Capitolo VIII LEGA SOLENNE E CONVENZIONE

Queste fosche masse, e le tinte di nero ancor più profondo, operano nella fiamma incandescente dell'anima francese, ora tutta in fusione e confusione. Qua vecchie donne che fanno giurare i loro dieci figliuoli sul nuovo Vangelo di Jean Jacques; là vecchie donne che cercano la testa di Favras nella luminaria celeste; sono segni soprannaturali, che fanno presagire qualchecos'altro.

Infatti, gli stessi patrioti figli della Speranza non possono negare che delle difficoltà esistano: Signori che emigrano; Parlamenti che si ammutinano di soppiatto, ma con molta malizia (quantunque abbiano la corda al collo); e sopratutto la più costante «deficienza di grano». Condizione dolorosa; ma per una Nazione che spera, non irrimediabile. Per una Nazione che è in una fusione, in una comunione ardente di pensiero, che, per esempio, al segnale d'un Capofila alzerà la sua mano destra come un reggimento disciplinato e giurerà e illuminerà, finchè ogni villaggio dalle Ardenne ai Pirenei abbia fatto sentire il rullo del suo tamburo, abbia pronunziato il suo piccolo giuramento e illuminato a candele di sego qualche spanna del regno della Notte!

Se i grani sono deficienti, la colpa non è nè della Natura, nè dell'Assemblea Nazionale, ma dell'Arte e degli intriganti Antinazionali. Questi maligni individui, razza di malandrini, hanno il potere di crearci imbarazzi, mentre si sta facendo la Costituzione. Sopportate, sopportate, o eroici Patrioti; o piuttosto, perchè non vi ponete rimedio? Il grano abbonda, ed è lasciato a giacere nei covoni e nei sacchi; solo gl'incettatori e i cospiratori realisti, per provocare il Popolo e farlo uscire dalla legalità, ne impediscono il trasporto. Presto, o Autorità Patriottiche organizzate, Guardia Nazionale armata, unitevi; unite le vostre buone volontà; l'unione decupla la forza: fate che il fulgore concentrato del vostro patriottismo colpisca di soppiatto, repentinamente, di cecità, di paralisi la Scelleratezza, come un coup de soleil.

Sotto qual cappello o qual berretto da notte dei Venticinque Milioni sorse prima questa feconda idea, perchè bisogna proprio che sia sorta in una testa, nessuno potrebbe dirlo ormai. Una ben piccola idea, alla portata di tutti: ma una idea viva, pratica che cresce se non in elevatezza, in incommensurabile dimensione. Quando una Nazione è arrivata al punto che il Capoccia può esercitare la sua azione su di essa, di che non sarà mai capace una parola opportuna, un atto compiuto a tempo debito! Essa farà in una notte come la pianta di fave del fanciullo della fiaba, che crebbe in una notte alta fino al cielo e su di essa dimorarono abitanti e si svolsero avventure. Essa, per altro, resta disgraziatamente sempre una fava (poichè la vostra annosa quercia non cresce così) e la notte seguente può giacere rasa al suolo, abbattuta, calpestata nel fango. – Ma, notate almeno, come è naturale in ogni Nazione agitata che ha una Fede, questo fatto dell'Adunarsi. Gli Scozzesi, credendo in un Cielo giusto al disopra di loro e quindi in un Vangelo ben diverso da quello di Jean Jacques, giurarono nel loro estremo bisogno una Lega Solenne e una Convenzione, – come fratelli che, impegnati a combattere all'ultimo sangue, nell'imminenza della battaglia, si abbracciano con lo sguardo volto a Dio; e fecero giurare tutta l'Isola ed anche alla loro ostinata maniera sassone antica, ebraica presbiteriana, ottennero che il giuramento fosse più o meno mantenuto; – poichè la cosa, come in genere sono tutte queste cose, fu udita in Cielo ed ivi parzialmente ratificata; e non è ancora morta, se ben si consideri, nè è sul punto di morire. I Francesi anche, con la loro eccitabilità, ed effervescenza gallico-etnica, hanno, come abbiamo veduto, una specie di Fede vera; essi sono messi a dura prova, quantunque nel fiore della Speranza; una solenne Lega Nazionale e una Convenzione possono bene esservi anche in Francia; ma in quali differenti condizioni; con quale differente sviluppo e risultamento!

Notate, pertanto, il piccolo inizio; la prima scintilla d'un potente fuoco pirotecnico; poichè se non si può additare sotto quale primo cappello, si può dire in quale primo Distretto. Il giorno 29 dello scorso Novembre furono viste sfilare migliaia di Guardie Nazionali, giunte da lungi e da presso, con la musica militare, con ufficiali municipali cinti di fasce tricolori; avanti e indietro lungo il corso del Rodano, verso la piccola città d'Étoile. Colà con evoluzioni e manovre di prescrizione, a suon di fanfara, con salve di moschetteria e quant'altro il genio patriottico poteva architettare, essi fecero giuramenti e proteste di mantenersi reciprocamente fedeli sotto la Legge e il Re; e particolarmente, dacchè il grano v'era, di far circolare liberamente grani di ogni specie, a dispetto dei ladri e degli incettatori. Questo fu il comizio d'Étoile in quella mite fine del Novembre 1789.

Ora, se una qualunque insignificante Rivista, seguìta da un pranzo di festeggiamento, dal ballo ed altri simili esercizî e trastulli, interessa la fortunata città di provincia, e la fa segno d'invidia da parte delle città di provincia circonvicine; che dovette esser mai di questa? Dopo quindici giorni, la più grande Montélimart, quasi vergognandosi di sè, vuol fare lo stesso, e più ancora. Nella Pianura di Montélimart, o ciò che è ugualmente sonoro, «sotto le Mura di Montélimart», il 13 Dicembre vede una nuova accolta e nuove attestazioni; sono seimila forti; e per di più ora con queste tre notevoli aggiunte, approvate unanimemente. Primo, che gli uomini di Montélimart debbano confederarsi con gli altri già confederati d'Etoile. Secondo, che, facendosi salva senza dirlo la circolazione del grano, essi «giurano innanzi a Dio e al loro Paese», con la più grande enfasi e con la più grande chiarezza, «di obbedire a tutti i decreti dell'Assemblea Nazionale, e di far prestare ad essi obbedienza fino alla morte, jusqu'à la mort». Terzo, e più importante, che ciò dev'esser consacrato solennemente in un documento officiale e rimesso all'Assemblea Nazionale, a Lafayette, e «al Restauratore della Libertà Francese»; i quali ne trarranno il conforto che potranno. In questo modo la più grande Montélimart rivendica la sua importanza patriottica, e conserva il suo rango nella scala municipale.

Per tal modo, col Nuovo anno, è inalberato il segnale: poichè non è un'Assemblea Nazionale, ed una solenne comunicazione fatta là, almeno un Telegrafo Nazionale? Non solo il grano circolerà, finchè ve ne sia, sulle vie maestre e sulle acque del Rodano in tutta quella regione del Sud-Est – dove, se anche Monseigneur d'Artois credesse conveniente di darvi una capatina da Torino, incontrerebbe un caldo ricevimento; ma ogni provincia di Francia che ha penuria di grano o è vessata da un Parlamento sedizioso, da complotti anticostituzionali, Clubs Monarchici, o da altre molestie patriottiche – può andare e fare lo stesso, e meglio anche. Ed ora specialmente che il giuramento di Febbraio li ha messi tutti in uzzolo! Dalla Brettagna alla Borgogna, su tante Pianure della Francia, sotto le mura di tante Città, è un frastuono di trombe, un ondeggiar di bandiere, un seguito di manovre costituzionali; sotto il cielo invernale, mentre anche la Natura affaccia le sue verdi Speranze, sotto i brillanti raggi del sole, turbati dal tempestoso vento di levante; come il Patriottismo che esce vittorioso, quantunque con difficoltà, dalla lotta con l'Aristocrazia e la scarsezza del grano! Là marciano e girano costituzionalmente col motivo delÇa-ira suonato dai pifferi e dai tamburi, sotto i loro tricolori Municipali, le nostre brillanti Falangi; e fanno alto, con la destra levata, e le salve dell'artiglieria che imitano il tuono di Giove; e tutto il paese, anzi metaforicamente tutto l'«Universo», sta a guardarli. I bravi uomini, vestiti dei loro migliori abiti, e le belle donne tutte adorne di gingilli, le quali per la maggior parte hanno i loro innamorati fra essi, son là a giurare per gli eterni Cieli e per questa Terra verde e feconda che tutti ci nutre, che la Francia è libera!

Giorni dolcissimi, quando (strano a dirsi) i mortali si riuniscono in comunione e fratellanza; e l'uomo, fors'anche per una volta dopo l'abbiezione di lunghi secoli, è per alcuni istanti veramente il fratello dell'uomo! – E poi le Deputazioni all'Assemblea Nazionale con una gonfia arringa descrittiva; le Deputazioni a Lafayette e al Restauratore, e frequentemente anche alla Madre del Patriottismo che siede sui suoi solidi banchi nell'Aula dei Giacobini. Gli orecchi di tutti son pieni della parola Federazione. Emergono nuovi nomi di patrioti che un giorno dovranno divenire familiari: Boyer-Fonfrède, eloquente denunciatore d'un ribelle Parlamento di Bordeaux; Massimiliano Isnard, eloquente relatore della Federazione di Draguignan; coppia eloquente, divisa da tutta la larghezza della Francia, ma che pure dovrà incontrarsi. Sempre più dilaga la fiamma della Federazione, e si estende e diviene più viva. Così i fratelli della Brettagna e d'Anjou esprimono l'idea d'una fratellanza fra tutti i veri Francesi e arrivano fino ad invocare «morte e perdizione» su ogni rinnegato; inoltre, se nelle arringhe all'Assemblea Nazionale accennano lamentosamente al marc d'argent che rende passivi tanti cittadini, essi, innanzi alla Società Madre, domandano di essere d'ora in poi considerati. «nè come Brettoni nè come Angevins, ma come Francesi». Perchè tutta la Francia non ha una Federazione, un giuramento di fratellanza universale, una volta per tutte? Un suggerimento de' più convenienti, che data dalla fine di Marzo. E questo opportuno suggerimento non può a meno di attaccarsi a tutto il mondo patriottico, che l'accoglierà e l'agiterà finchè non divenga un alto grido; e allora i Municipali del Palazzo Civico faranno bene ad adattarvisi e meditare.

Qualche cosa come una Federazione universale appare inevitabile: il Luogo è stabilito; Parigi senza dubbio; ma il Quando e il Come? A questo provvederà il Tempo sempre provvido, e forse vi sta già provvedendo. Poichè a misura che il lavoro della Federazione procede, si viene perfezionando, e il genio patriottico aggiunge contribuzione a contribuzione. Per tal modo, a Lione, alla fine del mese di Maggio, noi vediamo fino a cinquantamila, e alcuni dicono sessantamila uomini riuniti in Federazione, circondati da una moltitudine che sarebbe difficile enumerare. Dall'alba al tramonto! Poichè le nostre guardie di Lione si posero in riga alle cinque d'un bel mattino rugiadoso e irruppero col loro brillante scintillio nel Quai du Rhône, per marciare poi al campo della Federazione, fra l'agitare dei cappelli degli uomini e lo sventolare dei fazzoletti delle donne, acclamate da duecentomila voci e cuori di Patrioti: quanto v'è di bello e di bravo! Tra la folla, senza volere attirare l'attenzione, eppure più notevole di tutte, non vedete quella figura da Regina scortata dal suo seguito e da Champagneux, il patriottico Editore; venuta di lontano coi primi arrivati? Raggianti d'entusiasmo son quegli occhi neri, quel viso energico di Minerva, che spira dignità e gioia ardente; lietissima ove tutti sono lieti. È la moglie di Roland de la Platrière! Il rigido Roland, uomo attempato, Regio Ispettore delle Manifatture in questo luogo, ed ora del pari, per voto popolare, il più rigido dei nostri nuovi Municipali di Lione: un uomo che ha molto guadagnato, se possono dirsi guadagni il merito e le attitudini; ma, più d'ogni altra cosa, ha guadagnato d'aver per moglie la figliuola di Phlipon, intagliatore di Parigi. O Lettore, prendi nota di questa borghese dall'aspetto di Regina, bella a vedersi nella sua grazia di amazzone, e più ancora nella grazia dello spirito. Inconscia del suo merito (come è d'ogni merito) della sua grandezza, della sua purità di cristallo; genuina; creatura della Sincerità e della Natura, in un'epoca d'Artificio, d'Impurità, d'Ipocrisia; nella sua integrità calma, nella sua placida invincibilità, essa, se tu non lo sai, è la più nobile donna della Francia, – e si vedrà un giorno. O quanto più felice mentre era ignorata, anche da sè stessa! Frattanto essa guarda tutt'intorno, senza sospetto, questo grande apparato teatrale, e pensa che i suoi sogni giovanili stanno per avverarsi.

Dall'aurora al crepuscolo, come abbiamo detto, si prolunga lo spettacolo; e invero è uno spettacolo come ve ne sono pochi. I suoni dei tamburi e delle trombe sono qualche cosa; ma figuratevi una «Roccia artificiale alta cinquanta piedi», tutta a scaglioni, non senza l'apparenza di «cespugli»! Nella cavità interna, poichè in realtà è fatta d'abete, si erge solenne un «Tempio della Concordia»; sulla sommità esterna, una «Statua della Libertà», colossale, visibile alla distanza di più miglia, con la sua lancia e il suo Berretto Frigio, e la colonna civica; ai suoi piedi un Altare della Patria, «Autel de la Patrie». E nel far tutto questo non s'è risparmiato nè legname, nè assicelle, nè gesso, con pitture a varî colori. E poi, immaginate le bandiere tutte spiegate sugli scaglioni della Roccia; la messa solenne cantata; il giuramento civico di cinquantamila persone con la esplosione vulcanica che partiva dal bronzo e da altre gole capaci di fare arretrare spaventati fin la Saona e il Rodano; e che brillanti fuochi artificiali, e balli e banchetti si alternano in quella notte di paradiso! E così scompare anche la Federazione Lionese, ingoiata dalle tenebre; – eppure non interamente scompare, poichè era là la nostra brava, bella Roland, anche lei, quantunque sotto il più fitto velo dell'anonimo, ne fa la descrizione nel Courrier de Lyon di Champagneux; un brano di prosa che arriva a sessantamila copie e che si leggerebbe ora tanto volentieri.

Insomma Parigi, come vediamo, avrà poco da inventare; non potrà far altro che prendere a prestito e applicare. E quanto al giorno, qual giorno del calendario potrebbe essere più adatto dell'Anniversario della Bastiglia? Il sito conveniente, è facile immaginarlo, dev'essere il Campo di Marte, ove più d'un Giuliano l'Apostata è stato levato sugli scudi alla sovranità della Francia o del mondo, ove i Franchi coperti d'armature hanno con alti clamori risposto alla voce di Carlomagno; ove dagli antichi tempi tutti gli atti sublimi sono stati consueti.

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