Capitolo V. ASTRAEA REDUX SENZA QUATTRINI

Osservate, intanto, oltre l'Atlantico, il giorno novello che spunta! È nata, come dicemmo, la Democrazia, cinta di tempesta, ed ora lotta per la vita e pel trionfo. Una Francia simpatica s'allieta nei Diritti dell'Uomo; in tutti i saloni si dice: Che spettacolo! Osservate come il nostro Deane, il nostro Franklin, Plenipotenziari Americani, son qua di persona a sollecitare l'azione. Figli dei Puritani Sassoni, con l'indole degli antichi Sassoni, con la civiltà degli antichi Ebrei, Silas e Beniamino, son qua, nella loro correttezza, a compiere la loro missione presso codesti figli leggeri del Paganesimo, della Monarchia, del Sentimentalismo e della Prostituzione. Un vero spettacolo che offre materia alla loquacità allegra dei saloni; benchè il Kaiser Giuseppe, interrogato in proposito, avesse data questa risposta che non si aspettava da un filosofo: «Madama, il mio mestiere è d'essere realista (Mon métier à moi c'est d'être royaliste)».

Anche così pensa il leggero Maurepas; ma il vento del Filosofismo e la forza della pubblica opinione lo travolgeranno. Intanto pervengono migliori augurî; giungono clandestinamente delle navi corsare armate. Paolo Jones equipaggia il suo Bon Homme Richard coll'intento di passare di contrabbando armi e vettovaglie militari (se l'Inglese non riuscirà a sequestrarle). In questo affare riappare una volta ancora Beaumarchais, come un misterioso Gigante contrabbandiere, e non trascura di rifornire le sue grame saccocce. Ma, senz'altro, in ogni caso, la Francia deve avere una Marina. E non è forse questo il tempo più propizio, ora che l'Orgogliosa, la Turbolenta dei Mari ha le mani ingombre? È vero che un Tesoro immiserito non è in grado di costruire navi; ma, venuto fuori il progetto (di cui Beaumarchais s'attribuisce il merito), qualche Porto fedele e la Camera di Commercio penseranno a costruirle e ad offrirle. Saranno splendidi vascelli che si slanceranno sull'onda; vi sarà una Ville de Paris, il Leviathan dei vascelli.

Ed ora che gratuite navi a tre ponti danzano sull'onda e levano l'àncora dei pennoni spiegati al vento; ora che il Filosofismo eleuteromaniaco cresce e si manifesta viemaggiormente; che resta a fare a un Maurepas? Girare e sempre girare. Intere squadre attraversano l'oceano; rozzi Generali Americani, come Gates e Lee, «che portano un berretto da notte di lana sotto il cappello», presentano le armi alla brillante Cavalleria di Francia, e la neonata Democrazia vede non senza stupore il «Dispotismo temperato dagli Epigrammi» combattere al suo fianco. Eppure è così. La milizia del Re e gli eroici volontari, Rochambeau, Bouillé, Lameth, Lafayette hanno sguainato le loro spade in questo sacro duello dell'umanità; e dovranno pur un'altra volta sguainarle, e nel modo più strano.

S'ode il tuono navale che rumoreggia a Ouessant. Qual parte ebbe in questo fatto il nostro giovane Principe Duca di Chartres? «Si nascose egli realmente nella stiva», o portò nella vittoria il suo contributo di attività eroica? Ohimè, purtroppo apprendiamo da una seconda edizione che non fuvvi vittoria, ovvero che la riportò l'Inglese Keppel. Pel nostro povero e giovane Principe gli applausi dell'Opéra si cangiano in sogghigni di scherno e non gli è più possibile divenire Grand'Ammiraglio, il che è per lui la sorgente di tutti i guai, che si possono davvero dire infiniti.

Disgrazia anche per la Ville de Paris, il Leviathan delle navi! L'Inglese Rodney l'ha abbrancata e trascinata al suo paese con tutto il resto del bottino, dovuto al buon successo della sua «nuova manovra consistente nel rompere la linea nemica». Pare che si debba dire con Luigi XV che «la Francia non potrà mai avere una Marina». Il bravo Suffren deve tornare da Ryder Ally e dalle Acque Indiane, con un risultato ben meschino, ma in pari tempo con grande gloria, per aver riportate «sei» non disfatte, e ciò può valutarsi come un fatto eroico, dati i mezzi di cui disponeva. Che il vecchio eroe del mare torni ormai a riposare, onorato dalla Francia, nelle sue native Montagne Cévennes, ove non farà più uscire dalla bocca del cannone il fumo della polvere, bensì un semplice fumo culinario dai vecchi camini del Castello di Jalès; il qual Castello, venuto un giorno in altre mani, avrà tutt'altra rinomanza. Il bravo Lapérouse leverà presto l'àncora per un filantropico viaggio d'esplorazione, perchè il Re conosce la Geografia. Ma purtroppo neppur questo ha esito fortunato; il bravo Navigatore parte e non torna più: gli Esploratori vanno in cerca di lui nei più lontani mari, ma invano. Egli è svanito nell'Immensità azzurra, senza lasciare altro di sè che un'ombra triste e misteriosa, aleggiante nella mente e nel cuore di tutti.

Nè, fin che durerà la guerra, Gibilterra vorrà arrendersi, benchè siano colà Crillon e Nassau-Siegen coi più abili strateghi del tempo, e siano accorsi in aiuto i Principi Condé e d'Artois. Le meravigliose Batterie galleggianti coperte di cuoio, messe in acqua dal Pacte de Famille Franco-Spagnolo, fanno violente intimazioni, cui Gibilterra risponde plutonicamente con semplici torrenti di ferro arroventato, come se la roccia di Calpe fosse divenuta la gola d'un Vulcano; e pronunzia un No, cui, come a un soffio del Destino, tutti gli uomini debbono prestar fede.

Con questa fragorosa esplosione il clangore della guerra finisce, e può tornare la speranza in una sempiterna Era di benessere. I nostri nobili volontari della Libertà tornano a compiere la loro missione. Lafayette, l'uomo impareggiabile del tempo, brilla nell'Œil-de-Bœuf di Versailles, e il suo busto viene eretto all'Hôtel-de-Ville di Parigi. La Democrazia persiste inespugnabile, incommensurabile nel suo Nuovo Mondo e ha magari allungato un piede verso il Vecchio. Le Finanze francesi, non certo rinvigorite dalle vicende attuali, attraversano un ben critico periodo.

Ma che fare per le Finanze? Questo veramente è il grande quesito, presagio dell'avvenire, come una piccola e nera nube presagio del tempo; una nube che nessun bagliore d'universale speranza può coprire. Noi abbiam visto Turgot sbalzato clamorosamente dal suo ufficio di Controllore per mancanza di una Borsa di Fortunatus. Nè M. de Clugny poteva bene adempiere al suo ufficio: egli non seppe far altro che consumare il suo salario, lasciando tutto in abbandono, e accaparrarsi «un posto nella Storia», ove tu lo vedi sempre in atto di svanire, come una sterile ombra. E il Ginevrino Necker possiede dunque una tal Borsa? Egli possedeva l'abilità e l'onestà d'un banchiere, ed ogni specie di credito, per avere scritto dei saggi premiati dalle Accademie, per essersi strenuamente cooperato in pro delle Compagnie dell'India, per aver dato dei pranzi ai Filosofi e per avere «realizzata una fortuna in vent'anni». Inoltre, egli possedeva la taciturnità e la solennità, indizio d'una mente profonda, od anche d'un cervello ottuso. Che fatto strano per Céladon Gibbon che s'era dimostrato così infedele pastorello, mentre suo padre, che vantava probabilmente il possesso di un biroccio, «non volle sentir parlare d'una tale unione»; che fatto strano, ritrovare ora la sua tradita Madamigella Curchod in così alto posto nel mondo, cioè divenuta Signora del Ministro, e Necker «niente affatto geloso!».

Una tenera fanciulla che un giorno dovea venire in fama come Madama de Staël, si trastullava allora sulle ginocchia di Decadenza e Rovina. La Signora Necker fonda ospedali e dà solenni pranzi filosofici per rianimare lo spirito pressochè esaurito del suo Controllore Generale. Strane vicende erano sopravvenute, provocate dal clamore del Filosofismo, dalla direzione del Marchese di Pezay e dalla Povertà onde neppure i Re sono immuni. Così Necker, novello Atlante, sostiene il carico delle Finanze per ben cinque anni, senza indennità, che egli stesso aveva ricusata, confortato solo dalla Pubblica Opinione e dall'ausilio della sua nobile Moglie. Egli ha in sè grandi idee, è sperabile, ma è timido e non le manifesta. Il suo Compterendu, pubblicato col permesso reale, nuovo indizio d'un'Era novella, mostra meraviglie; e che cos'altro fuor che il genio d'un Atlante Necker può impedire che divengano portenti? Anche nella mente di Necker è tutto un piano d'una pacifica Rivoluzione Francese d'un genere speciale; e nella sua taciturna e ottusa profondità, o profonda ottusità che dir si voglia, è una buona dose d'ambizione.

Intanto la sua Borsa di Fortunatus purtroppo va divenendo nient'altro che l'antico «vectigal della Parsimonia»; e anch'egli è costretto a presentare il suo progetto d'imposta sul Clero, sulla Nobiltà, sulle Assemblee Provinciali, proprio come un semplice Turgot! L'agonizzante M. de Maurepas è costretto a girare ancora una volta: anche Necker s'allontana, non senza rimpianto.

Grande, in condizione privata, Necker rivolge lo sguardo di lontano alla cosa pubblica, aspettando il suo tempo; e intanto «ottantamila copie» del suo nuovo libro intitolato Administration des Finances sono vendute in pochi giorni. Egli è andato via, ma ritornerà, e più d'una volta, portato da tutta una Nazione acclamante. Strano questo Controllore Generale delle Finanze, un tempo scrivano alla Banca Thelusson!

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