CAPITOLO VII SETTEMBRE NELL'ARGONNE

In ogni modo una cosa è evidente: che la paura comunque si fosse, di cui quei nemici Aristocratici aveano bisogno, si era propagata. La cosa diviene dunque seria! Il Sanculottismo è anch'esso divenuto un Fatto? Par disposto ad affermarsi come tale? Questo mostro immenso del Sanculottismo, che si aggira titubante, come fanno i giovani vitelli, non è poi tanto ridicolo, nè tanto dolce come un qualunque vitello; ma diviene terribile anche, se lo stuzzicate; – e, attraverso le sue orride nari, manda fuoco! – Gli Aristocratici, in preda al panico, fuggono, cercando un ricovero; una luce si fa per loro su parecchie cose; o piuttosto una confusa transizione verso la luce, onde pel momento l'oscurità è più che mai oscura. Ma che ne sarà di questa Francia? Ecco il quesito! La Francia balla la sua danza del deserto, come fa il Sahara quando si destano i venti; turbinando con Venticinque Milioni d'uomini; e si dirige danzando verso i Municipî, le Prigioni degli Aristocratici e le Sedi dei Comitati delle Elezioni; verso Brunswick e le frontiere; – verso un nuovo Capitolo della Storia Universale; se non è addirittura la Finis, la chiusura di essa!

Nelle Sedi dei Comitati d'Elezione non vi è più incertezza, e il lavoro procede animoso. La Convenzione è scelta, – con uno spirito invero decisivo; al Municipio già mettiamo la data del Primo anno della Repubblica. Duecento dei nostri migliori legislatori sono rieletti, la Montagna in corpo; Robespierre, col Sindaco Pétion, Buzot, il Curato Grégoire, Rabaut, una sessantina di vecchi Costituenti; quantunque una volta non avessimo che «trenta voci». Tutti questi, e con essi amici di lunga e nota fama Rivoluzionaria: Camillo Desmoulins, quantunque balbutisse nel parlare; Manuel, Tallien e Compagnia; i giornalisti Gorsas, Carra, Mercier, Louvet del Faublas; Clootz Oratore del Genere Umano; Collot d'Herbois, che spingeva la passione a ogni eccesso; Fabre d'Églantine, pamphlettista speculativo; Legendre il robusto beccaio; e Marat, benchè la Francia rurale quasi non lo creda, o non può credere che esista un Marat altrimenti che stampato. Del Ministro Danton, che abbandonerà il suo Ministero per la qualità di Membro, non abbiamo bisogno di parlare. Parigi è fervente; nè la provincia è da meno. Barbaroux, Rebecqui e altri ferventi patrioti vengono da Marsiglia. Settecentoquarantacinque uomini (o invero quarantanove, poichè Avignone ora ne manda quattro) si raccolgono: tanti si riuniranno; non saranno in tanti quando si divideranno!

L'Avvocato Carrier da Aurillac, l'Ex-Prete Lebon da Arras, entrambi si faranno un nome. La montuosa Auvergne rielegge il suo Romme: infaticabile coltivatore della terra, un tempo Professore di Matematica; che, inconsciamente, ha in sè un notevole Calendario Nuovo, coi suoi Messidori, Pluviosi e simili; – dopo averlo reso pubblico, egli morrà di quella morte che si dice degna d'un Romano. Viene l'antico Costituente Sieyès a far tante nuove Costituzioni quante ne occorrono; del resto, col suo sguardo chiaro e circospetto, se la sgattaiolerà in parecchie emergenze, trovando che il silenzio è la cosa più sicura. Il giovane Saint-Just, viene eletto deputato da Aisne nel Nord, più simile a uno studente che a un senatore; non ancora ventiquattrenne; che ha scritto dei Libri; giovane, di statura mingherlina, dalla voce dolce e armoniosa, di natura entusiasta, di carnagione olivastra, con lunghi capelli neri. Viene Féraud dalla lontana valle d'Aure fra le sinuosità dei Pirenei; ardente repubblicano, destinato alla fama, almeno nella morte.

Vengono Patrioti di tutto le specie; Professori, Agricoltori, Preti, Ex-Preti, Commercianti, Dottori; sopratutto Parlatori, o la specie degli Avvocati. Non mancano gli esercenti la professione di levatrici, come Levasseur della Sarthe, nè artisti: il grosso David dalla guancia gonfia, ha dipinto per lungo tempo, in istato di convulsione; ed ora si dà a legiferare. La guancia gonfia, soffocandogli le parole in sul nascere, lo rende addirittura disadatto come oratore; ma il suo pennello, la sua testa, il suo grosso cuore ardente, col genio in uno stato convulsivo, perverranno là. Un uomo gonfio nel corpo e nella mente, sproporzionato; d'una grassezza floscia, anzichè grande; inoltre, debole nello stato convulsivo, non forte nello stato normale: che disimpegni pure la sua parte. Nè sono dimenticati i naturalizzati Benefattori delle Specie: Priestley, eletto dal Dipartimento dell'Orne, rinunzia; Paine, il sarto ribelle, eletto dal Pas de Calais, accetta.

Vengono pochi Nobili, ma non nessuno. Uno è Paul-François Barras, «nobile come i Barras, antico come le rocce della Provenza». L'Uomo incurante, il naufrago, che fu scagliato tempo addietro sulle coste delle isole Maldives, mentre veleggiava da soldato per combattere contro gli Indiani; buttato a riva fin d'allora come un affamato Parigino cacciatore del piacere e della Pensione, su più d'un'isola di Circe, col temporaneo incantamento, con la temporanea conversione in bestia, in porco; – il remoto Dipartimento del Var ce lo manda ora qui. Uomo caloroso e attivo, difettoso nella pronunzia, anzi difettoso in tutto ciò che concerne la parola; ma non privo d'un colpo d'occhio rapido, d'un certo coraggio pronto e passeggero, che in questi tempi, la Fortuna favorendo, può andar lontano. Egli è alto di statura, di bello aspetto, «benchè di colorito un po' giallognolo»; ma «con una veste di porpora, con un mantello scarlatto, una piuma tricolore nelle occasioni solenni», l'uomo farà buona figura. Lepelletier Saint-Fargeau, antico Costituente, è una specie di nobile d'una ricchezza enorme; anch'egli è venuto qua dentro; per ottener forse l'abolizione della Pena di Morte? Disgraziato ex-Parlamentare! E notate ancora fra i sessanta antichi Costituenti, Filippo d'Orléans, un Principe del Sangue. Non più d'Orléans, poichè essendo il feudalismo radiato dal mondo, egli chiede ai suoi degni amici, gli Elettori di Parigi, che gli diano un nuovo nome a loro scelta, onde il Procuratore Manuel, nella sua qualità di letterato antitetico, propone Eguaglianza, Egalité. Perciò siederà un Filippo Egalité, al cospetto del Cielo e della Terra.

Una tal Convenzione si sta mettendo insieme: quale un pollame adirato al tempo della muda; di cui i granatieri di Brunswick e i cannoni faranno in breve ragione. Che il tempo, per via delle costanti preghiere di Bertrand, possa avere un qualche miglioramento.

Invano, o Bertrand! Il tempo non avrà miglioramento di sorta: e se anche ciò fosse? Il Polymetis Dumouriez, quantunque Bertrand non lo sappia, si ridestò dal breve sonnellino a Sédan nel mattino del 29 Agosto; tutto brioso, pronto, audace. Tre mattine dopo, Brunswick spalanca gli occhi vedendo i Passi dell'Argonne tutti presi; bloccati con alberi recisi, fortificati con campi. Un Dumouriez, più pronto, più astuto di lui, lo aveva sorpassato!

La manovra può costare a Brunswick «una perdita di tre settimane», fatale invero in queste circostanze. Una muraglia di montagne lunga quaranta miglia era posta fra lui e Parigi: la quale avrebbe dovuto essere occupata da lui in precedenza. Come impossessarsene adesso? Si aggiunge la pioggia, giacchè piove tutti i giorni; e ci troviamo nell'affamata Champagne Pouilleuse, una terra tutta coperta d'acqua impantanata. Come passare questa muraglia dell'Argonne; o che rimedio porvi? – Si marcia bagnandosi e inzaccherandosi, per sentieri scoscesi, fra sackerments e interiezioni gutturali, e si attaccano i passaggi dell'Argonne, – che sfortunatamente non si riesce a prendere. Attraverso i boschi, si ripercuotono le scariche del cannone, come un colossale suono di gong o un timballo di Moloch, portato dagli echi; i torrenti liquefatti ribollono irati a pie' delle rocce, portando a galla squallide carcasse d'uomini. Invano! Il villaggio d'Islettes, col campanile della sua chiesa, s'erge intatto nel passaggio della Montagna, tra le due insenature dei colli. La vostra marcia forzata, mentre vi inerpicate così, è un continuo sdrucciolare che vi fa andare a capitomboli. Dalla sommità dei colli tu non vedi altro che mute balze e boschi senza fine, umidi e malinconici; la Vache di Clermont (Vacca immensa) si scopre a intervalli; gettando via la sua copertura di nubi, che presto riprende, annegata nel Cielo che diluvia. I passi dell'Argonne voi non li forzerete; piuttosto voi dovete costeggiare l’Argonne; girarla dal suo punto estremo.

Ma pensate un po' se i Signori Emigrati non hanno visto offuscarsi in qualche modo il loro splendore; «se quel Reggimento a Piedi dai risvolti rossi e dai pantaloni di nankin» poteva essere in ordine di battaglia! In cambio di guasconate, v'è minaccia che sopravvenga una specie di disperazione, d'idrofobia per eccesso d'acqua. Il giovane Principe de Ligne, figlio di quel bravo letterato De Ligne, il Giove tonante dei Damerini, cadde riverso; ucciso nel Grand-Pré, Passaggio all'estremo Nord. Brunswick accerchia, circonda, con fatica, all'estremità a Sud. Quattro giorni, giorni di pioggia come quelli di Noè, – senza fuoco, senza cibo! Pel fuoco, voi tagliate gli alberi verdi, e danno fumo; per cibo, mangiate uva verde, e fa venire la colica, la dissenteria pestilenziale, ὀλέϰοντο δὲ λαοί. I Contadini, anzichè unirsi a noi, ci assassinano; le donne gridano contro di noi: Vergognatevi; e minacciano di colpirci con le loro forbici! Oh disgraziati Signori dallo splendore offuscato; oh idrofobi individui dai nankin schizzati di mota; – ma dieci volte più disgraziati siete voi, poveri Assiani e Ulani che non fate che sackermentare; voi dai visi squallidi, caduti riversi; che non avevate nessun interesse di venire a morire qui, eccettuata la costrizione e i tre soldi al giorno! Nè Mr. Le Blanc del Braccio d'Oro passa un buon momento nella sua capanna di giunchi sgocciolanti. I contadini assassini sono impiccati; gli Onorevoli Membri dell'Antica Costituente, quantunque di età venerabile, sono menati nei carri con le mani legate; questi sono i malanni della guerra.

Così essi errano e s'agitano di qua e di là, sui pendii e i Passi dell'Argonne, – una perdita per Brunswick di venticinque giorni disastrosi. È un continuo dimenarsi e lottare; si fa fronte, si voltano le spalle e si torna a far fronte in direzione opposta; come mutano le posizioni, e l'Argonne è in parte girata, in parte sforzata; – ma Dumouriez, per quanto accerchiato, per quanto costretto, si attacca, si abbarbica al suolo come se vi avesse radice, fisso ma per tanti perni; sì da voltarsi or qua or là mostrandosi sempre in un nuovo aspetto e nella maniera più inattesa, non consentendo in alcun modo a ritirarsi. Le reclute affluiscono a lui: piene di coraggio; ma piuttosto difficili a trattare. Dietro Grand-Pré, per esempio, Grand-Pré che è sul lato sinistro dell'Argonne, poichè siamo ormai stretti e circondati, – l'ardimento in quel girare e fare un nuovo fronte, si capovolse, per così dire, come accade all'ardimento; sorse un urlo di se sauve qui peut e un panico mortale che aveva quasi rovinato tutto! Il Generale dovè venire di galoppo, e con parole tonanti, con gesti, e colpi di spada anche, ristabilì l'ordine, riannodò le file, e richiamò il sentimento della vergogna; prese, inoltre, i primi che avevano urlato e i caporioni; «rase loro i capelli e le sopracciglia», per contrassegno, e li lanciò nel mondo come un ammonimento. Un po' per questo (e d'altra parte le razioni scarse, e il campo con la pioggia, e lo stomaco affamato generano il malumore) vi fu quasi un ammutinamento. Onde di nuovo sopraggiunse Dumouriez alla testa delle loro file, col suo Stato Maggiore e una scorta di cento Ussari. «Situò alcuni squadroni dietro di loro, l'artiglieria al fronte, e disse loro: «Quanto a voi, io non voglio chiamarvi nè cittadini, nè soldati, nè figliuoli miei (ni mes enfants): vedete innanzi a voi quest'artiglieria, dietro, questa cavalleria. Voi vi siete disonorati commettendo dei delitti. Se vi emendate, e vi conducete come questo bravo esercito cui avete l'onore di appartenere, troverete in me un buon padre. Ma ladri e assassini non posso tollerarne qui. Al più piccolo ammutinamento vi farò fare a pezzi (hacher en pièces.) Cercate i malvagi come sono fra voi; e mandateli via voi stessi. Io vi ritengo responsabili di loro».

Pazienza, oh Dumouriez! Quando questo incerto manipolo di strilloni e di ammutinatori sarà disciplinato e assuefatto alla guerra, diverrà una falange di Combattenti, e eseguirà i suoi volteggiamenti, e andrà come un mulinello, in ordine, rapido come il vento o il turbine: figure abbronzate, coi mustacchi; sovente a piedi nudi, col dorso scoperto; dai tendini d'acciaio, che non richiedono altro che pane e polvere da cannone: veri figli del fuoco, i più destri, i più rapidi, i più ardenti forse da Attila in poi. Essi possono conquistare e invadere meravigliosamente, proprio come fece lo stesso Attila; – quell'Attila di cui tu vedi ora il Campo e il Campo di battaglia su questo stesso terreno; il quale, dopo avere spazzato il mondo, fu, con molte difficoltà e giorni di duro combattimento, sconfitto qui dal Romano Ezio e dalla Fortuna; e la sua nuvola di polvere si dileguò di nuovo nell'Oriente!

È molto strano, ma in questa rumorosa Confusione d'una Soldatesca, che noi vedemmo tempo addietro cadere suicidandosi, sbandata in una collisione suicida – a Nancy, o sulle vie di Metz, dove il Bravo Bouillé stava a spada sguainata; e che, d'allora in poi, attraverso altre collisioni, era andata in pezzi, peggiorando sempre, fino a ridursi in tale stato: in questa rumorosa Confusione e non altrove, spunta il primo germe d'un ritorno all'ordine per la Francia! Intorno a cui, diciamo noi, la povera Francia sul punto di suicidarsi alla sua volta, seppellendosi nelle macerie e nel Caos, sarà ben lieta di riunirsi; per cominciare a svilupparsi e a dar nuova forma alla sua polvere inorganica; per cambiarsi, assai lentamente, attraverso secoli, attraverso Napoleone, Luigi Filippo ed altri intermezzi, altre fasi, – in una nuova Francia, infinitamente preferibile, è a sperare!

Questi volteggiamenti, queste manovre nella regione dell'Argonne, fedelmente descritti dallo stesso Dumouriez, per quanto più interessanti per noi delle migliori Partite a Scacchi di Hoyle o Philidor, noi li ometteremo, o Lettore, interamente, – e ci affretteremo a notare due cose: la prima, esigua e privata; l'altra, importante e pubblica. La nostra piccola cosa privata è la seguente: la presenza, nell'Esercito Prussiano, in quel giuoco di guerra dell'Argonne, di un Uomo, appartenente alla specie detta Immortale; che, da allora in poi, diviene sempre più visibile in tale suo aspetto, mentre quello Transitorio va sempre più dileguandosi: poichè in antico si notava che quando gli Dei comparivano fra gli uomini, raramente si mostravano in forma riconoscibile; onde, i vaccari di Admeto danno ad Apollo un beveraggio contenuto nel loro otre di pelle di capra (è molto se non gli danno dei colpi con le loro verghe), neppur sognando che egli sia il Dio del Sole! Il nome di quest'uomo è Johann Wolfgang von Goethe. Egli è Ministro del Duca di Weimar, e viene col piccolo contingente di Weimar; per compiere qui un dovere insignificante, non militare; addirittura inesplicabile per chicchessia! Egli se ne sta adesso a briglie tirate sull'altura presso Sainte-Menehould, intento a fare un esperimento «sulla febbre del cannone»; recandosi colà a cavallo contro ogni dissuasione, attraverso la danza e il fuoco delle palle dei cannoni, col desiderio scientifico di comprendere che fosse mai quella febbre del cannone: «Il loro suono», egli dice, «è abbastanza strano; è tutto un insieme del ronzio della trottola, del gorgogliare dell'acqua, del fischio degli uccelli. A grado a grado voi provate una sensazione veramente insolita, che può solo essere descritta con la similitudine. Vi par d'essere in un luogo estremamente caldo, e nello stesso tempo vi pare che questo calore penetri completamente nel vostro corpo, onde sentite una perfetta uguaglianza tra voi e questo elemento. La vista non perde nulla della sua forza o della sua distinzione; eppure tutte le cose hanno assunto una specie di colore rosso cupo, che rende la situazione e gli oggetti capaci di maggiore impressione su voi».

Tale è la febbre del cannone quale un Poeta Mondiale la prova. – Un uomo addirittura incommensurabile! Nel cui cervello incommensurabile, per altro, vi è la contropartita (o chiamatela complemento) di quella immensa Morte-Nascita del Mondo; che si effettua ora esternamente, nell'Argonne, in quel tuonar di cannone; internamente, nella incommensurabile testa, in tutt'altra guisa da quella del tuono! Notalo, o Lettore, quest'uomo, come il più memorabile di quanto v'ha di memorabile in questa Campagna dell'Argonne. Ciò che diciamo di lui non è visione, nè figura retorica, ma uno scientifico fatto storico, che tanti uomini, ora, a tal distanza di tempo, veggono o cominciano a vedere.

Ma la più grande cosa pubblica che dovevamo notare è la seguente: il venti Settembre 1792 era un mattino freddo, umido e coperto di nebbia; fin dalle tre del mattino, Sainte-Menehould e quei villaggi e fattorie che conosciamo da tempo, furono scossi dallo strepito dei carri dell'artiglieria, dallo scalpitare dei cavalli, dai passi di molti piedi umani: militari d'ogni genere, tra Patrioti e Prussiani prendevano posizione sulle Alture di La Lune ed altre; mutando di posto e facendosi innanzi; proprio come in una formidabile partita a scacchi; che voglia il Cielo finisca bene! Il Mugnaio di Valmy è fuggito tutto polveroso nel sottosuolo; e il suo Mulino, che mai ebbe tanto vento, oggi resterà in riposo. Alle sette del mattino si dirada la nebbia; ecco che Kellermann, secondo a Dumouriez nel comando, «con diciotto pezzi di cannone» e con le file ben serrate, prende posto intorno a quel silenzioso mulino a vento, su quel poggio di difesa; Brunswick, anche con le file serrate e il cannone, lo adombra dal sommo di La Lune: solo il ruscelletto e la sua piccola valle li separano.

Onde il momento tanto desiderato è giunto al fine! Non più la fame e la dissenteria, ma la mitraglia; e poi! – Dumouriez, con la forza e un fronte solido, guarda in alto da un'altura vicina; non può che aiutare col desiderio, in silenzio. Ecco che i diciotto pezzi d'artiglieria rumoreggiano, latrano, in risposta al cannoneggiare di La Lune; un forte rimbombo esala nell'aria, la cui eco si ripercuote dal fondo dei burroni, lontan lontano nelle profondità della foresta dell'Argonne (ormai deserta); e le membra e le vite degli uomini volano disperse qua e là. Può Brunswick produrre su loro alcuna impressione? I Signori dallo splendore offuscato si mordono le dita; poichè quei Sansculottes non fuggiranno come polli, a quel che pare! Verso il mezzodì, un colpo di cannone uccide il cavallo che cavalcava Kellermann; scoppia in aria un carro di polvere con un funebre clangore; qualche cosa si libra e ondeggia nell'aria, – Brunswick tenterà! «Camarades», grida Kellermann, «Vive la Patrie! Allons vaincre pour elle. Andiamo a vincere per essa». «Viva la Patria», echeggia la risposa sotto la volta del Cielo, come un fuoco roteante di luogo in luogo: le nostre file sono salde come rocce; Brunswick può ben riattraversare il burrone senza alcun risultamento, e riprendere la sua primitiva posizione su La Lune; non senza che gli tocchino delle busse per via. E ciò si protrasse per tutto un giorno di Settembre, – in mezzo al frastuono, agli ululati, a un mugghiare che echeggiava lontano! Le cannonate durano fino al tramonto; senza effetto. Fino a un'ora dopo il tramonto, mentre i pochi orologi che restano nel distretto suonano le sette; in quest'ultima ora del giorno, Brunswick fa un altro tentativo. Con una fortuna punto migliore! Egli è scontrato da quelle file salde come rocce, al grido di Vive la Patrie, e respinto, non senza essere battuto. Allora egli smette; si ritira alla «Taverna di la Lune», innalza un fortino pel caso che egli stesso venga attaccato!

Le cose stanno proprio così, o Signori dallo Splendore offuscato, checchè possiate fare. Ah! la Francia non si leva in massa per noi; e i Contadini non si uniscono a noi, ma ci assassinano; nè l'impiccagione, nè alcuna persuasione vorrà ridurli! Essi hanno perduto il loro antico spiccato amore del Re e della veste Regale, – ho paura; e combatteranno per liberarsene: questa sembra ora la loro tendenza. Le cose d'Austria non prosperano, e neppur l'assedio di Thionville. Gli abitanti di Thionville, spingendo la loro insolenza al colmo dell'epigramma, hanno messo sulle loro mura un cavallo di legno con un manipolo di fieno pendente, e questa iscrizione: «Quando io finirò il mio fieno, voi prenderete Thionville». A tal punto è giunta la frenesia del genere umano.

Le trincee da Thionville possono chiudersi; e che importa se quelle di Lille sono aperte? La Terra non sorride a noi, nè il Cielo, che piange e s'oscura, sciogliendosi in una pioggia brusca e peggio. I nostri amici c'insultano; siamo feriti nelle case dei nostri amici. «Sua Maestà di Prussia aveva un tabarro, quando venne la pioggia; e (contrariamente ad ogni legge conosciuta) lo indossò, quantunque i nostri due Principi francesi, speranza del loro paese, non ne avessero!» A questo, invero, come dice Goethe, che risposta si potrebbe dare? Fame e Freddo, Affronto, Colica, Dissenteria e Morte; e noi qui appiattati in un forte, fra cenci, covoni di grano e avanzi di stoppia, sulla fangosa Altura di La Lune, intorno alla miserabile Taverna di La Lune!

Questa è la cannonata di Valmy, ove il Poeta Mondiale provò la febbre del cannone; ove i Sansculottes francesi non fuggirono come polli: fatto prezioso per la Francia. Ogni soldato compiè il suo dovere, e l'Alsaziano Kellermann (quanto preferibile al vecchio Luckner congedato!) cominciò a divenire grande; Egalité fils, Uguaglianza juniore, svegliato e prode Ufficiale di Stato Maggiore, si distinse per la sua intrepidezza: – è lo stesso individuo intrepido che ora, da Luigi Filippo, senza l'Uguaglianza, lotta, in tristi circostanze, per esser chiamato Re dei Francesi per un po' di tempo.

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