È Luigi Capeto colpevole d'aver cospirato contro la Libertà? Sarà definitiva la nostra sentenza, o avrà bisogno d'esser ratificata con un Appello al Popolo? Se è colpevole, qual Pena?
Tale è la forma adottata, dopo un grande baccano e «parecchie ore di tumultuosa indecisione»; questo sono le Tre Questioni successive, su cui la Convenzione deve ora pronunziarsi. Parigi affluisce intorno alla loro Aula, in moltitudine dai molteplici suoni. L'Europa e tutte le Nazioni attendono la loro risposta. Ciascun Deputato risponderà al suo nome: Colpevole o Non colpevole.
Quanto alla colpabilità, sussiste, come s'è accennato di sopra, senza dubbio nella mente dei Patrioti. Una maggioranza schiacciante pronunzia la Colpabilità; la Convenzione vota unanime la Colpabilità; appena ventotto non votano l'Innocenza, ma ricusano di votare addirittura. Nè la Seconda Questione appare dubbia, checchè possano calcolare i Girondini. Non sarebbe un Appello al Popolo un altro motivo di guerra civile? Una maggioranza di due contro uno risponde che non deve esservi Appello: e così anche questo è deciso. Il Patriottismo rumoroso, ora, alle dieci, può ritirarsi per andare a letto questa notte non senza speranza. Il Martedì è trascorso bene. Quale condanna s'aspetta per la dimane? La dimane sarà il forte della battaglia.
Immaginate un po' quale affluenza di Patriottismo vi sia questo mattino del Mercoledì, se Parigi attende ansiosa, e se tutti i Deputati sono ai loro posti! Di Settecentoquarantanove Onorevoli Deputati, solo una ventina sono assenti, in missione, Duchâtel ed altri sette sono assenti per malattia. Intanto, il Patriottismo in attesa e Parigi protesa in punta di piedi, hanno bisogno di un po' di pazienza. Poichè anche questo Mercoledì trascorre in dibattiti ed effervescenza; i Girondini propongono che sia richiesta «la maggioranza dei tre quarti»; i Patrioti resistono loro calorosamente. Danton, che è appena tornato da una missione nei Paesi Bassi, ottiene l'«ordine del giorno» su questa proposta Girondina; anzi ottiene ancora di più, cioè che si decida sans désemparer, in Seduta permanente, fin che avremo terminato.
E così, finalmente, alle otto di sera, comincia questa terza stupenda Votazione per appello nominale. Quale Condanna? I Girondini indecisi, i Patrioti decisi, quelli che hanno paura della Regalità, quelli che hanno paura dell'Anarchia, tutti debbono rispondere qui e in questo momento. Un Patriottismo infinito, dall'aspetto fosco al lume delle lampade, inonda tutti i corridoi, si affolla in tutte le gallerie; cupamente, aspettando la sentenza. Gli Uscieri fanno la chiama a voce alta, dicendo il vostro Nome e il vostro Dipartimento; voi dovete salire alla Tribuna, e dire.
Testimoni oculari hanno descritta questa scena della Terza Votazione, e di quelle che seguirono – una scena che pareva non dovesse aver mai fine e che durò, con brevi intervalli, dal Mercoledì al mattino della Domenica, – una delle più strane che mai si videro nella Rivoluzione. La lunga notte si dilegua nel giorno, il pallore del mattino si spande su tutti i visi; e ancora le gelide ombre discendono, e ardono le fosche lampade; ma tra il giorno e la notte e le vicissitudini dell'ore, di continuo i Membri si succedono salendo i gradini della Tribuna; e s'arrestano lassù nella luce più chiara, per dire la parola Fatidica; poi ridiscendono immergendosi nel buio e nella calca. Come Fantasmi a mezzanotte; dall'aspetto più che mai spettrale, da pandemonio! Mai un Presidente Vergniaud, o alcun altro Presidente di questa terra, presiedette qualcosa di simil genere. La Vita d'un Re, e tante altre cose che ne dipendono, tremano nella bilancia. Ognuno sale per turno; il ronzio s'acquieta fin che egli non abbia parlato: Morte, Bando, Imprigionamento fino alla Pace. Molti dicono: Morte; ma con quante frasi bene studiate e circospette, e paragrafi, di spiegazioni, di rafforzamento, di deboli raccomandazioni di grazia! Molti dicono: Bando; qualcosa inferiore alla morte. La bilancia oscilla, e nessuno può ancora indovinare in qual senso. E il Patriottismo inquieto ringhia, e gli Uscieri non riescono a domarlo.
Molti di quei poveri Girondini, dominati dagli urli feroci del Patriottismo, dicono: Morte; giustificando, motivant, quella loro miserabile parola con qualche breve casistica o gesuiteria. Lo stesso Vergniaud dice: Morte; giustificandosi gesuiticamente. Il Ricco Lepelletier Saint-Fargeau, che aveva appartenuto alla Nobiltà e poi alla Sinistra Patriottica nella Costituente ed aveva discusso e riferito, là e altrove, non poco, contro la Pena Capitale; malgrado tutto ciò, dice: Morte; una parola che può costargli cara. Manuel militò senz'altro coi Decisi nell'ultimo Agosto; ma s'è andato poi intiepidendo ed è venuto indietreggiando dal Settembre e dalle scene del Settembre. In questa Convenzione, specialmente, nessuna sua parola potrebbe trovar favore; egli dice ora: Bando, e con una collera muta lascia quel luogo per sempre – molto sballottato nei corridoi. Filippo Egalité vota, secondo il suo animo e la sua coscienza, Morte. A quella voce anche il Patriottismo scuote la testa; e un grugnito, un fremito corrono per quella Sala del Giudizio. Il voto dì Robespierre non può esser dubbio; il suo discorso è lungo. Si vede la figura dell'aspro Sieyès ascendere; e soffermandosi appena, semplicemente di passaggio, quella figura dice «La Mort sans phrases, la Morte senza frasi»; poi s'avanza e ridiscende. Spettrale, da pandemonio!
Eppure il Lettore è in grande errore se immagina che quell'ambiente avesse un aspetto funereo, triste o magari grave: «gli Uscieri nel quartiere della Montagna», dice Mercier, «eran divenuti come Apriporte dell'Opéra»; aprivano e chiudevano le Gallerie ai privilegiati, alle «Signore di d'Orléans Egalité o altre donne altolocate sfarzosamente vestite, che s'avanzavano col fruscio delle trine e dei tricolori di cui erano adorne». I Deputati galanti passano e ripassano di là, regalando loro gelati ed altri rinfreschi, e intrattenendole con dei motti; le teste riccamente ornate corrispondono con cenni; alcune hanno la carta e lo spillo e puntano i Sì e i No come ad una partita di Rouge-et-noir. Più lungi, in alto, regna la Mère Duchesse con le sue Amazzoni non imbellettate; ella non può a meno di fare dei lunghi Ah, Oh quando il voto non è La Mort. Nelle Gallerie si mangia e si beve vino e acquavite «come in una pubblica taverna, en pleine tabagie». Le scommesse si seguono in tutti i caffè delle vicinanze. Ma nell'interno, la fatica, l'impazienza, la massima stanchezza sono visibili su tutti i volti; che s'illuminano di tratto in tratto per le vicende della partita. Dei Membri si sono addormentati, e gli Uscieri vengono a svegliarli perchè votino; altri Membri calcolano se possono avere il tempo di correre a pranzare. Delle figure si levano come fantasmi pallidi alla luce fosca delle lampade, e da questa Tribuna pronunziano una sola parola: Morte. «Tout est optique», dice Mercier, «il mondo è tutto un'ombra ottica». Il Giovedì, a notte inoltrata, quando s'è chiusa la votazione e i Segretari fanno il computo dei voti, l'infermo Duchâtel, più che mai spettrale, arriva portato su una sedia, avvolto in coperte di lana, «con la veste da camera e il berretto da notte», per votare per la Grazia; un voto, s'è pensato, può far pendere la bilancia.
Ah no! Nel più profondo silenzio il Presidente Vergniaud, con una voce piena di dolore, deve dire: «Io dichiaro in nome della Convenzione, che con la sentenza da essa pronunziata contro Luigi Capeto, lo condanna a morte». La morte con una esigua Maggioranza di cinquantatrè voti. Anzi, se togliamo da un lato e aggiungiamo dall'altro ventisei, che dissero: Morte, insieme a qualche debole e vano accenno di Grazia, la Maggioranza sarebbe d'un Solo Voto.
La sentenza è di Morte: ma la sua esecuzione? L'esecuzione non s'è peranco compiuta! Appena è proclamato il risultato della votazione quando entrano i tre Avvocati di Luigi, protestando in suo nome, chiedendo un Differimento per l'Appello al Popolo. A questo scopo parlano Desèze e Tronchet, con breve eloquio: quel bravo vecchio di Malesherbes parla con una eloquente mancanza di eloquenza, a frasi interrotte, imbarazzato, singhiozzante; quel volto di bravo nobilitato dall'età, vigoroso sotto i grigi capelli, spirante sagacia e onestà, sopraffatto dall'emozione, si strugge in lagrime mute. – L'Appello al Popolo vien rigettato, essendosi già deliberato su ciò. Quanto al Differimento, da essi chiamato Sursis, è cosa da valutarsi, e si voterà domani: per ora ci aggiorniamo. Il Patriottismo «fischia» dalla Montagna: ma una «Maggioranza tirannica» ha così deciso, e bisogna aggiornarsi.
Vi è ancora questo quarto voto, mormorò indignato il Patriottismo: – questo voto e chissà quant'altri voti, e aggiornamenti di votazione; frattanto la questione rimane in sospeso, sempre ipotetica! Ed a ogni nuovo voto quei Gesuiti di Girondini, compresi quelli che votarono per la Morte, saranno ben contenti di trovare una scappatoia! Il Patriottismo deve sorvegliare e tempestare. Tirannici aggiornamenti hanno avuto luogo; prima uno, ed ora un altro a mezzanotte allegando stanchezza; tutto il Venerdì s'è perduto in esitazioni e battibecchi; rifacendo il computo dei voti, che son trovati regolari seduta stante! Il Patriottismo latra più ferocemente che mai; e per la lunga veglia, ha fatti gli occhi rossi, è divenuto quasi rabido.
«Differimento: sì o no?» I nervi degli uomini sono esauriti, i cuori sono esasperati; si deve ormai finire. Vergniaud, ad onta dei latrati, si arrischia a dire: Sì, Differimento; quantunque abbia votata la Morte. Philippe Egalité dice, secondo il suo animo e la sua coscienza: No. Il Membro che sale alla Tribuna subito dopo dice: «Dacchè Filippo dice No, io per parte mia dico Sì, moi je dis Oui». La bilancia ancora oscilla. Finchè, alle tre, il mattino della Domenica, abbiamo Niente Differimento, con una maggioranza di Settanta; Morte entro le ventiquattr'ore!
Garat, Ministro della Giustizia, deve recarsi al Temple con questo duro messaggio; egli sospira e ripete: «Quelle commission affreuse! Quale spaventevole funzione!» Luigi chiede un Confessore, e altri tre giorni di vita per prepararsi a morire. Il Confessore è accordato; i tre giorni ed ogni indugio sono respinti.
Non v'è dunque più speranza di liberazione? Grosse mura di pietra rispondono: Nessuna. Non ha amici Re Luigi? uomini d'azione, di coraggio divenuto disperato, in questa estrema occorrenza? Gli amici del Re Luigi sono deboli e lontani. Neppure una voce nei caffè si leva in suo favore. Al Restaurateur Méot non pranza ora nessun Capitano Dampmartin, nè si veggono più quei dai mustacchi uncinati, omicidi in congedo, far mostra dei pugnali di nuova struttura. I bravi Realisti in congedo di Méot, sono lontani, di là dalle frontiere; essi si aggirano all'impazzata pel mondo: o le loro ossa biancheggiano nella foresta dell'Argonne. Soltanto alcuni deboli Preti «depongono questa notte Pamphlets su tutti i termini di pietra», invocando la riscossa: facendo appello alle pie donne di sollevarsi; o sono sorpresi nell'atto di distribuire i Pamphlets, e mandati in prigione.
Anzi un assassino, dell'antica specie di Méot, con uno sforzo, ha fatto meno e peggio; ha ucciso un Deputato, e ha messo sossopra tutto il Patriottismo di Parigi! La sera del Sabato, alle cinque, quando Lepelletier St.-Fargeau ebbe dato il suo voto di Non Differimento, corse subito da Février al Palais Royal per mangiare un boccone in fretta e furia. Egli aveva mangiato e stava pagando, quando un uomo grosso «dai capelli neri e dalla barba turchina», con una specie di larga zimarra, gli venne incontro; era, costui, come Février e gli altri astanti credono, un tale Pâris dell'antica Guardia del Re. «Siete voi Lepelletier?» domanda egli. – «Sì». – «Voi votaste nell'affare del Re?» – «Io votai la Morte». – «Scélérat, prendi questa!» grida Pâris, facendo balenare una sciabola tirata di sotto alla sua zimarra, e immergendola profondamente nel fianco di Lepelletier, Février lo afferra, ma egli riesce a districarsi; ed è scomparso.
Il votante Lepelletier giace morto; è spirato dopo un lungo penare all'una del mattino, – due ore prima che i voti di Non Differimento fossero completamente computati. La Guardia Pâris corre per la Francia; non può esser presa, e sarà trovata alcuni mesi dopo, suicida, in un albergo remoto. – Robespierre ha motivo di credere che il Principe d'Artois in persona si trovi, sotto incognito, in Città, e che la Convenzione sarà massacrata per intero. Il Patriottismo fa udire i suoi gemiti e il suo grido di vendetta: Santerre raddoppia e triplica le sue pattuglie. La Pietà s'è convertita nella rabbia e nella paura; la Convenzione ha respinto i tre giorni di vita e ogni respiro.