Con questi segni dei tempi, qual maraviglia che il sentimento dominante per tutta la Francia fosse ancora, sempre, la Speranza? O Speranza benedetta, unico favore dell'uomo, per cui sulle mura della sua angusta prigione si dipingono lunghe distese di bei paesaggi; e nelle tenebre della Morte stessa si spandono i più santi albori! Tu sei per tutti un possesso indistruttibile in questo mondo di Dio; pel savio una sacra bandiera di Costantino, scritta nei cieli eterni; sotto cui essi dovranno conquistare, poichè la battaglia stessa è una vittoria; pel folle, una specie di miraggio secolare, un'ombra d'acque chete, dipinta sulla Terra adusta; mercè la quale il loro polveroso pellegrinaggio diviene più lieto, diviene possibile.
Nel tumulto mortale d'una Società che si sommerge, la Speranza Francese non vede che gli sforzi della nascita di una nuova Società indicibilmente migliore; e canta con perfetta sicurezza di fede la sua allegra Melodia, che qualche violinista ispirato ha proprio in questi giorni composta per lei – il Ça-ira di fama mondiale. Sì, «ciò andrà»; e poi verrà – ?
Tutti sperano; anche Marat spera – che il Patriottismo prenda il manicotto e la daga. Il Re Luigi non è senza speranza: spera nel capitolo degl'imprevisti, in una fuga verso qualche Bouillé; nella possibilità di divenir popolare a Parigi. Ma qual popolo pieno di speranza è il suo Popolo giudicatelo dal fatto, e dalla serie dei fatti, che saranno ora narrati.
Il povero Luigi, coi migliori propositi, ma con poca intuizione e più scarsa risolutezza da parte sua, è costretto a seguire, in quel fosco viaggio, quel segnale che gli viene indicato dal Realismo clandestino, Costituzionalismo officiale o clandestino, da chiunque nel mese in corso può giungere a guidare la mente del Re. Se la fuga presso Bouillé, e (orribile a pensare!) l'idea di sguainare la spada della guerra civile stanno in sospeso come teoria, portentoso nel retroscena, più prossimo è il fatto di questi Milleduecento Re, che siedono nella Salle de Manège. Re non soggetti al suo controllo e non ancora irriverenti verso di lui. Se si riuscisse a guadagnarsi l'animo di costoro con buone maniere, quanto ciò sarebbe più giovevole degli Emigranti armati, degli intrighi di Torino, dell'aiuto dell'Austria! Ma, son forse inconsistenti le due speranze? Le passeggiate in carrozza nei sobborghi, lo abbiamo notato, costano così poco; eppure sempre apportarono evviva . Ancora a più buon mercato è una parola dolce, una di quelle parole che molte volte sono riuscite a dissipare la collera. In quei giorni tumultuosi, in cui tutta la Francia è sul punto d'esser divisa in Dipartimenti, il Clero presso ad essere riformato, le Società Popolari in via di progresso, e il Feudalismo e tante altre cose sono sul punto di venir gettate nella fonderia – non si potrebbe tentare?
Per conseguenza il 4 Febbraio M. le Président legge all'Assemblea Nazionale un breve autografo, con cui si annunzia che Sua Maestà vi andrà senza cerimoniale, probabilmente a mezzodì. Pensate, dunque, Messieurs, al significato che può avere questa cosa e sopratutto fate in modo che l'Aula possa essere un po' decorata. Il Bureau dei Segretarî si può rimuoverlo dalla piattaforma; sulla sedia del Presidente si può gettare questa copertura di velluto, «di color violetto cosparso di gigli d'oro»; – giacchè, a dir vero, il Presidente ha avuto un previo avviso segretamente, e si è consultato col Dottor Guillotin. Poi qualche frammento del «tappeto di velluto», dello stesso tessuto e dello stesso colore, non si può spiegarlo di fronte al posto dove di solito seggono i Segretarî? Questo ha consigliato il giudizioso Guillotin, e l'effetto si trova soddisfacente. D'altronde, poichè è probabile che Sua Maestà, malgrado il velluto a fiori di gigli, vorrà stare in piedi e non sedere affatto, il Presidente medesimo, nell'intervallo, presiederà in piedi. E così, mentre uno degli onorevoli Membri sta discutendo la divisione di un Dipartimento, gli Uscieri annunziano: «Sua Maestà!» Entra Sua Maestà in persona con un piccolo seguito: l'Onorevole Membro s'interrompe; l'Assemblea sorge in piedi; i Milleduecento Re, «quasi tutti», non escluse le tribune, salutano con applausi sentiti il Restauratore della Libertà Francese.
Il Discorso di Sua Maestà, nella diluita fraseologia convenzionale, esprime principalmente questo: Che egli, più di ogni Francese, è lieto di assistere alla rigenerazione della Francia; nello stesso tempo è sicuro che in questo processo di rigenerazione la Francia sarà trattata gentilmente e non rigenerata con rudezza.
Tale fu il discorso di Sua Maestà, che non ebbe altro pensiero che venire a pronunziarlo e poi tornarsene. Senza dubbio, eccetto che su un popolo animato da grande speranza, non v'era da edificare gran fatto. Eppure che cosa non edificarono! Il fatto che il Re ha parlato, che è venuto volontariamente a parlare, non può dirsi quanto rincori! Lo splendore che emanava dal suo aspetto regale, come raggi di sole concentrati, non aveva infiammati tutti i cuori in un'augusta Assemblea, e per conseguenza in tutta una Francia infiammabile, entusiasta? Quella di proporre «una Deputazione pei ringraziamenti» può essere la sorte fortunata d'un solo uomo; il far parte di questa Deputazione la sorte di pochi. I Deputati sono andati e son tornati colmi dei complimenti più lusinghieri; hanno anche incontrata la Regina col Delfino per mano. Eppure i nostri cuori non ardono ancora d'insaziabile gratitudine; e in un altro uomo sorge una idea felice anche più alta: proporre che tutti rinnoviamo il Giuramento Nazionale.
Felicissimo onorevole Membro, che potè dire una parola così opportuna come assai raramente si udì; magico Campione di tutta un'Assemblea Nazionale che sedeva anelante di fare qualche cosa; Campione di tutta una Francia che guardava! Il Presidente giura, e dichiara che ognuno deve giurare con le parole distinte je le jure. Anzi anche la Galleria manda giù una striscia scritta e firmata col Giuramento; e come l'Assemblea dà un'occhiata in quella direzione, il pubblico della Galleria sorge tutto in piedi e giura un'altra volta. Poi, all'esterno, osservate come, all'Hôtel-de-Ville, Bailly, il grande giuratore della Pallacorda, giura di nuovo al cader della notte con tutti i Municipali, e i Capi dei Distretti colà riuniti. E «M. Danton suggerisce che il pubblico sarebbe lieto di parteciparvi»: al che Bailly, con una scorta di dodici, si avvia per lo scalone e con la mano protesa fa cenno alla moltitudine bollente, e riceve il suo giuramento, fra un tonante «rullar di tamburi» e fra applausi che squarciano la volta celeste. E per tutte le strade il popoli giubilante, con gli occhi umidi e ardenti, «spontaneamente si forma in gruppi, prestandosi l'un l'altro giuramento» – e tutta la città era illuminata. Questo accadeva il quattro Febbraio 1790: giorno degno d'essere segnato in bianco negli Annali Costituzionali!
Nè l'illuminazione è per una notte sola, ma, parziale o totale, dura parecchie notti. Poichè in ogni Distretto gli Elettori debbono giurare specialmente; e sempre che i Distretti giurano, s'illuminano. Mirateli: un Distretto dopo l'altro, nelle piazze aperte, dove i non Elettori possono vedere e unirsi agli altri: con le loro destre alzate, mentre pronunziano je le jure, con rullare di tamburi, con abbracci, e gl'infiniti evviva de' rivendicati in libertà, ciò che ogni tiranno il quale si trovi là può considerare! Fedele al Re, alla Legge, alla Costituzione che l'Assemblea Nazionale farà.
Immaginate, per esempio, i Professori d'Università in processione per le strade con la loro giovane Francia, che giurano in una maniera entusiastica, non senza tumulto. Con un più largo esercizio di fantasia espandete questa breve parola: l'uguale parola era ripetuta in ogni Città, in ogni Distretto della Francia! Una madre patriota, a Lagnon in Brettagna, riunisce i suoi dieci figliuoli, e con la sua vecchia mano, ella stessa fa pronunziar loro il giuramento: venerabile donna dall'animo grande. Di tutto ciò intanto un'Assemblea Nazionale deve essere eloquentemente informata. E tali sono le tre settimane di giuramento! Vide mai il sole un popolo così intento a giurare? Sono stati forse colpiti da una tarantola giurante? No; ma essi sono uomini e son Francesi; hanno Speranza, e, strano a dirsi, hanno Fede, foss'anche in un vangelo secondo Jean Jacques. O Fratelli miei, se il Cielo avesse voluto che le cose fossero andate secondo le vostre idee e secondo il vostro giuramento! Ma vi sono i Giuramenti degl'Innamorati, che, siano stati pur veri quanto l'amore istesso, non possono essere mantenuti; senza parlare dei Giuramenti dei giuocatori, una specie ben nota.