Come è naturale, per ogni specie di uomini, in tutte le circostanze decisive, la rappresentazione simbolica! Anzi, che cosa è mai tutta la vita terrestre dell'uomo, se non una rappresentazione simbolica e una rivelazione visibile della Forza Celestiale invisibile che è in lui? Con gli atti e con la parola egli si sforza a manifestarla, sinceramente, se è possibile; se no, in forma teatrale, la quale può avere anche il suo significato. Una Mascherata non è poi nulla; in epoche più geniali, i Travestimenti del Natale, le Feste degli Asini, i Sacerdoti della Demenza, erano qualche cosa di considerevole, erano una forma di divertimento sincero, come le mascherate possono essere tuttora un sincero desiderio di divertimento. Ma d'altra parte pensate che mai doveva essere qualche cosa di sincero e serio insieme, per esempio la Festa Ebrea dei Tabernacoli! Tutta una Nazione radunatasi nel nome dell'Onnipotente, sotto lo sguardo dell'Onnipotente; l'immaginazione stessa impallidisce al cospetto della realtà; e ogni nobile cerimonia, non ancora divenuta cerimoniale, è pur solenne, significativa, nei più minuti particolari! Nè, nella vita privata moderna, bisogna avere in dispregio quelle scene teatrali in cui delle donne bagnano delle loro lagrime interi metri di tela, dei giovani dai folti baffi minacciano di suicidarsi, e così via: piuttosto spargete voi stessi una lagrima su queste cose.
In ogni modo si può notare che nessuna Nazione metterà da banda il suo lavoro per andare deliberatamente a fare una rappresentazione, senza annettervi un qualche significato. Poichè invero nessun individuo di teatro, con furbe ed ipocrite vedute, si darà la pena di soliloquizzare una scena; ed ora, riflettete, non è una Nazione scenica messa precisamente nell'atteggiamento di soliloquizzare, nient'altro che pel suo profitto, per appagare la sua sensibilità, la sua ebbrezza o qualcos'altro? – Eppure sotto questo rapporto dell'attitudine alla rappresentazione, la differenza da nazione a nazione, da uomo a uomo, è grandissima. Per esempio, se i nostri amici, i Puritani Sassoni, giurarono e firmarono la loro Convenzione Nazionale senz'alcuna scarica di moschetti e senza battere il tamburo, riuniti squallidamente in una meschina camera nell'High Street di Edimburgo, ove adesso si va a bere cattivi liquori, questa maniera di giurare era conforme alle loro forme di vita. I nostri Gallo-Enciclopedici amici, al contrario, hanno bisogno d'un Campo di Marte sotto gli occhi di tutto il mondo, o dell'universo; e di un tale Apparato Scenico a petto del quale il Colosseo non sarebbe che una baracca da saltimbanchi; qualche cosa che il nostro vecchio Mondo non ha mai visto, nè udito. Questo metodo peraltro a noi pare naturale, avuto riguardo al tempo e al luogo. Nè il rispettivo mantenimento di questi due Giuramenti fu forse inadeguato alla pompa spiegata nel compierli; in senso inverso, propriamente. Poichè la teatralità d'un popolo si rivela in una maniera complessa: in ragione della sua fiducia, della sua sociabilità, del suo fervore; ma poi anche della sua eccitabilità, della sua porosità incontinente; ovvero della sua esplosione, della sua violenza, che son anche di breve durata.
Come è vero, dunque, ancora una volta, che non v'è uomo o nazione conscio di compiere qualche cosa di grande che non abbia prodotto, in quella sua opera, altro che una meschina cosa! O Federazione del Campo di Marte, coi trecento suonatori di tamburi, coi milleduecento strumenti da fiato e l'artiglieria piantata d'altura in altura per espandere col suo rimbombo la novella per tutta la Francia, in pochi minuti! Non potrebbe un Ateo Naigeon ingegnarsi a discernere diciotto secoli addietro quei Tredici Uomini per la più parte poveri e meschinamente vestiti, ad una Cena frugale, in una meschina abitazione ebrea, senza alcun simbolo, ma dai cuori iniziati da Dio nella «Divina profondità del Dolore», e quel Fate questo per riguardo mio; e non potrebbe allora smettere quel suo gracchiamento banale? A meno che egli fosse a ciò condannato dal Destino.