SCENA II.

GOLDONI e NICOLETTA dalla destra al proscenio, in abito di gala tutti e due. Detti.

Gli altri (affollandosi attorno a Carlo e Nicoletta). — Cento di questi giorni!

[236] Gold. — Oh che piacere, che consolazione mi date!

Nicol. — Grazie, grazie proprio di cuore a tutti!

Gold. — La Riccoboni, la mia Yenny! Ma questo è un onore che io non merito... Tò un baso, vecia! (la bacia)

Maria. — E a me nulla?

Gold. — Anche a te, la mia Farinelli!... Come recitavi... quando c'ero io in teatro! Brava, ti conservi sempre bella!

Maria. — Bella con cinque icchese sulle spalle?

Gold. — Sono bello io con otto e mezzo!

Emilia. — Carletto, non sono degna io di esser baciata da cotanto amante? Oh scusa, Nicoletta!

Gold. — Niente scuse, mia moglie sa che se io sono un così bel vecchietto, è tutto merito suo!

Nicol. — Padron mio, dal momento che non dice nulla Rinaldi!

Rinaldi. — Goldoni è irresistibile!

Rosalia. — E io rimango a bocca asciutta?

Gold. — Figurati, a te ne do due! — Nicoletta, la colpa non è mia, è dell'usanza francese, la più bella delle vostre usanze, quella che voglio portare a Venezia: baci a tutto spiano! A proposito, Agironi — a te non ne dò, sei troppo brutto — ma ti ringrazio di essere venuto ad abbracciarmi prima di partire. A Venezia cercami subito un quartiere, a Riva, al sole. — Ah! Rinaldi, quella è un'aggiunta che avresti da copiare per le mie memorie! — Bravo Bouchard! — Bravo Legendre: avete visto che la montagna non si moveva per andare a Belleville, e voi siete venuti verso di essa...

Nicol. (andata in fondo colle altre signore). — Carlo, guarda che bei fiori! E confetti, e cioccolato... Quanto siete buoni! (scende presso Goldoni, seguita dalle altre) Sai che cosa mi pare oggi? Che sia il primo giorno del nostro matrimonio!

Gold. — Delle nozze, vuoi dire; perchè il primo giorno di matrimonio io aveva la febbre, e mica soltanto la febbre dell'amore, la febbre del vaiuolo! Eh che disdetta? Ma siccome, dopo la burrasca, finisce sempre per splendere il sole, il vaiuolo è sparito e mi è rimasta questa buona e bella moglie.

Gli altri. — Bravo!

[237] Nicol. — Buona, mi sono ingegnata; bella, mai, e in ogni modo sarebbe troppo da un pezzo per ricordarlo.

Gold. — Senti, Nicolina — io per mia moglie ho due diminutivi accarezzativi, Nicoletta ogni giorno che Domineddio manda in terra, e Nicolina nelle grandi occasioni solenni — senti: per gli occhi del cuore... (alle altre) voi altre è inutile che mi facciate l'occhio di pesce morto... tu sei sempre la più bella!...

Gli altri. — Bravo! bravo!

Ant. — Più basso!

Gold. — Che c'è ora? Non si può più applaudire Goldoni?

Ant. — Sì, sempre; ma è meglio non gridare... (si odono tre colpi dalla sinistra)

Gold. — Che cosa è? (Rosalia corre al pianoforte)

Ant. — Il segnale all'orchestra.

Gold. — Quale orchestra?

Rosalia. — Eccola! (suona un minuetto)

Gold. — Si balla? Nicolina, si balla! (con vivacità, offrendole la mano)

Nicol. — Proviamo? (tutti fanno loro siepe)

Gold. — Ma figurati se s'ha da provare! Non è questo il giorno delle nozze? Dunque si prova anche a ballare! (fermandosi dopo un giro) Non è nè lo stomaco, nè la testa..... non sono che le gambe... ma si capisce, dopo la malattia... Del resto vedresti!...

Nicol. — Sarà per un altr'anno!

Gold. — Brava, per un altr'anno, a Venezia!

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