SCENA X.

CHÉNIER dal fondo, seguito da PIERINA. Detti.

Commiss. — Ah! Ah! quels farceurs! Et c'est de Louis Seize que vous attendez tous vôtre pension?

Chén. — Citoyen Commissaire, je réponds d'eux tous; laissez nous.

Commiss. — Très-bien, citoyen député, c'est dit!... Mais, si vous avez envie de rire, demandez à ces gens qui fêtent, aujourd'hui! l'anniversaire de leur mariage, qui est-ce le Roi de France!

Chén. — Suffit, Commissaire.

Commiss. — Suffit..... Ah! s'ils connaissent leur métier comme le temps où ils vivent, fichtre! c'était bien servi monsieur Capet... le Roi de France!

(Esce ridendo dopo i suoi agenti e seguito da Pierina, che ritorna poi subito in scena).

Gli altri (meno Chénier, con un respiro). — Ah! (uscito il Commissario, s'affollano attorno a Chénier) Che cosa ha voluto dire?

Gold. — Che forse il Re ha abdicato?

Chén. — Il Re non ha abdicato: l'Assemblea costituitasi in Convenzione nazionale ha abolito la monarchia.

Gli altri. — Dio!

Gold. — Oh il mio povero Luigi, così buono e generoso!

Chén. — Il tuo primo grido di dolore non è per te, è per lui, generoso amico!... Ma bada e badate tutti che coll'abolizione della monarchia, la Convenzione ha oggi decretato la pena di morte per chiunque possa esser sospetto — soltanto sospetto — di far voti per la liberazione di Luigi ed il suo ritorno sul trono!

Gold. — La sua liberazione! Ma dunque egli...?

Chén. — Egli è prigioniero colla famiglia nella torre del Tempio.

Gold. — Come un malfattore, lui! E anche la Regina? La Principessa Adelaide? Il delfino?

Nicol. — Coraggio, Carlo!

[246] Gold. — No... non posso reggere!..... Voglio fuggire da questo paese dove non si conosce moderazione in nulla; dove si è sempre agli estremi nella servilità e nella ribellione! L'ambasciatore di Venezia mi ha promesso di farmi ritornare a Venezia; ebbene, andiamo da lui subito, pur che si parta in qualunque modo, pur che si vada via!

Chén. — Ohimè, che ti debbo dare anche questo dolore! L'ambasciatore Almorò Pisani è partito per Londra!

Gold. (smarrito). — Partito... senza una parola... un soccorso!... partito... dopo d'avermi inchiodato qui a morire di terrore e di miseria!

(Si abbandona sopra una seggiola assistito da Nicoletta e Battistino)

Ant. — Fuggito dalla paura, lasciando qui abbandonata la sua vecchiaia veneranda! Ah! io non sono che un povero disgraziato, oscuro e miserabile; ma mi vergognerei di avere il cuore così basso come sua Eccellenza, ben degna di rappresentare, non il popolo veneziano, vivaddio! ma il Governo che non ha mai saputo riconoscere il tuo valore, che ti ha ricusato il misero impiego che gli domandavi per non essere costretto a venire in terra straniera a cercarvi il pane e la gloria!

Tutti (meno Goldoni). — Sì, sì, ha ragione!

Gold. — Ma no che non ha ragione! Mi vuole troppo bene e l'amore lo fa ingiusto! Zitto là!... L'Ambasciatore è partito... buon viaggio! Ma ci resta l'amico che non abbandona, ci resta Chénier, il mio valoroso compagno d'arte, che ci farà dare gli arretrati della nostra pensione e ci porrà così in grado di ripararci tutti in Italia.

Gli altri (meno Chénier). — Sì! Sì!

Ball. — Daremo rappresentazioni...

Gand. — Tutti vorranno vedere gli ultimi comici italiani del Re di Francia...

Batt. — Tutti vorranno vedere Carlo Goldoni!

Gli altri (supplichevoli). — Sì, Chénier! Se non per noi, per lui solo!

Chén. — L'amicizia di Carlo Goldoni è l'orgoglio della mia gioventù; ma, appunto per questo, se io vi lusingassi, vi tradirei!

Gli altri (costernati). — Come?

[247] Chén. — Ma, col Re in prigione, la monarchia abolita e l'assegno alla corona soppresso, io non posso per ora parlare di voi alla Convenzione senza compromettervi tutti!

Nicol. — E intanto, per il mio buon Carlo..... la miseria!

Ricc. — Per me la morte!

Ball. — Ora sì che mi sento vecchio!

Ant. (angosciato, a Goldoni). — E tu dici che io sono ingiusto verso il Governo di Venezia!

Gold. — Antonio..... Guarda quanti hanno perduto tutto come noi e non maledicono che la sorte! E tu, per troppo amore, invece di pensare a consolarci, mi tocchi la mia Venezia! (un moto di Antonio) Ma anche chi ve comanda xè vinizian... e co se dise Venezia, mi no fasso distinzion... per mi Venezia la xè la mare cara e benedeta... di cui no se recorda che l'amor, la gloria, i benefizi... E bel e abandonà... bel e ridoto a non aver più speranza de poderla riveder (con uno schianto) mai più!...

da Venezia lontan do mila mia,

no passa di che no me vegna in mente...

el linguagio... e i costumi de la gente...

el dolse nome de la patria mia!

(Soffocato dalla emozione, si butta al collo di Antonio, mentre tutti gli altri gli si accostano commossi, e cala il sipario)

Fine dell'intermezzo.

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