CAPITOLO V LE PRIGIONI

È tempo ormai di gettare uno sguardo nelle Prigioni. Quando Desmoulins fece una mozione pel suo Comitato di Grazia, queste Dodici Case di Arresto contenevano cinquemila persone. Poi, arrivandone altre di continuo, avevano raggiunto il numero di ventimila. Sono dei Ci-devants Royalistes, e nella più parte Repubblicani di vario colore, come Girondini, Fayettisti, e Non-Giacobini. Forse nessuna abitazione umana, nessuna Prigione mai uguagliò lo squallore, il disgusto, l'orrore di queste Dodici Case di Arresto. Esistono memorie di persone che ne fecero l'esperienza, Mémoires sur les Prisons, che rappresentano uno dei più strani Capitoli della Biografia dell'Uomo.

Strano a guardarvi dentro: una specie di ordine s'impone in ogni condizione dell'esistenza umana; e ovunque due o tre persone si trovino riunite si costituiscono forme di vita comune, abiti, osservanze, e magari eleganza, piaceri! Il Cittadino Coittant spiegherà pienamente come il nostro magro desinare d'erbe e di carogne veniva consumato non senza garbatezza e place-aux-dames; come il Signore e il Lustrascarpe, la Duchessa e la povera cenciosa gettate alla rinfusa in un fascio, si ponevano in riga secondo un metodo; ad una data ora, «le Cittadine prendevano il loro lavoro di cucito»; e noi, offrendo loro le sedie, cercavamo di parlar loro galantemente, restando in piedi, od anche di cantare e suonare come meglio ci poteva. Le gelosie, le inimicizie neppur fanno difetto, e la civetteria si mostra nel suo vero aspetto.

Ohimè, a grado a grado, anche il lavoro di cucito deve cessare; sorge il Complotto nella Prigione per opera del Citoyen Laflotte e del Sospetto Preternaturale. La Municipalità Sospettosa ci strappa tutti gli utensili; tutto il danaro, e quanto possediamo di oggetti e di metallo ci vien tolto crudelmente; si viene a frugare nelle tasche, nei guanciali, nei pagliericci; i Commissarî dei berretti rossi entrano in ogni cella. L'Indignazione, una disperazione temporanea, al vedersi togliere per fino il ditale, s'impossessa dei cuori gentili. Le Vecchie Suore emettono acuti gridi, e chiedono d'essere uccise immantinente, Ma non si può altro che urlare! Meglio capitò a quei due cittadini, che desiderosi di conservare qualche oggetto, fosse magari uno stecco da pipa o un ago per rimendare le calze, decisero di difendersi: col tabacco. Così, con la più grande prontezza, mentre i vostri feroci del berretto rosso si odono a frugare e a sbattere porte nel corridoio, i due Cittadini accendono le loro pipe e cominciano a fumare. Una densa oscurità li avvolge. I Berretti Rossi aprono la cella, ove non si respira; e tutti tossiscono in coro. «Quoi, Messieurs», gridano i due Cittadini, «voi non fumate? È forse spiacevole la pipa? Est-ce que vous ne fumez pas?» Ma i Berretti Rossi sono fuggiti, dopo una ricerca superficiale. «Vous n'aimez pas la pipe?», gridano i Citoyens, mentre la loro porta si rinchiude. Miei poveri fratelli Cittadini, di certo in un Regno di Fraternità non siete voi quelli che vorrei vedere ghigliottinati!

Il rigore aumenta, diviene orrida tirannia; il Complotto in prigione diviene sempre più comune. Questo complotto in prigione, come dicevamo, è ora la formula stereotipata di Tinville; contro chiunque egli non trova colpa, ha questa colpa bella e preparata.

Il suo Tribunale è divenuto inqualificabile; una ciurmeria riconosciuta, nient'altro che la soglia varcata per andare verso la Morte. I suoi atti d'accusa sono redatti in bianco; i Nomi si appongono dopo. Egli ha i suoi moutons, sciacalli traditori, detestabili, che fanno da accusatori e da testimoni a carico; a patto che si permetta loro di vivere – almeno temporaneamente. Le sue Fournées, dice Collot in tono di rimprovero, «non debbono in nessun caso sorpassare il numero di sessanta»; questo è il suo maximum. Nottetempo vengono al Luxembourg i suoi Carri pel fatale Appello: la lista della Fournée della dimane. È un grande accorrere alla Grata per udire se v'è il proprio nome. E che sospiro profondo di sollievo, quando il nome non vi si trova: ancora un giorno di vita! Eppure una ventina, parecchie ventine di nomi sono nella lista. Immantinenti costoro si stringono al cuore i loro amati, per l'ultima volta; con breve addio, ad occhi asciutti o molli di pianto montano e si allontanano. Questa notte alla Conciergerie, domani alla Ghigliottina, passando pel Palais falsamente nomato di Justice.

L'indifferenza, una bravura inconsiderata, lo stoicismo derivante, se non dalla forza, dalla debolezza, si sono impossessati di tutti i cuori. Le deboli donne e i Ci-devants, prima che i loro riccioli divengano delle parrucche bionde e la loro pelle sia conciata per servire da pantaloni, «sogliono, così, per passatempo, recitare la scena della Ghigliottina». Si forma una mascherata fantastica: con il capo coperto da salviette che fanno da turbanti, delle coperte di lana che fanno da ermellino; giudica un Sinedrio di Giudici da burla; un Tinville da burla fa le sue requisitorie; un colpevole è condannato e vien ghigliottinato fra due sedie capovolte. Qualche volta la cosa va più in là; Tinville in persona è condannato, e non alla sola Ghigliottina. Col viso cosparso di nero, arcigno, cornuto, un Satana velloso s'impadronisce di lui, che urla a tutto andare, e gli addita col braccio proteso e con voce terribile, il fuoco che non si spegne, il verme che non muore, le sempiterne pene dell'Inferno; e alla domanda: Che ora è? Si risponde: È l'Eternità .

Le prigioni intanto sempre più si riempiono; la Ghigliottina sempre più s'affretta. Su tutte le vie maestre s'avanzano i prigionieri che vengono alla volta di Parigi. Non più Ci-devants ormai, poichè su quelli che levano la voce è passata la falce; son Repubblicani, che marciano incatenati a due a due, e nei momenti di esasperazione cantano la Marseillaise. Centotrentadue uomini di Nantes, per esempio, marciano verso Parigi, proprio in quei giorni: Repubblicani, Giacobini addirittura, Giacobini fin nel midollo delle ossa; ma Giacobini che non avevano approvato gli Annegamenti . Vive la République è il loro grido per tutte le vie della città. Passano la notte in caverne malsane, indescrivibili, stipati da soffocare, e il mattino se ne trova morto sempre qualcuno. Esauriti dal lungo cammino, disanimati, non hanno che la forza di gridare: Viva la Repubblica; noi, come sotto un orrido incantesimo, moriamo per essa!

Si racconta che circa Quattrocento Preti restano ancorati «nella rada dell'Isola d'Aix», per mesi e mesi, a contemplarvi la loro miseria, il vuoto, le vaste sabbie di Oleron e il mare che geme incessante. Laceri, sudici, affamati, ridotti allo stato di ombre; tutti in circolo, dividendosi per dozzine, mangiando a bordo la loro razione poco pulita, con le mani. Stropicciano i loro abiti scandalosi a vedersi, fra due pietre; sono ammucchiati fra orribili miasmi, sotto i boccaporti; settanta di loro giacciono in una sola cabina nella notte; onde «un vecchio Prete è trovato morto il mattino nell'atto di pregare».

— Per quant'altro tempo, Signore Iddio?

Non per sempre; no. Ogni Anarchia, ogni Male, ogni Ingiustizia è, per la sua stessa natura, come i denti del dragone: si suicida e non può durare.

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