SCENA VI.

MARTINO, FRANCESCO e MATILDE che porta in braccio ROSINA addormentata, dal fondo; quindi BOBI, pure dal fondo, che si pone ad osservare attentamente Francesco, restando in disparte.

Mart. ― Signor padrone, è giunto il materiale dalla ferrovia, e qui c'è gente che gli vuol parlare.

Carlo. ― Do un'occhiata al materiale e ritorno subito; fateli sedere, Martino. (esce dal fondo)

Franc. (guardando verso la sinistra). ― Che bella officina! (E pensare che con tutto il mio studio e il mio ingegno, io non sarò mai altro che un miserabile condannato a stentare la vita!) Vuoi darmi la bambina, Matilde?

[94] Mat.― No, lasciamela; è meglio non svegliarla, (a Martino) È ammalata. Se voleste favorirmi un bicchier d'acqua?...

Mart. ― Venite con me in giardino... Ci abbiamo una fontana che non ha altro difetto che di buttar acqua, ma è limpida, fresca e leggera che è proprio un gusto, dicono quelli che ne bevono. (via con Matilde dal fondo)

Franc. ― (Povera Tilde! t'ho ridotta a un bel punto!... Un bel premio t'ho dato del tuo amore, dell'avermi voluto sposare a dispetto de' tuoi!)

Bobi. ― (Gli è lui!) Compare, (tocca Francesco sopra una spalla) siete venuto anche voi colla carrozza del Gambini?

Franc. ― (Maledetto!) Sono venuto come ho voluto. Fate la vostra strada; io non vi conosco, nè ho volontà di conoscervi.

Bobi. ― Come, non siamo forse stati tre mesi assieme?

Franc. ― Voi sognate... e basta per ora e per sempre.

Bobi. ― Sarà. Voi non sarete voi; ma io ho una gran volontà di domandare a vostra moglie dove siete stato quei tre mesi!

Franc. (volgendosi minaccioso). ― Una parola a mia moglie, un'allusione, uno sguardo, e vi strappo la lingua, come è vero che mi chiamo Savelli!

Bobi. ― Oh! oh! cheto! cheto! Il padrone... Non v'ho visto mai.

Share on Twitter Share on Facebook