La quinta giornata dell’Agricoltura

Di M. Agostino Gallo,

Come si può fare un bel Giardino.

Essendo ritornato M. Vincenzo il quinto giorno nel l’hora solita dall’Avogadro, & ritrovatolo nella saletta della peschiera sotto alla colombara di mezo, dove non solo si compiaceva nel mirare per le finestre che vi erano da ogni lato, il gran pergolato, il giardino, l’horto, & i campi suoi che sono da Oriente; ma ancor’una infinità di pesci, che vagano, & guizzano tuttavia per l’acqua; onde salutatolo, & poi maravigliatosi grandemente di cosi bella prospettiva, entrò à i parlamenti soliti, dicendo.

Considerando io, che fra le cose, che nell’Agricoltura dilettano all’huomo, una delle maggiori che vi sia, sono gli albori fruttiferi, percioche non solamente le frondi loro rendono dalle amene ombro soave freschezza, i fiori diversi molta allegria, & i frutti mirabili non poca delicatezza; ma etiandio quelli sono i propri albergi d’infiniti uccelletti, i quali col lor dolcissimo gorgheggiare, ci fanno tante maravigliose musiche, che più non si può desiderare. La onde essendo cosa honoratissima, & degna d’ogni spirito gentile, & d’ogni Principe, dilettarsi di bei giardini, desidero che voi M. Giovanni Battista mi mostriate con quai modi se ne possa far’uno de’ più accommodati, che trovar si possa secondo i nostri riti.

Gio. Bat. Non vi prometto già di dire tutte le conditioni, che vi vorrebbono; ma vi mostrerò quelle che io stimo più necessarie, & che per l’ordinario si usano tra noi. Et però, chi vuol far giardino, debbe primamente considerare, che’l sito non sia paludoso, gessoso, ledoso, nè cretoso, ò non sia ben solivo; percioche gli arbori non riuscirebbono se non malamente.

Poi, essendo possibile, lo ponga appresso al casamento; si per la commodità di goderlo maggiormente, come anco perche non sarà cosi danneggiato, quanto se fusse lontano: Ponendolo etiandio più tosto à Tramontana, che à Mezodì, accioche si possa goder benissimo dalle finestre la sua vaghezza; come similmente giace quel cosi bello del nostro Gallo. Egliè ben vero, che quando fusse ancor’à Mezodì, sarebbe più solivo, ma non di cosi bella prospettiva, mentre che si giace in casa; non ostante che sarebbe danneggiato dalla polvere, & bulla ch’escono dall’ara (quando è vicina) nel batter le biade, cosa per certo, nociva à gli arbori, che assai volte s’inrognano talmente, che periscono.

Appresso, lodo à farli una fossa di tal larghezza, & altezza, che non tanto vi possa star sempre dell’acqua assai; ma anco che non vi possano entrare i ladri, nè gli animali, la quale si potrà fare ancora in una peschiera. Allaquale sia allevata una folta siepe di spini bianchi di tre, ò di quattro fila: Che usandoci diligentia, diverrà di maggiore vaghezza, che se fusse muro.

Vinc. Benche le siepi stiano bene, nondimeno lodo più i muri; percioche sono più forti, & si fabricano in poco tempo; oltra che essendo politi, ò dipinti fanno medesimamente bel vedere.

Gio. Bat. Dapoi ordinato il sito, si debbe considerare quello, che più conviene à quel terreno, per cavarne maggior’entrata: Percioche, essendo più atto à produr dell’herba, che delle biade, lodo à pratarlo; si perche renderà più utilità, & maggior vaghezza; & si anco perche non sarà cosi danneggiato, come l’altre cose da i frutti che cadono, e che si raccolgono.

Vinc. Et io direi, che arandolo ogni anno, gli arbori fruttarebbono meglio per la coltura, che vi si farebbe.

Gio. Bat. Ancora che vi sia prato, non osta però, che non si possano zappar quegli arbori due, & tre volte l’anno, come conviene.

Vinc. Un’altra oppositione mi nasce, che adacquando il prato, si nuoce à simili arbori; & non adacquandolo, si può sperare solamente poco fieno, & specialmente nelle secchezze.

Gio. Bat. Ne per questo mi rimovo: percioche adacquando il prato, se non quando patisce gran secchezza, & non lasciandovi adosso l’acqua se non quanto è bisogno, son certo che quelli non patiranno, anzi ne sentiranno giovamento, & particolarmente nell’ingrassare, & maturare i frutti. Vero è, che quando vi si facesse correr l’acqua, come si fà à gli altri prati per ingrassarli, simili arbori patirebbono assai. Ma in luogo di questo, sia letamato ogni anno quel prato con letame ben minuto, ò composto con la polvere; perche (come vi dissi) produrrà più herba, che non farà ogni altra sorte: Senza che, quanto più gli arbori saranno grandi, tanto più vi giovaranno per lo cader delle foglie, & frutti marci. Et ancora i frutti, che vengono dove non si adacqua, sono più saporiti, & durano più tempo de gli altri, che si adacquano. Egliè ben vero che alcune volte, per la gran secchezza, rimangono manco grossi.

Vinc. Che via vi vuole nel piantar tali arbori, & che misura si debbe tener nel poner’i fili lontani l’un da l’altro, & un’arbore appresso all’altro?

Gio. Bat. A piantare un giardino, si debbe primamente considerare la natura di quel terreno; percioche, essendo dolce, grasso, & acquatore, bisogna metter’ogni filo lontano dall’altro, non meno di braccia trentasei; & ne i medesimi fili piantarvi un’arbore appresso all’altro non più di braccia diciotto; & massimamente quando sono la maggior parte pomi, perche producono più quantità di rami, & più grandi, che non fanno i peri, le ciregie, & altri frutti simili. Et chi li pianterà più spessi, quando saranno grandi, non solamente occuparanno se medesimi, ma adombreranno talmente il fondo, che se ne cavarà poco, ò niente. Percioche non tanto fà bel veder’un’arbore carico di frutti, quanto à mirarlo grande, & con bella, & larga capigliata.

Vinc. Per qual cagione adunque havete voi piantato cosi spesso questo giardino, essendo il fondo cosi morbido, come cel mostra quella bellissima herba?

Gio. Bat. L’esser cosi florido questo prato, non proviene perche il fondo sia grasso, anzi ch’è magro, & molto ghiaroso; ma procede dalla quantità del letame, che vi dò ogni anno mescolato con la polvere, la quale lo spinge à produre assai più di quel che può per natura. Onde, conoscendo io questo, posi i fili lontani l’un dall’altro vintiquattro braccia, & gli arbori non più di nove.

Vinc. Perche havete voi piantato tanti peri, & cosi pochi pomi?

Gio. Bat. Sapendo io, che i peri sono più fragili, più dolci, & di maggior licore de i pomi, & che gradiscono il terren sabbioso, ghiaroso, ò che sia asciutto, ò arido; però piantai più peri, che pomi, avenga che anco questi siano la più parte rostaiuoli, che vengono non più grandi de’ peri. Et medesimamente il Magnifico M. Giuliano Callino fece ben’à piantar’il suo gran giardino (come havete veduto) di tanta copia di pomi, & pochi peri; percioche, come buon’Agricoltore, ch’egliera, conobbe che i pomi sono per natura sodi, & che vengon belli, & grandi nel terreno grasso, molle, & humido com’è il suo. Però non tanto fù prudente nel poner’i fili lontano braccia trentasei, & gli arbori sedici; con non ponervi tra mezo marene, ciregie, persichi, & altri simili, come ho fatto io; ma li piantò nel giardinetto appartato senza mettervi alcun pero, ò pomo.

Vinc. Havete voi per più delicato un buon pero, che un buon pomo?

Gio. Bat. Non si può negare, che i peri comunemente non siano migliori al gusto; & che i buoni non si vendano piu pretio de’ pomi. E vero, che non sono cosi sani, ma sono più commodi nel mangiarli à i suoi tempi crudi, & cotti, & per far buone composte, & buone torte.

Vinc. Essendo vero questo, per qual cagione non si piantano più peri che pomi, & non più pomi che peri, come si fà?

Gio. Bat. Non solamente sono da biasimar coloro, che havendo sito proportionato à peri, piantano più tosto de’ pomi, ma più quelli altri ancora, che piantano peri, & pomi tristi, potendone piantar de’ buoni.

Vinc. Forse che non si piantano, nè s’inestano più peri, che pomi; perche non si conservano tanto tempo, come fanno i pomi.

Gio. Bat. Non manco tempo durano i peri, per comparir’à mezo Maggio i piccioli moscatelli, & poi i delicati cavalieri, ghiacciuoli, cicognini, & altre più sorti di mese in mese sin’al S. Martino. Nè pensate che quei cicognini siano i lunghi di collo, & rossi, & gialli, i quali sono di poco valore; ma dico quegli altri che hanno il colore, & licore simili à i ghiaccioli, & l’odore de’ moscatelli. Et oltra che la maggior parte di quei, che si raccogliono all’autunno con le circonstantie debite, che durano fin’alla Pasqua, & più ancora; per essere cosi pretiosi, si vendono à peso con maggior’utilità de’ pomi, che si vendono à misura.

Ancora, qual’è quell’arbore fruttifero, che sia cosi bello, cosi dritto & cosi alto com’è questo del pero? Il quale non pure non occupa tanto con l’ombra, quanto fanno i pomi, ma fà ancora quasi ogni anno i suoi frutti, & quelli solamente un’anno, & l’altro non.

Vinc. Benche i pomi fruttino come dite, tuttavia ne producono tanti quell’anno, che son’il doppio de’ peri: I quali, oltra che sono più difficili nel crescere, & più duri nel tener le calme de i pomi; sono anco più rosi da i vermi, di tutti gli altri arbori fruttiferi.

Gio. Bat. Lasciando da canto le oppositioni, che si potrebbono dedur per l’una, & l’altra parte, è bene che parliamo del piantar gli arbori, come mi havete domandato. Onde, cominciando dico, che si faccino le fosse almeno dui, ò tre mesi innanzi del piantare; percioche quel terreno si disponerà talmente, che gioverà assai alle radici; facendole più, & meno alte, & larghe, quanto importa la qualità del terreno, & grandezza de gli arbori. Vero è, che non vogliono esser meno di due braccia in ogni lato à i piccioli, & à i grandi tre, infin’à quattro ponendo il miglior terreno da un lato, & quello non cosi buono dall’altro, per gittare prima nel piantare, il buono attorno alle radici, & il resto di mano in mano dietro. Piantando poi ogni arbore sotto terra più, & meno secondo la sua bontà; & accomodando le radici talmente con le mani, che niuna rimanga sopra all’altra; coprendo però prima il fondo di pietre non più grosse d’un pan comune, accioche (come dissi l’altr’hieri) faccino quei medesimi effetti alle radici, che fanno à quelle delle viti. Non piantando mai quando fà gran freddo, ò gran caldo, ò gran vento, ò che piove; ma solamente quando è dolce il tempo, ò che sia più tosto nuvolo, che ardente Sole, & anco per Luna crescente. Et quando si spiantano per ripiantare, si faccia un segno nella verga, come giacevano, accioche si ponga quella parte ch’era in Oriente ancor’in Oriente; perche le altre parti staranno come di prima. Cavandoli non meno dopo vespro, & per Luna nuova, & con più radici che si può; & essendone di spezzate, ò guaste, si taglino via. Et quando si portano di lontano, subito che sono cavati, si ponga un panno attorno alle radici con la terra, per conservarle dal vento, & dal Sole; perche prenderanno più facilmente. Calcando nel piantare detti arbori di mano in mano la terra, secondo che si gitta adosso alle radici, con un palo di legno ben ugual’in fondo, accioche quegli arbori stiano più saldi contra de’ venti.

Vinc. Qual tempo lodate voi nel piantar gli arbori, innanzi il verno, ò alla primavera?

Gio. Bat. Essendo fatto le buche di Luglio, ò d’Agosto, mi piace più il piantarli d’Ottobre, ò di Novembre, che di Gennaro, ò di Febraro; percioche, piantando in quei mesi, la terra si commoda talmente attorno alle radici, de gli Arbori, che all’hora sono come morti, che poi nel primo germogliare, li giovano assai più, che se fussero stati piantati nella prima vera. E vero che se i rami sono troncati, ò che le radici sono molto rotte, ò molto tagliate, lodo à piantarli di Febraro, ma che le buche siano fatte innanzi Natale.

Vinc. Che è meglio à piantar’i peri, ò pomi salvatichi, ò quei d’armella per incalmarli poi?

Gio. Bat. Quantunque tra noi si piantino gli arbori salvatichi, non dimeno lodo più quei d’armella; percioche, incalmando un salvatico, & un domestico, questo produrrà frutti più grossi, più saporiti, & di maggior licore, che non farà quell’altro. Come per esperientia si vede quando è stato incalmato un salvatico, & che comincia à far’i frutti, che incalmando un’altra volta quegli istessi rami con calme del medesimo arbore, li produrrà migliori, & più grossi di prima. Et però non è maraviglia se la Germania, la Fiandra, & altre Provincie, non piantano mai altri arbori, che questi d’armella.

Vinc. È da credere ciò che dite, percioche questi arbori sono più pieni d’humor dolce de gli altri, e crescono con più facilità in grossezza, & in altezza: Ma è pericolo che non durino sì lungo tenpo, come fanno i selvatichi.

Gio. Bat. Si come i giardinieri doverebbono (al parer mio) attender più all’utilità, & alla honorevolezza, che alla perpetuità; cosi, mirando alle buone qualità de gli arbori d’armella, non dovrebbono restare à piantarli per dire, che dureranno i ducento, & più anni, come fanno i salvatichi. Basta che viveranno non pur l’età del piantatore, & de’ figliuoli; ma ancora de i nepoti, & di più assai.

Vinc. Vi prego che mi diate qualche regola per giovare à simili arbori, & specialmente per tenerli morbidi, & ben’ordinati.

Gio. Bat. Primamente siano zappati almen due volte l’anno, & particolarmente i peri, & pomi, per esser’anco i più pretiosi de gli altri: Et essendo in terreno magro, si dia loro all’autunno del letame minuto sopra le radici, ma mescolato col medesimo terreno, & lontano dalla verga almeno un palmo. Vero è, che per minore spesa, è meglio à darli una palata di polvere per arbore, raccolta per le vie nel gran caldo.

Poi se li taglino al Febraro i rami superflui per Luna scemante, & massimamente quelli, che si rivolgono all’in giù, & che si incrociano nel mezo dell’arbore; levandone quel più, & meno secondo che sono morbidi. Basta che quanto più sarann’ordinati con ragione, tanto più abonderanno di frutti migliori, & viveranno più lungo tempo. Acconciandoli però quando non fà freddo, nè gran vento, ò pioggia, & sempre con ferri ben taglienti; tagliando i rami grossi in pendente, & vicini al troncone, accioche l’acqua piovana non vi si fermi, & la scorza possa nel crescere coprire il taglio. Avvertendo però sempre à non farli alcune di queste cose quando fioriscono, percioche facilmente si potrebbono seccare, come più volte ho veduto.

Similmente à quel tempo si levino le foglie secche, che hanno dentro gli ovi delle gattole, ò d’altri animaletti che consumano le buone foglie co i frutti insieme: Senza che alle volte fan seccar gli arbori, & particolarmente i peri, & pomi, per esser sottoposti à questa maladittione più de gli altri; purgando ancora i tronchi d’ogni piaga fatta da i vermi, & dalle formiche, che più volte li fanno seccare. Non mancando quando l’arbore non cresce in grossezza, à tagliar per lungo la scorza di tutta la verga in quattro ò cinque luoghi, secondo che più, & meno è grossa perche egli crescerà in poco tempo con maraviglia. * Ricordandovi anco per cosa importante, che quando li arbori son carichi di frutti più dell’ordinario (come alle volte sono più delle foglie) li scaricate della terza parte ò della metà, percioche non solo quelli che restaranno veniranno belli, ma ancora quegli arbori ne produrranno più l’anno seguente, che non sarebbono lasciandoli cosi caricati. *

Vinc. Si come mi sono cari questi ricordi, vorrei anco, che mi ragionaste dell’incalmare simili arbori, & quai modi sono migliori.

Gio. Bat. Benche s’incalmi per più vie, nondimeno quella del fessolo è più commune tra noi, & più sicura di tutte l’altre, quando massimamente è fatta alla primavera, come gli arbori cominciano à sudare ne i tronchi, ne i rami, & sotto terra: incalmando ne i siti freddi di Marzo, ò d’Aprile, & ne i caldi solamente di Febraro, & sempre innanzi che le calme gettino fuori. Et questo è il vero modo che si debbe tenere; percioche, si come il caldo apre, sveglia, & spinge ogni arbore à produre le foglie, & i fiori; cosi il freddo serra, addormenta, & ritiene ogni suo vigore. Et s’incalmi più tosto dopo vespro, che la mattina; & si avvicini più alle radici, che à i rami; perche quanto più le calme sono poste à basso, tanto maggior vigore ricevono dalla terra. Et quanto all’incalmar per Luna nuova, ò vecchia, i più incalmano quando cresce, per le calme che prendono, & crescono più facilmente. E ben vero, che incalmando quando scema, & massimamente dopo il tondo sin à i vintiquattro di, le calme producono più frutto: Nondimeno commendo coloro che sempre incalmano per Luna nuova ne i terreni magri, & ne i grassi quando è vecchia.

Vinc. Quanto più sono da lodar quei che incalmano ne i mesi che dite, tanto più sono da biasimar gli altri, che cacciando figure, incalmano gli arbori di Natale al fuoco, per piantarli in quello cosi gran freddo: Onde non è maraviglia se rimangono tanto tempo cosi meschini, ò se in pochi giorni mancano. Solo vorrei saper quali calme, & da qual lato dell’arbore si debbono pigliare.

Gio. Bat. Lodo che si piglino di quelle che sono da Oriente nell’arbore, & che siano proportionate di bellezza, & di grossezza, e c’habbiano gli occhi vigorosi, & spessi, & s’incalmino più fresche che si può. Et venendo di lontano, siano portate con poco di terra, & involte ne i panni; ò altra cosa, accioche nell’incalmare si trovino in amore, & non meze secche dal vento, ò dal Sole. Vero è, che si portano benissimo ne i canoni pieni di mele ben chiusi. Ma siano gli arbori nel luogo dove si vol’incalmare sani, novelli, verdi, tondi, netti, non torti, senza nodi, & di bel colore, accioche maggiormente piglino quelle calme.

Incalmando à fessolo, si sega nel più bel luogo dell’arbore, ma che i ferri siano ben taglienti, per meglio tagliare, & polire il taglio; fendendo quanto è bisogno, havendo ben ligato il tronco, accioche il legno non si spaccasse troppo; accommodando talmente le calme nel fesso, che non si vegga niente del loro taglio, & che’l primo occhio resti à pena di sopra del taglio, & di fuori sopra la scorza del ramo, ò tronco, ilquale sia ben legato, & ben coperto con la cera composta col largato, per esser migliore dell’altra nel coprire, & nell’empire ogni fessura, & perche ancor’è di manco spesa. Legandovi dapoi attorno della paglia di segala, & mettendovi dentro un poco di terra, accioche più facilmente le calme possano germogliare; lequali non siano più lunghe d’un palmo.

Vinc. Vi prego che mi mostriate ancora il modo per incalmar’à coronetta, over’infogliare come altri dicono.

Gio. Bat. Non fù mai molto in uso tra noi questo modo d’incalmare, benche si può fare d’ogni tempo che gli arbori sudano; nondimeno s’incalma più di Febraro, & di Marzo, che di Luglio, & di Agosto; percioche gli arbori sono più in amore, & l’aere più temperato. S’incalma meglio ne i tronchi grossi, che ne i sottili, & in quelli che han la scorza grossa, & dura, che ne gli altri che l’hanno sottile, & molle; & vi si pone le calme alquanto grossette, & spesse d’occhi, & pigliate da Oriente dell’arbore. Et tagliato dapoi il tronco con sega sottile, si rade con coltello fin che resta ben netto, ben liscio; & uguale talmente che la scorza non sia offesa in parte alcuna; & poi si lega presso al taglio con una cintola, accioche nel ficare il conio fra la scorza, & il legno, ella non si rompa. Ma meglio è un chiodo di cavallo che habbia limato via da un lato i dui cantoni, & agguzzatolo bene, si ficca quello, ò il detto conio, fra la scorza, & il legno con destrezza; non men di due dita, & con la parte tonda verso la scorza, & la piana verso il legno. Et accommodate le calme alla forma di quel conio, ò chiodo per due dita, & senza la scorza prima, lasciandovi la seconda sottile verde, si pongano talmente d’una in una, ne i buchi fatti co i detti stromenti, che le scorze loro, & del tronco si bacino, & non si vegga niente del taglio, ò del nudo, ma solo le dette scorze. Et si può lasciare la scorza prima alle calme da quel lato, che non si lippa, ma spiccarla però per due dita; percioche, poste ne i suoi luoghi, ogni scorza difenda quella del tronco à guisa d’un capello. Et acconciate attorno al tronco quelle calme lontane una dall’altra non men di quattro dita, si copra subito tutt’il taglio del tronco, & le fessure della scorza, & delle calme con cera nel modo detto. Poi levata la cintola, si rileghi la scorza del tronco, ò verga nel medesimo luogo con un vimine, ò stropello fesso tanto lungo, che circondi il tronco almeno quattro volte, accioche le calme stiano salde contra il vento, & altra cosa. Et oltra che vi si ponga un paletto al tronco, per fortificarle, si levino ancora i germogli, che venissero dall’arbore; lasciando alle calme uno, ò dui de’ più begli occhi per ciascuna percioche, quanto più saranno pochi, l’humore li farà venir più tosto grandi.

Vinc. Vorrei che mi diceste ancora dell’incalmare à canello, ò spoletta (come noi diciamo) per esser più facile del detto modo.

Gio. Bat. Benche si possa incalmare à canello d’Aprile, & di Maggio, tuttavia par che sia meglio alla fin di Giugno, ò al principio di Luglio, havendo però riguardo à farlo più tosto, & più tardi secondo il freddo, & caldo de’ paesi; & anco à spiccar le calme in tempo, che gli arbori sono in perfettione, & ch’elle siano nette, liscie, & tolte pur da Oriente. Usando ogni diligentia poi nel torcere, & cavare ogni canello dalle calme senza romperlo, & nel farlo della misura medesima del ramo nudo di scorza, accioche nel ponerlo sopra, si confronti talmente ben serrato, ch’egli paia una istessa cosa col ramo, il quale canello non habbia più di dui occhi ponendo quel numero più, & meno secondo che l’arbore si trova assai rami ò pochi.

Vinc. Parimente desidero che mi diciate dell’incalmare à scudetto, per esser cosa che ha dell’ingenioso, & del polito.

Gio. Bat. A incalmar à questo modo bisogna prima levare ogni occhio dell’arbore con coltello ben tagliente in punta à modo d’uno scudetto, & porvi un’altro simile con l’occhio, ma alquanto più grandetto, accioche empia il luogo vacuo, & si possa ficcar’un poco sotto alla scorza, legando poi di occhio in occhio posto con legame di scorze lunghette intorno al ramo, ò tronco incalmato, le quali non occupino niente gli occhi posti, perche non potrebbono germogliare. Ma meglio è coprir quell’occhio con la medesima linguetta di scorza non tagliata via nella parte inferiore, & legarla con altra scorza sottile quanto è il taglio, & dopo cinque, ò sei giorni, slegar’ogni cosa; attesoche l’occhio sarà attacato all’humor del tronco, ò più tosto (per più brevità) legar la detta linguetta solamente di sopra dell’occhio con uno stropello, che per questo egli non restarà di mandar fuori i germogli. Non mancando, à troncare ogni superfluità de gli occhi non incalmati, & levar tutti quei che nascono di tempo in tempo, fin che i buoni siano divenuti potenti. * Et questo modo d’incalmare si fà nell’hasta mentre ch’è giovane: Ma come è fatta dura & grossa, s’incalmano i rami; perche oltra, che apprendono benissimo per esser teneri, vi si fann’anco maggior numero di calme. *

Vinc. Veramente che l’arte dell’incalmar’è una delle più belle cose, che siano nell’Agricoltura: poiche si tramutano gli arbori selvatichi ne i domestichi, gli sterili ne i fruttiferi, gl’insipidi ne i delicati, i tardi ne i temporiti, & i temporiti ne i tardi. Oltra che non tanto si tramuta una specie nell’altra, & s’accomodano più frutti diversi sopra d’un’arbore; ma etiandio si trasportano le sorti forestiere à noi, e le nostre ne i paesi alieni.

Gio. Bat. Chi potrebbe mai esplicar le utilità, le commodità, & i gran contenti, che si prendono nell’incalmare, & nel raccogliere i primi frutti con le medesime mani, che gli hann’incalmati, nutriti, & allevati? Che se dovessi dire quanto fù sempre celebrata questa cosi gloriosa arte da’ Principi, da’ Duchi, & da’ primi Signori del mondo, non so quand’io potessi finire.

Vinc. Essendo detto assai di questo, desidero che mi diciate de’ frutti migliori, che si raccogliono in questo paese.

Gio. Bat. Cominciarò à ragionarvi primamente de’ peri moscatelli, che vengono buoni al fin di Maggio: I quali benche siano delicati al gusto; nondimeno molti li rifiutano per li medici che li biasimano, & perche à pena sono spiccati, che si corrompono.

Poi al principio di Giugno compareno i peri cavalieri, i quali meritevolmente sono degni di quel nome, per esser dilettevoli al gusto, & non haver niente del maligno.

Dietro à questi immediatamente vengono i peri ghiacciuoli, i quali sono delicatissimi nel mangiarli crudi.

Similmente nel finire questi, compareno i peri cicognini belli, & non buoni; dapoi subito i non cosi belli, ma delicatissimi che assomigliano à i detti ghiacciuoli, ma hanno di più l’odore, & sapore de’ moscatelli.

Dopo questi sono buoni i peri da Grumello, i quali sono grossi, & pieni di licore delicato.

Poco dapoi de’ detti sono maturi i peri moscatelli, che sono non men grossi de’ cavalieri detti, & anco saporiti, & delicati per l’odore del moscatello.

Io vi potrei dir ancora delle altre sorti assai, ma perche queste bastano, dirovvi de gli migliori dell’autunno.

Fra queste sorte di peri, vi è il bergamoto, il quale è forse il più saporito, & più delicato d’ogni altro; ma non si conserva molto tempo, se non è spiccato alquanto immaturo & posto nel bullaccio.

Poi vi è il pero garavello, il quale è pretioso crudo, & cotto, com’è passato Natale; ma è talmente offeso l’arbore da i vermi, che alle volte và in fracasso. Et però è ben’amazzarli con un ferro sottile, che arrivi in capo de’ buchi, dove nascono; & fare il medesimo à tutti gli altri arbori quando son’offesi.

Ancora vi è il pero bazavaresco, il quale oltra ch’è grosso, & delicato, si conserva etiandio lungo tempo.

Parimente vi è il pero buon christiano, che per esser cosi buono crudo, come cotto, quasi ogn’uno ne hà ne i suoi giardini.

Similmente piace à tutti il pero garzignuolo; percioche oltra, ch’è delicato crudo, dura anco per tutto Marzo.

Vinc. Questi peri furno sempre apprezzati più de gli altri in Vinetia, & nelle altre Città, che sono vicine.

Gio. Bat. Poi quanto posso lodo i peri di spina, percioche vengono in copia ogni anno, & sono delicati cotti, & in composta, & più essendo conditi col mele, ò col zucchero; Et gli arbori campano le centinara di anni, & vengono più alti di tutti gli altri assai. Oltra che, pigliando essi peri ben maturi, se ben fusse i caduti dall’arbore, & cavando tutto il lor succo: & facendolo bollire fin che hà alquanto di corpo, all’hora sarà di tal delicatezza, che avanzerà di gran lunga il sapore che facciamo di uve migliori con spicierie per mangiare à tavola tutto l’anno. Et questi bastino.

Vinc. Vorrei saper qualche regola, per conservar questi buoni peri.

Gio. Bat. Bisogna primamente avvertire à non spiccarli, se non vi è caduto adosso almeno tre, ò quattro volte la brina, percioche quella gli cresce in bontà, & li fortifica nel conservare. Et si usi ogni diligentia nel raccoglierli in tempo, che non piova, & che siano ben’asciutti dal Sole; & nel raccoglierli che non si macchino. Et però si spicchino ad uno ad uno con la pommaruola, ò gabbiuola tagliente in cima d’una pertica; ò per men fatica piglinsi ne i lenzuoli; levando tutti i marci, guasti, ò che siano offesi per qualche modo; & i peri belli & sodi ponerli, sopra la paglia, ne i luoghi, dove non possano esser’offesi nè dal vento, nè dall’aere. Et il medesimo si debbe osservare nel raccogliere, & nel conservar’i pomi: Ma à conservar l’una, & l’altra sorte fin’à Quaresima, & à Pasqua come se fussero all’hora spiccati dall’arbore, dico, raccolti che siano de’ più sodi al modo detto, & non molto maturi, si cava il fondo di sopra ad una botte in piedi di quella grandezza, che bisogna alla quantita di quei frutti; ponendo prima un suolo di paglia, & poi un suolo di peri, ò pomi; facendo questo fin che tal vasello sia pieno; ritornandovi dapoi il detto fondo talmente, che’l resti ben chiuso col cocone, & ogni altro buco che vi fusse.

Vinc. Vi prego che medesimamente mi ragionate de i pomi migliori, che sono conosciuti da noi.

Gio. Bat. La prima sorte che compar tra noi, è quella de i pomi dolci nani, & mezani, i quali sono in perfettione al tempo de’ peri moscatelli.

Poi fuori che’l pomo Sampietro, non vi sò altra sorte buona insin’all’Ottobre; nel qual tempo sono anco maturi, & buoni tutti; & massimamente, come sono indurati dalle brine.

Ancora è delicato il pomo rosso grosso; percioche per esser frangente, è molto buono crudo, & cotto nella pignatella col zucchero per li sani, & per gli amalati; ma non dura molto tempo.

Appresso è buono il pomo paradiso per conservarsi assai, & è ottimo dopo Natale: Et ve ne sono due sorti; uno lungo più dell’altro.

Vi sono similmente due sorti di pomi rugginenti, ma sono in maggior reputatione i garbi, che i dolci; percioche, si come i dolci sono buoni da mangiare poco più del Natale, per essere dapoi passi, & divenuti piccioli; cosi i garbi cominciano all’hora esser perfetti, & durano più mesi. Et oltra che sono più grossi, più sodi, & più saporiti de’ dolci, sono ancora molto buoni per farne composta d’ogni tempo.

Sono buoni i pomi calamani, poiche non solamente piacciono à tutti, per essere delicatissimi, ma durano anco non meno de gli altri.

Medesimamente sono prezzati i pomi pupini, si per la bontà, come anco per lo mantenersi buoni lungo tempo.

Non manco, anzi più sono grati i pomi rostaioli; percioche di bellezza & di licore passano tutti gli altri. Et però non è maraviglia se al Carnovale si vendono tanto alla gioventù, & specialmente quando si mascarano, & ballano.

Poi vi sono i pomi appioli, i quali furono grandemente stimati da gli antichi, & sono in pregio appresso i moderni per li più delicati di tutti gli altri.

Io potrei narrarvi ancora d’altre sorti, che si trovano nel paese; ma perche ho detto i migliori, è bene che parliamo de gli altri frutti.

Vinc. Innanzi che passiate oltra, desidero che mi diciate ancora le qualità del cotogno.

Gio. Bat. Questo pomo è dissimile à tutti gli altri nella forma, nella scorza, nella sodezza, nell’odore, & nel sapore; & perche non hà pari per compostare, per fare cotognata, diversi geli, & diverse paste. Et oltra che è singulare il frutto, non men’è singulare l’arbore; percioche tagliando i rami d’un’anno, ò di dui, & piantandoli di Novembre, ò Febraro per Luna crescente, producono i frutti in poco tempo. Senza che incalmandoli di pomi, peri, brogne, armoniache, & d’altri frutti, li producono più delicati de gli altri incalmati in altri arbori della loro specie, per haver’in se un certo humore speciale pieno di dolcezza. I quali si possono poi levare, tagliando quei rami dopo il primo, ò secondo anno, & piantarli al Febraro per Luna nuova, & faranno frutti delicati a’ suoi tempi.

Vinc. Credete voi che i peri habbiano verso l’huomo quelle proprietà medesime, che hanno i pomi?

Gio. Bat. Non vi è molta differentia tra la natura loro: percioche, quasi tutti i peri stringono tanto più la bocca dello stomaco, quanto più sono salvatichi, acerbi, & austeri; ma sono buoni à fermare i vomiti, i flussi, & refrigerar la sete. Et il medesimo fanno i pomi, quanto più sono immaturi.

Vinc. Desidero che seguitiate nel dirmi anco delle altre qualità, secondo che vi piace.

Gio. Bat. Dirovvi adunque delle ciregie, poiche sono i primi frutti, che compareno al fin d’Aprile, over’al principio di Maggio, le quali, benche siano pregiate quanto più sono belle, però sono sempre mal sane, per generar cattivi humori nello stomaco, & de’ vermi nel corpo, & sono di poco nodrimento; come sono anco i calemi, che vengono subito dietro.

Poi dopo questi, si veggono le marene delicate, per partecipare col dolce, & con l’acetoso, ò garbo, le quali cuocendole in pignatella col zucchero, sono delicate per li sani, & per gli ammalati; servendosi di quel licore; che all’hora producono così soave: Et non meno sono delicate condite pur col zucchero; & ancor’accommodate in marinata. Ma sono da lodare più gli arbori bassi, che gli alti, perche producono sempre delle marene in copia, & anco per germogliare dal piede assai; ma chi incalmasse di questi sopra quelli, ne produrrebbono ancora ogni anno maggior quantità, & più grosse per haver più somma di rami grandi, che non hanno questi bassi. Et più dico, chi ponesse le medesime calme nelli detti arbori alti con gli occhi voltati in giù, quelli rami penderebbono etiandio à quel modo, & farebbono bel vedere. Et questi arbori bassi stanno ben piantati ne gli horti, per ombreggiar poco, ma non già nelle corti, ò altri luoghi, onde i polli potessero beccar’i loro frutti.

In questo medesimo tempo sono mature le marinelle, le quali benche siano più picciole delle marene, sono però buone crude, ma più secche ne i polli, ne gli uccelli, ne i pastelli, & in altre cose simili.

Parimente non sono da tacer le visciole, le quali sono comparse nuovamente, & perche participano col fuoco delle ciregie, & marene, sono molto delicate. S’incalmano sopra le ciregie, ma meglio è à ponerle sopra le marinelle salvatiche, ò più tosto nelle domestiche.

Restami di dire delle marasche, le quali, ancor che non siano buone da mangiare crude, per esser troppo garbe però sono ottime per confettare, & per mangiarle secche.

Vinc. Hora che havete detto di questi frutti, che sono quasi d’una medesima qualità, aspetto che mi parliate ancora delle migliori brogne ò susine, che siano tra noi.

Gio. Bat. Vi sono primamente le damaschine, le quali avenga che siano più picciole di tutte l’altre, sono però belle, saporite, & sane per mangiarle crude, ma più cotte, ò secche; & spetialmente ne i polli & altri uccelli: Senza che sono buone per far lubrico il corpo, havendo in prima tratto un bollo con poca acqua, & cosi molli mangiarle, essendo bene inzuccherate. Vero è che le grosse dolci, & ben mature, lubricano assai più: ma tutte crude & cotte, ò verdi ò secche, poste nell’acqua tepida, estingono la sete.

Poi sono buone le brogne agostane, le quali non pur sono belle, & alquanto lunghe, & grosse; ma sono etiandio sane non men crude, che cotte, ò secche.

Ancora sono buoni i brognoni grossi, tondi, & ben maturi; ma più anco essendo cotti sotto la cenere calda; involtati però nelle foglie, & poi pelati, & caricati di zucchero; ò più tosto è bene pelarli crudi, & cuocerli lentamente col zucchero nella pignatella.

Per mangiare sanamente brogne, che non siano cotte, sono perfette quelle tre sorti, che chiamiamo mirabolani bianchi, morelli, & gialli.

Sommamente sono poi da lodare le brogne catelane ben mature, & crude, per esser anco le più pregiate di tutte le altre; siano poi le bianche, ò verdi, ò morelle, over le cremesine.

Vinc. Certamente io non conosco frutto, che si possa aguagliare à questo di dolcezza, & di tanto licor delicatissimo, nè che sia di cosi gran conforto all’huomo, quando si trova pieno di calore, & di molta sete. Che diremo poi del refrigerio, che sente l’huomo afflitto dalla febre, & dall’ardente sete; quando gli è concesso dal Medico una catelana ben matura, ponendosela in bocca senza pelle, & gustando la cosi fresca con tanta soavità dell’abondante licore, per lo quale resta temperata quella grande arsura, con ricuperare alquanto del gusto perduto?

Gio. Bat. Vi sarebbe da dir delle Agostane bianche, Settembrine nere, Massimiane, Pernicone, Gierusaleme, & altre sorti buone, ma perche vi sono molti altri frutti da ragionare (tacendo queste) dirò delle armoniache, le quali sono di soave odore, belle da vedere (per esser simili al color d’oro) & delicate, se sono delle incalmate; ma non cosi sane, come generalmente sono le brogne: ne si conservano molto tempo i suoi arbori; & massimamente quando sono posti sopra i pertichi, ma ben si conservano lungamente se sono incalmate sopra le brogne, & più ancora se sono sopra le mandole, ò sopra i pomi cotogni.

Vinc. Ho sempre amato questo gentil frutto, per esser singolare nel produr dui frutti buoni; l’uno è l’armoniaca, & l’altro che si cava dall’osso

Gio. Bat. Vi sono poi gli albercoccoli, i quali (quanto al frutto) sono quasi simili alle armoniache, & parte à i persichi, ma non alle foglie i quali s’incalmano sopra le brogne, & meglio sopra l’armoniache. Ma perche pigliano con difficultà à fessolo, lodo che le calme habbiano del vecchio, ò più tosto incalmarli à canello perche prendono più facilmente.

Ancora vi sono i molti delicati albergesi, i quali benche si possano incalmare à i modi detti sopra i persichi, & brogne; nondimeno sono più sicuri à piantar’i loro ossi più tosto all’autunno, che alla primavera.

Voi sapete poi di quante sorti di persichi sono tra noi, & quanto sono facili nel nascere, & nel crescere, ma nel mantenersi molto deboli: percioche in questi paesi s’invecchiano tosto per li freddi, per le brine, & per le nebbie, che spesse volte vengono dopo che han gittato i fiori.

Vinc. Non sapreste qualche rimedio per conservarli più lungo tempo, & che non temessero le dette maledittioni, come fanno?

Gio. Bat. A conservare questi arbori, s’incalmano sopra i pomi cotogni, ò più tosto sopra le mandole. Ma quando sono naturali, si tagliano non pur i rami più alti (stando che quanto più si tengono bassi, tanto più tempo durano) & nel mezo quelli che si traversano; ma anco si tronca la verga appresso terra, quando è come il dito grosso; accioche ella faccia prima le radici, avanti che venga alta; lasciando venir’un sol ramo, dal quale descendano gli altri. Ma à ricuperare ogni arbore di persico, quando mostra segni di secare; si tagliano via tutti i rami, lasciandovi solamente i tronchi, come si fà alle salici quando si scalvano: & ritornano ben fronduti al modo di prima. Oltrache si fende la scorza di tutta la verga (come ho anco detto) laquale, per stringerli troppo, molte fiate li fà seccare. Lodo poi à ripiantar’ogni persico quando non è più d’un dito grosso; & ponerlo nella fossa per lungo, come si fà la vite, avanzando un sol ramo sopra terra, che divenga in verga. Et à questo modo egli durerà lungo tempo per le radici assai, che farà. Tagliandovi però primamente quella più lunga di tutte l’altre, che esce per drittura: Cosa che si dovrebbe far’ancora tutti gli altri arbori fruttiferi quando si ripiantano; perche è quella ch’impedisce il fruttar copioso.

Vinc. Qual cosa si debbe fare, accioche i persichi vengano migliori, & più grossi dell’ordinario?

Gio. Bat. Quantunque vi si giovi sempre à letamare, & zappare ogni arbore fruttifero, nondimeno maggior beneficio sente questo di tutti gli altri. Adunque chi li vuole grossi, & buoni, li zappi almeno tre volte l’anno, & li dia innanzi il verno del letame minuto, & massimamente di quel di porco; perche questo li farà venir più grossi, & più d’ogni altro. Tutti i persichi sono nocivi, allo stomaco, per corrompersi facilmente, & però si debbono mangiar innanzi pasto. Et mangiando i suoi fiori à digiuno, lubricano il corpo, stringono il vomito, confortano il cuore, & amazzano i vermi.

Vinc. Vi piaccia di ragionarmi anco delle buone qualità de i fichi.

Gio. Bat. Tutto il mondo sà, che’l fico è un de’ più pretiosi frutti, che siano tra noi, & che sono più, & meno dolci, & saporiti secondo la lor natura, & siti dove si trovano: Et questo è per cagione dell’aere freddo, ò caldo, ò temperato; over per li terreni asciutti, ò humidi, grassi, ò magri, aspri ò molli, forti ò leggieri, sassosi ò casalenghi: De’ quali, per esservene di grossi, & piccioli, tondi & acuti, bianchi & scuri, verdi, & berretini, ogni uno se ne compiace secondo che ha il gusto. * I quali, ancor che siano de gli ultimi frutti che noi mangiamo, non fallano però à produrne sempre in copia; conciosia che i frutti loro non possono esser danneggiati dalle nebbie, dalle brine, ò da i freddi, come occorre à tanti altri. *

Vinc. Sempre ho udito dire, & vedo per prattica che’l fico, il persico, & l’uva sono la corona di tutti i frutti, che escono da gli arbori.

Gio. Bat. Certamente il persico in perfettione fu sempre grato à tutti, ma però fù anco sempre in maggiore stima il fico, & l’uva: percioche, si come questi dui frutti sono singulari di pianta, di midolla, di rami, di foglie, & di frutti; cosi sono singolari nella lor bontà.

Non è singulare l’arbore del fico, poiche egli fà ogn’anno due volte frutto? Come si vede che non pur’i suoi fiori sono buoni da mangiare, ma simili ancora à i secondi frutti di scorza di calore, di grani, & di forma, benche sia più grossa, & però ciascuno dovrebbe haverlo in grande stima, & massimamente perche produce frutto di sustantia, & lubrica il ventre: Senza che essendo secca è buona alle durezze, & alle scarantie gargarizato: & anco impiastrato alle tossi, catarri, & asmi.

Vinc. A quel che dite che i fiori sono buoni, dico che più medici gli han per talmente mal sani (essendo tutta la malitia dell’arbore) che mai non li concederebbono à gli ammalati, come alle volte fanno i fichi, i quali escono da i rami teneri, & i fiori da quei, che son d’un’anno. Onde à conoscer che questi siano cattivi, vediamo che i porci non ne mangiano mai (come per esperientia più volte ho veduto) ma si ben de’ fichi.

Gio. Bat. Credendo ciò che dite, dico che voglion’esser posti questi arbori in terreno asciutto, ò casalengo, ò pietroso, ò calcinoso, overo nelle rovine delle case, & nelle muraglie medesime quanto più sono fesse ò meze cadute; percioche vi producono migliori frutti; & si conservano maggiormente ne i siti caldi, che ne i freddi: Ma per assicurarli che non gelino, bisogna innanzi San Martino coprirli ben di paglia, ò di gaia di lino, & legare con tal modo quelle cose attorno à i rami, & alla verga, che non si vegga niente della pianta. Si piantano poi cosi i suoi piantoni di dui anni tagliati belli, tondi, & ben sotto terra, quanto si fanno le verghe con radici. Ma per fargli meglio prendere, vi si lieva la scorza d’intorno per lungo nel fondo dell’hasta, come sarebbe un palmo, & si lascia attaccata per convertirsi maggiormente in radici.

Vinc. Havendo inteso ciò che desiderava di questi fichi, vi prego che mi ragionate parimente de’ pomi granati.

Gio. Bat. Benche i granati siano di tre sorti, cioè dolci, garbi, & di mezo sapore; nondimeno tutti vogliono aere caldo, ò almeno temperato: percioche ne i luoghi freddi, non si possono allevare, & manco conservare, ò haver frutto alcuno. Si piantano per Luna nuova nel mese di Febraro, ò di Marzo innanzi che producano le foglie; & prendono facilmente con radici, & senza, se i rami sono lisci, & giovani.

Vinc. Havete voi secreto alcuno per far che questi arbori facciano i frutti, che non si aprino?

Gio. Bat. Avenga che gli antichi dicano più rimedi; nondimeno, per non haverli provati, osservo à piantare, & incalmare quei solamente, che non crepano, & sempre de’ più belli, & de’ migliori che si trovano. I quali à farli venire grossi, non solamente è perfetto il letame di porco, ma anco quanto più tempo si da loro, tanto più di garbi che sono, vengono dolci. Vero è che i non dolci giovano allo stomaco, estinguono la sete, fermano i vomiti, & medesimamente i flussi.

Vinc. Sempre amai i buoni granati; ma non potei mai conservarli sino all’Agosto, come all’hora sono tanto desiderati, da gli amalati. Oltre che’l succo loro è perfetto sopra i rosti, i pesci, & sopra altre cose assai, per esser più delicato di quello de gli aranci, & de i limoni.

Gio. Bat. L’eccellente Matthioli dice, che non pur si conservano tutto l’anno à torcerli il picolo, ò ramuscello sull’arbore quando sono maturi; ma altri dicono che attuffandoli nella creta distemperata con acqua, & facendovela poi seccar suso dal Sole, fanno il medesimo: Oltra che si conservano à spiccarli per Luna vecchia quando sono mezanamente maturi, ben’asciutti, & si pongono al Sole per tre, ò quattro giorni sopra un’asse col picolo di sopra, & col fior di sotto, & si girano almeno una volta al dì, accioche siano percossi da ogni lato dal Sole, ma non mai il fiore, perche creparebbono; & dapoi si attaccano sotto à i volti, ò solari. Et alcuni altri li conservano, facendoli star prima al fumo per quindeci, ò vinti giorni fin che è ben secca la scorza loro, & poi gli appicano al modo detto. Et io, come sono spiccati ne i medesimi modi, & stati al Sole col fiore di sotto per un giorno, ò dui, li metto in una olla di terra ben’asciutta, & col coperto talmente chiuso con pegola, ò con cera, che non vi possa entrar’aere, fin che si cavano fuori.

Vinc. Poiche ho havuto da voi più secreti, che non aspettava, vi prego che mi diciate le qualità del moro nero, & del bianco ancora.

Gio. Bat. Quantunque il moro nero, & bianco siano simili nel produr le foglie più tardi de gli altri arbori, tuttavia sono dissimili di frutto, di foglie, & d’altre qualità, percioche non solamente è d’altra bontà nel mangiare il nero che il bianco; ma ancora è di più grossezza, di più licore, & di più sapore; oltrache la foglia è più dura, & più grande, & anco l’arbore è più difficile à prendere, & à farsi grande. Et però non è maraviglia se ne sono pochi, per non essere cosi atti ad esser piantati in piantoni, & ad esser provanati sotto terra in chioccia, ò madre, come sono i bianchi, i quali crescono grandemente nel paese, parte per questo, ma più per le migliara, che ogn’hora più si seminano per la inventione che nuovamente è comparsa.

Vinc. Dunque si possono seminar questi mori in tanta quantità?

Gio. Bat. Certo è che si seminano con facilità, & nascono anco benissimo nella terra buona, & ben’ordinata. È ben vero, che pochi mori hanno la semenza, la quale vi si conosce quando il frutto è maturo (il ch’è nel principio di Giugno) onde havendo dentro più granelli, ne haveranno anco gli altri di quell’arbore; i quali si piantano subito cosi verdi, cosi intieri in terreno ben grasso, ben netto, & polveroso in belle fila, lontane una dall’altra, non meno di quattro dita, accioche si possano zappare, & nettare tra l’una linea, & l’altra. Che per metter quel terreno in perfettione, non è meglio che a crivellarlo alto non men d’un palmo con un crivello di fil di ferro non troppo minuto. Ma per farli nascere, si coprono di stoppia, accioche non siano trafitti dal Sole, & che nell’adacquarle leggiermente sopra, non si ammacchi quel terreno; facendo questo più sere, fin che quelle semenze ne han bisogno: Non mancando à cavarli alla primavera, & ripiantarli per drittura in altri luoghi grassi, ben’ordinati, & tanto lontani per quadro una gamba dall’altra, quanto si possono zappar più volte all’anno. Vero è, che si possono anco lasciare in quel medesimo sito; ma se sono spessi levar’i superflui solamente, & ripiantarli in altri luoghi al modo detto; intornandoli con le pertichette di fuori via a guisa di steccato, accioche non vadino per terra, ne che siano danneggiati dagli animali: ma volendoli seminare alla primavera, bisogna che subito raccolti i frutti, si gettino in un secchio, ò altro vaso pieno di acqua; fregandoli, & rompendoli talmente con le mani, che le semenze migliori vadino al fondo, & le cattive restino in cima con le spoglie rotte de i mori minuzzati; facendo dapoi andar fuori l’acqua pian piano, fina appresso alle semenze, che saranno in fondo; le quali siano cavate, & seccate all’ombra sopra le assi, & poi conservate fin che si semineranno per Luna crescente al Marzo, ò in quella d’Aprile, & di sera, che tanto basta, poi che non nascono fin che non sono spinte dal caldo; osservando medesimamente i modi detti della stoppia, & dell’adacquare se sarà bisogno, & del zappare: Che à seminarle in questi dui tempi: dico che se per caso fallassero quelle de’ frutti piantati al principio di Giugno, forse non fallaranno quelle della primavera; oltra che l’una, & l’altra sorte, produrrà sempre le semenze.

Vinc. Qual foglia havete voi per migliore per far più fina seta, quella del moro bianco, ò quella del nero?

Gio. Bat. Ancorche quella del nero faccia miglior seta, nondimeno non è cosi buona per li cavalieri piccioli, per esser dura, * Ma è perfetta la foglia della Badia nel Polesine; laquale, oltra che ne abonda di più, & fà miglior seta; produce anco i frutti alquanto rossi, ma non maggior de’ bianchi. *

Vinc. Non sarebbe bene à incalmare i bianchi di questi, poiche pigliarebbono, & abondarebbono più facilmente de’ neri grossi?

Gio. Bat. Ancora io lodarei questo, quando si troncassero le verghe de’ bianchi, purche fussero grosse non men d’un’hasta d’uno spontone, & poi lo anno seguente s’incalmassero al fin di Giugno quelle ampole à canello: Modo in vero che farebbe abondare in pochi anni gran quantità di questi perfetti mori; & massimamente quando le calme fussero pigliate da quegli arbori, che producono i frutti pieni di semenza; percioche raccogliendole poi di anno in anno, si farebbe abondante in poco tempo tutto il paese.

Vinc. Dapoi che si posson’incalmare questi al detto modo, non credete, che i neri grossi si potrebbon’incalmare medesimamente sopra i bianchi, benche sia cosa difficile l’haverne in copia?

Gio. Bat. Perche questi grossi nascono, e crescono con gran difficultà, lodo ancor’io l’incalmarli à canello sopra i bianchi al tempo detto, ma che non siano più grossi d’un buon dito: Et pigliato che habbiano ben le calme, si ripianti alla primavera sequente tutta la verga, & parte della calma per lungo, come si piantano le viti; percioche à questo modo, ella resta sopra terra, & poi cresce in bell’arbore di tempo in tempo, & chi non facesse questo, la verga del moro bianco sarebbe suffocata in grossezza dalla calma, per troppa morbidezza. Si piantino però questi arbori tanto lontani dalle habitationi, che i milioni di mosche che vi vengono quando sono maturi i frutti, non diano noia à gli habitanti; ma però in tal luogo, che i polli non li possano beccare, quando cadono maturi, per esser loro cibo perfettissimo.

Vinc. Aspetto che mi ragionate della natura, & qualità delle noci.

Gio. Bat. Questo arbore è chiamato noce da nocendo, come si vede, che dormendovi sotto qual si voglia persona, si leva con dolor di testa, & di tutta la vita, come se fusse battuta; senza che non vi vien sotto frutto bello, per l’ombra pessima, & per le radici quando sono tanto grandi che impediscono tutto quel terreno, che prendono. La onde sono da biasimare molto coloro, che tengono simili arbori ne i loro campi, & massimamente ne i buoni; conciosia che dovrebbono piantarli solamente à Settentrione in quelli, & nelle ripe delle strade; ò ne gli altri luoghi dove non vengono altri frutti; & piantare di quelle noci, che ne fanno in quantità, le quali siano sottili di guscio, bianche, piene & grosse. Sono ottime a gli stomachi deboli, & buone per ponerle peste in diversi cibi, & anco per condirle col mele, & col zucchero quando sono nuove noci col guscio, & scorza. Oltra che sono perfette per far dell’oglio per dipingere, per luminare, e mangiare, come costumano più paesi, e l’arbore è molto à proposito per fare una infinità di belle cose, per esser cosi liscio, e polito. Et più si vede per prattica, che questi arbori tanto più producono copia di noci, quanto più ogni anno sono battuti, & rotti i suoi rami. Et però non è maraviglia se molti Agricoltori sono diligenti, non pur’à castigare, & castrare simili arbori; ma ancor’à cacciare nella verga gran quantità di ferri.

Vinc. Per haver’inteso le buone, & cattive qualità di questo arbore, desidero che mi parliate anco della mandola, la quale generalmente è cosa grata per lo suo frutto.

Gio. Bat. Questo arbore non produce frutto in copia se non ne i colli à Mezodì, & da Oriente, ò ne i luoghi prossimi à i monti nelle medesime parti, dove siano terreni sassosi, ò ghiarosi. Che se questi arbori producessero frutti in ogni luogo, come fanno de gli altri fruttiferi, & che non fiorisse cosi per tempo (onde il più delle volte, quei fiori restano danneggiati da i freddi) certo è che abondarebbono talmente, che non valerebbono la quinta parte del pretio, che vagliono. Voi sapete la perfettione di questo frutto, il quale non tanto si mangia crudo d’ogni tempo per le case, ma cotto ancor nel far le mandolate, sapori, torte, marzapani, & altre cose assai. Et però vi essorto, che ne piantate assai; & delle migliori, si perche havete sito suburbano molto à proposito, & si anco perche è frutto di poca spesa, di buona utilità, & di minor danno d’ogni altro; anzi che à quegli arbori vengon sotto delle biade, & altri frutti; atteso che producono poca foglia, & minuta. Ma non mancate di zapparli, & letamarli ogni anno; & cavarli i rami secchi, & i verdi superflui, & poi aiutarli anco quando sono offesi da i vermi.

Vinc. Che frutto vi pare l’avellana, & la nocciuola? lodate voi che se ne piantino ne i giardini in quantità?

Gio. Bat. Non solamente mi piacciono questi arbori, poiche producono frutti sani, & saporiti, e che ogn’anno se ne accommoda; ma etiandio stà ben’haverne in copia ne i luoghi convenevoli, come sarebbono nelle corti, dove habitano i polli, accioche si accommodassero sotto all’ombra, & si salvassero anco fra quelli da gli uccelli grandi, che gl’insidiano: Oltrache stanno similmente ben’intorno à i giardini per modo di siepe; conciosia, che rendono buona utilità, & fanno anco bel vedere, quando sono ben’ordinati.

Vinc. Come intendete, che si debbiano ordinare.

Gio. Bat. Volendovi acconciare questi arbori, accioche facciano frutto assai, bisogna zapparli ogni anno alla primavera, & cavarli talmente i germogli, che non vi restino senon tre, ò quattro verghe per luogo, le quali siano ben nette di rami (in altezza) per tre, ò quattro braccia. Et questi arbori, oltra che ricercano star’appresso alle acque, ò ne i luoghi che s’irrigano; percioche vi producono frutto in copia, & durano più lungo tempo; gittano anco tante ampole, ò germogli da i piedi, che se ne può ripiantar quanti si desidera, senza seminarli.

Per frutto utile, non vi è poi tra noi pari alla castagna di forma, di natura, & che presti tanto nodrimento all’huomo; come si vede nelle montagne nostre, che infiniti popoli non vivono d’altro che di questo frutto; mangiandolo, hora arrostito, hora allessato; hora secco, hora fatto in pane, & hora in farina cotta, over nel latte. Et certamente che la natura non pur’hà fatto singular questo arbore nel produre egli solo frutto buono ne i colli verso Tramontana; ma ancor’hà favorito il medesimo frutto per beneficio di noi mortali, facendovi una si forte armatura, che nè animale, nè uccello lo può mangiare mentre si trova in quella spinosa veste. Et oltra che non si è contentata di conservarlo con questo riparo per qualche tempo, halli fatto anco una scorza bella, & un’altra più sottile, per compiacersi di questa mirabile arte. Et benche questi arbori naturalmente fanno castagne, che sono sempre utili, nondimeno inestandoli di buoni marroni à scudetto, ò coronetta, ò à canello, producono anco assai più grosso, più bello, più saporito, & più delicato frutto.

Vinc. Che via si debbe tenere per havere in quantità di questi arbori?

Gio. Bat. Per haverne copia assai, è meglio seminarli, che piantarli; & ponerli in sito che più tosto habbia dell’humido, & Tramontana, che in altro che sia asciutto, ò verso Mezodì: percioche ricercano più ombra che Sole, valle che monte, & terra molle che dura: facendo questo di Marzo in terreno ben zappato, ben netto, e ben letamato; & ponendone due, ò tre, fra quattro castagne, ma separate con la ponta di sopra, per ogni luogo lontano dall’altro almen’un braccio; & mettendovi appresso una bacchetta, ò canna, accioche si vegga, dove si debbe zappare, & cavare l’herbe. Poi passati tre, ò quattro anni si ripiantino in ogni buon luogo: perche crescono di tempo in tempo di ben’in meglio. Voi sapete di quanta commodità ci sono questi arbori per fare quanti vaselli bisognano intorno à i vini, & all’altre bevande, & non meno per fare ponti, canali, colonne, & altre infinite cose per conto de gli edificii, delle fabriche, de’ vignali, & per chiudere cortili, giardini, et altri siti: Dimodo, che non sò cosa, in contrario eccetto che nel brusciarli fanno talmente cattiva la loro cenere, che nel far bucato solamente con quella, sempre quei panni restano macchiati.

Vinc. Havete voi secreto alcuno per conservar le castagne, & marroni verdi tutto l’anno?

Gio. Bat. Chi vuol conservare questi frutti, bisogna spicarli mediocremente maturi per Luna vecchia ben’asciutti, & ponerli in luogo fresco nella sabbia, ò in qualche vaso pur’al fresco; il qual sia talmente chiuso, che per modo alcuno non vi possa entrar niente di aere; percioche in poco tempo, da quello sarebbono corrotti.

Vinc. Perche habbiamo hoggi ragionato assai, desidero che mi diciate solamente delle olive, & poi facciamo fine.

Gio. Bat. Voi sapete il singolar licore, che produce questo divino arbore, ilquale è tanto necessario à noi mortali per lo vivere, per lo medicare, per lo conservar più cose, & per prestarci il gratissimo lume nel tempo delle tenebre. Vuol questo arbore, non solamente tempo assai innanzi che faccia frutto, & vive molti anni; ma non produce olive se non è posto in sito caldo di monti, ò colli, over’al piede loro, & sempre verso Oriente, ò Mezo giorno.

Vinc. Non credete voi, che sia meglio piantare i piantoni di questi arbori, che i germogli ò seminar le ossa?

Gio. Bat. Questo non è dubbio, quando però quei piantoni siano grossi non men d’un manico di vanga, & ben tondi, ben lisci, ben politi di scorza, & sanza rami, & anco tagliati di fresco per Luna nuova, & levatovi circa un braccio la scorza grossa, & lisciarli la verde sottile, piantandoli di Novembre ne i luoghi caldi, & ne i temperati di Febraro, ò di Marzo; essendo però fatte le fosse almeno per dui mesi avanti, le quali siano grandi, & postovi di spini di roveta, ò del letame ben marcio, & mescolato nel medesimo terreno, che si ritroverà dentro, & calcandolo ben’attorno d’ogni piantone, secondo che li trarrà adosso di mano in mano, con un bastone grosso, come ho anco detto. Non mancando à zappare tutti questi, & i grandi almen’una volta la primavera, & anco ingrassarli col letame minuto mescolato nel terreno, che si trova à torno quei tronconi; & potarli non meno ne i luoghi caldi, al Febraro, ò Marzo; & ne i freddi all’Aprile, ò Maggio, & sempre con ferri ben taglienti; tagliandoli anco ben sotto al tronco grande, ò picciolo, & per Luna vecchia in tempo asciutto, & sereno; levando con diligentia solamente i rami variati, superflui, rotti, & secchi; & non meno i germogli, che vi nascono; riserbando però se la pianta non fusse talmente vecchia, ò fracida, che ella havesse bisogno di rinovarla; perche all’hora sarebbe da lasciarvi uno, ò dui de i più belli. Non mancando à cavar’ogni marcio, ò secco, ò tarlato che si veda nella verga, ò ne i rami grossi alla primavera, con ferri convenienti a tal’effetto, infino che si scopra il buono; percioche quella infirmità non passara più oltra; & in poco tempo si scoprirà con nuova scorza essendo di fuori, ma non dentro quando è fessata la verga: Ungendo però in simili luoghi nettati, con morchia d’oglio commune; accioche quei legni non patiscano; come facilmente farebbono quando non fussero medicati al modo detto.

Vinc. Qual sorte di questi arbori si debbono piantare, per haverne maggiore utilità?

Gio. Bat. Non si può fallar’à piantare, & incalmare delle più grosse sorti, & che ne facciano assai; conciosia che abondano più d’oglio, che non fanno le minute; Et oltra che essendo belle, si vendono più pretio per compostare, & mangiarle confettate, hanno etiandio maggior polpa di tutte l’altre del nostro paese. * Avvertendo che questi arbori s’incalmano solamente di Maggio, & à quei modi del scudetto come vi ho detto. Et incalmati non vi si tagliano via i rami che sono di sopra delle calme fin’al Marzo, ò all’Aprile susseguente, & sempre netti, & à canto della medesima calma. Et à questo modo, elle non vengono à patire, come farebbono quando i rami detti fussero levati più tosto. *

Vinc. Desidero che mi mostriate, come si debbono raccogliere, & da che tempo queste olive.

Gio. Bat. Ordinariamente si raccogliono, come sono la maggior parte nere, & più tosto con le mani, che batterle con le pertiche; perciò che con queste si fraccano, & si rompono di rami assai, con danno del sequente anno. Et veramente ch’è bella cosa il veder quegli huomini sopra li scalipertighi lunghi trenta, & trentacinque braccia, talmente diligenti nel tirar con le mani ne i suoi grembiali di corame, di ramo in ramo le olive, che paiono tanti schiratti, che continuamente ruotino. E ben vero, che quei rami che non si posson’haver con gli uncini, è forza batterli con le pertiche; onde sono poi colte quelle dalle genti, secondo che cadono in terra. Ma à confettarle verdi si pigliano quando sono prossime al farsi nere, & con tal diligentia che non si ammacchino in modo alcuno.

Vinc. Che via si tien nel condirle in perfettione.

Gio. Bat. A confettarle in poco tempo, & che restino belle ben verdi, & buone si pigliano raccolte non più di tre giorni asciutte; perciòche altramente patiscono nel conciarle. Et però essendo una quarta colma (come si vendono cosi tra noi) si pigliano tre coppi di buona cenere ben crivellata, & mezo di calcina netta (bagnata, & non) & si pone ogni cosa in un vaso di acqua, la quale sia tanta, che vi possano inondar le olive. Et mescolata ben la detta cenere, & calcina, vi si ponghino, & si mescolino si ben’insieme, che non si ammacchino. Et lasciatele cosi per otto, ò dieci hore, sene pigliano alcune, & lavatele bene, si tagliono per veder se la polpa si distacca dall’osso; percioche distaccandosi, è segno che sono concie, altramente si lasciano quel poco più, fin che si distaccano. Poi fatta questo, si lavano fuor di quella compositione sin che restano ben monde, & si pongono da poi in vaso netto, & vi si fà la salmora; mettendovi del piliciolo, ò serpillo, ò sementi di anesi, over fusti di fenocchio. Ma chi desidera di conservar simili olive, vi si cambia la detta salmora almeno ogni tre mesi, percioche altramente perderebbono la bellezza, & il buon sapore.

Vinc. Mi piace più questo modo che’l mio della calcina nuova; onde dubitando che mi noiassero nel mangiarle, son ritornato à tagliarle, & purgarle solamente con l’acqua corrente.

Gio. Bat. A confettar le olive, come vi ho detto, non pure non sono mal sane; ma ancor si conciano più facilmente; & assai più tosto, senza che restano più verdi, & più belle.

Vinc. Lodate voi il conciar le olive ben mature, come in alcune case ne ho mangiate di grosse delicate?

Gio. Bat. Non solamente commendo queste olive ben nere, poiche sono più sane, & migliori delle altre, & massimamente se sono ordinate con ragione: ma etiandio perche si conservano molto tempo senza ponerle nell’acqua, o nella salmora, lequali à confettarne una quarta, siano seccate all’ombra, dove soffi il vento, & vi si pone una libra di mele, una di oglio, una di sale, un’oncia di pepe, una di garofani, una di anesi, una di semenza di coriandoli ben pestate con le dette cose, & il succo di otto, o di dieci limoni, ò di buoni aranci di mezo sapore. Et come sono bene ordinate, & ben mescolate queste cose insieme, si mettono in una olla al fresco, & durano perfette tutto l’anno.

Vinc. Havete per meglior l’oglio fatto co i piedi, che’l torchiato?

Gio. Bat. Non è dubbio, che’l fatto co i piedi, se sta sempre miglior, più dolce, più chiaro, & più dilettevole per mangiarlo nelle insalate. Ma sarebbe impossibile à farlo tutto co i piedi; si perche non si potrebbe supplire à tanta copia che si raccoglie (per esser più difficile, che’l torchiato) & si anco perche sarebbe non poco danno, stando che’l torchio rende sempre più oglio, che non fann’i piedi. Basta che vi havrei da dire ancora cose assai intorno à questo arbore, & specialmente quando è bello da lavorare, ottimo da brusciare, & che gli ossi suoi fanno perfetta cenere; ma perche habbiamo ragionato à bastanza, è ben che ci leviamo di quà, & che vi ritorniamo dimani per parlare, di quanto vi sarà grato

Vinc. Io mi riporto à quanto vi piace.

Il fine della quinta giornata.

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