SCENA X.

GOLDONI dalla destra. Detta.

Gold. (fra sè, senza vedere Nicoletta). — No, non è bello, non è degno di me sperare in una dimenticanza...

Nicol. (senza vedere Goldoni, assorta in sè). — Ha ragione Battistino; se non posso fargli altra festa, facciamogli almeno quella d'una buona parola... (volgendosi verso la destra e vedendo Carlo) Carlo!

Gold. (a Nicoletta, contemporaneamente a lei). — Nicoletta! Volevi dirmi una parola?

Nicol. — Per l'appunto, e anche tu a me?

Gold. — Hai indovinato.

Nicol. — Forse la stessa idea!

Gold. — Probabilmente.

Nicol. — Dunque parla.

Gold. — Oh! prima te.

Nicol. — Non sarà mai.

Gold. — Abbiamo da parlare tutti e due in una volta?

Nicol. — Via, comincierò io... (col fine... come dice Battistino...) Gran bella giornata oggi!

Gold. — Sì, per fine di settembre, a Parigi... Ma poteva cominciar meglio!

[231] Nicol. — Sì; ma contentiamoci.

Gold. — Questo è sempre da filosofi! Contentiamoci, poteva esser peggio.

Nicol. — Sicuro, a questi tempi! E poi la vera felicità sta dentro di noi, e non nei quattrini.

Gold. — Massima eccellente, che deve essere stata inventata da un poeta comico italiano..... Eppure, in certe circostanze, in certe occasioni, farebbe pure un gran piacere averne!

Nicol. — Ma che occasioni!

Gold. — Oggi, per esempio!

Nicol. — Che? Se è vero che il maggior piacere per una donna è amare colla sicurezza di essere amata, chi m'ha voluto più bene di te, mio buon Carlo?

Gold. — Ma come non t'avrei amata e non ti amerei, quando, giovane o vecchio, fortunato o disgraziato, l'unica cosa che non mi sia mai venuta meno è il tuo affetto, mia buona Nicoletta?

Nicol. (intenerita). — Ma guarda un po' che cosa mi vieni a dire oggi!

Gold. — Ma non sai che giorno è oggi? È il cinquantesimosesto anniversario delle nostre nozze, e io vorrei poterti dire una parola tanto bella da valere tutti i regali, tutte le feste che per la prima volta non ti posso dare; ma questa parola, io che ne ho scritte tante, io che sono avvocato, non la trovo; forse bisogna dire che non ci sia, poichè quando si vuole dare la stura ai sentimenti che ci riempiono il cuore... si fa come me... si sente qui una confusione e qui un gruppo... si balbetta... si piange... e si finisce per far la figura dell'asino!

Nicol. — Meno male che nessuno ti sente a parlare così ad una povera vecchia; saresti ridicolo!

Gold. — Cominciamo a dire che tu hai dieci anni meno di me; ma, se anche tu fossi vecchia come dici, io bell'e vecchio come sono..... anzi, appunto perchè così vecchio da poter apprezzare senza passione ogni cosa secondo il suo vero valore, vorrei che tutto il mondo mi sentisse a dire che cinquantasei anni fa io voleva un gran bene alla mia sposa tutta un fiore ed un sorriso; ma ora che tutto mi naufraga attorno, [232] ora che tu sola resti il conforto e la gioia dei miei ultimi giorni, ora del bene te ne voglio il doppio!

Nicol. — Tu sei troppo, troppo buono!

Gold. — No; non faccio che rendere giustizia alla moglie, che colla mia pace e la mia felicità, ha voluto anche la mia gloria; sì, sì, perchè non è che dopo di averti sposata, che ho trovato la mia buona inspirazione, il mio buon consiglio; e perciò sta pur sicura che se io sono stato messo al mondo senza dolore, se vi ho vissuto senza troppi pensieri, morrò però con un cruccio, l'unico vero cruccio della mia vita, quello di doverti lasciare!

Nicol. (profondamente commossa). — Oh il Signore mi farà la grazia che gli domando: quella di non doverti sopravvivere!

Gold. (commosso alle lagrime, ma sforzandosi di scherzare, piglia Nicoletta fra le sue braccia, e si rivolge comicamente al cielo). — Per carità, non le dia retta! Ci faccia anzi vivere un altro bel pezzo per il buon esempio dei coniugati, e, quando sarà la nostra ora, ci pigli tutti e due, tutti e due assieme! (piangono di tenerezza).

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