Voltaire una volta, stizzito, domandò ai suoi concittadini: «Ma voi, Gualches, che avete mai inventato?». Essi potrebbero rispondere ormai: L'Arte dell'insurrezione. Era un'arte di cui si sentiva il bisogno in questi ultimi tempi così singolari: un'arte cui la natura francese, così piena di veemenza, così priva di profondità, era forse idonea più di ogni altra.
In conseguenza, a qual alto grado, si può ben dire, di perfezione, questo ramo dell'umana industria è stato portato dalla Francia nell'ultima metà del secolo! L'insurrezione, che Lafayette crede poter essere «il più sacro dei doveri», è ormai, pel popolo francese, nel novero dei doveri che esso può adempiere. Le altre folle sono masse ottuse che vanno innanzi con una tenacia grossolana feroce, con un grossolano e feroce ardore, ma che non sprigionano nel loro andare nessun lampo di genio. La folla francese, ripetiamo, fa parte dei più vivaci fenomeni del nostro mondo. Così pronta, così audace, così illuminata, piena d'inventiva, ratta a cogliere il momento, con l'istinto della vita fin nelle punta delle dita! Quel talento, quando non foss'altro, di mettersi spontaneamente in coda, distingue, come dicevamo, il Popolo francese da tutti i Popoli, antichi e moderni.
Confessi il Lettore che, mettendo a raffronto varie cose, forse poche Apparizioni terrestri sono più degne di considerazione delle folle. La folla è una manifestazione genuina della natura, da cui emana, o che comunica con quanto la natura ha di più profondo. Allorchè tante cose non rappresentano che il ghigno e la smorfia e sono divenute formalità senza vita, e sotto il rigido bucranio non può trovarsi un cuore che batta, qui una volta ancora, più che altro mai, sono la Sincerità e la Lealtà. Per quanto possa sentirne raccapriccio, orrore, bisogna che tu ti fermi a considerarla. Un tal Complesso di Forze umane e d'Individualità lanciate, alla loro maniera trascendentale, per agire e reagire sugli eventi e su di esse medesime e operare quanto v'è in loro di operabile: quello che faranno non v'è uomo che lo sappia, e meno di tutti esse medesime. È il più infiammabile, il più incommensurabile Fuoco artificiale, che alimenta e consuma sè stesso. Con quali fasi, fino a qual punto, con quali risultamenti brucerà, la Filosofia e la Perspicacia congetturano invano.
«L'uomo», come è stato scritto, «è sempre interessante per l'uomo; anzi, propriamente, non v'è nient'altro d'interessante». Da questo punto di vista, non possiamo spiegarci perchè la maggior parte delle battaglie sono divenute noiose? Le battaglie, ai nostri giorni, si compiono meccanicamente e con uno svolgimento minimo d'individualità umana e di spontaneità: gli uomini, ora, muoiono magari, o si ammazzano l'un l'altro, in una maniera artificiale. Le battaglie, a partire dal tempo d'Omero, allorchè erano costituite da Folle combattenti, hanno cessato in genere d'interessare, d'essere guardate, lette e ricordate. Quante noiose battaglie di sangue la storia si sforza di rappresentare, o di cantare con voce rauca: – ed è mai possibile che ometterebbe o toccherebbe di volo proprio questa Insurrezione di Donne?
Un'idea, o un materiale d'idee indistinto, grezzo, fermentò tutta la notte universalmente nella testa femminile, e doveva esplodere. Nella squallida soffitta, il mattino di lunedì, la Maternità si desta, per udire i figliuoli chiedere il pane piangendo. La Maternità è, così, spinta ad uscire, percorrendo le vie e recandosi ai mercati delle erbe a far coda presso i fornai; in questi incontra un'altra Maternità, colpita dalla fame, soffrente lo stesso dolore esasperante. Oh noi sventurate donne! Ma, in cambio di far coda dai fornai, perchè non si va ai palazzi degli Aristocratici, cioè alla radice del male? Allons! Riuniamoci! All'Hôtel de Ville! A Versailles! Alla Lanterna! In un Corpo di Guardie del quartiere S. Eustachio, «una giovane» s'impadronisce d'un tamburo; poichè come potevano le Guarde Nazionali far fuoco su delle donne, su d'una giovanetta! Quella giovane afferra il tamburo e si fa avanti, facendo udire il suo rullo – «gridando contro il caro dei grani». Scendete, o madri; scendete, o Giuditte, in cerca del nutrimento e della vendetta! – Tutte le donne si riuniscono e s'incamminano; la folla assalta le scale, obbligando tutte le donne ad uscire; la Forza dell'insurrezione femminile, secondo Camillo, somiglia quella della marina inglese: «è un reclutamento forzato di donne». Le robuste Dame della Halle; le smilze Sartine operose, che si levano con l'aurora; le vecchie Zitelle che s'affrettano alle orazioni mattutine; le Domestiche che di buon'ora sono in moto con le loro granate: tutte debbono andare. Riscuotetevi, o donne. Gli uomini, neghittosi, non vogliono agire, esse dicono: agiamo noi, dunque!
Onde, come una valanga che precipita dalle montagne, poichè ogni scalinata è un ruscello disciolto, esse rumoreggiano, tumultuose, con urli selvaggi, dirigendosi all'Hôtel-de-Ville. Tumultuose, con o senza il suono del tamburo; poichè il Sobborgo di Saint-Antoine ha portato il suo contributo di donne; e coi manichi delle granate, colle molle del fuoco ed anche con delle pistole irrugginite (sprovviste di munizioni), affluisce impetuoso. Il rumore di tutto questo vola con la velocità del suono alle più lontane Barriere. Alle ore sette di questa battagliera mattina del 5 ottobre, il palazzo civico vedrà cose meravigliose. Inoltre, per caso, si trova colà una moltitudine d'uomini aggruppati tumultuosamente intorno ad una Pattuglia Nazionale e a un fornaio che è stato colto in atto di adoperare pesi mancanti. Essi son là ed hanno anche abbassata la corda della Lanterna. Di maniera che gli Ufficiali del Municipio sono costretti a fare uscire clandestinamente il malcapitato fornaio dalla parte di dietro, ed anche a richiedere «a tutti i Distretti» altra forza.
Era imponente, dice Camillo, il vedere tante Giuditte, da otto a diecimila, che si slanciavano per mettere le mani sulla radice del male! Doveva incutere terrore una tale turba, che aveva del comico e dello spaventevole insieme, ed era delle più indomabili. A quest'ora i Trecento che hanno troppo vegliato non sono per anco desti, e non v'è nessuno tranne degli scrivani, una compagnia di Guardie Nazionali e il signor De Gouvion. Il Maggior Generale Gouvion, che ha combattuto in America per la causa delle libertà civili; uomo d'un cuore non indegno di considerazione, ma non d'una gran testa. Egli si trova, pel momento, nel suo appartamento posteriore, intento a calmare l'Usciere Maillard, il Sergente della Bastiglia, che è venuto, come fanno molti, con delle «représentations». La pacificazione è ancora incompleta, quando arrivano le nostre Giuditte.
Le Guardie Nazionali si piantano sulle scale esterne, colle baionette spiantate; le diecimila Giuditte fanno pressione irresistibilmente, supplicando con le mani protese; esse non vogliono che parlare al Maire. La retroguardia le incalza, e già da mani maschili partono pietre; la Guardia Nazionale si trova in fra due: o spazzare la Place de Grève col cannone, oppure, facendosi sui due lati, aprire il passaggio. Alfine s'apre il passaggio e il diluvio vivente si scaglia nell'interno. Attraversano camere e gabinetti e vanno fino in cima al campanile, in un'avida ricerca di armi, del Maire, della giustizia; mentre che le più decentemente vestite parlano benevolmente agli scrivani, facendo notare la miseria di quelle povere donne, le loro sofferenze, essendo alcune anche in istato interessante.
Il povero M. De Gouvion, in questi estremi, si vede disorientato; è un uomo senza energia, turbato, che un giorno finirà col suicidarsi. Fu una fortunata combinazione per lui che l'abile Usciere Maillard, in cerca della compagnia della Bastiglia si trovasse colà, quantunque per fare le sue rimostranze! Vola indietro, o accorto Maillard, in cerca della compagnia della Bastiglia; e torna presto con essa, ma sopratutto con la tua testa piena di risorse! Poichè le Giuditte non riescono a trovare nè Maire, nè Municipali, non trovano che il povero Abbé Lefèvre, il distributore di polvere, in cima al campanile. Per mancanza di meglio, lo impiccano lassù: alla pallida luce del mattino, nel più alto punto di Parigi, che si dilegua agli occhi del moribondo: un'orribile fine? Se non che, la corda si ruppe, come spesso accadeva alle corde francesi; o fu un'Amazzone che la tagliò. L'Abbé Lefèvre cade da un'altezza di venti piedi, facendo un tonfo sul piombo dei tetti, e vive per lunghi anni dopo, quantunque gli fosse rimasto «un tremblement nelle membra».
Ed ora le porte volano in pezzi sotto le scuri; le Giuditte hanno sfondata la sala d'armi ed hanno presi i fucili, i cannoni, tre sacchi di moneta e fasci di carte; le torcie fiammeggiano: in pochi minuti il nostro bravo Hôtel-de-Ville, che data da Enrico Quarto, con tutto ciò che contiene, andrà in fiamme!