Il 6 Novembre 1792 fu un gran giorno per la Repubblica: all'esterno, sulle Frontiere; all'interno, nella Salle de Manège.
All'esterno: poichè Dumouriez, invadendo i Paesi Bassi, in quel giorno venne a contatto con truppe di Sassonia-Teschen e cogli Austriaci: Dumouriez andava con la rapidità dell'ali, e gli altri ancora volavano, al villaggio di Jemappes e intorno ad esso presso Mons. Una grandine di fuoco fischia in tutte le direzioni, i grandi e i piccoli cannoni rumoreggiano; le Alture verdi son coronate da una frangia o da una criniera rosseggiante di fuoco. Dumouriez è spazzato via su questa e su quell'ala, ed è sul punto d'essere spazzato addirittura; quando egli, il pronto Polymetis, si precipita di persona, dice una o due rapide parole, e poi, con una voce limpida di tenore, «intuona l'inno della Marsigliese», entonna la Marseillaise , accompagnato da diecimila voci di tenore o di basso; o meglio dite quarantamila, in tutto, poichè ogni cuore balza a quel suono; e così, con una melodia ritmica di marcia, sempre più rapidi, d'una rapidità crescente, incalzante, si riuniscono, avanzano, si scagliano, sfidando la morte, distruggendo; prendono batterie, ridotti e quanto vi è di prendibile; e come un turbine di fuoco, spazzano ogni traccia austriaca dalla scena dell'azione. Così, con la mano di Dumouriez, può dirsi, con linguaggio figurato, che Rouget de Lisle abbia guadagnato miracolosamente, come un altro Orfeo, con le note della sua Marsigliese (fidibus canoris), una Vittoria di Jemappes, e conquistato i Paesi Bassi.
Il giovane Generale Egalité, a quel che pare, si mostrò in quella occasione bravo fra i più bravi. Senza dubbio un bravo Egalité; – di cui, per altro, Dumouriez non parla un po' più volentieri e più spesso che non occorra? La Società-Madre ha le sue idee particolari. Quanto al maggiore degli Egalité, è in ribasso ormai; fa la sua apparizione alla Convenzione per una mezz'ora al giorno, con aspetto rubicondo, preoccupato o con aria impassibile, quasi sprezzante, e poi va via. I Paesi Bassi sono conquistati o almeno occupati. Missionari giacobini, i vostri Proly, i vostri Pereira, vengono in coda all'esercito; anche Commissari della Convenzione, che fondono l'argento delle chiese, rivoluzionano e rimodellano; – fra essi Danton, che in breve tempo sbriga una immensità di affari; senza trascurare la sua mercede e i suoi profitti commerciali, si crede. Hassenfratz dilapida nell'interno; Dumouriez brontola ed essi dilapidano all'esterno: si pecca entro le mura, si pecca fuori le mura.
Ma nell'Aula della Convenzione, nella stess'ora della vittoria di Jemappes, venne fuori un'altra cosa: un Rapporto molto esteso, d'una Commissione espressamente eletta, sui Delitti di Luigi. Le Gallerie ascoltano senza fiatare. Confortatevi, o Gallerie; il Deputato Valazé, Relatore in questa occasione, crede Luigi assai colpevole, crede che, ove sia opportuno, venga giudicato; – povero Girondino Valazé, che potrà anch'egli essere giudicato, un giorno! Ma tutto è bene, sino a questo punto. Vien poi un secondo Relatore della Commissione, il Deputato Mailhe, con un Argomento Legale, molto insulso a leggere adesso, ma molto gradevole a sentirsi allora: Che, secondo la Legge del Paese, Luigi Capeto era chiamato Inviolabile nient'altro che per una figura rettorica; ma che in fondo era perfettamente violabile e giudicabile; che egli può ed anche dovrebbe essere giudicato. Questa Questione di Luigi, che risorge così spesso come una possibilità irata e confusa, per poi sommergersi di nuovo, è riapparsa questa volta in una forma concreta.
Il Patriottismo gongola d'una gioia sdegnosa. Il così detto regno dell'Uguaglianza non sarà più un semplice nome, ma un fatto! Giudicare Luigi Capeto? esclama in tono sprezzante il Patriottismo: criminali comuni vanno alla forca per una borsa tagliata; e questo gran criminale, reo d'aver tagliata la Francia, facendola in pezzi con le cesoie di Cloto e con la Guerra Civile; – con le sue vittime «milleduecento solo il 10 Agosto» – che giacciono nelle Catacombe, ingrassando i passi della foresta dell'Argonne, di Valmy e dei Campi più lontani; egli, un criminale di questa specie, non dovrà neppur comparire alla sbarra? – Poichè, purtroppo, oh Patriottismo, – soggiungiamo noi, – dice un antico adagio, Chi perde paga! Ed è lui che deve pagare tutti i debiti, per chiunque li abbia contratti; su lui debbono ricadere tutti i risarcimenti e tutti gli oneri; i milleduecento poi del Dieci Agosto non sono ribelli traditori, ma vittime e martiri: tale è la legge della contesa.
Il Patriottismo, senza nessun dubbio, ha gli occhi aperti sulla Questione del Processo, che ormai per fortuna, è tornata in esame in una forma concreta; e la vedrà giungere a maturità, se gli Dei lo permetteranno. Con una sollecitudine oculata veglia il Patriottismo; divenendo sempre più vigile, ad ogni nuova difficoltà, comechè i Girondini e i falsi fratelli frappongono indugi; finchè esso vi mette tanto ardore, che è preso come da un'idea fissa, e vuol avere quel Processo, nient'altro che quello sulla terra, – se l'Uguaglianza non è un nome. Amore dell'Uguaglianza; poi scetticismo del terrore, furore della vittoria, spettacolo sublime per l'universo: tutte queste cose son forti.
Ma invero questa Questione del Processo non è per tutti una questione gravissima; più d'una testa della Legislativa è invasa dal dubbio! Regicidio? domanda la Rispettabilità Girondina: Uccidere un Re, e suscitare l'orrore d'ogni persona, d'ogni Nazione rispettabile? Ma, d'altra parte, salvare un Re; scapitare a confronto del Patriota deciso; il Patriota indeciso, benchè rispettabile più che mai, è forse un'ipotetica spuma, in cammino d'un sentiero? – Il dilemma incalza dolorosamente e fra le sue corna voi vi contorcete e girate, girate. La decisione non è in nessun luogo, tranne che nella Società-Madre e nei suoi figli. Questi hanno deciso e vanno innanzi; gli altri si aggirano a disagio fra le corna del loro dilemma, e brancolano nel vuoto.