Ed ora di tutte le speranze francesi non è quella del vecchio signor de Maurepas la meglio fondata? Di lui che spera possa restar Ministro con un continuo giuoco di destrezza? Vecchio arzillo, ha il suo motto di spirito per ogni occasione, e sempre riuscirà a trarsi fuori di qualsiasi garbuglio, come il sughero, che mai affonda! Egli si cura poco della Perfettibilità, del Progresso della Specie, di Astraea Redux; queste cose sono tutt'al più buone perchè un uomo di spirito leggero che piega verso l'ottantina possa dal seggio dell'autorità darsi importanza tra gli uomini. Dovremo noi chiamarlo, come soleva pel passato la superba Châteauroux, «M. Faquinet» (diminutivo di briccone)? In gergo cortigianesco è ora chiamato «il Nestore della Francia»; un Nestore governante come può averlo la Francia.
Ma, in sostanza, sarebbe imbarazzante il precisare ove specialmente risiede il governo della Francia al dì d'oggi. Al Castello di Versailles abbiamo Nestore, Re, Regina, Ministri e impiegati con le filze strette nei loro nastri; ma: e il Governo? Perchè il Governo è una cosa che governa, guida e, al caso, costringe anche. Mentre tutto ciò non è visibile in Francia, esiste disorganizzato e invisibile, e si manifesta nei Saloni filosofici, nelle gallerie dell'Œil-de-Bœuf, come nel cicaleccio dei ciarlatani e nella penna dei pamphlétaires. Sua Maestà la Regina fa la sua apparizione all'Opéra, è applaudita e n'esce raggiante di gioia. Col tempo gli applausi s'intiepidiscono e minacciano di tacere; ella ha il cuore grosso e lo splendore del suo volto s'è dileguato. Sarebbe mai la Sovranità un meschino Montgolfier, che, gonfiato dal vento popolare, s'ingrossa e ascende, e poi cade flaccido al primo mancare del vento? La Francia fu per lungo tempo un «Dispotismo temperato dagli epigrammi»; ora, a quanto sembra, sono gli epigrammi che hanno il sopravvento.
Il giovane «Luigi il Desiderato» sarebbe ben felice se potesse render felice la Francia; ma ciò è molto fastidioso, ed egli ne ignora il modo. Inoltre, una confusione immensa lo circonda, e le esigenze e lo schiamazzo lo incalzano; una vera confusione delle lingue. Tale una condizione di cose, che non può essere nè ricomposta, nè governata, nè eliminata, a meno che non vi ponga mano un uomo molto energico e molto savio; e solo un M. de Maurepas dallo spirito leggero e dall'indole volubile può sostenersi in quell'ambiente. Il Filosofismo reclama la sua nuova Era, includendo in ciò un numero infinito di cose; e non la reclama con voce debole, perchè ha con sè tutta la Francia, che, muta finora, comincia a farsi sentire e parla nello stesso senso. È un rimbombo formidabile di voci su tutti i toni, ancora distante, ma senza che perciò faccia meno impressione. V'è per altro l'Œil-de-Bœuf che, essendo più vicino, si può meglio udirlo; ed esso reclama, colla più aspra veemenza, che la Monarchia sia, come per lo passato, un Corno dell'Abbondanza, dal quale i fedeli cortigiani possano attingere pel miglior sostegno del trono. Che vengano pure il Liberalismo e la nuova Era, se così si desidera, ma senza restrizioni del danaro della Corona! Condizione quest'ultima che può dirsi addirittura impossibile.
Il Filosofismo, come abbiam visto, ha il suo Turgot qual Controllore Generale, e s'aspettano quindi infinite riforme; ma sventuratamente Turgot resta a quel posto soltanto venti mesi. Con una miracolosa Borsa di Fortunatus nel suo tesoro egli avrebbe potuto restare più a lungo al potere; e infatti ogni Controllore Generale della Francia, che volesse far fortuna nelle condizioni odierne, dovrebbe prima di tutto fornirsene. Ma non ricorre anche qui alla mente la bontà della provvidente Natura che ci dette la Speranza? Gli uomini l'un dopo l'altro s'appressano fiduciosi alle stalle d'Augia, illudendosi di poterle nettare, e spendono con gioia all'uopo quel tanto d'abilità che è in loro; riescono alfine a compiere qualche cosa solo in quanto sono stati onesti. Turgot ha buone qualità, come onestà, previdenza, energia eroica; ma gli manca la Borsa di Fortunatus. Oh ardente Controllore Generale! Tutto un piano d'una pacifica Rivoluzione Francese può essere scolpito nella mente del pensatore; ma chi pagherà le incalcolabili «indennità» che si richiedono? Oh, altro che questo! Egli, ancora al primo inizio della cosa, osa proporre che il Clero, la Nobiltà, e finanche il Parlamento, siano soggetti alle tasse come il Popolo! Un grido d'indignazione e di stupore echeggia per le gallerie dello Château; M. de Maurepas fa un voltafaccia, e il povero Re che aveva scritto, poche settimane prima: «Il n'y a que vous et moi qui aimons le peuple (Non v'è altri che voi e me cui stiano a cuore gl'interessi del popolo)», deve ora scrivere un congedo, lasciando che la Rivoluzione si compia come meglio può, più o meno pacificamente.
La Speranza è dunque differita! Differita sì, ma non distrutta o affievolita. Non abbiamo, per esempio, il nostro Patriarca Voltaire che dopo lunghi anni d'assenza torna a visitare Parigi? È qui il vecchio dal viso ridotto a zero, rimpicciolito dalle rughe, con l'immensa parrucca «à la Louis Quatorze», che gli lascia scoperti soltanto i due occhi scintillanti come carboni accesi. Quale scoppio d'espansione! Parigi, dall'indifferentismo, a un tratto passa alla riverenza, alla fede devota in un Eroe. I nobili si truccano da camerieri d'albergo, nient'altro che per vederlo, le più amabili donne francesi deporrebbero la loro chioma sotto i suoi piedi. «Il suo cocchio è il nucleo d'una Cometa, la cui coda riempie vie intere». In teatro è fatto segno ad applausi immortali; e «alfine è soffocato sotto le rose»; giacchè per consiglio del vecchio Richelieu, aveva usato dell'oppio come calmante dei suoi nervi, e il Patriarca, per la sua natura proclive ad eccedere, ne aveva preso troppo. Anche sua Maestà la Regina aveva pensato di farlo chiamare, ma ne fu dissuasa. Nondimeno, è mestieri che la Maestà se ne dia pensiero. Lo scopo cui quest'uomo ha dedicata la sua vita è stato quello di isterilire, di annientare tutto ciò che costituiva il sostrato della Maestà e della Fede. Ed è per questo che il mondo lo apprezza? Per questo lo innalza fino all'apoteosi, riconoscendolo suo Profeta, suo interprete; come colui che ha detto saggiamente tutto ciò che esso bramava di dire? Aggiungiamo solo che il corpo schiacciato dalle rose di questo Patriarca beatificato, non può esser sepolto se non furtivamente. Il fatto è ben degno di nota, e la Francia è senza dubbio gravida di «Buone Speranze», come dicono i Tedeschi: noi le auguriamo dunque un parto felice e un frutto benedetto.
Beaumarchais anche ha testè pubblicato le sue difese (Mémoires); non senza risultato per sè e pel mondo. Caron Beaumarchais (o de Beaumarchais, giacchè egli divenne nobile) nacque povero; ma fu d'indole ambiziosa, ardente; ebbe ingegno, audacia, accorgimento e sopratutto uno speciale talento per l'intrigo: esile della persona, ma inflessibile, indomabile. La fortuna e la destrezza lo condussero fino al gravicembalo di Mesdames, le nostre buone Principesse Loque, Graille, e sorelle. E quel ch'è più, Pâris Duvernier, il Banchiere di Corte, l'onorava di qualche sua fiducia; fiducia che si estendeva anche ad affari di cassa. Ma il successore di Duvernier, persona di qualità, non volle continuargliela; ed anzi, ebbe corso un processo, per cui l'inflessibile Beaumarchais perdette buon nome e quattrini e fu miserevolmente bistrattato dal Giudice Relatore Goezman, dal Parlamento Maupeou e dalla pubblica opinione. Decaduto nell'opinione di tutti gli uomini, ma non nella sua, sotto l'impulso della indignazione che, se non è atta ad ispirare dei versi, ben si presta alle memorie giudiziarie satiriche, il malcapitato maestro di musica, con un eroismo disperato, rialza la sua causa a dispetto del mondo, lotta con Relatori, Parlamenti e Principi, con uno spirito sarcastico, una logica stringente, avvalendosi con forza e destrezza di risorse inesauribili, come il più abile degli schermitori, al punto che tutto il mondo sta ad osservarlo. Tre lunghi anni trascorrono con fortuna oscillante, e infine dopo sforzi paragonabili alle Dodici fatiche di Ercole il nostro indomabile Caron trionfa, vincendo la sua Causa, anzi le sue Cause; spoglia il Relatore Goezman del suo ermellino di giudice e lo copre d'una eterna vergogna. Quanto poi al Parlamento Maupeou (ch'egli ha cooperato a distruggere), a tutti i Parlamenti in genere e alla Giustizia francese, li presenta sotto un aspetto, che induce gli uomini ad infinite riflessioni. Così il Beaumarchais, come un piccole Ercole della Francia, s'è avventurato nel Regno degl'Inferi, trascinatovi dal destino, e vittoriosamente ha domato i cani infernali. Eccolo d'ora innanzi fra le notabilità della sua generazione.