Il Lunedì Quattordici Ottobre 1793, pende nel Palais de Justice, nella nuova Corte Rivoluzionaria, tale una Causa quale quelle antiche mure di pietra mai videro: il Processo di Marie Antoinette. Quella che fu un tempo la più brillante delle Regine, oggi offuscata, disfatta, abbandonata, sta dinanzi alla sbarra del Giudice Fouquier-Tinvelle, per difendere la sua vita. L'Atto di Accusa le fu consegnato la sera precedente. A tali cambiamenti dell'umana fortuna quali parole sono adeguate! Solo il silenzio è adeguato.
Poche stampe s'incontrano che siano così tragiche, spaventose quasi, come queste pagine banali del Bulletin du Tribunal Révolutionaire che portano il titolo di Processo della Vedova Capeto. Tenebre, tenebre come in una disastrosa eclissi, come il pallido Regno di Dite! Giudici Plutonici, Tinville Plutonico; circondato nove volte dallo Stige e dal Lete, col fuoco del Flegetonte e il Cocito detto dei Lamenti! Gli stessi testimoni citati sono come Spettri: testimoni a carico o a discarico, essi medesimi sono sospesi tra la morte e la condanna, e sono impressi nella nostra mente come la preda della Ghigliottina. Il ci-devant Conte d'Estaing, dall'alta statura, ansioso di mostrarsi patriota, non può sfuggire; nè Bailly, che quando gli si domanda se conosce l'Accusata, inchinandosi rispettosamente innanzi a lei dice: «Oh, sì, io conosco Madame». Gli Ex-Patrioti sono qui, bruscamente trattati, come il Procureur Manuel; gli Ex-Ministri sono spogliati del loro splendore. Noi abbiamo la fredda impassività aristocratica, fedele a sè stessa anche nel Tartaro; la stupidità rabbiosa dei Patrioti Caporali, delle Patriote Lavandaie che hanno da dire dei Complotti, dei Tradimenti, del Dieci Agosto, dell'antica Insurrezione delle Donne. Poichè tutto ormai è divenuto un delitto in colei che ha perduto.
Maria Antoinette, in quest'ora di completo abbandono, di estremo bisogno, non smentisce a sè stessa la donna imperiale. Il suo sguardo, dicono, mentre si leggeva l'odioso Atto d'Accusa, si manteneva calmo; «si notò che ella qualche volta moveva le dita come in atto di suonare il Piano». Voi discernete, non senza interesse anche a traverso quel fosco Bollettino Rivoluzionario, come ella si comporti da Regina. Le sue risposte sono pronte, chiare, spesso di una brevità laconica; il suo contegno risoluto che è divenuto sempre più sprezzante, senza essere meno dignitoso, si vela dell'apparenza d'una parola calma. «Voi dunque persistete nel voler negare?» – «Il mio partito non è di negare, ma di sostenere la verità che ho detta, e in quello io persisto». Lo scandaloso Hébert ha portata la sua testimonianza su parecchie cose e su un fatto relativo a Marie Antoinette e al suo Figliuolino, – di cui meglio sarebbe stato non insozzare l'Umano Linguaggio. Ella ha risposto ad Hébert; senonchè un Giurato prega di osservare che su quel fatto non ha risposto. «Io non ho risposto», ella esclama con nobile emozione, «perchè la Natura si rifiuta di rispondere a una tale accusa portata contro una Madre: me ne appello a tutte le madri che si trovano qui». Quando Robespierre sentì questo fatto lanciò quasi un'imprecazione all'indirizzo di questo stupido e brutale Hébert; sul cui immondo capo è ricaduta l'immonda menzogna. Il mercoledì, alle quattro del mattino, dopo due giorni e due notti d'interrogatorio, di consulti di giurati ed altri ingarbugliamenti, vien fuori una sentenza di Morte. «Avete niente da dire?» L'Accusata scuote la testa senza parlare. S'estinguono i lumi della notte: per lei, anche il Tempo sta per aver fine, facendo luogo al Giorno e all'Eternità. Questa sala di Tinville è buia, male illuminata, tranne che al posto occupato da lei. Ella si ritira in silenzio, per morire.
Due Processioni, o Regali Cortei, alla distanza di ventitrè anni, ci hanno colpiti per uno strano contrasto. Il primo corteo: quello d'una bella Arciduchessa e Delfina, che lascia la sua patria all'età di quindici anni, andando incontro a speranze quali niun'altra Figlia d'Eva ebbe mai. «La dimane», dice Weber, testimone oculare, «la Delfina lasciò Vienna. Tutta la città si affollava nelle vie; in sulle prime con un silenzioso dolore. Ella comparve: era sprofondata nella carrozza; aveva tutto il volto bagnato di lagrime; si copriva gli occhi ora col fazzoletto, ora con le mani; di tratto in tratto si sporgeva fuori per rivedere ancora quel palazzo dei suoi Antenati ove non doveva più tornare. La Delfina mostrò la sua commozione, la sua gratitudine alla buona Nazione che le faceva ala per salutarla. Fu allora che alle lagrime seguirono pianti dirotti da ogni parte. Uomini e donne si abbandonarono a una tale manifestazione del loro dolore. Nelle vie, nelle avenues di Vienna fu tutto un gemito. Alfine l'ultima delle vetture che la seguivano disparve, e la folla si disperse».
La fanciulla imperiale di quindici anni è ora divenuta una Vedova, appassita, scoronata, di trentotto anni, grigia innanzi tempo; e questa è l'ultima Processione: «Pochi minuti dopo ch'era terminato il Giudizio, i tamburi chiamarono all'armi in tutte le Sezioni; all'alba la forza armata era in assetto, i cannoni venivano situati alle estremità dei Ponti, nelle Piazze, nelle vie traverse, lungo tutto il percorso dal Palais de Justice alla Place de la Révolution. Verso le dieci, numerose pattuglie circolavano nelle Vie; trentamila soldati di fanteria ed altrettanti di cavalleria erano sotto le armi. Alle undici, Marie Antoinette fu condotta fuori. Indossava una veste da camera di piqué blanc: fu condotta alla piazza delle esecuzioni alla stessa maniera d'un comune criminale; legata, in un Carro; accompagnata da un Prete Costituzionale in abito da Laico; scortata da numerosi distaccamenti di fanteria e di cavalleria; che ella guardava con indifferenza, e nello stesso modo guardava la doppia fila di truppe schierate lungo il suo percorso. Nel suo contegno non si scorgeva nè umiliazione, nè orgoglio. Alle grida di Vive la République, Abbasso la Tirannia, che la seguivano lungo tutta la via, aveva l'aria di non prestare nessuna attenzione. Poco parlava al suo Confessore. Le banderuole tricolori sui tetti attirarono il suo sguardo, nelle vie du Roule e Saint-Honoré; notò anche le Iscrizioni poste sul frontone delle case. Nel giungere alla Place de la Révolution, i suoi sguardi si volsero al Jardin National già delle Tuileries, e in quel momento il suo volto ebbe un'espressione di viva emozione. Salì il palco con molto coraggio; alle dodici e un quarto cadde la sua testa che l'Esecutore mostrò al popolo fra universali e protratte grida di Vive la République!».