BOBI dal fondo senza vedere ORESTE che s'è messo a disegnare.
Bobi. ― E pare che costì si lavori anche di festa, accidenti! e il medesimo toccherà anche a me se vorrò levarmi la fame. Se penso che potrei invece passarmela allegramente a Firenze col mio pan di ramerino bollente! Maledetto quel cavaliere che per quel pomo di mazza che io aveva trovato mi fece mangiare tanto riso e fagiuoli, come se trovare volesse dire restituire!... E ora che mi hanno dato l'aire, mi trovo senza il becco d'un quattrino. Il pomo è bell'e sfumato; già un pomo d'oro si mangia presto; e se stendo la mano dicendo: lo dà un soldino a questo povero disgraziato che esce adesso dall'ospedale? mi rispondono tutti: con quella faccia? va a lavorare, bighellone!Come se all'ospedale vi cambiassero la faccia!
Oreste (che da un pezzo osserva Bobi e lo riconosce, scende inosservato e gli chiude gli occhi con ambe le mani). ― O Bobi!
Bobi (spaventato). ― (Gente che mi conosce!) Non mi spaventate; esco ora dall'ospedale...
Oreste (lasciandolo). ― Dall'ospedale?
Bobi. ― Oreste? Ma non eri andato a Pistoia colla famiglia?
Oreste. ― Sì, per fare l'ebanista; ma ho visto che la mia vocazione era per la meccanica, per il ferro. Lavorare il ferro è più bello; si sta al fuoco come i soldati, e c'è anche il suo pericolo come alla guerra... E poi che musica! Tan, tan tantantan!... Il maglio come un cannone: pun pun!Le macchine a vapore: rrrrrrrrrr... Invece uno stipettaio: pst... pst... fa pietà!!... (ritorna al suo posto) E ora s'impara il disegno noi!
Bobi. ― Ognuno ha i suoi gusti; ma non stare a dir nulla di me... come se tu non m'avessi visto.
Oreste. ― Che ho a dir io? Il babbo, quando venne a stare a Pistoia colla famiglia, non voleva neanche sentirvi nominare!
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