ORESTE dalla sinistra e poi voci diverse a sinistra fuori di scena. Detto.
Oreste. ― Evviva Martino!
Mart. ― Oreste! Dunque si passa presto lavorante, eh?
Oreste. ― Fosse pur oggi, che vorrei aver finito di pigliare scappellotti.
Mart. ― Oh quanti ne pigli, batoseto?
Oreste. ― Cinque o sei al giorno, che moltiplicati per sei dànno dai trenta ai trentasei scappellotti per settimana!
Mart. ― Bella paga! Io la metterei tutta alla cassa di risparmio. Ma bisogna pur dire che cogli scappellotti le parole dei maestri restano più impresse. Io ne ho presi di quelli da farmi vedere le stelle in pieno mezzogiorno; ma sono anche capo massellatore.
Oreste. ― Quando io faceva il giornalista a Firenze non avrei mai creduto che un mestiere s'imparasse a questo modo. E non c'è che dire, la è dappertutto la stessa canzone. Sul Pistoiese ove mi era avviato a fare l'ebanista, il principale invece di farmi entrare il mestiere nel capo a furia di scappellotti, faceva diversamente lui: a pedate! (va a sedere al tavolo in fondo) Ma è finita!
Voci (a sinistra fuori di
SCENA). ― Ohe, si va?
Carlo (come sopra). ― Un momento; siamo in pochi.
Mart. ― Padrone, son qua io! (corre via dalla sinistra rimboccandosi le maniche)
Carlo (come sopra). ― Sotto le spalle tutti, su!
Voci (come sopra). ― Su!. Issa!... Issa!... Ah!
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