CAPITOLO VI LE CAMPANE A MEZZANOTTE

Poichè, veramente, l'Insurrezione è proprio sul punto di maturare. Giovedì è il nove del mese di Agosto: se la decadenza non è pronunziata quel giorno dalla Legislativa, la pronunzieremo noi.

La Legislativa? Una povera Legislativa che fa acqua non può pronunziar nulla. Mercoledì otto, dopo un'interminabile oratoria, una volta ancora, non possono neppur pronunziare l'Accusa contro Lafayette, che è assolto – apprendilo, Patriottismo! – con la maggioranza di due contro uno. Il Patriottismo lo apprende; il Patriottismo incalzato dal terrore della Prussia e dal sospetto Preternaturale, ruggisce tumultuoso intorno alla Salle de Manège tutto il giorno; insultando molti Deputati, capi della Destra che ha votata l'assoluzione; anzi rinfaccia a loro la cosa, li investe addirittura con minacce a voce alta; al punto che il Deputato Vaublanc ed altri simili son ben felici di rifugiarsi nei Corpi di Guardia; o di scappare dalle finestre di dietro. E così, il giorno seguente vi sono infinite doglianze: Lettere su Lettere da parte di Deputati insultati; semplici doglianze, discussioni e un chiaccherio vano; il sole del Giovedì tramonta come tutti gli altri giorni, e nessuna decadenza viene pronunziata. Onde, infine: alle vostre tende, o Israele!

La Società Madre cessa di parlare; i gruppi cessano dall'arringare; i Patrioti, con le labbra chiuse, escono «a braccetto», per file, due alla volta, con passo lesto di gente affacendata, e si dileguano lontano, nelle oscure piazze dell'Est. Santerre è pronto; e noi faremo in modo che sia pronto. Quarantasette delle Quarantotto sezioni sono pronte; anzi gli stessi Filles-Saint-Thomas dalla loro parte Giacobina e dalla loro parte Feuillante, sono anch'essi pronti. Che il Patriota a oltranza guardi la sua arma, sia picca, sia fucile; e i fratelli di Brest – sopratutto i Marsigliesi dalle sopracciglie scure, si preparino per l'ora estrema! Il Sindaco Roederer lo sa, e si lamenta più o meno, a seconda della piega che prenderà la cosa, che «cinquemila cartucce a palla siano state distribuite in pochi giorni ai Fédérés, all'Hôtel-de-Ville».

E anche voi, galanti gentiluomini difensori della Regalità riunitevi alle Tuileries. Non per un Ricevimento del mattino, una Levée: no, ma per una Couchée, in cui molte cose bisogna mettere a letto. I vostri Biglietti di Entrata sono necessari, e più necessarie le vostre spingarde! – Essi vengono e si riuniscono da bravi che anche sanno morire: il vecchio Maillé, Maresciallo di Campo, anch'egli è venuto; nei suoi occhi non è ancora un barlume, quantunque offuscati da un catarro pei suoi ottant'anni. Coraggio, Fratelli! Noi abbiamo mille Svizzeri rossi; uomini dal cuore fedele, fermo come il granito delle loro Alpi. I Granatieri Nazionali sono almeno amici dell'Ordine; il Comandante Mandat, che spira fedele ardore, «risponderà di essi sulla sua testa». Sarà garante Mandat e il suo Stato Maggiore; poichè lo Stato Maggiore, quantunque vi siano una sentenza e un Decreto per lo scioglimento, per fortuna non è stato ancora disciolto.

Il Comandante Mandat è stato in corrispondenza col Maire Pétion; reca un Ordine scritto da lui da tre giorni, di respingere la forza con la forza. Uno squadrone sul Pont-Neuf respingerà col cannone quei Marsigliesi che attraverseranno il Fiume; uno squadrone al Palazzo di Città taglierà in due Saint-Antoine, «appena uscirà dall'Arcata Saint-Jean»; una metà sarà fatta retrocedere nell'oscura parte orientale e l'altra metà sarà spinta innanzi «a traverso gli Andirivieni del Louvre». Gli squadroni non saranno pochi, e anche gli squadroni a cavallo; ve ne saranno nel Palais Royal, nella Place Vendôme: tutti nel momento opportuno faranno delle scariche, spazzando or questa via, or quella. Noi avremo qualcosa come un nuovo Venti Giugno; ma, sarà ancora meno profittevole? O forse l'Insurrezione non oserà addirittura di scoppiare? Gli Squadroni di Mandat, la Gendarmeria a cavallo e le Guardie bleues marciano fra il tintinnare delle armi e lo scalpitar dei cavalli; i Cannonieri di Mandat rombano fra le tenebre della notte, al suono della sua générale, che comincia a battere proprio quando sarebbe ora d'andare a letto. È la notte del nove Agosto 1792.

Alla loro volta le Quarantotto Sezioni corrispondono mediante rapidi messaggeri, e sono intente a scegliere ciascuna i suoi «Tre Delegati con pieni poteri». Il Sindaco Roederer, il Maire Pétion sono perciò inviati alle Tuileries: i coraggiosi Legislatori, quando il tamburo batterà l'ora del pericolo, dovrebbero rendersi alla loro Sala. La Demoiselle Théroigne ha il suo berretto da Granatiere, indossa un abito per andare a cavallo col gonnellino, corto; due pistole adornano la sua piccola vita, e la sciabola le pende a lato del cinturino.

Una tal partita si sta giuocando in questa Parigi Pandemonio, o Città di Tutti i Diavoli! – Eppure, la Notte, mentre il Maire Pétion passeggia nel Giardino delle Tuileries, «è calma e bella»; Orione e le Pleiadi mandano dall'alto il loro scintillio tutt'affatto sereno. Pétion era uscito all'aperto, poichè all'interno il calore era molto opprimente. Veramente Sua Maestà lo aveva ricevuto assai aspramente; come doveva accadere. Ed ora non v'è uscita; gli Squadroni bleus di Mandat vi respingono ad ogni grata; anzi i Granatieri Filles-Saint-Thomas danno libero corso alla loro lingua: «La pagherà e come!» il virtuoso Maire, «se le cose piglieranno cattiva piega», e simili espressioni; quantunque gli altri siano pieni di cortesia. Di certo, se v'è un uomo in Francia che si trovi a mal punto questa notte, quegli è il Maire Pétion: costretto, tra angoscie di morte, si può dire, a sorridere destramente con una parte della faccia, e a piangere con l'altra; – con minaccia di morte se non lo fa abbastanza destramente! E non prima delle quattro del mattino, un'Assemblea Nazionale, udendo della sua distretta, «gl'intima di render conto di Parigi»; ma egli non ne sa nulla, onde penserà di tornare a casa e mettersi a letto, lasciando solo il suo cocchio dorato. Non meno delicato è il còmpito del Sindaco Roederer, che non sa se deve lamentarsi oppur no, fin che non vede come si mettono le cose. Giano Bifronte o signor Doppia Faccia, come ricorre nel vernacolo di Bunyan! Passeggiano intanto i due Giani con altri della stessa doppia conformazione, «discorrendo di cose indifferenti».

Roederer entra di tanto in tanto, ascolta, parla, manda a chiamare il Direttore del Dipartimento, non sapendo egli, Sindaco Procuratore, come regolarsi. Gli Appartamenti son tutti affollati; circa settecento gentiluomini in abito nero si danno attorno urtandosi: gli Svizzeri rossi sono immobili come rocce; fantasmi o fantasmi parziali d'un Ministero, con Roederer e i consiglieri, volteggiano intorno alle loro Maestà; il vecchio Maresciallo Maillé s'inginocchia ai piedi del Re e gli dice che egli e quei valorosi gentiluomini sono venuti a morire per lui. Ascoltate! nella placida mezzanotte, s'ode lontano la campana d'allarme! Così, in mezzo a tutta questa dolcezza, un campanile dopo l'altro trasmette la meravigliosa novella. I neri Cortigiani ascoltano dalle finestre, aperte per fare entrare l'aria, distinguono i vari suoni delle campane: questo è il suono a stormo di Saint-Roch; e quello, non è di Saint-Jacques detto de la Boucherie? Sì, Messieurs! e non udite quello di Saint-Germain l'Auxerrois? Lo stesso metallo che suonò la tempesta duecentovent'anni addietro; ma per ordine d'una Maestà allora, alla vigilia di San Bartolomeo! – Così seguitano le campane dei campanili, che i Cortigiani possono distinguere. Inoltre, pare che si suoni fin la campana del Palazzo Civico; la riconosciamo dal suono! Sì, Fratelli, è proprio la campana del Palazzo Civico; che parla così nella Notte. Miracolosamente, con una lingua di metallo e un braccio d'uomo miracoloso: Marat in persona, se sapeste, tira la corda! Marat tira la corda; Robespierre resta nascosto, invisibile, per altre quarant'ore; alcuni hanno coraggio, altri non ne hanno punto, e neppur la frenesia potrà loro infonderne.

Che lotta, che confusione, mentre la fine s'approssima lentamente; e l'Ora incerta, che verrà nel dolore e nella lotta cieca, apporterà la sua Certezza che mai potrà essere distrutta! – I Delegati coi pieni poteri, tre per ogni Sezione, Centoquarantaquattro in tutto, si riuniscono al Palazzo Civico, verso la mezzanotte. Lo Squadrone di Mandat, che stazionava in quel luogo, non vietò loro l'entrata; non sono essi parte del «Comitato Centrale delle Sezioni» che di solito tien là le sue sedute; quantunque in numero molto maggiore quella notte? La Confusione, l'Irresolutezza e lo Sbatter delle lingue regnano sovrani. Rapidi esploratori volano; il Rumore si propaga, di Cortigiani Neri, di Svizzeri rossi, di Mandat e dei suoi Squadroni che dovranno far fuoco. Non sarebbe meglio rimandare l'Insurrezione? Sì, rimandarla. Ma, ascoltate! Saint-Antoine fa rimbombare l'eloquente campana a stormo di moto proprio! – No, Amici; voi non potete rimandare l'Insurrezione; voi dovete scatenarla, e vivere con essa o morire con essa.

Fate presto, dunque; che questi Vecchi Municipali, in vista dei Pieni poteri, e del mandato del Popolo Sovrano elettivo, diano le loro dimissioni; e questi Nuovi Centoquarantaquattro ne assumano le funzioni! Volete o non volete, degni Vecchi Municipali, voi dovete andar via. Non è una felicità per molti Municipali di lavarsi le mani in questo affare, restando là paralizzati, senza obbligo di render conto fino a che venga l'Ora; od anche tornarsene a casa pel riposo della notte? Riterremo due soltanto o al più tre degli Antichi Municipali: il Maire Pétion, che per ora passeggia nelle Tuileries; il Procuratore Manuel; il Sostituto Procuratore Danton, invisibile Atlante di tutto. E così, coi nostri Centoquarantaquattro fra cui vi sono un Huguenin Tocsin, un Billaud, uno Chaumette; l'Editore Tallien e Fabre d'Eglantine, Sergent, Panis; e in breve sul punto di spuntare, o già spuntato o interamente sbocciato, tutto il Fiore del Patriottismo a oltranza; non abbiamo noi, come per arte magica, creata una nuova Municipalità, pronta ad agire a oltranza e a dichiararsi arditamente «in istato d'Insurrezione»? Prima di tutto si mandi a chiamare il Comandante Mandat per Ordine del Maire; e i Nuovi Municipali visitino quegli Squadroni che dovrebbero far fuoco; e le campane suonino a stormo a tutto andare; – e, sopratutto, Avanti, o Centoquarantaquattro; la ritirata non è più possibile per voi!

Lettore, non immaginare, nella tua languida maniera, che l'Insurrezione sia facile. L'Insurrezione è difficile: ciascun individuo non è sicuro neppure del suo simile più prossimo; totalmente incerto poi dei suoi simili lontani; non sa qual forza è in lui, qual forza è contro di lui; d'una cosa è certo: che in caso di perdita, la sua parte individuale è la forca! Ottocentomila teste, e in ognuna di esse è una diversa valutazione di queste incertezze, un diverso teorema di azione da conformare a questo; fra tante incertezze, la certezza, il risultato netto, inevitabile, non può esser mai annullato, progredisce ogni momento, e si fa innanzi plasmandosi; – mentre conduce anche te verso la corona civica o il cappio ignominioso.

Se il Lettore potesse prendere il Volo d'Asmodeo e, facendo scoprire i tetti e ogni luogo chiuso, guardasse giù dalla Torre di Notre-Dame, qual Parigi vedrebbe mai! Quante voci di soprano che si lamentano o minacciano; quante voci di basso che brontolano nel dubbio; il Coraggio s'impegna in una sfida disperata; la Codardia trema silenziosa dietro le porte barricate; – e tutt'intorno l'Ignavia russa nella sua calma; poichè molti Ignavi si gettano sui loro materassi e dormono sempre. In mezzo al clangore delle campane a stormo che annunziano la tempesta e a quel russare dell'Ignavia, qual gamma di trepidazione, d'eccitamento, di disperazione! e al disopra di tutto, nient'altro che Dubbio, Pericolo, Atropos e Nox!

I combattenti di questa Sezione vengono fuori; sentono che la prossima Sezione non s'è mossa, e rientrano. Saint-Antoine su questa sponda del Fiume non è sicuro di Saint-Marceau sull'altra sponda. Costante è solo il russare dell'Ignavia, costanti sono i Seicento Marsigliesi che sanno morire. Mandat, che due volte ha ricevuto l'ordine di recarsi alla Municipalità, non è venuto. Gli esploratori volano di continuo con una rapidità folle, al pari della voce del Rumore nel suo molteplice bisbiglio. Théroigne e i Patrioti non officiali sguisciano quasi invisibili, compiendo le loro esplorazioni dappertutto, come Uccelli Notturni sulle loro ali. Dei Nazionali circa Tremila hanno seguito Mandat e la sua générale; gli altri seguono ciascuno il proprio teorema d'incertezze. Un teorema dice che bisognerebbe piuttosto marciare con Saint-Antoine; innumerevoli i teoremi; cosicchè il meglio sarebbe di dormire. E così si battono i tamburi con un parossismo folle e si suonano le campane a stormo. Lo stesso Saint-Antoine non fa che avanzare e retrocedere; il Comandante Santerre non può credere che i Marsigliesi e Saint-Marceau marceranno. E tu, infingardo Tino di Birra sonoro, dalla voce alta e dalla Testa di legno, è tempo questo di tergiversare? L'Alsaziano Westermann, sguainata la sciabola, lo afferra per la gola; e così la Testa di legno crede. In questa maniera passa lentamente la notte: tra l'effervescenza, l'incertezza e la campana d'allarme; mentre l'umore di tutti s'eccita fino a divenire isterico: e non si fa nulla.

Intanto, Mandat, alla terza intimazione, viene; – viene senza guardie, meravigliandosi di trovare una Municipalità nuova. Gli rivolgono delle domande stringenti su quell'Ordine del Maire di resistere alla forza con la forza; su quel piano strategico di tagliare Saint-Antoine in due parti; egli risponde ciò che può; essi pensano che sarebbe bene di mandare questo Comandante Nazionale stratega alla Prigione dell'Abbadia, e di sottoporlo al giudizio d'una Corte di Giustizia. Oimè, una Corte di Giustizia – non del Libro della Giustizia, ma della primitiva Legge del bastone – si affolla, si accalca fuori le porte; in preda a un agitazione che arriva fino ad una forma isterica; crudele come la Paura, cieca come la Notte. Una tale Corte di Giustizia, e non altra, s'impadronisce del povero Mandat, strappandolo alle Guardie; lo atterra, lo massacra sui gradini del Palazzo Civico. Guardate, o nuovi Municipali; guarda, o Popolo in istato d'Insurrezione! C'è sparso il sangue, e col sangue si deve rispondere; – ohimè in tale stato d'umore isterico, molto sarà il sangue che scorrerà: poichè in queste cose avviene come per la Tigre: tutto sta a cominciare.

Diciassette Individui sono stati presi agli Champs Elysées dal Patriottismo in perlustrazione; presi, mentre ratti passavano nella semi oscurità, da esso che pur vagava nella semioscurità. Avete delle pistole, delle spade, voialtri Diciassette? Era una di quelle maledette «false Pattuglie», che vanno saccheggiando, con intenti Anti-Nazionali, in cerca di ciò che possono spiare e danneggiare. I Diciassette sono condotti al più vicino Corpo di Guardia; undici di loro riescono a fuggire, svignandosela per qualche passaggio di dietro. «Come accade ciò?» La Demoiselle Théroigne compare all'entrata di faccia, armata di sciabola e pistole, col suo codazzo; denunzia la connivenza traditrice; chiede e s'impossessa degli altri sei, perchè la Giustizia del Popolo non sia presa in giro. Dei sei, due altri riescono a fuggire nel tumulto, e, mentre la Corte del Bastone discute, i quattro ultimi sventurati sono massacrati come Mandat; essi erano: due Ex Guardie del Corpo; un Abbate vizioso; un Pamphlétaire Realista, Sulleau, conosciuto da noi col nome di Abile Editore, l'anima d'ogni lavoro. Povero Sulleau; i suoi Atti degli Apostoli e i suoi spiritosi Giornali-Manifesti (poichè egli era un uomo di abilità) così arrivano al Finis; e la celia ambigua si muta improvvisamente in un ardore orrendo! Queste cose avvengono all'alba del Dieci Agosto 1792.

Pensate un po' che notte ha avuto la povera Assemblea Nazionale, che siede «in numero ridottissimo», cercando di discutere; – in un continuo fremito, in un continuo brivido, cogli occhi rivolti verso i trentadue azimut a un tempo, come fa l'ago magnetico quando il temporale è nell'aria! Vi sarà l'Insurrezione? E se vi sarà, e non riuscirà? Ahimè, in questo caso non possono i neri Cortigiani con le loro spingarde, i rossi Svizzeri con le baionette, inebriati dalla vittoria, scagliarsi su noi e domandarci: O indefinibile Legislativa, che fai acqua, autrice della tua follia e della tua distruzione, che fai che non affondi?

O figuratevi le povere Guardie Nazionali che bivaccano «nelle tende provvisorie»; o stanno allineate, poggiandosi ora su una gamba ora sull'altra, per tutta quella notte faticosa; mentre i Nuovi Municipali tricolori ordinano una cosa e i Capitani del vecchio Mandat ne ordinano un'altra. Il Procuratore Manuel ha ordinato che siano ritirati i cannoni dal Pont-Neuf, senza che nessuno osasse disubbidirlo. Par certo dunque che il vecchio Stato Maggiore da lungo tempo condannato, sia stato alfine sciolto in quel momento; e Mandat non sia più il nostro Comandante, e sia invece Santerre? Sì, amici, è proprio così: d'ora in poi il Comandante è Santerre, – non più Mandat. Gli Squadroni che dovevano far fuoco non vedono nulla di certo, tranne che hanno freddo e fame e sono stanchi di vegliare; che è triste per loro uccidere i fratelli francesi e più triste ancora essere uccisi da loro. Fuori del circuito delle Tuileries, e nel suo interno, un rumore incerto, acre, domina quegli uomini; solo gli Svizzeri rossi sono irremovibili. I loro ufficiali li rinfrescano con una leggera dose di acquavite, e i Nazionali, ben lungi dal pensare all'acquavite, rifiutano di prenderne.

Frattanto Re Luigi s'era adagiato per dormire un poco; e quando ricomparve, la sua parrucca aveva perduta la polvere da un lato. Il vecchio Maresciallo Maillé e i gentiluomini in nero si rianimano, perchè l'Insurrezione non si vede; circola ora un motto umoristico: «Le tocsin ne rend pas». La campana a martello, come una vacca arida, non frutta. Dopo tutto, non si potrebbe proclamare la Legge Marziale? Non facilmente; poichè il Maire Pétion, a quel che sembra, è partito. D'altra parte il nostro Comandante che ha l'interim, essendo lontano il povero Mandat, all'«Hôtel-de-Ville», lamenta che tanti Cortigiani in nero inceppino il servizio e siano una spina nell'occhio delle Guardie Nazionali. A ciò Sua Maestà risponde con enfasi che essi obbediranno a tutto, si sottoporranno a tutto, e che sono uomini sicuri, quelli.

E così la luce giallastra delle lampade si spegne nella luce grigia del mattino, nel Palazzo del Re, a traverso questa scena. Scena di urti, di gomitate, di confusione, e può dirsi di conclusione, poichè la cosa è sul punto di finire. Roederer e i Ministri, spettrali s'agitano nella calca; si consultano nei gabinetti laterali con una o con entrambe le Maestà. La sorella Elisabetta conduce la Regina alla finestra: «Vedi, sorella, che splendida aurora», proprio sulla Chiesa dei Giacobini e su quel quartiere! Che felicità se la campana a martello non suonasse ancora! Ma Mandat non torna; Pétion è andato via: tante cose oscillano nella Bilancia invisibile. Verso le cinque, sale dal giardino una specie di suono; come un applauso che diviene poi un urlo, che termina, non con Vive le Roi, ma con Vive la Nation. «Mon Dieu!» esclama un Ministro spettrale, «che fa egli laggiù?» Poichè Sua Maestà il Re è andato colà col vecchio Maresciallo Maillé per passare in rivista le truppe; e le compagnie più vicine rispondono in quel modo. La Regina scoppia in un pianto dirotto. Pure, nell'uscire dal gabinetto, i suoi occhi sono asciutti e calmi, il suo sguardo è lieto magari. «Il labbro austriaco e il naso aquilino, più prominenti del solito, davano al suo contegno», dice Peltier, «una tal quale maestà, di cui, chi non la vide in quei momenti, non può farsi un'idea». O figlia di Teresa!

Il Re Luigi entra, rifinito dalla fatica; ma del resto con la sua antica aria d'indifferenza. Di tutte le speranze, la più lieta ormai è che la campana a martello non suoni.

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