Capitolo II NELLA SALLE DE MANÈGE

Pei Patrioti che hanno fede, frattanto, ormai è chiaro, che la Costituzione dovrà camminare, marcher, – dato che abbia gambe per stare in piedi. Su dunque, o patrioti, mettetevi all'opera; formate queste gambe! Prima, nell'Archevêché, o Arcivescovado, giacchè Sua Grazia in persona ne è fuggito, poi nella sala dell'Equitazione, detta Manège, presso alle Tuileries; ivi un'Assemblea Nazionale intraprenderà il lavoro miracoloso. Con successo, se fra loro vi fosse un Prometeo capace di dare la scalata al cielo; senza successo, dacchè questo non v'è! Là, nel rumoroso dibattito, poichè le sedute sono a volte «scandalose», al punto che si veggono fino a tre oratori in una volta nella Tribuna, continueremo a immaginarci quell'Assemblea Nazionale che si trascina così, per lunghi mesi!

Ostinato, dommatico, di lunga lena, è l'Abbé Maury; Ciceroniano patetico è Cazalès. Acuto, tagliente, dall'altra parte, brilla il giovane Barnave, che aborre il sofisma, e taglia in due fendenti, come un'acuta spada di Damasco, ogni sofistica, dandosi poco pensiero di quant'altro recide con essa. Tu sembri semplice, o solido Pétion tagliato all'olandese; solido ma di certo noioso. Nè è fatto per rianimare il tuo tono polemico, vivace Rabaut. Con una serenità ineffabile annusa il gran Sieyès, solo, in alto; la sua Costituzione voi potete discuterla, criticarla, emendarla mai: non è la politica una scienza che egli ha esaurita? Freddi, lenti appaiono i due militari Lameth, con la loro aria canzonatoria, o quasi canzonatoria; essi galantemente rimborseranno la pensione della loro Madre, quando sarà prodotto il Libro Rosso; galantemente saranno feriti in duello. Un Marchese Toulongeon, la cui Penna noi ancora ringraziamo, siede là, e con un'aria meditabonda da stoico, spesso silenzioso, accetta ciò che il Destino vorrà mandare. Thouret e il Parlamentare Duport producono montagne di Riforme Legislative, liberali, anglomaniache, utili e inutili. I mortali salgono e cadono. Per esempio quell'oca di Gobel – o Göbel, poichè è di Strasburgo, di stirpe tedesca – sarà dunque un Arcivescovo costituzionale?

Solo fra tutti quegli uomini Mirabeau può cominciare a discernere chiaramente ove tutto ciò tende. Onde il patriottismo deplora che il suo zelo si vada raffreddando. In quella famosa Notte di Pentecoste dal Quattro Agosto, quando la nuova fede d'un subito assurse in una fiamma miracolosa e la vecchia Feudalità fu bruciata, si notò che Mirabeau non vi prese parte; poichè effettivamente capitò ch'egli per fortuna si trovasse assente. Ma non difese egli il Veto, anzi il Véto absolu? Non disse al veemente Barnave che seicento senatori irresponsabili creerebbero la più insopportabile delle tirannie? Inoltre, come era ansioso che i Ministri del Re sedessero e votassero nell'Assemblea Nazionale – senza dubbio con l'intento di divenire Ministro egli stesso! E l'Assemblea Nazionale decide, ciò che è assai importante, che nessun Deputato debba essere Ministro. Ed egli con la sua maniera altera e veemente, consiglia di correggere: «nessun Deputato chiamato Mirabeau». Uomo forse d'un feudalismo inveterato; uomo di stratagemmi; che spesso inclina visibilmente verso la parte realista: un uomo sospetto, che il Patriottismo smaschererà! Onde, in quei giorni di Giugno, quando sorge la domanda: Chi avrà il diritto di dichiarare la guerra? voi udite dei rauchi strilloni che gridano tristamente per le strade: «il Grande Tradimento del Conte Mirabeau, per un soldo solamente»; – perchè egli sostiene che non debba essere l'Assemblea, ma il Re! Lo sostiene; vince anche; poichè, malgrado i rauchi strilloni e una grande massa di plebaglia montata da loro e pronta a ricorrere agli estremi, non esclusa la «Lanterne», egli sale alla Tribuna il giorno seguente, aggressivo, risoluto; susurrando in disparte ai suoi amici che parlano di pericolo: «Lo so; io debbo uscire di qua in trionfo o fatto a pezzi»: ed uscì in trionfo.

Uomo dal cuore gagliardo; la cui popolarità non è costituita dalla plebaglia, pas populacière; tale che, al di fuori, nessun clamore di turbe non lavate, o, al di dentro, nessun clamore di plebe lavata può stornarlo dalla sua via! Dumont ricorda d'averlo udito mentre presentava un rapporto su Marsiglia; «ogni parola era interrotta dal Côté Droit con epiteti ingiuriosi: «calunniatore, mentitore, assassino, scellerato (scélérat)» Mirabeau si ferma un momento e con una voce dolce, rivolgendosi ai più furiosi, dice: «Aspetto, Signori, che queste amenità siano esaurite».

Uomo enigmatico, difficile a smascherare! Per esempio, donde proviene il suo danaro? Si può supporre che il profitto di un giornale, così ben roso dalla Dame Le Jay, insieme alle diciotto lire al giorno che ha il vostro Deputato Nazionale siano adeguati alle sue spese? Una casa alla Chaussée d'Antin: una casa di campagna ad Argenteuil, splendori, sontuosità, orgie; – una maniera di vivere come se possedesse una zecca! Tutti i saloni, sbarrati contro l'Avventuriero Mirabeau, si spalancano dinanzi al Re Mirabeau, divenuto la cinosura dell'Europa, che la Francia femminile guarda turbata, – quantunque l'Uomo Mirabeau sia uno e sempre lo stesso. Quanto al danaro, si può congetturare che la Regalità lo fornisca; e sia pure la Regalità, il denaro non è forse il benvenuto, come sempre, per lui?

«Venduto», checchè ne pensi il Patriottismo, egli non può dirsi tale alla lettera: il fuoco spirituale che è in quest'uomo e che, splendendo fra tanta confusione, è pur sempre convinzione e lo rende forte, quel fuoco senza il quale egli non avrebbe più forza – non è soggetto nè a compera, nè a vendita; nel trasferimento del baratto, svanirebbe e cesserebbe di esistere. Forse «pagato e non venduto», payé, pas vendu; l'inverso del povero Rivarol che si diceva «venduto e non pagato»! Un uomo che, come la cometa, compie il suo viaggio tra lo splendore e le nebulose; un uomo che il telescopico Patriottismo può bene a lungo contemplare, ma che senza le più alte matematiche non riuscirà ad intendere. Un uomo discutibile, assai biasimevole; eppure per noi il più notevole di tutti. In una generazione dalla vista assai corta, munita di occhiali, e filosofeggiante, la Natura, con ricca munificenza, ha fatto il dono di un occhio a quest'uomo. La sua parola è sempre bene accolta, laddove egli parla ed opera; ed è sempre più la benvenuta, poichè essa sola sa andare al cuore della questione; il ragnatelo della logica si raggrinza; e tu vedi una cosa, la vedi qual'è e quale può essere usata.

Disgraziatamente, la nostra Assemblea Nazionale ha molto da fare: una Francia da rigenerare, mentre alla Francia mancano tanti requisiti, a cominciare dai quattrini. Queste stesse finanze danno assai da pensare; nè è possibile colmare il Deficit, che a gola aperta par che dica: Date, date! Per mitigare il Deficit noi ci avventuriamo in un passo arrischiato, cioè nella vendita delle Terre e degli Edifizi superflui del Clero. Molto arrischiato è il passo. E poi, data la vendita, chi mai comprerà, essendo fuggito via il denaro contante? Onde il 19 dicembre, è decretata l'emissione d'una carta-moneta di «Assignats», di Boni garentiti, od Obbligazioni assegnate su quella Proprietà Clerico-Nazionale e incontrastabilmente almeno in pagamento di quella: è questa la prima di una lunga serie di riforme finanziarie di simil genere, che costituiranno lo stupore del genere umano. Di maniera che, ora, fino a quando rimarranno dei vecchi cenci, non mancherà un medio circolante; quanto poi alle merci che dovevano circolare con esso, è un altro paio di maniche. Ma dopo tutto, questo Assegnato non sarà forse materia di volumi per la scienza moderna? La bancarotta, possiamo dirlo, era venuta, come deve venire per necessità la fine di tutte le illusioni; eppure in che maniera gentile s'era diffusa, dolcemente, con un lento incalzare, finchè era precipitata – non come una valanga che tutto distrugge, ma come un delicato pulviscolo di neve, impalpabile, nevicata su nevicata, finchè tutto fu sepolto; e invero poco fu distrutto che non si potesse ricostruire, di cui non si potesse fare a meno! A tanto è giunto il meccanismo moderno. La Bancarotta, come dicevamo, fu grande; ma a dir vero, il Denaro stesso è un miracolo permanente.

Dopo tutto, è una cosa d'una difficoltà immensa, questa del Clero. La proprietà ecclesiastica può rendersi proprietà della Nazione, e il Clero può divenire un salariato dello Stato; ma in questo caso non sarebbe una Chiesa trasformata? Molte sono le riparazioni, e del genere più confuso, che si sono rese inevitabili. Le vecchie distinzioni territoriali, in ogni senso, non valgono più in una nuova Francia. Anzi, alla lettera, il Suolo stesso è diviso in una maniera nuova; le vostre vecchie e variegate Provinces divengono nuovi Départements uniformi, nel numero di ottantatre; – e così, come in un subitaneo spostamento dell'asse terrestre, nessun mortale conosce a prima giunta la sua nuova latitudine. E dei Dodici Vecchi Parlamenti che cosa si farà? I Vecchi Parlamenti sono tutti dichiarati in «vacanze permanenti» – finchè la nuova giustizia uguale, delle Corti dipartimentali, della Corte d'Appello Nazionale, dei Giudici eletti, dei Giudici di pace e altri apparecchi Thouret-Duport siano pronti. A questi Vecchi Parlamenti tocca di sedere, in un'attesa penosa, quasi avessero la corda al collo, gridando come possono: Non v'è qualcuno che venga a liberarci? Ma poichè, fortunatamente, la risposta è: Nessuno, nessuno, sono divenuti assai maneggevoli questi Parlamenti. Essi possono magari essere forzati al silenzio; il Parlamento di Parigi, savio più che altro mai, non ha mosso un lamento. Debbono, volere o no, sedere là in una vacanza forzata, e la loro Camera delle Vacanze distribuisce nell'intervallo quel po' di giustizia che si può. Con la corda intorno al collo: il loro destino può essere così riassunto! Il 13 novembre 1790, il Maire Bailly s'incamminerà verso il Palais de Justice, notato da pochi, col timbro municipale e un po' di cera calda, per sigillare gli Archivî parlamentari, – e il temuto Parlamento di Parigi sparisce nel caos, dolcemente, come un Sogno! Così periranno i Parlamenti, sommariamente; e innumerevoli occhi rimarranno asciutti.

Non così il Clero. Poichè ammettendo anche che la Religione sia morta, morta mezzo secolo addietro con l'ineffabile Dubois, o emigrata negli ultimi tempi in Alsazia col Rohan, il Cardinale dalla Collana; o che vaghi come un fantasma col Vescovo Talleyrand di Autun: non restano ancora l'ombra, il Convenzionalismo della Religione, ancora erranti? Il Clero dispone di mezzi e di materiale; mezzi di numero, di organizzazione, di valore sociale; e possiede il materiale, non foss'altro, della pubblica ignoranza, che, com'è noto, è la madre della devozione. Di più, è incredibile che vi possa essere nei semplici cuori, latente qua e là, come granelli d'oro sulla riva fangosa, della vera Fede in Dio, così singolare, così tenace che possano vederne il simbolo anche in un Maury, anche in un Talleyrand? Basta: il Clero ha la forza, il Clero ha l'astuzia, il Clero ha l'indignazione. È la cosa più fatale questa del Clero. Un'idra raggomitolata, che l'Assemblea Nazionale è venuta stuzzicando intorno alle orecchie; che sibila e punzecchia; che viva non può esser domata, e che non è possibile schiacciare dopo morta! Fatale dal principio alla fine! A stento dopo quindici mesi di dispute può essere messa in carta una Costituzione Civile del Clero; ma, e per tradurla poi in realtà? Ohibò, questa Costituzione Civile non è che un accordo per discordare. Essa divide la Francia da un estremo all'altro con un nuovo crepaccio che complica all'infinito tutti gli altri crepacci. Il Cattolicismo, ciò che rimane di esso, col gergo del Cattolicismo che freme da un lato, e l'Ateismo scettico dall'altro lato: entrambi nel loro contendere divengono fanatismo. Che interminabile conflitto di odiati Preti Refrattarii, di Preti Costituzionali disprezzati; di coscienze tenere come quella del Re, di coscienze inaridite come quelle di alcuni del suo Popolo: tutto destinato a finire nelle Feste della Ragione e nella guerra della Vendée! A tal punto radicata è la Religione nel cuore dell'uomo, e contiene passioni infinite! Se l'eco morta di esse ha ancora tanto potere, che doveva esser mai un tempo della sua viva voce?

Finanza e Costituzione, Legge e Vangelo, sarebbe già abbastanza; eppure non è tutto. Infatti, il Ministero e lo stesso Necker, al quale il popolo «ha attaccato sull'architrave della porta» una iscrizione in bronzo che lo qualifica «Ministre adoré», si dissolvono in una nullità sempre più evidente. L'esecuzione o la legislazione, il generale o il particolare, tutto cade incompiuto dalle loro dita snervate, tutto va a poggiarsi sulle spalle savraccariche di un augusto corpo rappresentativo. Un'Assemblea Nazionale gravata di un gran peso! Le tocca udire d'innumerevoli rivolte nuove, di spedizioni di Briganti, di Châteaux nell'Ovest, e specialmente di Archivî, Chartiers, messi in fiamme; poichè anche là l'Asino sovraccarico ricalcitra spaventevolmente. Le tocca udire di città del Mezzogiorno piene di odio e di gelosia, che finiranno coll'incrociare la spada; Marsiglia è contro Tolone, Carpentras è bloccata da Avignone; udire di tante collisioni realiste in una carriera di Libertà; anzi di collisioni patriottiche, che una mera differenza di velocità farà sorgere! Udire d'un Jourdan Coupe-têtes, che s'è slanciato verso quelle regioni meridionali, uscito dalle branche dello Châtelet, per formare reggimenti di ribaldi.

Deve occuparsi ancora del Realista Camp de Jalès: la pianura di Jalès circondata da monti fra le rocce delle Cevennes, donde il Realismo, come si teme e si spera, può precipitarsi al pari d'una valanga, sommergendo tutta la Francia! Una strana cosa questo Camp di Jalès; che non esiste in massima parte se non sulla carta; poichè i soldati, a Jalès, tutti contadini o Guardie Nazionali, erano nell'intimo Sanculotti giurati; e i Capitani realisti non potevano far altro che trattenerli con parole false o piuttosto far mostra della loro presenza in quel sito, visibile a tutte le immaginazioni come un segno e una cosa terrorizzante, – se per avventura la Francia potesse essere riconquistata dal meccanismo teatrale, dalla pittura d'un esercito realista, richiamato in vita! Non prima che trascorresse la terza estate, questo prodigio fu spento alfine; il vecchio Castello di Jalès, nessun campo essendo visibile ad occhio mortale, fu demolito da alcune Guardie Nazionali.

Inoltre l'Assemblea deve non solo occuparsi di Brissot e dei suoi Amici dei Neri, ma di tutto San Domingo, le cui fiamme a poco a poco salgono al cielo; divampando di vero fuoco, e di qualche cosa di peggio metaforicamente, illuminando come un faro l'immensità della notte. Deve occuparsi ancora degl'interessi marittimi, degli interessi terrestri, d'ogni sorta d'interessi, in somma, ridotti a mal partito, dell'industria dappertutto inceppata, stremata, mentre la sola Ribellione prospera. Dei sotto ufficiali, dei soldati, dei marinai, in rivolta per terra e per mare. Dei soldati a Nancy che, come vedremo, dovettero essere cannoneggiati da un bravo Bouillé. Dei marinai, anzi addirittura dei galeotti, a Brest, che del pari occorre di cannoneggiare, peraltro senza che vi sia un Bouillé per farlo. Poichè, per dirla con una parola, in quei giorni non v'era Re in Israele, ed ognuno faceva quello che ai propri occhi pareva giusto.

Di tali cose un'augusta Assemblea Nazionale deve occuparsi, mentre persegue la rigenerazione della Francia. È triste, è duro; ma come rimediarvi? Che la Costituzione sia subito pronta e tutti gli uomini presteranno giuramento: non arrivano forse a carrettate gl'«Indirizzi di Adesione»? Per tal modo, con la benedizione del Cielo e una Costituzione compiuta, il baratro di fuoco senza fondo sarà colmato con della cartaccia; l'Ordine sposerà allora la Libertà, e vivranno là insieme – fin che quel sito non diverrà troppo caldo per loro. O Côté Gauche, tu sei degno, come in genere è detto negli Indirizzi d'adesione, di «attirare gli sguardi dell'Universo», o almeno gli sguardi di questo povero Pianeta!

Di più, bisogna confessarlo, il Côté Droit fa una figura ancora più pazzesca, Generazione irrazionale; irrazionale e imbecille, con l'ostinazione veemente che caratterizza questi difetti; generazione che non imparerà. Bastiglie che cadono, Insurrezioni di Donne, migliaia di Castelli in fumo; un paese ove non si raccoglie altra messe che l'acciaio dei Sanculotti; eran queste lezioni parecchio didattiche; ma essi non le hanno imparate. Vi sono tuttora uomini, di cui fu scritto in antico: Pestateli in un mortaio! O, con linguaggio più dolce, si dirà che essi hanno sposato le loro illusioni; e non il ferro, nè il fuoco, nè le rudezze dell'Esperienza romperanno il legame fino alla morte! Che il Cielo almeno ne abbia pietà; giacchè la Terra, con le sue rigorose Necessità, non ne avrà.

Bisogna riconoscerlo, peraltro, che ciò era molto naturale. L'uomo vive di Speranza. Pandora, quando la sua scatola di doni divini s'aprì, e quei doni si mutarono in divine maledizioni, ritenne ancora la Speranza. Come può un irragionevole mortale, allorchè la sua alta posizione è atterrata più evidentemente che mai – ed egli, essendo irragionevole, rimane senza risorse – abbandonare la credenza che debba essere riedificata! Si potrebbe rimetterla in piedi di nuovo, è una cosa tanto desiderabile, tanto ragionevole – per poco che vi poniate mente! Poichè, non deve la cosa che fu continuare ad essere, – o altrimenti bisogna che il solido Mondo si dissolva? Sì, persistete, o infatuati Sanculotti di Francia! Rivoltatevi contro le Autorità costituite, perseguitate i vostri legittimi Seigneurs, che dopo tutto v'amarono tanto, e che furono pronti a spargere il loro sangue per voi – nelle battaglie della patria come a Rossbach e altrove; e che anche quando proteggevano la selvaggina, proteggevano voi, per poco che lo aveste compreso; date loro la caccia, come a lupi selvaggi; appiccate il fuoco ai loro Castelli e ai loro Archivi, come a tane di lupi; e poi? Ebbene, ogni uomo allora levi la mano contro il suo simile! Nella confusione, nella fame, nella desolazione, rimpiangerete i giorni che furono; rammentateli nell'angoscia e rammentate allora anche noi. Alle preghiere dei pentiti noi non saremo sordi.

Così, con coscienziosità più o meno incerta o chiara, la Destra deve ragionare ed agire. Una posizione inevitabile forse; ma delle più false per essa. O Male, sii tu il nostro Bene: questa, d'ora in poi, dev'essere virtualmente la sua preghiera. Come più feroce si sviluppa l'effervescenza, più presto passerà, poichè, dopo tutto, non è che una folle effervescenza; il Mondo è solido e non può dissolversi.

Del resto, se essa ha qualche attività positiva, si esplica nei complotti e nei conclavi clandestini. Complotti che non possono essere eseguiti, e che sono in massima parte teorici da parte sua; – per cui nondimeno un pratico come un altro, un Sieur Augeard, un Sieur Maillebois, un Sieur Bonne Savardin, si trovano in imbarazzi, vengono imprigionati, o sfuggono con difficoltà. E v'è un povero pratico Chevalier Favras, che non senza qualche passeggero riflesso sullo stesso Monsieur, è impiccato per loro con grande rumore del mondo. Povero Favras, egli passa il tempo dettando il suo testamento «all'Hôtel-de-Ville per tutto il resto del giorno», un'uggiosa giornata di Febbraio. Offre di rivelare dei segreti, se lo salvano; generosamente si esime dacchè non hanno voluto, poi muore al bagliore delle torcie, con la più corretta compostezza, osservando più che esclamando, con le mani protese: «Popolo, io muoio innocente; prega per me». Povero Favras; – tipo di tanti che hanno depredata con lena infaticabile la Francia nei giorni che volgono alla fine; e in campo più libero avrebbero guadagnato invece di depredare, – per te non è questione di teoria!

Al Senato, ancora, l'attitudine della Destra è di una calma incredulità. Che un'augusta Assemblea Nazionale il Quattro di Agosto abolisca la Feudalità; dichiari il Clero Servitore dello Stato, col debito salario; voti di Veto Sospensivo, le nuove Corti di Giustizia; voti o decreti ciò che le pare; che abbia plauso dai quattro angoli della Francia; che ottenga pure la Sanzione del Re, e qualsiasi altro Consenso concepibile, la Destra persiste, come vediamo, con la più imperturbabile tenacia, a considerare, e di quando in quando mostra che ancora considera – tutti questi cosiddetti Decreti, come meri capricci temporanei, che stanno sulla carta, ma che in pratica e in fatto non esistono e non possono esistere. Immaginate la testa di bronzo d'un Abbé Maury che su questo tono versa a torrenti la sua eloquenza gesuitica: figuratevi che il fosco d'Espréménil, Mirabeau-barile (probabilmente di liquori), e parecchi altri lo applaudono dalla Destra; immaginate, per esempio, con quale sembiante un Robespierre verdemare lo guarda dalla Sinistra. E come Sieyès arriccia il naso verso di lui, o non degna neppur di arricciarlo; e come le Gallerie eccitate fanno sentire dei grugniti, o abbaiano rabbiose all'indirizzo di lui; onde per isfuggire alla Lanterna, nell'uscire di là, gli occorrono della presenza di spirito e un paio di pistole alla cintola! Egli è uno degli uomini più energici!

Qui invero diviene notevole una grande differenza tra le nostre due specie di guerra civile: la moderna guerra linguale o logico-parlamentare, e la guerra antica o manuale combattuta col ferro sul campo di battaglia; – con grande svantaggio della prima. In quella manuale voi andate contro il vostro nemico con l'arma sguainata, e un colpo bene assestato è la fine; poichè, fisicamente parlando, quando il cervello è fuori, l'uomo onestamente muore e vi toglie il disturbo. Ma com'è diverso quando voi combattete con gli argomenti! In questo caso, niuna vittoria, per quanto decisiva, può dirsi finale. Voi battete il nemico con l'invettiva parlamentare fino a renderlo esanime; lo dividete in due parti, appiccandone ciascuna ad ogni corno del dilemma; lo private del cervello o della facoltà intellettiva pel momento; poco monta: egli si rialza e rivive la dimane, e la dimane riaccende i suoi fuochi d'oro! La cosa che logicamente lo abbatterà è forse ancora un desideratum nella Civiltà Costituzionale. Poichè fino a quando un uomo sa in qualche modo, a qual punto, egli diviene logicamente defunto, come possono le Cose Parlamentari aver corso, e il parlare cessare o affievolirsi?

Senza dubbio fu una qualche idea di questa difficoltà e la chiara consapevolezza che tale cognizione scarseggiasse ancora nella Francia, nuova alla carriera costituzionale; fu il pensiero che i defunti Aristocratici continuerebbero a camminare durante periodi illimitati, come Partridge, l'autore dell'almanacco; – fu tutto ciò che s'era impresso profondamente nella mente dell'Amico del Popolo Marat, una mente eminentemente pratica; ed in quel terreno così ricco di putredine s'era venuto maturando nel più originale piano d'azione mai sottoposto a un popolo. Non ancora questo piano ha raggiunto il suo pieno sviluppo, ma è germinato ed è sulla via della crescenza, mettendo le sue radici nel Tartaro, lanciando i suoi rami verso il Cielo. Al sopravvenire della seconda stagione, lo vedremo sbucar fuori dalle Tenebre infinite, in tutta la sua pienezza, sotto una disastrosa luce crepuscolare; – un albero della Cicuta grande quanto il mondo; sui rami o alla cui ombra tutti gli amici del Popolo di questo mondo potranno avere stanza: «Duecentosessantamila teste di Aristocratici», è il calcolo più preciso, quantunque non si tenga conto di qualche centinaio; pure, noi non andiamo fino a raggiungere la cifra tonda di trecentomila. Rabbrividisci, o Popolo; eppure ciò è vero, come è vero che tu e il tuo Amico del Popolo siete vivi. Questi tuoi Senatori ciarlieri s'indugiano senza scopo sulla sterile lettera, e mai salveranno la Rivoluzione. Un Marat-Cassandra non può farlo col suo unico braccio rattrappito; ma con pochi uomini volonterosi, sarebbe possibile. «Datemi», disse con la sua solita freddezza l'Amico del Popolo, quando il giovane Barbaroux, un tempo suo allievo in un corso che fu detto d'Ottica, venne a vederlo, «datemi duecento Bravi di Napoli, armati ognuno di un buon pugnale, e un manicotto sul braccio sinistro a mo' di scudo: con costoro io attraverserò la Francia e compirò la rivoluzione». Piglialo sul serio o, giovane Barbaroux, poichè, lo vedi, non v'è nessun'aria di celia in quegli occhi arrossati, in quel viso sudicio e cisposo, il più serio delle cose create; nè qui vi è della follia, di quella che ha bisogno della camicia di forza.

Tale è il prodotto che il Tempo maturerà nel cavernoso Marat, l'uomo ripugnante, che vive nelle cantine di Parigi, solitario come il fatidico Anacoreta nella sua Tebaide, anzi un Simone Stilita veduto di lontano sulla sua Colonna, donde gli riesce di guardare le cose da un peculiare punto di vista. I Patrioti possono sorridere fin che vogliono; e servirsene come un mastino, ora mettendogli la museruola, ora lasciando che abbai, e lo chiamano come fa Desmoulins, «Maximum del Patriottismo e Cassandra-Marat»; ma non sarebbe strano se questo suo piano di pugnale e di manicotto (con modificazioni superficiali) mostrasse coi fatti d'essere precisamente quello adottato?

In questo modo, in queste circostanze, augusti Senatori rigenerano la Francia. Infatti si crede veramente che essi stiano rigenerandola; onde, per via di questo grande fatto, il fatto principale della loro istoria, non può esser mai permesso all'occhio stanco d'ignorarli completamente.

Ma guardando adesso lontano da questi recinti delle Tuileries, dove la Regalità Costituzionale, per quanto innaffiata da Lafayette, langue purtroppo come un ramo reciso; mentre gli augusti Senatori sono immersi nel perfezionare la loro «teoria dei verbi difettivi», – come si sviluppa la giovine Realtà, il giovane Sanculottismo? L'attento osservatore può rispondere: Esso prospera a meraviglia, mettendo nuovi germogli, mentre i vecchi germogli si espandono in foglie, in rami. La vita della Francia, sempre oltremodo stimolante, tutta scompaginata, non è forse quanto mai nutriente per esso? Il Sanculottismo ha la proprietà di trovare alimento ove altre cose trovano la morte: nell'agitazione, nella discordia, nel tumulto; in una parola, in ciò che è simbolo e frutto di tutto questo: nella Fame.

In una tale Francia, la Fame, come già notammo, difficilmente fa difetto. Le Province, le Città del Mezzogiorno la provano alla loro volta, con tutte le conseguenze: l'Esasperazione, il Sospetto Soprannaturale. A Parigi alcuni giorni alcionici, di abbondanza, seguirono all'Insurrezione Menadica, coi relativi carichi di grano di Versailles e col recuperato Restauratore della Libertà; ma non potettero continuare. S'è ancora al mese di ottobre, quando l'affamato Saint-Antoine, in un momento d'ira, afferra un povero fornaio, l'innocente «Francesco il Fornaio», e lo impicca come si fa a Costantinopoli; – ma anche questo, per quanto strano possa parere, non fa diminuire il prezzo del pane! È purtroppo chiaro che nessuna munificenza regale, nessuna destrezza municipale possono adeguatamente nutrire una Parigi distruttrice della Bastiglia. In conseguenza, alla vista del fornaio impiccato, il Costituzionalismo, preoccupato e in preda all'ira, domanda la «Loi Martiale», una specie di legge contro gli ammutinamenti; e invero l'ottiene immantinente, quasi prima del tramonto.

È questa la famosa Legge Marziale, con la sua bandiera rossa, il suo «Drapeau Rouge», in virtù della quale il Maire Bailly, o qualsiasi altro Sindaco, non bada d'ora innanzi che a spiegare questo suo nuovo Orifiamma; poi a leggere o mormorare qualche cosa intorno all'ordine pubblico, e dopo un certo intervallo, a disperdere qualunque riunione a colpi di moschetto, a colpi di qualsiasi altra cosa atta a disperderla. Una legge decisiva e molto giusta, a una condizione: che ogni specie di Pattuglismo provenga da Dio e ogni riunione di popolino dal Diavolo – altrimenti non può dirsi giusta. O Sindaco Bailly, non essere proclive ad usarla! Non ispiegarlo questo nuovo orifiamma, fiamma non di oro ma di penuria d'oro! La Rivoluzione tre volte benedetta è fatta, lo credi tu? Se così è, meglio per te.

E d'ora in poi che nessun mortale dica che un'augusta Assemblea Nazionale ha bisogno d'ammutinamenti: quello di cui ebbe sempre bisogno fu d'una certa quantità di ammutinamenti per controbilanciare i complotti della Corte; quello di cui ora abbisogna, dal Cielo o dalla Terra, si è di perfezionare la sua teoria dei verbi difettivi.

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