza di spirito pubblico; poteva bensì esservi un eccessivo ardore nel dividere il pubblico bottino. Gli uomini dagli elmi se lo erano diviso con la spada; gli uomini dalla parrucca se lo dividono con la penna e il calamaio: e ancora con un metodo più odioso questi ultimi, quantunque più pacifico; poichè il metodo della parrucca è più irresistibile e più basso a un tempo. Per lunga esperienza, dice Besenval, s'è visto esser cosa inutile il citare in giudizio un Parlamentare; poichè nessun Pubblico Ufficiale vorrebbe intimargli un atto: la sua parrucca e la sua toga sono per lui una panoplia di Vulcano, un impenetrabile mantello magico.
Il Parlamento di Parigi può dirsi una istituzione punto amata, gretta, priva di magnanimità dal lato politico. Quando il Re è debole (come ora), il suo Parlamento gli latra alle calcagna come un cagnaccio, a seconda del grido popolare. Quando il Re è forte, il suo Parlamento gli latra davanti, e va a caccia per lui da bracco solerte. Istituzione ingiusta, in cui vergognose influenze sono state più volte causa di pervertimento del giudizio. E non è proprio in questi giorni che il sangue dell'assassinato Lally grida vendetta? Tormentato, insidiato, divenuto folle come un leone nei lacci, il Valore doveva essere atterrato, spento dall'Astuzia vendicativa. Miratelo, questo sventurato Lally, mirate la sua anima impavida e cupa, a traverso il suo volto ugualmente impavido e cupo; egli è trascinato sull'ignominioso carro del supplizio, e una sbarra di legno soffoca la sua voce disperata! Quell'anima indomita, quell'anima di fuoco, che ha conosciuto solo il pericolo e il travaglio, che per sessant'anni ha cozzato contro gl'impedimenti del Fato e la perfidia degli uomini, come il genio e il coraggio fra la poltroneria, la disonestà e la volgarità; non lasciando nulla intentato, tutto soffrendo animato dalla fede; tu, o Parlamento di Parigi, la rimeriti con la sbarra e il patibolo! Il morente Lally lega la sua memoria al suo figliuolo; ed ecco che un giovane Lally si fa a chiederne la riabilitazione in nome di Dio e dell'uomo. Il Parlamento di Parigi fa ogni sforzo per difendere l'assurdo, l'abominevole; e, quel ch'è più strano, il fosforescente Aristogitone d'Espréménil è l'uomo scelto ad esserne il paladino.
Tale è l'Anomalia Sociale che ora la Francia benedice. Un'immonda Anomalia Sociale; ma che è pur in duello con un'altra di peggiore specie! Il Parlamento esiliato passa per essersi «coperto di gloria». Vi sono litigi in cui anche l'aiuto di Satana sarebbe il benvenuto, in cui anche Satana, combattendo arduamente, potrebbe coprirsi di gloria.... di una temporanea gloria.
Ma quale brusìo nelle corti esterne del Palais, quando Parigi trova che il suo Parlamento è stato relegato a Troyes in Champagne: non v'è più altro che i pochi custodi degli Archivi; il Demostenico tuono è estinto, i martiri della libertà sono spazzati via! Gemiti confusi a minacce esalano da quattromila gole di Procuratori, di Scrivani della Basoche, di Spostati, della Nobiltà Anglomaniaca; sempre nuovi vagabondi affollati per vedere e sentire; la Canaglia cresce di numero e di forza e dà la caccia ai mouchards. Un turbine fragoroso s'addensa in quel circuito; il resto della città, ancora intenta alle sue occupazioni, non può seguire la corrente. Si leggono affissi audaci; dentro e fuori il Palais si fanno discorsi sediziosi. Evidentemente il carattere di Parigi è cambiato di molto. Il terzo giorno dopo questo fatto (il 18 agosto), Monsieur e Monseigneur d'Artois, che vengono in carrozza di gala, secondo l'uso e la circostanza, per ottenere che gli ultimi Arrêtés e Proteste siano «cancellati» dai Ruoli, sono ricevuti in una maniera molto significativa. Monsieur, che è creduto della opposizione, è accolto con evviva e spargimento di fiori; mentre Monseigneur è accolto con un silenzio, che si muta in fischi e grugniti; anzi una Canaglia irreverente gli viene incontro accalcandosi a torrenti, e fischia con tanta veemenza, che il Capitano è costretto a comandare: «Haut les armes (Impugnate le armi)!» Veramente, a questa parola tonante, allo sfolgorio dell'acciaio, quell'ondata di Canaglia indietreggia, riversandosi nelle vie piuttosto celermente. Caratteristica manifestazione. Come bene osserva M. de Malesherbes, questa contestazione col Parlamento è d'un genere tutto nuovo: nessun fragore transitorio, come per la collisione di due corpi pesanti; ma piuttosto il pericolo che «quelle prime scintille che si sprigionano divengano una grande conflagrazione, se non sono spente».
Il buon Malesherbes si ritrova un'altra volta nel Consiglio del Re dopo un'assenza di dieci anni. Loménie vuole trar partito, non dalle facoltà dell'individuo, ma dal nome che porta. Quanto alla sua opinione, non se ne tien conto affatto, onde egli vorrà presto ritirarsi per la seconda volta, per tornare ai suoi libri e ai suoi alberi. In un Consiglio del Re di tal sorta a che può giovare un onest'uomo! Un Turgot non è facile ritrovarlo; Turgot ha lasciata la Francia, ha lasciata questa Terra già da parecchi anni, e ormai queste cose non lo riguardano più. È strano: Turgot, questo stesso Loménie e l'Abate Morellet formavano una volta un trio di giovani amici, compagni di scuola alla Sorbonne; e dopo quarant'anni si ritrovavano a tal punto disgiunti.
Frattanto, il Parlamento siede quotidianamente a Troyes e chiama le cause, che di giorno in giorno differisce, perchè nessun Procuratore si presenta per arringare. Troyes è ospitale quanto mai si può desiderare; nondimeno la vita vi è relativamente uggiosa. Nessuna folla che vi porti a braccia fino agli dei immortali; è molto se a qualche patriota vien l'idea di recarsi così lontano per raccomandarvi di mantener saldo il vostro coraggio. Dovete abitare in alloggi presi a nolo mobiliati, lontani da casa vostra e dagli agi della vita domestica; non avendo da far altro che gironzare pei campi ingrati della Champagne, occupandovi della maturazione dei grappoli e di cose di cui s'è già discorso le mille volte; in preda alla noia, col pericolo che una volta e un'altra Parigi vi dimentichi. I messaggeri vanno e vengono; il pacifico Loménie non è pigro nel negoziare e nel promettere; D'Ormesson e i prudenti Membri anziani non veggono bene le contese.
Dopo un mese noioso, il Parlamento, concedendo e ritirando, fa tregua, come fanno tutti i Parlamenti. La Tassa sul bollo viene ritirata ed è anche ritirata la Subvention territoriale; ma in cambio è accordata la così detta «Proroga del secondo ventesimo», che è per sè stessa una specie di Tassa rurale, però non così oppressiva per le classi Influenti, e che gravita principalmente sulla classe Muta. Inoltre vi sono delle promesse segrete (da parte degli Anziani) che le finanze possano essere sistemate con un Prestito. La brutta parola Stati Generali non sarà neppure pronunziata.
Così, il 20 settembre, il nostro Parlamento esiliato ritorna. D'Espréménil disse: «Esso partì coperto di gloria e torna coperto di fango (de boue)». No, Aristogitone, non è così; o, se così è, tu sei certamente l'uomo atto a renderlo mondo...