Ma, questa Età della Speranza non sarebbe mai un simulacro qual'è il più delle volte la stessa speranza? Una nebulosa dai colori dell'iride, che si libra sulle cascate del Niagara, bella a vedersi, attraente a dirigervi il proprio naviglio? In tal caso l'Analisi trionfante avrebbe un bel da fare.
Purtroppo, sì! tutto un mondo da rifare, e se essa potesse rendersene conto, si riconoscerebbe inadeguata a compierlo! Poichè tutto ormai è guasto e sconvolto, il senso morale come la vita economica; nè la testa nè il cuore sono più sani. E, infatti, fra tutti i mali, di qualunque genere siano, vi ha sempre, quando più quando meno, un certo grado d'affinità, e per lo più sogliono andare insieme. È una verità antica che là dove è un gran male fisico, v'è dovuto essere un gran male morale, che vi si collega e gli ha dato origine. Per esempio, prima che questi venticinque milioni di lavoratori divenissero così squallidi, quali appaiono al vecchio Mirabeau, quale e quanta Disonestà in tutti coloro che sono stati al Governo e (parere e non essere) esercitano l'ufficio di Guide spirituali e temporali, non s'è venuta per secoli accumulando in una Nazione che si dice Cristiana e chiama l'uomo fratello dell'uomo! E sempre più s'accumulerà, fin che una testa ne sarà colpita; poichè il primo di tutti i Vangeli è quello che una Menzogna non può sussistere per sempre.
Infatti, se noi squarciamo il vapore roseo in cui sono circonfusi il Sentimentalismo, la Filantropia, le Feste di costumi, uno spettacolo ben triste ci si parerà dinanzi. Voi potreste dimandare: Quali sono i legami, che qui, come in ogni società umana, uniscono più o meno felicemente i suoi membri? Qui è un popolo senza fede, che si nutre di supposizioni e d'ipotesi, corre dietro alle vaporosità dell'Analisi trionfante ed ha per principale credenza, che il Piacere è piacevole; un popolo che sente la Fame per ogni dolce cosa, che ha la Legge della Fame; e qual'altra legge impera fra i cittadini e al disopra di loro? Proprio nessuna.
Il suo Re è divenuto un Re pappagallo, in balìa del Governo di Maurepas, come una banderuola che gira ad ogni soffio di vento. Un popolo che non vede più un Dio nel cielo, e, se volge i suoi sguardi in alto, non lo fa che attraverso i telescopî. La Chiesa, veramente, ancora sussiste, ma ridotta alla più umile sommessione, sconfitta dal Filosofismo, in un tempo d'una brevità singolare perchè era giunta l'ora estrema per lei. Venti anni addietro all'incirca il vostro Arcivescovo di Beaumont non volle neppur permettere che i poveri Giansenisti avessero sepoltura; il vostro Loménie Brienne (un uomo che risorge e che incontreremo più innanzi) potè, in nome del Clero, propugnare che «fossero rimesse in vigore» quelle Leggi Antiprotestanti che mandavano a morte chi predicava il protestantesimo. Neppur l'Ateismo del Barone d'Holbach può esser ormai bruciato altro che per servire da zolfanello per la pipa a qualche privato speculativo. La nostra Chiesa sta legata e tace, come un bue muto, e fa sentire il suo muggito sol quando ha da reclamare il suo foraggio (ovvero le decime), ben contenta di riceverlo; o con muto stupore attende ciò che le prepara la sorte. Restano poi quei Venticinque milioni di «visi squallidi» e una «forca alta quaranta piedi», ch'è come la guida, il coronamento della loro triste lotta per la vita! Invero una ben singolare Età dell'Oro, con relative Feste di costumi, «dolcezza di maniere» e dolci istituzioni (institutions douces), che altro non sono se non presagio di pace fra gli uomini! Pace? Oh, Sentimentalità del Filosofismo, che puoi tu aver mai di comune con la pace, se hai una madre che si chiama Gezabele? Tu sei un Prodotto immondo d'una più immonda Corruzione, e della Corruzione tu dividerai la sorte!
Intanto è sorprendente vedere come questo cumulo di marcio si tien ritto così a lungo, fin che non venga a scrollarlo una scossa rude. Ed è stato così per intere generazioni «come uno spettro della vita» da cui sono fuggiti il vero ed ogni vitalità; e ciò perchè gli uomini sono tardi ad abbandonare il vecchio cammino per avventurarsi in uno nuovo, vincendo l'indolenza e l'inerzia. Certamente il Presente è grande, è qualche cosa che, sprigionandosi dall'abisso profondo delle teorie e delle limitazioni del possibile, s'è venuto a stabilire nel mondo come un Fatto compiuto, indiscutibile, a cui gli uomini lavorano e di cui vivono, o lavorarono e vissero. Gli uomini ragionevolmente s'attaccheranno al fatto compiuto, fin che perdurerà, e con rincrescimento l'abbandoneranno quando lo sentiranno vacillare. Oh, Temerario entusiasta d'ogni Mutamento, sta' in guardia! Hai tu ben considerato che fa la forza dell'Abitudine in questa nostra vita? Che la Scienza, la Pratica sono sospese miracolosamente sugli abissi infiniti dell'Ignoto, dell'Impraticabile? Che tutta questa nostra esistenza è per sè stessa un abisso infinito, riparato dalla volta dell'Abitudine, che, come un sottile strato di terra, è stata laboriosamente architettata?
Ma se, come qualcuno ha scritto, «ogni uomo ha in sè del pazzo», che mai dev'essere della Società intera, che, nel suo stato normale, è detta «il miracolo permanente di questo mondo»? E continua il nostro autore: «Senza questa scorza terrestre dell'Abitudine, o Sistema delle abitudini, che dir si voglia; in una parola, senza questa maniera prestabilita di agire e di pensare, la Società non esisterebbe più. Per ciò dunque essa esiste, bene o male che sia; e in questo Sistema di consuetudini, acquisite o trasmesse, come vorrete, è il vero Codice delle Leggi e della Costituzione della Società; il solo Codice che, sebbene non scritto, non può essere in niuna guisa trasgredito. Quello che noi chiamiamo Codice scritto, Costituzione, Forma di governo e così via, è forse altro che una immagine in miniatura, un compendio solennemente espresso di questo Codice non iscritto? È, o piuttosto disgraziatamente non è, ma dovrebbe esser tale e tende sempre a divenirlo; la qual cosa rappresenta una lotta senza fine». Ed ora noi proseguiamo sullo stesso tono: Se per mala sorte, in questa lotta incessante la vostra «scorza terrestre» si romperà una volta, le fontane del grande abisso dilagheranno: son fontane di fuoco che travolgeranno tutto nella voragine! La vostra scorza terrestre è sfracellata e inghiottita, a un mondo verdeggiante e fiorente succede un caos informe, che s'agita selvaggiamente in una lotta disperata per ridivenire un mondo.
D'altra parte, diamo per concesso che: ovunque tu trovi una Bugia che ti opprime, tu debba distruggerla. Le Bugie son fatte per essere distrutte ed aspettano e reclamano con ardore la loro fine. Rifletti, per altro, in quali condizioni di spirito tu hai a farlo: non già spintovi dall'odio o in preda allo stimolo d'una egoistica violenza; ma col cuore calmo, animato da un santo zelo, con gentilezza, con pietà quasi. Vorresti tu sostituire alla Bugia estinta una tua nuova Bugia, all'Ingiustizia un'altra Ingiustizia fonte di altre Bugie? In tal caso la fine sarebbe peggiore del principio.
È così, per altro, che in questo nostro mondo, il quale nello stesso tempo ha una indistruttibile speranza nel Futuro e una indistruttibile tendenza a perseverare nel Passato, l'Innovazione e la Conservazione sono, per quanto è in loro, in un continuo conflitto; pel quale «il demoniaco elemento», che si tien celato in ogni umana cosa, può senza dubbio una volta almeno in un millennio aver campo libero. Senonchè, possiamo noi non deplorare che un tal conflitto, il quale dopo tutto non si differenzia molto dal classico combattimento tra le «Amazzoni accese d'odio con gli eroici giovani», e che finirà in embrassements, debba essere di solito così spasmodico? Ma la Conservazione, rafforzata dalla più potente delle nostre qualità, cioè dall'Indolenza, risiede per lunghe età, non solo vittoriosa, ma intransigente, tirannica. Essa tiene avvinta durante il suo periodo di dominio la sua avversaria, che giace annientata, sepolta come quell'Encelado che, per ottenere la più piccola libertà, deve scuotere tutta la Trinacria con la sua Etna.
Onde, tutto considerato, noi dobbiamo rendere onore anche a questa Età della Carta, a questa Età della Speranza. Poichè nello spaventevole processo della rivolta d'Encelado – quando l'azione in cui nessun mortale oserebbe di spingersi per elezione, è divenuta imperiosa, inevitabile – non è forse provvidenziale che la Natura ci alletti con dolci promesse, siano pur fallaci, e che tutta una generazione si spinga nell'Erebo tenebroso, illuminata da un'Era della Speranza? È stato ben detto che: «l'Uomo si basa sulla Speranza, non possiede che Speranza, e questa sua dimora è chiamata il Luogo della Speranza».