Orsù, dunque, all'azione! La regale parola d'ordine vola attraverso la Francia, come attraverso le vaste foreste soffia con furia un vento impetuoso. Nelle Chiese Parrocchiali, nei Palazzi Civici, in ogni sede di Adunanze; pei Baliaggi, pei Siniscalcati, per qualsiasi cosa gli uomini si trovino riuniti, ivi con molta confusione si formano le Assemblee Primarie. Per eleggere i vostri elettori, tale è la formula prescritta, e poi per redigere il vostro «Memoriale di Querele e di Doglianze (Cahier de plaintes et doléances), delle quali ultime non v'è penuria.
Con tale possanza opera questo Reale Editto del Gennaio, compiendo il suo rapido giro nelle sacche postali di cuoio, su per le vie maestre rigate di ghiaccio, verso tutti i punti cardinali. Come un qualche fiat, una qualche magica parola, cui tali cose somigliano! Poichè, tutte le volte che esso è proclamato alto «presso la croce del mercato», accompagnato dal suono della tromba, alla presenza del Podestà, del Siniscalco o d'altri Funzionari minori, scortati dagli alabardieri; o nelle chiese campestri vien letto con voce cadenzata dopo il sermone, «au prône des messes paroissales»; ed è registrato, impostato, fatto volare per tutto il mondo – mirate come questo affollato Popolo di Francia da cui partiva un gorgoglio, un bisbiglio lungamente represso nella sua aspettativa ardente, comincia a riunirsi, acquistando una forma, in gruppi organici. Questi gruppi organici contengono alla loro volta gruppi organici minori; il brusio inarticolato diviene parola, azione. Con l'Assemblea Primaria, poi con le «elezioni successive», e un'infinità d'elaborati scrutinî, secondo il procedimento prescritto – le genuine «Querele e Doglianze» saranno alfine messe in carta; sarà costituita alfine la debita Rappresentanza Nazionale.
Come l'intero Popolo si scuote, quasi avesse una sola vita; e col clamore di migliaia di voci annunzia che esso è sveglio, destatosi a un tratto da un lungo sonno mortale, e che d'ora innanzi non dormirà più! La cosa anelata è giunta alfine; meravigliose novelle di Vittoria, di Liberazione, di Franchigia, hanno una magica eco in ogni cuore. La nuova è giunta al prode, al vigoroso, le cui forti mani non saranno più avvinte nei ceppi, all'uomo cui si spiegano dinanzi continenti senza limiti, non conquistati. L'ha udita lo schiavo travagliato dal lavoro quotidiano; l'ha udita il mendico dalla crosta bagnata di pianto. E che! Fino a noi arriva la speranza, giù, fino a noi? La fame, gli stenti non saranno omai eterni? Il pane che strappiamo alla dura gleba e che dall'arduo lavoro dei nostri tendini vien mietuto e ridotto a pagnotta, non è tutto per un altro; anche noi ne mangeremo dunque e ne saremo nutriti? Gloriose novelle (rispondono i vecchi, più prudenti), ma purtroppo inverosimili! – In ogni modo, il basso popolo, che non paga le tasse e non ha diritto di voto, può con ragione mettersi intorno assiduamente a coloro che votano; e così la maggior parte delle Assemblee, all'interno e all'esterno, prendono un aspetto abbastanza animato.
Parigi è la sola città che avrà i suoi Rappresentanti; ne avrà venti; Parigi è divisa in sessanta Distretti, ciascuno dei quali (riunendosi in qualche chiesa o in altro luogo) sceglie due Elettori. Deputazioni officiali vanno di Distretto in Distretto, perchè finora tutto è inesperienza, ed è un consultarsi senza fine. Le vie brulicano in modo strano d'una folla affaccendata, pacifica, eppure irrequieta e loquace; a quando a quando appare il luccichio dei moschetti militari, specialmente intorno al Palais, ove il Parlamento, un'altra volta in funzione, siede querulo, quasi tremante.
È in moto tutto il mondo francese! In queste grandi giornate, qual'è il più povero, il più assiduo operaio che non lascia il suo laboratorio, se non per votare, almeno per assistere alla votazione? Per tutte le vie maestre è un ronzìo continuo, un continuo andare e venire. Sulla vasta superficie della Francia, di tratto in tratto, nei mesi della primavera, mentre il Seminatore getta il suo grano nei solchi, suoni di moltitudini che si adunano e si disperdono, che deliberano, che acclamano, che votano con le palle e a voce, si librano discordi verso l'orecchio del Cielo. A questi fenomeni politici aggiungete quest'altro fenomeno economico: il Commercio subisce un ristagno; rincara il Pane, poichè prima del terribile inverno, come dicevamo, eravi stata una terribile estate con siccità, e una grandinata che il 13 luglio aveva distrutto tutto. Che giorno spaventevole! Che pianto mentre la tempesta infuriava! Ma, ohimè, al prossimo anniversario sarà anche peggio. In tali condizione di cose la Francia elegge i suoi Rappresentanti Nazionali.
Gl'incidenti e i particolari di queste Elezioni non appartengono alla Storia Universale, ma a quella locale o della Parrocchia: per questa ragione noi non c'intratterremo a questo punto nè sui torbidi di Grenoble o di Besançon, nè sul sangue sparso per le vie di Rennes e susseguente marcia dei Giovani Bretoni col Manifesto delle loro «Madri, Sorelle e Amanti»; nè su altro di simil genere. È dappertutto la stessa triste istoria, con lievi variazioni. Un Parlamento instaurato (come a Besançon) resta attonito al cospetto di questo Behemoth degli Stati Generali, da esso stesso evocato, e poi si slancia con più o meno audacia per cacciargli una spina nel naso; ma, ohimè, d'un subito viene abbattuto, travolto, poichè la nuova forza popolare può servirsi non solo di argomenti, ma anche di pezzi di mattoni! Inoltre, e forse congiunto a tutto ciò, un ordine di Nobiltà (come quella di Bretagna) vorrebbe incatenare in precedenza il Terzo Stato, perchè non danneggi i suoi antichi privilegi. Ma in quest'atto dell'incatenare, mai così abilmente ordito, non vi è possibilità di riuscire, poichè il Behemoth-Briareo spezza i vostri legami come verdi festuche. Legare? Oibò, signori! Ci pensate voi a quelle vostre spade cavalleresche, da cui dipende il valore, la sorte della battaglia, se sarebbero atte all'impresa? Il cuore plebeo è rosso di vita, e non impallidisce neppure sotto il vostro sguardo; «e i seicento gentiluomini Bretoni, riuniti in armi per settantadue ore nel chiosco dei Cordeliers a Rennes» debbono venir fuori più savî che non vi entrarono. Poichè i Giovani di Nantes, i Giovani di Angers, tutta la Bretagna era in sollevazione, «e le madri, le sorelle, le amanti» gridavano dietro di loro: Marche! La Nobiltà Bretone deve alla sua volta lasciare che il mondo dei matti faccia la sua via.
In altre Provincie, la Nobiltà, con uguale buon volere, trova meglio appigliarsi alle Proteste, ai ben redatti «Cahiers de doléances», agli scritti e ai discorsi satirici. Tali sono in parte i metodi seguiti nella Provenza, ove a dir vero, anche Gabriele Onorato Riquetti, Conte di Mirabeau, è corso da Parigi a portarvi la sua parola di occasione. In Provenza, i Privilegiati, spalleggiati dal loro Parlamento in Aix, scoprono che tali novità, quantunque prescritte da un Editto Reale, tendono a recar danno alla Nazione, e, quel ch'è fuori di dubbio, «intaccano la dignità dei Nobili». A questo proposito, Mirabeau protesta altamente; e quella medesima Nobiltà, fra un tumulto immenso all'interno e allo esterno, decisamente prende senz'altro la determinazione di espellerlo dalla sua Assemblea. Nessun altro metodo, neppure quello di successivi duelli, poteva riuscire efficace con quell'uomo turbolento e sfolgorante nella sua violenza. Così, egli è espulso.
«In tutti i paesi, in tutti i tempi», egli esclama nel partire, «gli Aristocratici hanno perseguitato implacabilmente ogni amico del Popolo, e con decupla implacabilità se questo tale era nato dall'Aristocrazia. Perciò fu che l'ultimo dei Gracchi perì per mano dei Patrizî; ma egli, percosso dal colpo mortale, volò fatto polvere verso il cielo e invocò le Divinità Vendicatrici; e da quella polvere nacque Mario – quel Mario che fu illustre, non tanto per avere sterminato i Cimbri, quanto per aver sovvertito in Roma la tirannia dei Nobili». Lanciando quel nuovo e strano pugno di polvere (col mezzo della stampa) perchè generi quello che può, Mirabeau se ne va solennemente in seno al Terzo Stato.
Il fatto che egli, per ingraziarsi il Terzo Stato, «aprisse una bottega di tessuti a Marsiglia», divenendo temporaneamente un sarto fornitore, o anche l'invenzione di questa fiaba, resta sempre per noi una amenità di quell'epoca. Un più strano Mercante mai maneggiò la misura, e stracciò tela per uomini o parti frazionali di uomini. Il «Fils Adoptif» è sdegnato di questa favola spregevole, – che pure era creduta in tutto vera a quel tempo. Ma, dopo tutto, se Achille nell'età eroica ammazzava montoni, perchè non doveva Mirabeau, in tempi non eroici, misurare stoffe?
Più autentici sono i suoi viaggi trionfali a traverso quell'inquieto distretto, con seguito di turbe festanti e torce accese; ove «le finestre erano fittate per due luigi» e un centinaio d'uomini formavano la sua guardia volontaria. È eletto Deputato nello stesso tempo ad Aix ed a Marsiglia, ma opterà per Aix. Egli ha dischiusa la sua voce che si ripercuote lontano, e la profondità dell'anima sua che risuonano lungi nello spazio; egli può sedare (tale virtù è in una parola pronunziata) il tumulto di orgoglio del ricco, il tumulto di fame del povero; le moltitudini selvagge si addolciscono sotto di lui come sotto la luna i flutti del mare: è divenuto un frenatore del mondo, e un reggitore di uomini.
Un altro incidente, un'altra particolarità vogliamo notare, e con un ben differente interesse. Si tratta del Parlamento di Parigi; il quale si fa innanzi come gli altri (con minore audacia, è vero, rendendosi miglior conto della situazione) per mettere la nasiera a quel Behemoth degli Stati Generali. Il degno dottor Guillotin, rispettabile professionista di Parigi, ha dato alla luce il suo piccolo «Piano d'un Cahier de doléances»; e non aveva forse la più ampia libertà di farlo, quando se ne sentiva il desiderio ed era nel suo diritto? Egli fa pratiche perchè il popolo lo firmi, e allora il dispettoso Parlamento esige che ne dia spiegazione. Egli vi si reca; ma con tutta Parigi alle sue calcagna, che inonda le corti esterne, e anche in quel luogo appone gran copia di firme al Cahier, mentre il Dottore nell'interno dà le sue spiegazioni! Il Parlamento non può troppo presto congedare Guillotin coi suoi complimenti, perchè sia portato a casa sua, alto, sugli omeri. Speriamo di rivedere ancora una volta questo rispettabile Guillotin, forse una sola volta; non così il Parlamento, che non rivedremo più, lasciando che si sommerga lontano dai nostri occhi.
Frattanto tali cose, per liete che siano, son poco atte a rallegrare il creditore nazionale, o, a dir meglio, il creditore in genere. In mezzo al dubbio portentoso, universale, qual'è la certezza che può sembrare più indiscutibile se non quella del danaro nella borsa e della saggezza di conservarlo a quel posto? Le speculazioni commerciali, il commercio di ogni genere hanno subìto un notevole ristagno; la mano dell'industrioso giace inerte sul suo seno. Cosa spaventevole, quando il rigore delle stagioni ha portato il suo contributo di male, e alla scarsezza del lavoro si aggiunge la scarsezza del nutrimento! All'inizio della primavera giungono voci di monopolî, compaiono editti reali e petizioni di fornai contro i mugnai; alfine, nel mese di Aprile, abbiamo delle bande di straccioni bisognosi, e pianti feroci di gente che muore d'inedia! Son questi i tanto famosi Briganti; un nucleo di persone realmente vissute, che, per un lungo riflettersi e riverberarsi a traverso tanti milioni di cervelli, come in concavi specchi moltiplicatori, diviene tutto un mondo di Briganti, e simile a una specie di Macchina Soprannaturale, muove meravigliosamente l'Epos della Rivoluzione. I Briganti son qui, i Briganti son là, i Briganti stanno per venire! Non altrimenti echeggiava il rumore dell'arco d'argento di Febo Apollo che spargeva la pestilenza e il terrore poichè anche quest'altro rumore aveva dell'immaginoso, del soprannaturale e procedeva anch'esso informe nella sua immensità, essendosi da sè stesso fatto simile alla Notte (νυϰτἰ ἐοιϰώς)!
Ma, notate almeno, per la prima volta, che strano imperio ha il sospetto in quei paesi e a quel tempo. Se dei poveri affamati si riuniscono, prima di morire, in gruppi, in turbe, come fanno i tordi e i pivieri durante la tempesta non foss'altro che per cinguettare mestamente insieme, perchè la miseria possa guardare in faccia alla miseria; se gli affamati, quando sono uomini, scopriranno (ciò che non possono fare i tordi affamati) una volta riuniti, che non è il caso di morire fin che cibo vi è nel paese, ed essi son molti, con le saccocce vuote, ben vero, ma forti di braccia; in tutto questo che bisogno v'è d'un Meccanismo Portentoso? Nessun bisogno per tant'altri Popoli; non così pel popolo francese in tempo di Rivoluzione. Questi Briganti (come furono quei di Turgot, quattordici anni addietro) sono stati messi su, arruolati, quantunque senza colpi di tamburo, dagli Aristocratici, dai Democratici, da d'Orléans, da d'Artois, dai nemici del bene pubblico. Anzi, gli Storici del tempo lo provano con un argomento: questi Briganti che pretendono d'esser privi di vitto, trovano nondimeno il modo di bere e sono stati visti ebbri. Un fatto senza esempio! Ma, in sostanza, non possiamo noi predire che un popolo così facile alla Credulità e alla Incredulità (la cui perfetta unione genera il Sospetto o per lo più l'Irragionevolezza) vedrà parecchie Figure d'Immortali combattere nelle sue file, senza aver mai bisogno d'un Meccanismo Epico?
Sia come si voglia, è chiaro che i Briganti sono giunti a Parigi in una moltitudine considerevole; hanno visi sparuti, chiome fluenti (veri tipi d'entusiasti), coperti di luridi cenci; portano grosse mazze che sbattono adirati contro il suolo! Costoro si mischiano nel tumulto dell'Elezione e vorrebbero in ogni modo firmare il Cahier di Guillotin o qualsivoglia Cahier o Petizione, se sapessero scrivere. Il loro aspetto d'entusiasti, il battere che fanno dei loro bastoni lasciano presagire poco di buono, sopratutto pei ricchi padroni manifatturieri del Sobborgo di Saint-Antoine, i cui operai bazzicano con loro.