Senonchè, la condizione dei lavoratori non è ugualmente buona. Disgraziati! E non ve ne sono da venti a venticinque milioni? Costoro noi sogliamo prenderli in blocco, in una specie d'unità collettiva, mostruosa, ma incerta e molto remota, che chiamiamo la canaille, o più umanamente, «le masse». Masse, certamente: eppure, strano a dirsi, ma se tu, con uno sforzo d'immaginazione, le segui per la vasta Francia sino nei loro tuguri d'argilla, e nelle loro capanne, troverai che queste masse sono composte d'unità, che ciascuna di queste unità ha il suo cuore, i suoi dolori; ha la sua pelle che la ricopre e che sanguinerà alla tua puntura. Oh Sovranità imporporata, Santità, Riverenza; oh Cardinale Grande Elemosiniere, che vestito del tuo abito d'onore di peluzzo e con le mani colme di titoli e di quattrini sei assiso solennemente sulla torre di vedetta del mondo, al cospetto di Dio, pensa che ciascuna di queste unità è un essere umano meraviglioso, proprio come sei tu; che combatte nella luce o nella cecità pel suo Regno infinito (cioè per questa Vita, che gli è dato una volta di vivere nell'Eternità); un essere che ha in sè una scintilla della Divinità, che tu chiami anima immortale!
Tristi, languidi, essi combattono nella loro oscurità remota, sprovvisti di nutrimento e col focolare spento. Per loro non sorge mai un'Era di Speranza in questo Mondo, e, ora che la fede è scossa, difficilmente anche nell'altro, se non è già una speranza quella di trovare riposo nel buio della Morte. Ignoranti, sconfortati, affamati! Generazione muta, la cui voce è un grido inarticolato; e per essa nessun patrocinatore che possa essere ascoltato e nel Consiglio del Re, e nel foro del mondo; nessuno che trovi accoglienza. A rari intervalli (come ora nel 1775) essi buttano via zappe e martelli e, con grande stupore del mondo che pensa, si assembrano qua e là, in atteggiamento fino a Versailles. Turgot modifica il commercio del grano, e abroga le più assurde delle leggi sui cereali; perchè esiste una carestia vera, o, se anche «artificiale», è indubitata la scarsezza del pane. Così, il 2 Maggio del 1775, questa vasta moltitudine squallida, cenciosa, dai visi emaciati, s'avanza verso il Castello di Versailles, formando come un quadro realistico della sua miseria, come una petizione scritta in geroglifici, contro la ingiustizia del suo stato. Chiuse le porte del Castello, il Re appare al balcone e parla alla folla. Essi hanno vista la faccia del Re, dunque la loro petizione è stata almeno guardata, se non letta. Per tutta risposta due di loro sono impiccati ad «una nuova forca alta quaranta piedi», e gli altri rimandati – temporaneamente – alle loro terre.
Invero è un difficile «punto» pel Governo l'aver da fare con queste masse; se non addirittura il solo punto da superare, il solo problema da risolvere, poichè tutto il resto si riduce quasi a un nonnulla, a superficialità passeggere o colpi di vento! Si ha un bell'invocare Usi e Costumi, Privilegi e Leggi comuni e speciali, ma le masse contano parecchi milioni di unità di esseri, a quel che pare, fatti da Dio, da quello stesso Dio cui si dichiara che appartiene la Terra. Inoltre tal gente non è scevra di ferocia; ha nervi e risentimento. Ascoltate ciò che l'antico Marchese di Mirabeau, quel rude amico degli uomini, osservava in un giorno di festa dello stesso anno dal suo alloggio ai Bagni del Mont d'Or: «I selvaggi discendono a torrenti dalle montagne; la nostra gente ha ordinato di non uscire; il Curato è in cotta e stola; la Giustizia in parrucca; la Marechausseé con la spada in pugno sta a guardia della piazza prima che le cornamuse comincino a suonare. Le danze, dopo un quarto d'ora, vengono interrotte dalla battaglia; seguono gli urli, il piagnucolar dei fanciulli e degli invalidi, lo schiamazzo di quei che aizzano al combattere, come fa il popolaccio nella lotta dei cani. Si vedono uomini terribili o piuttosto orribili belve, coperti di saioni di ruvida lana, con larghe cinture di cuoio trapunte da chiodi di rame; son essi di gigantesca statura, accresciuta dagli alti zoccoli di legno (sabots) che hanno ai piedi; e si mettono in punta di piedi per veder meglio la battaglia, e, schiamazzando, si fanno il largo a furia di gomiti. Sono figure squallide (figures hâves); lunghi e unti capelli ne coprono il viso, che nella parte superiore è invasa da un pallore crescente, e nell'inferiore è contratto da un atteggiamento di riso crudele, da una specie d'impazienza feroce. E pensare che questa gente paga la taille, e che vi disponete a toglierle anche il sale! Voi ignorate in quale stato sono coloro che spogliate fino alla nudità, o, per servirci della vostra espressione, che voi governate! E che! credete voi di poter sempre con un tratto di penna e con la più fredda indifferenza far patire la fame impunemente? Sì, ma fin che non venga la catastrofe! Ah, Madama, questo Governo finirà col Capitombolo generale (culbute générale)»..
Triste prospettiva, invero, per un'Età dell'Oro o sia pure della Carta e della Speranza! Intanto, non venirci a turbare con le tue profezie, o malaugurato Amico degli Uomini: è tanto tempo che ci tocca udirne di simili, eppure il vecchio mondo si mantiene in equilibrio col vecchio sistema.