Dunque avremo la guerra; e in quali condizioni! Con un Potere Esecutivo «che finge» – e invero la finzione diviene sempre meno e poi meno ingannevole – «di esser morto»; che lancia magari un cupido sguardo verso il nemico: in tali condizioni avremo la Guerra.
Di Pubblici Funzionari attivi per l'azione non ve n'è alcuno, se ne togliamo Rivarol col suo Stato Maggiore del Genio e Duecentottanta claqueurs. I pubblici servizi procedono male; a cominciare dall'Esattore delle Imposte che ha dimenticata la sua abilità; in questa e altre Amministrazioni Provinciali (Directoire de Département) si mantiene quel tanto di tasse, che si può raccogliere per sopperire alle spese indispensabili. Le nostre Rendite sono gli Assegnati; una emissione sull'altra di Carta-moneta. E l'esercito: i nostri tre grandi eserciti, di Rochambeau, di Luckner, di Lafayette? Miseri, sconsolati si aggirano i tre grandi eserciti, sorvegliando le Frontiere; tre volate di Gru dai lunghi colli al tempo della muta; – rovinati, disobbedienti, disorganizzati; essi mai videro il fuoco; i vecchi Generali e gli Ufficiali hanno passato il Reno. Il Ministro della guerra Narbonne, quello dai Rapporti color di rosa, sollecita reclutamenti, equipaggiamenti e danaro, sempre danaro; minaccia, quando non può averne, di «prendere la spada», che dipende da lui solo, e andar così a servire il suo paese!
La questione delle questioni, è questa: che bisogna fare? Dobbiamo, con la sfida disperata che qualche volta la fortuna favorisce, tirar fuori immantinenti la spada, di fronte a questa valanga d'Emigrazione e d'oscurantismo; o aspettare, temporeggiando, facendo della diplomazia, finchè le nostre risorse maturino, se è possibile, alcun poco? Ma, in effetto, progrediscono le nostre risorse o fanno il cammino a ritroso? Chi sa? I più abili Patrioti sono divisi; Brissot coi suoi Brissottini o Girondini, nella Legislativa, leva la voce pel primo progetto di sfida; Robespierre, fra i Giacobini, perora con lo stesso ardore per quello dilatorio; è un succedersi di risposte, di reciproci rimproveri, che rendono folle la Madre del Patriottismo. Immaginate che colazioni agitate da Madame d'Udon nella Place Vendôme! L'allarme di tutti è grande. Aiutateci, o Patrioti; almeno mettetevi d'accordo chè il tempo stringe. Il freddo non era ancora passato, quando «nell'appartamento discretamente bello del castello di Niort», arrivava una lettera: il Generale Dumouriez dev'essere a Parigi. È il Ministro della Guerra Narbonne che scrive; il Generale deve dare il suo consiglio intorno a molte cose. Nel mese di Febbraio 1792 gli amici Brissottini danno il benvenuto al loro Polymetis Dumouriez; – comparabile invero all'antico Ulisse in costume moderno; pronto, elastico, accorto, inflessibile, «l'uomo dai molteplici consigli».
S'immagini il Lettore questa bella Francia circondata da tutta un'Europa Cimmeria, che la stringe, fra il nero delle sue nubi, pronta a scoppiare nel tuono rosso della Guerra; questa bella Francia coi ceppi alle mani e ai piedi, stretta negli anfratti della Veste sociale o Costituzione, che hanno fatta per lei; una Francia che in una tale Costituzione non può camminare. E la Fame per giunta; e i complotti aristocratici, e la scomunica dei Preti Dissidenti: «l'uomo chiamato Lebrun», che fa mostra del suo nero wiski, visibile; e ancora più terribile nella invisibilità, l'Ingegnere Goguelat, che corre avanti e indietro con le lettere cifrate della Regina!
I preti scomunicati suscitano nuovi torbidi nel Maine e nella Loire; la Vandea con Cathélineau, il mercante di lana, non ha cessato di borbottare e mormorare. Ed ecco Jalès ancora una volta; quanto spesso il reale e fantastico campo del Nemico ha bisogno d'esser distrutto! Per circa due anni s'è andato illanguidendo e poi è tornato a splendere nell'anima turbata del Patriottismo: e in realtà, se il Patriottismo lo sapesse, è uno dei più sorprendenti prodotti della natura cooperante con l'arte. I Signori Realisti, con un pretesto o con un altro, raccolgono quella gente semplice dei Monti Cévennes; uomini non nuovi alla rivolta, dai cuori amanti della battaglia, ove le loro povere teste si possono persuadere. Il Signore Realista li arringa, toccando specialmente la corda religiosa: «I veri Preti maltrattati, i falsi Preti messi su, i Protestanti (perseguitati un tempo) ora trionfano, le cose sacre sono gettate ai cani»; e questa cosa fa uscire dalle gole dei pii Montanari grugniti rochi. «Non potremo dunque invocare voi, bravi cuori delle Cévennes? Marcerete alla riscossa? Lo farete per la santa religione, per dovere verso Dio e il Re?» «Si fait, si fait, Proprio così, proprio così», rispondono sempre quei bravi cuori. «Mais il y a de bien bonnes choses dans la Révolution, ma vi sono pure tante buone cose nella Rivoluzione!» E così, la cosa, per parlare che si faccia, non farà che girare sul suo asse, senza spostarsi dal sito e resterà puramente teatrale.
Eppure, raddoppiate le vostre lusinghe, toccate la corda con crescente frequenza, o Signori Realisti, e con uno sforzo supremo raggiungerete lo scopo. Nel seguente mese di Giugno questo Campo di Jalés si farà innanzi come qualche cosa che, di teatrale, d'un subito diviene reale; si farà innanzi forte di duemila uomini, e con la iattanza di credersi settantamila: strano spettacolo; procedono a bandiere spiegate, a baionette inastate, col proclama e con il Mandato di D'Artois per la guerra civile! Che un Rebecqui, o altro patriota simile, ardente e chiaro; o un Luogotenente-Colonnello Aubry, se Rebecqui è occupato altrove, levi istantaneamente la Guardia Nazionale, e lo disperda e lo dissolva, abbattendo il vecchio Castello, in modo da non sentirne più parlare, se è possibile!
Nei mesi di Febbraio e di Marzo se ne conserva la memoria; il terrore, specialmente della Francia rurale, era giunto a tale che confinava con la follia. Nelle Città e nei Casali si vocifera di guerra, di massacri: si dice che gli Austriaci, gli Aristocratici sopratutto, e i Briganti, siano vicini. Gli uomini abbandonano le loro case e le loro capanne, e fuggono a torme, urlando, traendo seco mogli e figliuoli, senza sapere ove si dirigano. Un tal terrore, dicono i testimoni oculari, mai colpì una nazione, nè tornerà a colpirla più mai, neppure nei Regni detti espressamente del Terrore. Le contrade della Loire, tutte le regioni centrali e del Sud-Est, partono in preda alla follia, «simultaneamente, come spinti da una scossa elettrica»; – poichè, in verità, anche il grano diviene sempre più scarso. «Il popolo barrica le entrate delle città, ammucchia pietre nei piani superiori; le donne preparano acqua bollente, in attesa da un momento all'altro dell'attacco. Nelle campagne, le campane non cessano di suonare a stormo; frotte di contadini, allarmati dalle campane, si adunano e perlustrano le strade alla ricerca d'un nemico immaginario. Sono armati la più parte di falci conficcate nel legno; e arrivando come truppe selvagge alle città barricate, sono essi stessi, qualche volta, scambiati per Briganti».
Così irrompe la vecchia Francia: la vecchia Francia irrompe verso la china. Quale sarà la fine nessun mortale può conoscerlo; ma che la fine sia prossima niuno può ignorarlo.