La quartadecima giornata dell’Agricoltura aggiunta

Di M. Agostino Gallo,

Nella quale si tratta de gli Asini, & de’ Muli.

Non volendo mancare M. Vincenzo Maggio di condurre à fine i ragionamenti pertinenti all’Agricoltura, & à i beneficii della Villa con M. Giovan Battista Avogadro, ritornò dopo desinare il quartodecimo giorno à lui, e lo trovo nella capelletta dell’horto in compagnia di M. Calisto Paradiso. Quivi salutatosi cortesemente l’un l’altro, & posti à sedere; trattennero un pezzo in ragionamenti piacevoli, fin che in ultimo parendo à M. Vincenzo d’entrare à trattar di quello, per loquale vi era venuto; cosi cominciò à dire.

Si come hieri fù parlato lungamente intorno à i cavalli, essendovi M. Lodovico Barignano; cosi, quando piacesse à voi Signori, mi sarebbe grato, che hoggi si ragionasse de gli Asini, & de’ Muli; animali certamente non meno necessarii di tutti gli altri all’Agricoltura.

Gio. Bat. Tanto più mi piace che si parli di questo che dite, quanto che vi si ritrova M. Calisto. Il quale essendo state in diverse Provincie nella sua gioventù, per imparar che cosa è il viver del mondo, & poi dilettatosi già più anni dell’Agricoltura, siamo sicuri che non mancherà di chiarirci di quelle cose, che li domanderemo in questa professione.

Cal. Veramente, che voi Signori havete ogni libertà nel commandarmi di quanto vi piace, ma ben mi doglio che io non sia quale veggo che mi stimate.

Vinc. Non accade che voi diciate questo; percioche è molto noto il valor vostro à tutta la Patria. Et però sarete contento di ragionarci primamente della sorte dell’Asino, che ci ricerca far buona razza di Asini, & di Muli, & di qual’età egli debbe essere.

Cal. Dapoi che voi volete, che io vi dica il parer mio, & di quanto ne ho veduti, son contento non mancarvi, per quello che posso. Però dico, che l’Asino non vuol’essere di più di dieci anni, ne manco di tre: percioche, fuori di questo tempo, non sarebbe à proposito per montare l’Asina, & meno la cavalla: Et questo bisogna che sia scielto grande, ben quadrato di membra, & ben qualificato di testa, di faccia, di mascelle, di labbra, di orecchie, & poi che habbia gli occhi non piccioli, le narici larghe, il collo non corto, il petto ampio, le spalle alte, & le parti di sotto grosse, carnose, robuste, & tra loro assai distinte. Similmente il dosso vole esser grande, la schiena larga, i fianchi levati, il ventre non gonfio, le coste non strette, le coscie eguali, i testicoli grossi; le groppe piane, & la coda corta.

Gio. Bat. Voi havete formato questo Asino di tal maniera, che quando ne havesse uno di tali fattezze, io credo, che non mi sarebbe men caro della mia Chinea learda. Et più dico, che se l’Asino in che fù convertito il misero Apuleio fosse stato simile; egli non havrebbe havuto tanto discara quella sua metamorfosi; poiche si bello, & si ben proportionato l’havete descritto.

Cal. Lodasi poi quell’Asino, che ha il pelo liscio, molle, & che si approssima al color morello, havendo una macchia nera nella fronte, ò più tosto per tutta la persona. Et per contrario sono giudicati per li più vili di tutti, quelli Asini che hanno il mantello somigliante alla cenere, come per lo più sogliono esser in questo paese, & massimamente quelli, che sono di forma picciola.

Vinc. Da qual tempo dell’anno si debbe dare l’Asino alle Asine per generar figliuoli, over’alle cavalle per partorir’i Muli, ò le Mule?

Cal. Il proprio del far montare l’Asino, è dall’Equinotio di Marzo, fin’al solstitio di Giugno; percioche portando le Asine undici mesi, come fanno anco le cavalle; partoriscono i poledri nel tempo che le herbe sono in perfettione, & non ne gli altri mesi incommodi nel pascere, per abondar del latte.

Vinc. Quanto tempo allattano le Asine i loro figliuoli.

Cal. Considerando che le madri, per l’ordinario, hanno gran cura per dui anni di allattare i loro poledri, & farli pascere, però stà bene, che per questo tempo siano lasciati appresso di loro; ma come sono passati i detti dui anni, è cosa necessaria levarli, & ponerli ne i pascoli dove stanno gli altri poledri à pascere, fin che hanno compiuti tre anni, conciosia che hanno l’età di farli portar le some, & tirar con le spalle gli aratri, i carri, & gli altri stromenti, & anco di esser cavalcati da ciascuno.

Gio. Bat. Vorrei saper da voi, che ordine si habbia à tener’in adoprar questi animali, come hanno compiuto il detto tempo; & per quanti modi sono buoni per beneficiare gli huomini.

Cal. Perche gli Asini sono cosi utili, come si vede, è da credere, che non vi sia Provincia, che non ne habbia in gran quantità; & per questo non vi posso divisare come sono tenuti universalmente, poiche ciascuno Paese osserva quel tanto, che li porta maggiore utilità. Ma io vi dirò solamente alcuni ordini, che si osservano nel Bresciano; cominciando da quello che fanno i pecorari; i quali ne tengono cosi de’ piccioli, come de’ grandi; non tenendo mai cavalli, ò Muli; percioche fanno di giorno in giorno poco viaggio, per pascer le loro pecore di campo in campo, di sito in sito, & di terra in terra secondo le contrade, & i paesi che trovano. Et però fanno molto bene à tener solamente de gli Asini; atteso che non molestano mai le pecore, come sarebbono i Cavalli, & i Muli; dando loro hora de’ calci, & hora de’ morsi; ma stanno sempre con esse pacifichi, & mangiano insieme li strami, & le herbe: andando di compagnia per le vie, per li campi, per li prati, per li colli, per li monti, per li boschi, per le costiere, per le valli, & per le campagne, come se fussero d’una istessa natura: stando quasi tutto il giorno carichi delle massaritie che vi bisognano per far’il latte, overo della farina di miglio necessaria per far due volte al giorno la polenta al modo del loro vivere.

I vaccari similmente tengono de gli Asini alquanto più grandi de i pecorari, per condurre i loro formaggi, i butiri, & le ricotte nelle città, & ne gli altri luoghi per vendere; & anco quando conducono le vacche à pascere ne i monti (mentre che fà gran caldo) per menar con loro la vittovaglia necessaria, i vasi di rame, & di legno che bisognano fare i formaggi, & le altre cose che cavano dal latte. Oltra che tenendo di questi animali, hanno questo beneficio, che le vacche stanno sane, poiche non vien loro il male pernicioso della polmonera.

Molti Agricoltori medesimamente si servono di questi Asini nell’arare, & nell’erpicare i campi, & anco nel farli tirare i carri, & le carrette cariche di biade, ò di vini, ò di fieni, overo di legne: le quali sono portate da un luogo all’altro, & per venderle nelle città, & in altre terre.

I vetturali parimente, che tengono i dieci, i vinti, & trenta Asini per servire à danari à qual si voglia persona, nel condurli alle città; & in altri luoghi molte cose secondo che occorre di tempo in tempo, vivono di questo guadagno con la loro famiglia, & mantengono questi animali con minor spesa assai, di quel che spendono nel pascere i Cavalli, & i Muli. Ben’è vero, che non mancano di quanto bisogna fare per conto del lor vivere necessario, & d’ogn’altracosa, secondo che porta la lor conditione: benche non vi vuole molta fattura; poi che sono animali molto gagliardi, & molto robusti, i quali non ricercano quella politezza, ò delicatezza nel vivere, & nell’esser tenuti ben netti, & bene adobbati di fornimenti, come vogliono, per l’ordinario, i Cavalli, & anco i Muli, & ciò tuttodì si vede, che non solamente vivono di cose salvatiche, di sermenti, di bruschi, & d’altre pasture abominevoli à gli altri animali quadrupedi: ma il più delle volte ancora, portano le some sopra la schiena nuda senza cinghie per lunghi viaggi, di sedici, & di diciotto pesi l’una, come fanno i Cavalli, e i Muli sopra i loro basti ben cinghiati: e nel vero caminano con tanta destrezza, che paiono quelle some ben legate, tanto vanno dritte, senza muoversi punto per cagione del pendere piu da un lato, che dall’altro, per cadere in terra.

Vinc. Dapoi che dite del cadere in terra, confesso che come giovane haver cavalcato, per burla, questi animali, & cadendo in terra, havere sentito maggior dolore, che facessi mai da’ grandi cavalli.

Cal. Che diremo poi di tanti poveri romiti, frati, & preti, che cavalcano questi animali humili (che sono la maggior parte piccioli) per molti paesi piani, & montani, i quali sono molte volte carichi talmente di bisaccie, che con l’huomo insieme, pesano due, e tre volte piu, che non pesano i meschini Asinelli di uno in uno: & nondimeno caminano gagliardamente per li fanghi, & per li sassi, come si fossero tanti Elefanti? Nè la sera fanno loro altro, eccetto che cavarli i basti: & essi come si sono voltati nella polvere benissimo, secondo la loro contentezza, vanno di lungo à beverarsi, & poi à mangiare di quel buono, ò cattivo, che primamente trovano. Che se per caso vien dato loro un poco di pane di melica, ò di miglio, ò qualche misuretta di semola, pare à loro di trionfare più, che non fanno i gran corsieri, che mangiano due volte il giorno le copiose prevende d’orzo, ò d’altre buone biade: percioche essi non ricercano d’havere cosa alcuna da vivere, fuori che quel tanto, che parcamente fa loro bisogno di giorno in giorno.

Non sono similmente da esser taciuti non tanto molti poveri, che cercano tutto il paese con questi Asini mansueti, per molti luoghi pii: ma ancora assai Monache povere, che non tengono animali d’altra sorte, per condurre à i loro monasteri le limosine, che vengono loro fatte di grani diversi, di lini, di vini, di olii, di castagne, & di altre cose, che accettano per amor di Dio. Là onde possiamo concludere, che questi animali sono talmente patienti, & pronti nel servire di continuo huomini, & donne: poveri, & ricchi: grandi, & piccioli: savi, & pazzi: religiosi, & laici: christiani, & peccatori, che non bramano mai altro, ch’essere amati da tutti; servendo sempre senza alcuna contraditione, come le loro opere cosi utili ne fanno buona testimonianza. Non mostrandosi mai vaghi di ricchi vestimenti, ne d’altre vanità; ma solamente delli bastirelli di paglia, coperti della più grossa tela che si faccia; havendo il più delle volte le semplici cavezze di corda, & i piedi senza ferri; & se pure sono ferrati i piedi dinanzi, pochissime volte sono ferrati quelli didietro; di maniera, che possiamo dire, che questo è qualche cosa, stando che i cavalli sono di costo assai, bisognandoli ferrare tante volte l’anno, & questi poveri Asini, non solo non si ferrano, se non rare volte; ma se pure son ferrati, sono anco di poca spesa, perche i loro ferri durano assai, caminando essi leggiermente; senza che vi vogliono pochi danari à pagarli; poiche sono di manco spesa quattro ferri di questi, che non è molte volte un sol ferro d’un cavallo.

Gio. Bat. Considerando adunque che le qualità de gli Asini sono cosi buone, & cosi utili à gli huomini più de gli altri animali, ma che adoperiamo, per qual cagione il mondo non gli hà in maggior prezzo, di quel che ha?

Cal. Non è dubbio alcuno, che se consideriamo le false opinioni di noi mortali, non ci maraviglieressimo del Volgo, il quale biasima sempre le cose lodevoli, & le utili, & accetta quelle sole che sono di maggior spesa, & di più fatica; ma habbiamo cagione di stupirci di molti che sono havuti per huomini sapienti; I quali vinti solamente dalla pura ambitione, comprano cavalli di gran prezzo, per tenerli poi con grande spesa del vestire, del polire, & del vivere con perfetti fieni, & con altre pasture di costo assai: non avedendosi, che molte fiate con poca infirmità muoiono, ò rimangono talmente stroppiati, che di cinquantine di scudi, ò di centinara che costano, finalmente non ne cavano un paio. Che se questi ciechi lasciassero le loro vanità, & pigliassero gli Asini che costano pochi danari, & vanno benissimo, non solo li terrebbono con poca spesa del vivere, del vestire, & della servitù: ma ancora non li verrebbe la millesima parte delle infirmità, che vengono si facilmente à i morbidi cavalli. Che certamente egli è pur gran pazzia di quello huomo, che può star bene accommodato col poco spendere; & non vuole risparmiare i danari nelle superfluità, per potersene poi valer nelle cose utili, & honorate; ma li getta miseramente in diverse pazzie; & specialmente li cavalli, non già per andar alle guerre licite (nelle quali sono sempre necessarie cosi fatte spese) ma solo per semplice vanità; sapendo chiaramente, che sono di tanta fragilità, di tanta servitù, di tanta spesa, & colmi d’infiniti pericoli: come spesse volte si vede in coloro che li cavalcano. I quali nel far correre, ò saltare, overo atteggiare i lor cavalli, assai volte sono stati ammazzati da essi, ò con calci, ò col rompersi il collo l’un l’altro insieme. Cose che nel vero non avengono à coloro, che cavalcano gli Asini, per non esser furiosi, ma quieti, & che servono à gli huomini quanto porta il bisogno intorno alle commodità, alle necessità, & alle utilità. Percioche essendo talmente mansueti, si lasciano cavalcare, ò con sella, ò con basto, ò con qualche coperta, overo senza cosa alcuna: havendo hora la briglia, o la sola cavezza, & anco molte fiate senza queste cose; lasciandosi il più delle volte guidare senza speroni, ma solamente con la semplice verga. Et oltra che non occorre fare à questi animali i superbi fornimenti, che si fanno à gl’infiniti cavalli con oro, con seta, ò con acciaio (che costano molti danari) non vi bisogna ne anche gran servitù nel tenerli bene strigliati, & bene lisciati più volte al giorno, nè meno si convien dar loro i delicati grani, che si danno con tanta spesa à i cavalli; anzi che si contentano di pascere ogni sorte d’herba, e di mangiare qual si voglia paglia, ò panicali, ò favali, ò fasolari, & altri strami diversi; onde havendo qualche volta un poco di fieno, ò di semola, par loro di trionfar benissimo. Che se per ventura havessero la decima parte de’ benefici, che hanno infiniti cavalli, non è dubbio alcuno, che sarebbono maggiormente belli, & più, ancorche di fortezza avanzino (à tanto per tanto) non solamente quanti cavalli si trovano; ma ancora tutti i Muli, i quali sono tenuti molto potenti, per esser figliuoli di essi: ma perche sono allattati dalle cavalle che sono loro madri, però participano della lor natura, la quale è inferiore di fortezza à quella dell’Asina, che partorisce, & allatta i suoi asinelli.

Vinc. O quanto sarebbono molto felici gli Asini, se fussero ben pasciuti, & ben governati al modo, che sono infiniti cavalli, i quali sono in grandissimo prezzo, & non già per virtù che siano in loro (poi che sono di poco valore) ma solamente perche sono tenuti ben grassi, ben biondi, & vestiti talmente di fornimenti maravigliosì, che paiono in vista de i più eccellenti cavalli, che si trovino, benche siano inferiori assai di quelli, che meritamente sono degni di essere stimati, & lodati. Che se questi Asini male aventurati, fossero apprezzati da alcuni Prencipi, e trattati ne i medesimi modi, che ho detto de’ grandi cavalli, & similmente ancora vestiti di ricchissimi fornimenti: non è dubbio alcuno, che non tanto comparirebbono al mondo per begli animali, commodi, destri, & honorevoli: ma ancora sarebbono maggiormente cari ad una moltitudine di huomini, che non hanno cognitione della commodità che rendono nel cavalcarli, ne anco del lungo andare che fanno; come ne conosco alcuni tenuti da persone nobili, i quali fanno i cinque, & sei miglia l’hora con tanta soavità, che pare che non facciano la metà del viaggio, che per certo fanno con effetto.

Gio. Bat. Veramente, che voi havete esplicato quello ch’è noto à quanti hanno giuditio; ma tutto stà, che qualche Personaggio della nostra Patria, ò più tosto un gran Principe cominciasse ad essaltare questi cosi rari animali; poiche i suoi sudditi l’imitarebbono, sapendo che li farebbono cosa grata; ma accaderebbe ancora quello che occorse all’Eccellentissimo Duca d’Urbino Francesco Maria di felice memoria. Il quale, habitando in Brescia, come capitanio generale de’ nostri Illustrissimi Signori nell’anno 1526, & havendo dato principio à portare un capello in testa di bella paglia, subito tutti i suoi Gentil’huomini, che mai non n’havevano portato, anzi che si sarebbono vergognati di porsene di sorte alcuna in capo, cominciarono à portarne di tal maniera, che mai in tutta Italia non si è cessato.

Cal. Certo è, che questi Asini potrebbono essere magnificati si grandemente da tal Principe, che non tanto sarebbono adoperati honoratissimamente da molti gran Signori; ma ancora da molti prelati, & da Cardinali si solennemente, che abbandonarebbono le Mule di cosi gran spesa; poiche parimente imitarebbono nostro Signore: Il quale non fu veduto mai cavalcare cavalli, ò Mule, ma solamente la natura humile dell’Asina, & del poledro: Che in vero se non fusse mai per altro, che per imitar la infinita Sapientia dal figliuolo di Dio, ciascuno dovrebbe tenere solo simili animali, & lasciare i cavalli, & le Mule, che sono di tanto costo, & che pericolano facilmente per cagione delle loro infirmità infinite, che gli amazzano in poco tempo. Oltra che molti huomini periscono diversamente per cavalcarli, & per nodrirli; cosa che non occorre à coloro, che si servono di questi cosi quieti, & cosi utili Asini: Da quali, per certo, non si sente mai, che alcun’huomo sia stato amazzato, ò stroppiato, ne morsicato, & n’anco percosso co i calci. Che certamente, se non fusse mai se non per nostra salute, si doverebbono estinguer le razze de’ cavalli, & de’ Muli, per essere la destruttione del genere humano, & delle facultà molte volte, essendo di tanta spesa, & di tanti pericoli. La onde dobbiamo credere, che vedendo nostro Signore di quanto male erano all’huomo questi animali cosi feroci, non li volse in soccorso suo, quando nacque nell’humilissimo luogo del Presepio; ma solamente accettò il benedetto Asino, & il Bue, come animali molto grati, & necessarii à noi mortali; conciosia che di continuo ce ne serviamo in tutte le faccende, che occorrono nell’Agricoltura. Inoltre, sì come ci serviamo del Bue in molte cose delIa sua fortezza, & del mangiare la sua carne, & anco della sua pelle in molti modi; cosi ci serviamo dell’Asino in tante, e tante cose, che vi ho detto, ma anco della sua carne, mentre che egli è giovanetto (come in più paesi fuori d’Italia è mangiata) & anco della sua pelle nel fare diverse sorti di crivelli necessarii, & di tamburi che si adoperano nella militia, & nel sonare quando si balla, & si atteggia al suono di essi: Senza che ci serviamo di più cose del corpo suo, per sanarci di molte infermità, come sono ottime le unghie loro à diversi mali, & specialmente quella dell’Asino salvatico, la quale à portarla legata in modo tale nell’anello, che possa toccare la carne, ci sana della vertigine, che viene per debolezza del cervello.

Che diremo poi delle virtù, che si trovano nel latte delicato delle Asine? ilquale non solamente bevendolo, sana gli huomini tisici, ò che sono molto deboli, ò velenati, overo che hanno i dolori della gotta, & d’altre infermità conosciute per prattica da gli eccellenti Medici: ma ancora ingrassa, e tien bianca, & molle la carne delle donne, che se ne lavano: Come si legge di Poppea moglie di Nerone Imperatore, laquale haveva cinquecento Asine, che havevano partorito in diversi luoghi, dove ella andava da Imperatrice à suoi piaceri, accioche havesse sempremai copia di latte fresco, per potersi lavare la faccia, & tutto il corpo, e per beverne ogni giorno come cibo delicato: poi che teneva ordinariamente bianchissima la sua carne, e molto morbida.

Gio. Bat. Dapoi che voi ragionate delle buone qualità, che si veggono nell’Asino, vorrei saper della maggiore. Donde viene, che questi animali sono sempre cosi humili, che per natura non fanno resistenza alcuna quando sono troppo caricati, ò troppo cacciati, ò molto battuti?

Et per contrario vediamo molti cavalli, & muli, che in simili effetti, mordeno, ò tirano di calci, overo che fuggono, ò non si fermano mai, sin che non hanno gittato à terra ogni soma posta loro adosso.

Cal. Io credo che’l Sig. Iddio li dotasse di questa special virtù degnamente, per haverli anco creati fra tutti i quadrupedi soli senza fele. Et però, si come l’unigenito figliuol suo, e Redentor nostro, volse nascere appresso à un’Asino, & che la intemerata Madre sua lo cavalcasse poi fuggendolo da Erode in Egitto: cosi fece che Abraamo se ne servisse nel sacrificio, che egli pensava di fare del suo diletto figliuolo Isaac, per comandamento di Dio padre: Onde, benche l’Asino fosse stato creato nel dì medesimo che furono creati tutti gli altri animali quadrupedi; nondimeno non si trova nella sacra Scrittura, che fosse mai nominato innanzi à questo sacrificio, ilquale fu figura di quel vero, che Nostro Signore doveva fare sopra la santissima Croce, per la redentione nostra.

Poi, oltra che molte persone sante del Testamento vecchio cavalcavano gli Asini per l’ordinario, li cavalcarono ancora gli huomini grandi; come si legge di Achitofello personaggio grande appresso al Rè Davide; di Mifibosetto figliuolo del Rè Saulo; de figliuoli di Galadite ch’erano Signori di trenta città. Senza che potrei dire di molti altri huomini, & di donne grandi pur del Testamento vecchio, che facevano il medesimo per honorevolezza.

Lasciando poi da canto che Iobbe havesse cinquecento Asine; Marco Varrone testifica con altri autori, che i Romani (per parlar de’ gentili) hebbero sempre per gran richezza la moltitudine de gli Asini, & loda l’Arcadia, & il paese di Rieti, con molte altre città, & paesi che ne erano copiosissimi: Oltra che narra, che al suo tempo, non solamente fu venduto un’Asino sessanta sestertii (che secondo il Budeo, & altri Autori moderni erano mille cinquecento scudi d’oro) ma ancora che quattro furono venduti tanto, che non l’oso dire, per esser prezzo, che ha dell’incredibile. Per il che non ci debbiamo maravigliare, se per la grande stima ch’era fatta anticamente dell’Asino; quelli Idolatri lo consecrarono à Bacco per lo più degno animale, di quanti furon mai creati: Et non contenti di questo si grand’honore, per magnificarlo maggiormente, lo posero in Cielo, come si vede per due stelle nel cancro, chiamate Asinelle; di che ne parla largamente Lattantio Firmiano, ma però per modo di favola.

Gio. Bat. Veramente che l’Asino è meritevole (come animale brutto) di qual si voglia honore; percioche non habbiamo animali, de’ quali ci serviamo che siano cosi gagliardi, cosi commodi, & cosi utili al paro di lui. Ilquale non pure à i tempi nostri costa poco à comprarlo, & à pascerlo; ma ancora non richiede tanta servitù per tenerlo polito, & per governarlo, quanta si fà à i cavalli, & alle Mule, che solennemente cavalcano gli huomini grandi, percioche è più atta una semplice donna à governare dodici Asini, che non sono vinti huomini à governare quaranta cavalli, & Muli di rispetto.

Cal. Non è dubbio, che questo animale è di bassa natura, per esser cosi humile, cosi mansueto, & cosi semplice; poiche massimamente non nuoce ad alcuno, & giova à tutti nel servirli secondo che à loro piace; nondimeno, stando molte cose antiche degne di grand’honore, & anco di molte moderne, che lo dichiarano di qualche stima; non si può negare, che in più paesi d’Italia, si vende un bell’Asino grande, quaranta, cinquanta, & più scudi d’oro; senza che in altre Provincie si paga assai più; come ne i tempi presenti si fà specialmente à Siviglia città di Spagna, & porto del mondo nuovo; che per verità si pagano i belli settanta, ottanta, & cento scudi per mandarli al Perù, & al Mesico. I quali da quei populi sono pagati per ogni prezzo; servendosene per stalloni nel generar le Mule, che escono le più belle, e le migliori che la natura possa fare.

Gio. Bat. In Persia provincia molto grande, benche vi siano cavalli bellissimi di gran valuta, vi sono anco Asini i più belli, & maggiori del mondo, & di maggior prezzo di essi. I quali, oltra che mangiano più poco, & portano maggiori some, sono anco più veloci nell’andare, & maggiormente nel correre. Et per queste cose, i mercanti di quelle parti, li pigliano ad ogni prezzo, per passar’i gran deserti, & i luoghi arenosi, che non producono herbe, ne acque di sorte alcuna: Onde bisognando far lunghe giornate, sofferiscono tali incommodi, che mai non potrebbono fare quei cavalli.

Cal. Ma che bisogna dir di quegli Asini, poiche à i nostri tempi, essendo qui Podestà il clarissimo Signor Catarino Zeno, per solennità cavalcava un bellissimo Asino di Persia ordinariamente per la città, essendo accompagnato (come sempre si fà) da molti gentil’huomini primati con cavalli di gran prezzo. Il quale non solamente era di mantello baio chiaro, che riluceva; ma lo teneva talmente ben fornito alla Persiana, che tutto il populo l’ammirava con maggior maraviglia, che se fusse stato qual si voglia cavallo gianetto, ò d’altra razza rarissima. Et questo Illustrissimo Signore non l’havrebbe dato per danari; si perche era maraviglioso di bellezza, di piacevolezza, & di honesta grandezza; & si anco, perche haveva un’andare lungo, & di tanta soavità, che li pareva esser portato da dui Muli in lettica.

Vinc. Molti huomini biasimano gli Asini, perche hanno tutti le orecchie più grandi de gli altri animali; & anco perche la maggior parte sono piccioli, & beretini.

Cal. A queste tre cose, facilmente si può provedere senza alcun danno de gli Asini. Prima che le orecchie siano troppo grandi, si possono non pure farle della medesima forma che sono quelle de’ Muli; ma ancora più picciole quanto si vogliono; come ben ne ho veduti alcuni, che le hanno troncate al modo di cavalli bertoni: Si che si possono tagliare facilmente in ogni forma; come vi sono alcuni Maliscalchi, che le acconciano talmente bene con le forbici, che ancho guariscono in pochi giorni, per non esservi altro che carne nervosa, laquale è anco senza alcune vene.

Quanto poi all’essere la maggior parte piccioli, & beretini dico che questo è colpa di coloro, che pigliano simile stature di Asini, quando li fanno montare, non curandosi che i figliuoli eschino grandi, ò piccioli; & meno che sia più tosto neri, che beretini. Che se pigliassero i maschi, & le femine di belle qualità, nascerebbono ancora i loro figliuoli alla bella similitudine loro. Ma perche in questi paesi sono genti assai che sono povere, lequali se ne servono in diversi modi, & li lasciano montare di giorno in giorno secondo le loro voglie; però non è maraviglia se non si trovano se non pochissimi che siano veramente belli. Nondimeno io spero che non passera molto tempo, che i Nobili non meno ristaureranno le razze distrutte de gli Asini, di quel che hanno fatto da cinquanta anni in poi l’Agricoltura, la quale fù talmente in fracasso per molti centinara d’anni dalla barbarica natione di Gotti, che mai non è stata ridutta al grado, dove hora si trova, se non nelle età de gli huomini moderni. Si che gli Asini non ritorneranno mai nella riputatione, che erano al tempo de’ Romani, fin che i Nobili di questi tempi, non gli accettano in prottetione, & fare scielta de’ più belli stalloni, & delle più belle Asine, che si trovino, per rinovar le razze, nella medesima bellezza che erano à quei felici tempi.

Gio. Bat. Non è dubbio alcuno, che quando si vedran le razze nel modo che dite, che produrrano di tal bellezza gli Asini, che all’hora non si dirà che le lor’orecchie sono troppo lunghe; anzi che si haveranno per ornamento, & per chiarezza della loro virtù, come massimamente per quelle che fanno conoscer la intelligentia, che essi hanno quando il tempo duro, è per mutarsi in pioggia; percioche all’hora se le piegano con tal maniera verso il collo, che paiono esservi incollate. Come si vide sotto à Pandolfo Malatesta, che fù Signor di Brescia per pochi giorni; che havendoli mandato à donare un certo Cittadino che habitava in Ghedi, alcuni bellissimi frutti in dui sportoni sopra un’Asino, per lo suo Giardiniero; fù pregato che lo facesse espedire per la pioggia; che haveva da venire; & vedendo il bel sereno, chiamò un suo Astrologo, ilquale rispose, chc non haveva da piovere, sin’à certi giorni della Luna; onde licentiato che fù, non passo tre hore, che giunse una grandissima pioggia; per laquale maravigliandosi, lo fece venir’à se il di seguente; & domandatoli, donde haveva havuto questo secreto; disse che l’Asino glie l’haveva mostrate portandole orecchie di dietro molto basse per spatio assai del viaggio. La onde, non solamente il detto Signore mandò via l’Astrologo come ignorante, ma provisionò il Villano appresso di se con l’Asino ben’intendente.

Ragionamento intorno alla natura de’ Muli.

Vinc. Dapoi che largamente habbiamo finito il parlare de gli Asini, mi piacerà che voi M. Calisto cominciate à ragionare sopra alla natura de’ Muli, poiche sò che non havete da dire tante cose, quanto si è fatto de gli Asini, da i quali essi nascono, ò discendono.

Cal. Lascierò da parte le operationi diverse, che alcuni antichi Autori dicono intorno al tempo, che hebbe principio il Mulo; cioè se fù concetto à caso, montando l’Asino per forza adosso alla cavalla, ò se furono i custodi che facessero questo à posta, per veder che cosa ne dovesse succedere; si come ancora alcuni che hanno fatto montare un cavallo sopra l’Asina; ma si sono chiariti, che questo parto chiamato da gli antichi hinno, è stato inferiore assai à gli altri Muli generati dall’Asino, & partoriti dalla cavalla. Et però non è maraviglia se questo si osserva in tutte le Provincie dove sene tengono con l’ordine di diverse razze.

Parlaremo adunque del Mulo, che participa della natura dell’Asino, & della cavalla; come ben vediamo quanto egli assomiglia di fortezza al padre, & di statura alla madre; poiche è più largo di petto, di schiena, di groppa, & più grosso di collo di gamba, & di tutti gli ossi che non hà l’Asino. Oltra, che egli tiene dell’una, & dell’altra specie circa alle orecchie; percioche non le ha cosi lunghe come hà l’Asino, ne cosi corte come ha la cavalla; allaquale assomiglia in tutto à gli occhi tondi, & rilevati, & non all’Asino, che gli ha dissimili.

Vinc. Come vogliono esser l’Asino, & la cavalla che habbiano da generare, e da partorir questa specie di Muli maschi, ò delle Mule femine?

Cal. L’Asino non debbe esser di meno di tre anni, ne di più di dieci; & vuole esser di persona grosso, grande, ben fatto, & più tosto di color morello scuro, ò ben nero, che d’ogni altra sorte di pelo, accioche i figliuoli nascano con quel mantello; percioche quanto più questi animali sono neri, & ben fatti, tanto più sono apprezzati da tutti. Vero è che quei pochi, che si trovano di pelo leardo, & massimamente ritrovandosi rotato, che sono ancor’in maggiore stima di tutti gli altri belli.

Venendo poi alle qualità della cavalla, non solamente è bene che anche ella sia di colore ben nero, ò ben learda, & giovane da i quattro anni sin’à i dieci; ma ancora che sia più tosto grande; che picciola, & di persona ben qualificata. Percioche, essendo tutti dui delle sorti dette, è quasi impossibile, che non producano bei poledri. Et però non è maraviglia se in Italia nascono molti animali piccioli, & molto difformi intorno alla persona, & à i mantelli. Che se vi fosse osservato quello che vien fatto con grandissima diligenza in tutta la Spagna per strettissimo commandamento di quel Catolico Rè, non è dubbio alcuno, che una grandissima quantità di Muli, & di Mule si vedrebbono di tanta bellezza, & bontà, che quelle di Spagna non sarebbono di tanto prezzo, che si trovano sempre, per esser singolari, fra le altre, di tutta la Europa.

Vinc. Da qual tempo dell’anno si debbe dare l’Asìno alle cavalle, per generare questi Muli, ò Mule?

Cal. Il fior dell’anno è dall’equinottio di Marzo sin’al solstitio di Giugno; percioche, portando le cavalle undeci mesi (che cosi comunemente è tenuto) partoriscono i poledri nel tempo che le herbe sono in perfettione, per abondarle il latte. Ma sappiate che non possono lasciarsi tettare da i mulettini come passano sei mesi, per lo dolore che sentono alle poppe: benche à i cavallini comportano più lungo tenpo. Et per questa causa bisogna mandarli con le madri di continuo, per avezzarli al pascere, accioche come li negano il latte, sappiano mangiar bene le herbe.

Gio. Bat. Adunque è bene che si mandino in monte queste cavalle co i lor muletti, poi che essi non temeranno cosi il ritirarli il latte, & diverranno più gagliardi di persona; per la qual fortezza, mangieranno anco meglio, & più per tempo si potranno usare alle fatiche; intertenendoli però sin c’havranno compiuti tre anni: perche allhora si potranno cavalcare, ò far tirare, over far portare alcune some: ma sempre con discretione, sin che entraranno ne i quattro anni. Perche in quel tempo, sicuramente si potranno affaticare in qualunche sorte, dove siano habili.

Cal. Non vi è dubbio, che i Muli sono più à proposito delle Mule, per andare in lunghi viaggi caricati di diverse merci; come vediamo spesse volte, molti conduttori che passano per le montagne, dalla Italia in Francia, in Fiandra, & in Germania; portandoci parimente con questi animali da quelle provincie, tante mercantie, che non si possono giudicare. Oltra che sono commodissimi in qualunque sorte di viaggio, per portare in lettica ogni gran Prelato, ò Prencipe, che sia cosi ammalato, quanto sano: Come veramente sono sempre destri, andando per strade fangose, pietrose, & non meno per colli, & per monti sicurissimi tanto nel discendere, quanto nell’ascendere; vedendo che rarissime volte pongono i piedi in fallo, fuor che quando la terra non venisse lor meno sotto, ò che alcuni ponti si rompessero, ò in tutto non cadessero al basso.

Poi, sì come le belle Mule sono apprezzate molto da’ gran Prelati, da’ prudenti Senatori, da gli eccellenti Dottori, & da’ provisionati Lettori: cosi le dozinali sono comperate da gli huomini di montagna, per condur delle legne, de’ carboni, delle minere, & delle ferrarezze diverse; come vediamo, che per tutte le terre delle nostre valli, & de’ monti, non si adoperano Asini, ne Cavalli, ne Muli, ma solo delle Mule di varie sorti quanto alla grandezza, alla fatezza, & à i mantelli; lequali non pure sono la maggior parte baie, grise, ò dugeline, cioè del colore de gli Asini bigi, ò beretini; ma ancora hanno tutte le code lunghe, accioche al tempo della state, possano scacciare da se le mosche. Oltra che di queste medesime sorti, sono adoperate in alcuni paesi à coltivare i loro campi, & non i Muli; & cosi in cambio de’ cavalli, tutta la Lombardia adopera solamente le cavalle; percioche i Villani conoscono, che dell’una, & dell’altra specie, generalmente sono stimati più di prezzo i maschi, che le femine; & nondimeno trovano che queste sono di manco rispetto, & sono più disciplinabili nella coltivatione, & nelle altre fattioni. E ben vero che i maschi vivono pur’assai anni di più che non fanno le femine. Come racconta Hierocle Tarentino, che volendo gli Atheniesi edificar’un tempio à Giove; commandarono per lo contado, che conducessero tutti i Somieri alla città, fra i quali vi fù condotto da un Villano un suo Mulo di ottant’anni; onde il popolo, per honorare la sua vecchiezza, deliberò che senza che fusse affaticato, caminasse avanti à tutti gli altri giumenti, che conducevano le pietre, & le altre cose per essa fabrica: e che nessuno venditore d’orzo, ò d’altri grani, lo scacciasse quando ne mangiava.

Vinc. Vorrei saper da voi, se le fatezze della Mula vogliono essere simili à quelle del Mulo, ò se debbono essere d’alta forma?

Cal. Non è dubbio che la statuta della Mula bella, bisogna che assomigli al granchio: cioè, ch’ella sia grossa & tonda di corpo, di gambe sottili & di piedi piccioli, di groppa, larga, & piana, di petto molle & ampio, di collo lungo & arcato, & di testa asciutta & picciola. Et per contrario il Mulo debbe haver le gambe grosse, & tonde, il corpo ristretto & sodo, & la groppa che penda verso la coda.

Vinc. Ancora vorrei sapere la cagione, perche le Mule non partoriscono, come fanno le altre giumente.

Cal. Tutti gli animali irrationali generati da due specie, sono dette da gli antichi mostri: I quali non partoriscono mai, se non per qualche caso strano: come vien tenuto per prodigio infelice quando in lungo tempo si vede che una Mula partorisce. Et à questo proposito, voi dovreste ricordarvi, che vi dissi l’ottavo giorno, che della terza sorte delle anitre nate da maschio indiano, & da femina paesana, benche facciano de gli ovi assai, non escono però mai fuori alcuni anitrini.

Vinc. Certo è, che questi animali sarebbono amati da tutti, poiche sono molto gagliardi, di manco spesa de’ Cavalli, & che hanno altre proprietà buone; ma in fatti sono troppo sinistri nel trarre de’ calci per ogni poca cosa, & molte volte per propria bizarria; di maniera, che per proverbio si dice. Il Mulo serba trent’anni il calcio al patrone, & poi finalmente l’amazza.

Cal. Plinio dice, che si lieva quello difetto à i Muli, & alle Mule, col dar loro da bevere spesse volte del vino. Et Belbeto parimente dice, che si cacciano tutti i topi, ò sorzi dalla casa, pigliando le unghie di questi animali, & ponendole sopra un vaso c’habbia delle bragie; perche abbruciandosi, come sentono l’odore di quel fumo, l’hanno talmente in abominatione, che subito fuggono di lontano: Ilche mi confermò in Venetia haver veduto il famoso medico M. Francesco Massa alla sua Villa in un granare pieno di frumento, del quale quanti ve ne furono, saltarono in sua presenza giù da una sola finestra molto alta, havendo egli chiuse le altre, & si fraccassarono il collo con tutta la vita.

Vinc. Io son contento di credere intorno allo scacciare i topi al testimonio cosi eccellente che mi nominate; ma perche dubito del cavare, il vitio del trarre i calci à quelle bestie, se ben si dà loro à bere del vino; vorrei sapere almeno, come si può mettere loro la sella senza pericolo, e ferrarli, poi che ve ne sono di quelle, che bisogna adoprar molte funi, innanzi che si possano ferrare i piedi di dietro.

Cal. Sì come à mettere la sella à questi animali strani, si piglia un piede dinanzi, & si lega alla coscia propria, accioche non possano trarre con quei di dietro, mentre che la si pone; cosi volendo ferrare il piede destro di dietro, si lega dinanzi il sinistro; & volendo ferrare il sinistro, si lega il destro pur dinanzi al modo detto. Et questo basta per adesso, poich’io ho d’andare sin’à Ghedi per vedere le mie possessioni, che non ho vedute già più settimane.

Gio. Bat. Andate con buona ventura, pregandovi che vi lasciate vedere più spesso, essendo cosi vicini di Ville, come siamo.

Vinc. Et io vi resto obligato di quanto mi siete stato cortese nelle domande che vi ho fatto.

Il fine della XIIII. giornata.

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