La settima giornata aggiunta dell’Agricoltura

Di M. Agostino Gallo,

Intorno al governare i Cedri, i Limoni, & gli Aranci.

Ritornato il settimo giorno M. Vincenzo Maggio nell’hora solita da M. Giovan Battista Avogadro, & ritrovatolo, che haveva desinato in mezo del suo bellissimo pergolato per godervi maggiormente un venticello soave, che tuttavia faceva tremolare i rami de gli arbori del giardino, i diversi fiori dell’ameno prato, i palmiti dell’ampio pergolato, & i cedri, i limoni, & gli aranci con l’herbe del vago horto; dopo che si hebbero salutati l’un l’altro secondo il solito, & si furono poi assisi à quel dolce fresco, il Maggio mirando fissamente la bellezza di quelle tante piante nelle casse cariche di frutti, si risolse d’entrare al ragionamento, cosi dicendo.

Poscia che questi due giorni habbiamo detto assai de i giardini, & de gli horti, mi pare che consequentemente parliamo de i cedri, de i limoni, & de gli aranci; poiche havendone voi buona copia di gran bellezza ho da credere anco, che me ne ragionarete à sufficientia.

Gio. Bat. Non aspettate già da me, che io vi dica de gli infiniti arbori, che vengono nelle riviere di Genova, di Napoli, & d’altri paesi prossimi al Mar leone. I quali dalla natura sono di continuo favoriti, come quelli che producono abondantissimi frutti diversi senza alcuna contrarietà di nebbie, di tempeste, di freddi, & d’altri mali tempi. Ma ben vi narrerò de gli arbori, & de i frutti che vengono solamente in questo paese. Et quantunque noi Bresciani siamo privi di cosi felici aeri, che hanno quelle provincie, nientedimeno ci debbiamo contentare della liberalità della natura, la quale ci ha donato nella nostra Riviera Salodiana siti maravigliosi: I quali, perche sono à canto à quel gran Lago Benaco (che contende di terribilità col Mare) fanno veder’al mondo, che vi è (se tanto si può dire) il ritratto del Paradiso delle delitie.

Vinc. Quante specie de tali frutti si ritrovano in questo paese.

Gio. Bat. Credo che conosciate Robino da Maderno, che è il più famoso d’ogni altro giardinero di quella cosi honorata professione. Il quale, venendo ogni anno di Marzo ad acconciare i miei arbori in quella eccellentia che vedete; dice che vi sono cinque sorti di questi frutti; cioè cedri, limoni aranci, pomi d’Adamo, & limonee. Et che essendo conosciuti i cedri, i limoni, gli aranci, & in parte gli Adami; non però sono conosciuti cosi bene le limonee, che sono una specie di mezo fra il detto pomo, & il limone.

Vinc. Nascono tutti ad un modo solo, ò pure vi è fra loro differentia nel nascere, ò nel piantarli, overo nel seminarli?

Gio. Bat. Non vi è dubbio che tutti si possono seminare, & che anco nascono al tempo loro; ma però non vengono tutti egualmente; percioche, seminando i cedri, i limoni, gli Adami, & le limonee tardano assai inanzi che facciano frutto alcuno; ma piantandoli in bastoncelli ben lisci di scorza, & tagliati di fresco, non più lunghi d’un palmo, & raschiatovi una parte della scorza per tre, ò quattro dita, che prima va ficcata in terra, vengono presto belli: Ma che non patiscano gran caldo, ne gran freddo, atteso che & l’uno, & l’altro sono sempre nemici mortali. Ne si deve parimente mancare di piantarli lontani l’un dall’altro un palmo senza più, accioche commodamente si possano zappare, come spesse volte vanno zappati; & di fare che non avanzino sopra terra più di due, ò di tre cime di dita. Vero è che vengono anco più facilmente belli propaginando, ò (come diciamo noi) provanando i rami, per l’humore abondante che ricevono dal tronco fin che hanno ben fatto le radici. Ma però gli aranci non vengono mai belli per queste vie, poi che sono duri di legno, & difficili à far radici; onde questi soli vanno seminati in buon terreno, ancorche stanno più anni innanzi che facciano frutto; & chi vuole che ne facciano in poco tempo, non vi è altra via, che incalmarli sopra i pomi Adami. Percioche questi arbori sono talmente frequentati già cinque anni, ò poco più nell’incalmarli de’ cedri, de’ limoni, & de gli aranci, che non si può narrare la utilità grande che rendono quelle calme intorno alla quantità, alla bontà, alla bellezza, alla grossezza, & nel produr’i frutti più tosto assai, che non fanno i cedri, & i limoni quando sono inestati sopra gli aranci; come già lungo tempo è stato usitato, & anco in parte si fà; ma però si frequenta molto più l’incalmare sopra gli Adami poiche ricevono maggiormente i cedri, i limoni, gli aranci, & anco le limonee, che non fanno quando sono incalmati in se medesimi i detti arbori. Et però non è maraviglia se ogn’hora più gli eccellenti giardineri usano ogni loro diligentia nel piantare quanti ramicelli possano cavare da i detti Adami. Et veramente solevano essere in poca riputatione questi arbori, poiche fanno sempre frutti che non sono buoni da mangiare crudi, ne da confettare, ma solamente da lavare le mani, ò da tenerli in vista per la bellezza, & grossezza che si trova in essi. Ma per esser’i loro arbori di tanto aiuto à gli eccellenti giardineri, non vi è nessono che voglia far’un giardino in Riviera, che primamente non ne pianti gran copia, perche in pochi anni leva tutti i boni frutti col mezo di questi.

Vinc. Vorrei saper à che modo s’incalmano i cedri, i limoni, le limonee, gli aranci, & quello che si osserva nel mutar’una specie nell’altra, & quali riescono di maggior utilità;

Gio. Bat. Robino mio maestro, piu volte mi ha detto, che volendo io piantare, ò seminare questi arbori, sempre sciegliessi delle migliori sorti che potessi havere più tosto, che pigliarne delle poco buone, per inestarle poi delle perfette. Et però io lodo l’inestare un miglior cedro sopra un’altro arbore di quella specie; percioche ve ne ha di quelli che sono per l’ordinario, più belli di coste, rivelate, & più grossi, più lunghi, & anco più delicati al sapore, & all’odore. Et oltra che vi sono alcuni che inestano i cedri sopra gli arbori de’ limonì, pensando che vengano più grandi, & di più grossa scorza, ò polpa; nondimeno gli eccellenti Giardineri inseriscono più tosto i limoni sopra i cedri; percioche vengono più belli assai, havendo l’arbore del cedro, più humore, che non quello del limone. Chiamansi poi questi frutti limoni cedronati, i quali sono anco stimati per più stomacali, che non sono gli altri naturali, che sempre sono di qualità frigida. Senza che, per maggior’utilità, inestano ancor’i cedri, & i limoni (come ho detto) sopra gli aranci; si perche fruttano in maggior copia, che non fanno ne’ loro naturali tronchi; & si ancora perche non temono molto il freddo, per participar della natura dell’arancio, il quale per esser di legno duro, & di poca midolla; stà saldo al gielo nella Riviera nostra, benche egli da ogni tempo stia allo scoperto. Et però meritamente è da lodare molto il Reverendo Arciprete Setti di Maderno: ilquale frà i suoi giardini cosi belli, ne hà uno di aranci grandi, singulari, che mai non copre, dove v’ha incalmato un sol ramo di limone sotto à i più bassi d’ogn’arancio, che stà saldo al freddo, & non falla ogn’anno à fare i suoi limoni belli, che divisano molto bene co i pomi aranci. Et benche ve ne siano di dolci, di garbi, & di mezo sapore in grandissima copia; non sono però di quella bontà che sono i Genovesi, & quelli de gli altri luoghi maritimi d’Italia. Et questo è per li siti dotati di felice aere, & per lasciarli ben maturare avanti che siano spiccati, nondimeno ci sono grati molto; si perche producono (come ho detto) grandissimo numero di frutti sempre; & si anco perche fanno molto belli arbori, & che non temono con i freddi, come fanno sempre i cedri, & i limoni. Et ancor che poche volte s’inestino gli aranci, nondimeno sta ben’il mutare una sorte poco buona in un’altra miglior, overo assai più bella. Ma perche l’arancio di mezo sapore è più usitato nel mangiar tra noi, & nel servirsi del suo succo in molti cibi, & altre cose assai, però sono anco molto più usitati nel piantar questi, che non sono i dolci, & manco i garbi.

Appresso, perche l’arancio, & il pomo d’Adamo fanno sempre i fiori ben pieni, il cedro ne produce molti che sono vani, & il limone assai che sono di valore; però è cosa buona, che queste due sorti s’incalmino sopra i detti aranci, & sopra à gli Adami; percioche (come ho detto) si vede che le calme fruttano sempre in copia con l’aiuto, che vien dato loro dal medesimo tronco inestato.

Vinc. Volendosi inestare cosi gentili arbori, come sono questi, che habbiamo detto, quale specie d’inesti debbe osservarsi?

Gio. Bat. Questi frutti propriamente s’incalmano à scudetto al modo che hieri vi dissi delle olive. Ma non bisogna mancare di troncare ogni superfluità de gli occhi non incalmati, & levare medesimamente tutti quegli germogli che nascono di tempo in tempo. Et se pure si lascia tutto il ramo che si trova di sopra della calma, non si manchi almeno à ponervi una cassetta piena di terra, & acconciata talmente, che facendosi dentro le radici, l’anno seguente si possa levare, & piantare cosi bene, che si possa medesimamente inestare questo ramo al modo detto. Il quale si può cosi fare nell’hasta mentre ch’è giovane, quanto ne gli rami atti di poter’apprendere le calme. Incalmando però sempre per Luna nuova nel mese di Marzo, d’Aprile, ò di Santo Giovanni, & d’altri giorni, pur che’l legno sudi, ò sia in amore.

Vinc. Che via si hà da tenere per moltiplicare facilmente questa bella sorte d’arbori.

Gio. Bat. La più ordinaria, & la più facile è quella che fanno i Giardineri detti, quando potando acconciano tutti gli arbori al fin di Marzo, ò al principio d’ApriIe, & più tardi ancora, secondo che l’aere si trova purgato dal freddo. Percioche, sciegliendo i rami à proposito piantano i bastoncelli della misura, & modo che vi ho detto. Facendone alle volte tanti, & tanti, che oltra il piantare quelli che vi fà bisogno, ne piantano à milioni, per venderli poi, come ne vendono per tutto il mondo. Et questi vengono facilmente belli, poiche non vi si manca di zapparli spesse volte, & anco di bagnarli quando fà bisogno. È ben vero, che volendo ampliare ancora tali piante, si può fare, ponendovi non solamente (come ho detto) le cassette intorno à i rami, piene di buona terra stercorata; ma ancora delle zucche, ò boccali di terra cotta, overo altri vasi che habbiano il buco in fondo; ma che siano accommodati di tal sorte, che non cadano; intaccando però alquanto prima col coltello quella parte di ramo grande, ò mezano che ha da stare nella terra, accioche le radici escano fuori più tosto, di quello che farebbono quando non fussero feriti quei rami. Et questo modo è molto à proposito per levare ogni ramo, non tanto per ampliare i giardini (come ho detto) ma ancora, essendo di qualche rara sorte, per donarli à gli amici, ò per piantarli nelle casse, come noi usiamo, overo per ponerli ne i pitari belli, di terra, poiche si caricano facilmente di frutti, che fanno sempre un bel vedere.

Vinc. Quanto tempo stanno questi bastoncelli, & gli aranci seminati innanzi; che producono i fruti.

Gio. Bat. Benche si usi ogni diligentia à gli aranci seminati in tutte le cose, che vi convengono per beneficio loro; nondimeno non vi vuole manco di dodici anni innanzi che facciano fruto alcuno; pensate poi quanto debbono tardare à coloro, che mancano di zapparli, di nettarli, & di letamarli. Ma i cedri che si piantano al modo detto (non essendo impediti da i freddi, ò d’altre avversità) non è dubbio che fanno i cedri in tre, ò quattro anni, quando però habbiano havuto i benefici, che convengono à cosi tenere piante. Vero è che i limoni non essendo incalmati, stanno sin cinque anni (ancor che siano ben coltivati) innanzi che facciano frutto alcuno.

Vinc. Come si coltivano questi gentili arbori?

Gio. Bat. Per le regole che osserva il mio Robino, bisogna ch’essi habbian prima terreno ben qualificato, il quale sia dolce, leggiero, spongoso, ben grasso, & ben netto di pietre; & anco che’l sito sia solivo, eminente, & nascosto dalla tramontana, laqual fù sempre à queste piante nemicissima.

Dapoi bisogna ben letamare i terreni de’ giardini, con letame marcio di sterco cavallino, ò bovino, overo pecorino; dandoglielo innanzi che si zappino le piante, & innanzi, che si coprano di assi, per lo freddo. Et oltra che quelle piante gradiscono sempre il Sole, & spetialmente quelle de’ cedri, stando che le altre sopportano meglio l’ombra, nondimeno ne i grandi caldi, non bisogna lasciarle patire alcun disagio d’acqua (parlando massimamente di quelle che sono solite essere adacquate) ben che vi siano alcuni giardineri che tengono talmente i loro arbori bene all’ordine di terra molto grassa, che lasciandone una parte intorno à i piedi, non mancando à zapparlo almeno ogni mese dal Marzo sin per tutto Settembre; & poi innanzi che coprano quelle piante, le colmano col resto della terra che hanno tenuta da parte nel tempo di detti mesi. Ma ragionandovi d’alcuni giardineri, che sono soliti ad adacquar’i loro arbori, & che non hanno fonte, pozzo, ò cisterna; per non lasciarvi patir molta sete, portano con fatica assai l’acqua, poiche non ve ne vole per pianta men di due brente. Et però sono ben fortunati coloro, che ò presso, ò dentro di giardini hanno buona commodità di acqua; conciosia che anco sempre raccolgono più frutti, più belli, & più temporiti. Et per questo possiamo dire quel proverbio che dice. Si come il perfetto terreno è sempre vero padre delle piante; cosi l’acqua data loro, con misura, & à tempo, è anco la fecondissima madre.

Si zappano intorno alle piante (come ho detto) quasi ogni mese, cominciando quando si aprono, & scoprono i giardini, sin’all’Ottobre; usando gran fattura nel zapparle. Et però per moverle con arte, & ordinarle con diligentia, si pagano sempre un terzo di più al dì gl’industriosi lavoratori che intendono benissimo questo modo di zappare, & di coltivare, che non si fanno gli altri, ancorche siano più gagliardi, & più faticosi; oltra che si accarezzano questi buoni nel dar loro meglio da mangiar’alle hore debite.

Quanto poi a custodire i rami delle piante, si potano ogni anno, tagliandoli più & meno, secondo il buon giudicio de’ potatori; percioche, essendo delicati gli arbori, & i frutti preciosi, non minor diligentia vi vuole nel potarli, & nel zapparli di quel che vien fatto da gli eccellenti patroni. I quali non solamente non mancano di levar da essi le cose superflue co i loro ferri ben taglienti, di drizzare, & di piegare i rami con le mani proprie; ma ancora gli alzano, & abbassano, secondo che bisognano. Poi oltra che tolgono via gli spini con le tanaglie ben taglienti, & levano molti germogli che vengono in cima a i rami; cimano ancora quegli altri che ascendono troppo alti, accioche stiano alla misura conveniente. Ma perche appresso al taglio delle cime di quei rami, nascono più ramicelli, non ve ne lasciano più di tre, & levano tutti gli altri, poiche vi farebbono un boschetto molto folto per ciascuno ramo.

Si usa poi ogni diligentia nell’imperticare quei rami con pertiche leggieri, i quali si accommodano in tal maniera, che possano fruttare, secondo la loro natura tenendo sempre copia di stroppe, & di stroppelli in casa all’humido, per lo bisogno continuo che si ricerca à cotal cura. Havendo anco l’occhio alle radici, à i tronchi, & à i rami grossi, che non s’immarciscano; percioche mancando di curarli, quanto più tosto si può, non è dubbio che perirebbono.

Vinc. Da qual tempo si coprono questi giardini, accioche non gelino per cagione de’ futuri freddi?

Gio. Bat. Sempre si coprono nel mese di Novembre, hora per tempo, & hora per tardo, secondo che i giardineri veggono l’aere, ò dolce, ò minaccioso di freddo. Nientedimeno il mio Robino loda sempre il coprirli più tosto, un poco più per tempo, che stare tardi, & essere assaliti da qualche improviso freddo, che levi poi alle piante tutti i frutti maturi, come alcuni anni occorre à diversi Giardineri per la loro negligentia. Et però non solamente stà bene il coprirli per tempo; ma ancora bisogna avvertire, quando si coprono, che siano asciutti, perche ritrovandoli il freddo bagnati, facilmente si agghiacciano i frutti, & gli arbori. Onde che essendo bagnati, & sforzati à stare sotto à i tetti intorno à tre
mesi, quella humidità diventerebbe talmente muffida, che sarebbe una propria peste à i fiori, & à i ramicelli teneri; & questi cadendo sopra i rami (ancorche siano grossi) gli attossicano di tal sorte, che li danno la
morte. Ma gli esperti Giardineri, per schifare questo danno, inanzi che comincino à coprir’i loro frutti, levano da i cedri (come da quelli, che temono i freddi più de gl’altri) tutti i fiori, tutte le bottole, & tutti i ramicelli teneri; prevalendosene poi nel conservarli col sale nell’aceto, per mangiarli cosi delicati al tempo del verno, della Quaresima, & di tutto l’anno.

Poi, perche communemente i giardini hanno i muri intorno, & i pilastri di mattoni, ò di legnami grossi, si coprono di sopravia con travi di castagna, ò d’altra sorte buona, i quali siano proportionati alla grandezza del sito. Ma bisogna avvertire che non vi piova dentro, & massimamente nel disfarsi le nevi; percioche quell’acqua è più contraria d’ogni altra à queste piante. Si chiudono ancora sempre le fissure d’ogni qualità con la stoppa, ò col fieno minuto. Et quando non vi regnano poi i venti freddi, & che il Sole si fà vedere, si aprono quelle usciere, accioche i raggi solari risplendano nelle piante, lequali si ricreano molto, mandando via da se l’aere cattivo, & asciugando le humidità; & dapoi come il Sole declina, si serrano per lo freddo che non vi entri. Et più, in questi tempi pericolosi, i diligenti Giardineri, non pure sono vigilanti nel veder se’l freddo monta tanto, che vi bisogni accender il fuoco; ma ancora
per chiarirsi di meglio, pongono dell’acqua ne i vasi sopra le finestrc chiuse, ò in altri luoghi della stanza: & come veggono generarsi il ghiaccio; subito vi accendono il fuoco di buone legne secche; come vi sono à proposito i ceppi d’olivo, & ancora i carboni; perche questi fanno buon caldo che dura assai, senza far’altramente fiamma che danneggi gli arbori. Vero è che vedendo anco le foglie de’ cedri, che divengano come unte (conoscendo da qui che hanno del freddo assai) gl’avicinano alle volte tutto il fuoco che (per non essere state soccorse à tempo) muoiono da questo caldo i frutti, & cadono in terra. I quali tanto più patiscono ogni sorte di freddo, quanto che essi hanno maggior copia di suco; mantenendo sempre saldi quelli che in se ne sono privi.

Poi i prudenti Giardineri non sono frettolosi à scoprir i loro giardini del tutto; percioche, se ben molte volte il freddo finge di esser partito, ritorna all’improviso talmente rabbioso, che con pericolo di morte agghiaccia tutti quelli arbori, & frutti che si trovano scoperti.

Nondimeno come vedono che’l Sole ha da stare dopo terza, aprono ogni volta un asse si, & l’altra non del tetto, accioche quelli arbori, & frutti si sborrino, & godano per due, & tre, & anco sin quattro hore il calor di quel Sole. Avvertendo, quando si leva tutto il tetto d’asse, se vi sono rami che habbiano patito dal freddo; percioche non sono da tagliare sin che gli altri buoni non gittano fuor’i ramicelli alquanto lunghi; altramente sarebbe un dar delle ferite à chi fusse amalato.

Vinc. Veramente che vi vanno molte fatiche, & spese à mantener’all’ordine queste sorti de’ cedri, & d’altri arbori simili; di modo che dubitarei che pochissimi Giardineri ne facessero bene, se non fusse, che non conosco natione alcuna, cosi giudiciosa intorno gli avantaggi, quanto sono queste genti.

Gio. Bat. Non è dubbio alcuno, che sono molte le fatiche, & anco più le spese che non si dicono; ma però vi sicuro, che sono talmente maggiori le utilità del danaro che si cavano da tali arbori, che pochi Giardineri vi sono, che non cavino di netto almen cento scudi à ragion di iugero.

Che diremo poi di quei Giardineri aventurati, che si trovano haver salvati i loro giardini da i cattivi tempi, quando gli altri sono pericolati? Costoro dove erano soliti cavare cento scudi, ne hanno cavati più di quattro cento. La onde non è maraviglia se molti in quelle contrade si trovano ben’accommodati di facultà. Possiamo adunque concludere, che si come le spese non si dicono tutte, che vanno intorno à simili arbori; cosi le utilità che si cavano da quelli, non si possono esplicare à pieno.

Si sà che si cavano danari non pochi da tutte le sorti delle piante, per piantar’altrove; da i fiori de i cedri per mangiarli nelle insalate, & per conservarli nell’aceto, ò per condirli col mele, ò col zucchero; & anco da quelli de gli aranci, & de gli altri simili, per fare delle acque nanfe preciosissime.

Poi non tanto si cavano danari da i frutti non maturi, quanto da i maturi; ma ancora cosi da i piccioli, (almen’in buona parte) come da i belli. Percioche de gl’immaturi si fanno molti conditi delicati, come anco de gli arancietti si fanno delle corone belle da vedere, & molto grate da odorare. Et i maturi, & belli si sà quanto sono in prezzo ne i conviti, nel confettarli, nel darli à gli amalati, & nel ponerli nelle medicine, come di ciò gli speciali prattichi ne possono parlar’à pieno. Et oltra che si cavano danari dalle scorze de gli aranci per fare la buona mostarda, l’aranciata, i paradelli, gli arancietti, & il pane speciato, si vendono anco i cedri per fare del confetto cedronato à diversi modi; senza che si cavano danari sin da i frutti alquanto marci, & specialmente da i cedri per cavarne il succo; & anco da i marci del tutto per cavarne la semenza, laquale essendo de gli aranci, si semina; & essendo de’ cedri si vende à i speciali. Basta che sempre si cava utilità, hora da una cosa, & hora da un’altra. Di maniera, che si come le spese sono sempre continue (come ho detto) cosi le utilità sono anco frequentissime.

Vinc. Vorrei sapere ancora se vi sono altre sorti di cedri, di limoni, & d’aranci di quelle che havete detto, accioche (essendone) io possa sapere quali sono migliori per gli ammalati, & quali per li sani.

Gio. Bat. Dal mio Robino ho inteso che vi sono tre sorti di cedri. La prima è la nostra bella. La seconda è della grossa Genovese. Et la terza è de i cedri con la ghianda. I primi che noi usiamo di continuo per essere più delicati, & piu cordiali di quanti conosciamo in tutta la Europa; sono in maggior riputatione quanto più sono grossi, più lunghi, & che hanno le coste ben rilevate da un capo all’altro: Et di questi cosi belli, quell’arbore ne produce hora assai, & hora pochi; ma ne fà anco, che, sono di forma tonda, altri senza coste, & altri che restano diversamente, come vi sono alcuni che paiono scavezzi nel mezo co i capi grossi, & d’altre figure mostruose, come se ne compiace la Natura. I secondi, che sono molto grossi, della specie Genovese, sono al gusto di sapore più dolci de i nostri, ma non hanno quella fragrantia, nè sono cosi saporiti, quanto i detti nostri. I terzi delle ghiandi sono invero i migliori di tutti gli altri, ma sono però più piccioli; & per questo non sono molto in uso. Io mi scordava che Robino me ne ha fatto vedere un’altra sorte di cedri mostruosi, che si chiamano strafoggiati, i quali per esser di varie forme, sono maravigliosi da vedere, & anco buoni come gli altri; ma perche queste piante ne producono pochi, per questo non sono molto in uso.

Quanto poi alle sorti de i limoni, dico che ve ne sono de i communi, che sono però diversi d’una più bella, & miglior sorte dell’altra; & ve ne sono de i cedronati, i quali sono detti cosi, perche hanno la forma quasi simile di bellezza à i cedri, ma non già in grossezza; benche siano incalmati (come ho detto che si fà) sopra quelle piante, accioche crescano in bontà, & nelle altri parti dette. Et più dicovi, che al presente il Conte Francesco Avogadro nostro, ne ha havuto una nuova sorte sara da Genova, laquale non solamente l’ha posta con le altre sì belle piante, che egli tiene nel suo molto vago luogo sotto al Castello della Città; ma ancora produce delicatissimi limoni per conto di dolcezza, & al pari de gli aranci molto dolci.

Vinc. Mai non intesi che de’ limoni, che sono per natura garbi, se ne havesse da trovare che fussero si dolci, come dite.

Gio. Bat. L’arbore del limone produce spine assai quanto più è giovane, nondimeno in Maderno ve ne sono di quelli, che non ne producono alcuna sorte, laqual cosa è molto commoda per maneggiare quelle piante, poiche quelli spini sono pungentissimi, & velenosi assai più d’ogni altro arbore. Ma la bontà de’ limoni è tanto maggiore, quanto che essi sono ben maturi, più teneri, & honestamente qualificati di succo. La onde i limoni di Genova communemente sono migliori de i nostri; & questo avviene, perche sono lasciati sopra gli arbori, per non nuocervi il freddo, come fà à i nostri. Che se nella nostra Riviera li lasciassero sopra gli arbori da un’anno, all’altro, & non fussero molestati dal freddo, non è dubbio alcuno che starebbono al paragone di quanti si trovano in quelle contrade.

Parlandovi poi delle limonee; dico che quantunque siano della medesima bontà, che sono i limoni, non si usitano però molto; percioche non fanno cosi bel vedere, per essere lunghe, & non di cosi bella forma, come sono generalmente i limoni.

Similmente venendo alla natura de gli aranci, ciascuno sà che ve ne sono (come ho detto) di dolci, di garbi, & di mezo sapore; ma questi sapori non si conoscono se non nel mangiarli; eccetto che da i prattichi Giardineri, sono conosciuti benissimo alle foglie dell’albore, & alle scorze de i frutti. E ben vero che gli aranci di Genova sono sempre migliori, che non sono i nostri; ma quando si lasciassero anco questi maturare, & che non patissero freddo alcuno; facilmente starebbono al pari di quelli, come ho ancora detto de’ limoni.

Ragionandovi per ultimo frutto de’ pomi d’Adamo, dico che non sono niente buoni da mangiare, ne da confettare; ma solamente sono commodi per tenersi belle le mani, nel lavarsele con quelli; & anco per essere molto grossi, & ben tondi, & anco di assai bel colore, e in vero ornano grandemente ogni camera, ò altro bel luogo quando più numero ve ne sono. Basta che in conclusione sono perfettissimi gli arbori di questi Adami per ricevere (come ho detto) non solamente tutte le calme de’ cedri, de’ limoni, & limonee & non meno de gli aranci; ma ancora per produrre tosto i loro frutti, & in maggior bellezza, che possa fare qual si voglia altro arbore.

Volendovi poi ragionare de’ fiori de’ cedri (oltra che vi dissi che tutti non escono pieni) dico che quando in cima d’un rametto si trova il primo fiore che si apre esser vano, sicuramente si può levar tutto quel rametto, poiche tutti gli altri saranno voti. La onde à coglier’i fiori, bisogna haver buona pratica in conoscer’i vani che si hanno da spiccare, & i buoni che si hanno da lasciare. Et però molte persone inesperte nell’andare in un giardino, pigliano il primo fiore che viene loro alla mano, non considerando che assai volte daranno all’amico danno notabile, nel levarli tanti frutti, quanti fiori buoni haveranno levati. Per tanto, si come i fiori del cedro (come ho anco detto) sono vani molti, & quelli del limone sono pieni la maggior parte; cosi gli altri dell’arancio, & dell’Adamo sono sempre perfetti tutti. Et è da sapere che i fiori dell’aranci tengono il primo luogo nell’odore, quelli dell’Adamo il secondo, del limone il terzo, & gli altri del cedro sempre l’ultimo. Cosa certamente maravigliosa, che essendo egli il più pretioso di tutti i detti frutti, produca poi i fiori molto inferiori.

Vinc. Mentre che io mi ricordo, vorrei saper da voi, se questa sorte di arbore, dura lungo, ò curto tempo.

Gio. Bat. A questo che voi mi domandate, dico ch’egliè cosa difficile il saper giustamente quanto possono durare: nondimeno per lunga esperientia molti ritengono che vivano assai tempo. Percio che non solamente ho inteso da più huomini nella Riviera che passano i nonanta, & i cento anni, che non si ricordano di molte piante, che fussero mai piantate; ma più alcuni frati di san Domenico mi hanno certificato che in Roma nel convento loro di santa Sabina, vi è un’arancio il quale fù piantato dalle benedette mani dì San Domenico, & che tuttavia floridamente produce frutti delicatissimi; di maniera che forse potrebbe esser da quattro cento anni che fù piantato. Et questo è da credere, perche l’arbore dell’arancio non pure è molto duro di legno, ma ancora ritrovandosi in terra libera, & grassa, fà le radici più profonde de gli altri di questa specie. Et per le medesime ragioni, vengono dietro i limoni, & conseguentemente i cedri, & gli altri di mano in mano.

Parlandovi ancora intorno à i frutti, dico che sono perfetti quelli che durano un’anno i quali non sono stati danneggiati dal freddo, ò d’altro caso; & che passato poi questo tempo, ò che cadono in terra, overo per
la vecchiezza perdono la loro bontà.

Che diremo poi delle altre buone qualità di questi cosi gentili arbori? I quali non solo si rendono sempre grati à gli occhi di noi mortali, per ritrovarsi tanto vaghi di frutti, & vestiti sempre di verdi foglie: ma ancora i moltissimi arbori spogliati d’ogni verdura, paiono à paragone di quella bellezza, & amenità, tanti sgratiatissimi meschinelli.

Medesimamente ragionandovi della natura delle foglie di questi arbori, dico che quelle dell’arancio sono talmente durabili, che quasi mai non cadono (se però l’arbore non ha qualche infermità mortale) cosa che in contrario facilmente occorre à gli altri, & specialmente al cedro, per esser’anco il più delicato de gli altri. Vero è, che alla Primavera è molto capace à rivestirsi di quanto ha lasciato, & anco di produrre dopo i fiori al pari di tutti gli altri arbori della sua sorte. Onde, non è poi maraviglia, se à quel tempo la maggior parte delle contrade della Riviera (cominciando da Salò fin’all’ultima terra verso Trento) sono vaghissime da vedere, & delitiosissime da odorare; & massimamente per la gran fragranza, che rendono di lontano le infinite quantità di quei fiori bellissimi, & soavissimi.

Vinc. Havete voi per cosi buoni i cedri che si spiccano lividi (segno di non esser maturi) & poi col tempo à poco à poco divengono ben gialli, quanto quelli che si colgono di tal sorte maturi, che paiono inzafranati?

Gio. Bat. Non è dubbio alcuno, che quanto più si trovano i cedri, i limoni, & gli aranci maturi in perfettione, tanto più sono di maggior bontà. Et questo si può fare sciegliendoli, & spiccandoli d’uno in uno, ma non già quando i patroni vendono sottosopra tutti i frutti de’ lor giardini à i mercanti nel mese di Settembre, ò d’Ottobre, i quali separano all’hora i maturi, da gl’immaturi; conducendo questi nell’Alemagna, nell’Ongheria, ò nella Polonia, overo nella Moscovia: poi che come vi sono giunti, si trovano quasi tutti in perfettione per confettarli, ò per mangiarli crudi, come la maggior parte li mangiano, secondo che li comprano. Vendendo poi i maturi quanto più tosto possono, & massimamente i cedri per confettare in Venetia, & per tutto lo Stato, & anco in più luoghi di Lombardia. Si che possiamo concluderer, che da noi è migliore un buon frutto fresco, che un’altro mal maturo, per mangiarlo poi quando è divenuto colorito: e massimamente questi, che non sono cosi ben’accommodati ne i cestoni, come si acconciano i detti, che son condotti nelle parti Settentrionali.

Vinc. Che via si debbe tenere, per non lasciar’ascendere questi arbori, ò piante più alti di quello, che conviene alla lor natura, & che anco maggiormente facciano de’ frutti?

Gio. Bat. Voi mi chiedete una cosa di molta importantia, & da pochi osservata; percioche non solo quanto più questi arbori trascorrono in altezza, tanto manco fruttano; ma ancora fanno il medesimo, quando non è da essi levata la moltitudine de’ rami superflui, i quali tirano à se quell’humore, che dovrebbe andare à i fiori, accioche producessero, & ritenessero meglio i frutti. Et però non è maraviglia se le tante piante, che non son ordinate con ragione, non producono anco se non fiori vani, che non danno alcun frutto.

Chi desidera adunque haver de’ frutti in copia, non lasci andar mai le piante più alte del dovere, & lievi anco tutti i rami superflui, che vanno per lungo, & per traverso: Avvertendo che quando si cimano quei rami, per abbassarli quanto bisognano, con la tanagliuola, ò con altri ferri ben taglienti, che produrranno de’ ramicelli assai più in cima, che non vi vogliono, siano levati solamente con le dita, & non se ne lasci altro che dui, ò tre per ramo cimato; altramente ve ne restarano tanti, che le cime diverranno foltissime più assai di prima. La onde non bisogna mancare di fare il simile à tutti i rami che sono per tutto il corpo de gli arbori, percioche quando vi restassero i ramicelli novelli, ò vecchi superflui, non è dubbio che sarebbono talmente folti, che’l Sole non pure vi potrebbe cosi giovare co i suoi raggi, come fà à gli arbori che si trovano ben’aperti di ramo in ramo, che non habbia superfluità; ma ancora quei rami cosi spessi non produrrebbono frutti alcuni, ò pochissimi.

Vinc. Si possono fare questi offici d’altro tempo che di primavera, come per l’ordinario ciascuno fà?

Gio. Bat. Non solamente si potano, & si ordinano alla primavera, & non d’altri tempi, tutti questi arbori gentili con grandissima diligentia; ma ancora non si tagliano se non per Luna vecchia; percioche ella non li fà morbidare cosi, come fà quando è nuova: Senza che (come vi ho anco detto de gli altri fruttiferi) li fà produrre maggior quantità di frutti. E ben vero che non bisogna mancare di levar di tempo in tempo con le dita i ramicelli superflui, mentre che nascono; perche à questo modo gli arbori non temono cosi, come fanno quando sono fatti grandi, & che poi bisogna tagliarli. Oltra che non bisogna mancare di coprir le cime de i rami tagliati, & massimamente quanto più sono grossi; attesoche maggiormente sarebbono danneggiati quei tagli dall’acqua che vi entrarebbe, & dal Sole che li seccarebbe, quando restassero ignudi del tutto, & che non fussero coperti con la cera bianca, ò nuova composta col largato.

Vinc. Da qual tempo è meglio sterpare queste piante, ò per mutarvi luogo, ò per potarle di lontano?

Gio. Bat. I prattichi Giardineri non le movono mai per farle beneficio, poiche fruttano meglio nel proprio luogo loro, che rimetterle in altro, eccetto che se essino lo facessero per qualche lor disegno; onde in questo caso, ò per mandarle altrove, per l’ordinario, le spiantano alla primavera più tosto, che all’autunno; percioche, si come à questo tempo il legno si ferma per esser maturo, & per l’humore che cessa per rispetto de’ giorni che si raffreddano; cosi alla primavera, cominciando à germogliare, come sono piantate mandano fuori le foglie, & ancor’i fiori, s’elle sono potenti. Ma bisogna avvertire, che quanto più tali piante sono grosse, tanto maggiormente si hanno da piantare (come anco vi dissi) quelle parti che giacevano verso l’austro al modo medesimo ch’erano; percioche patirebbono pur’assai, quando le parti ch’erano poste à tramontana, fussero piantate verso l’Oriente, ò l’Occidente, & peggio verso l’Austro. Et questo ricordo è di grandissima importantia; conciosia che non è maraviglia se à coloro, che cadono in questi errori, se ne seccano, ò almeno tardano tanto à prosperare intorno al morbidare, & al crescere, come havrebbono fatto, quando fussero state poste al medesimo sito, come giacevano. Et questo danno accade spesse volte massimamente à coloro che tengono simili arbori grandi nelle casse, perche nel portarli dentro, & fuori ogn’anno, non avvertiscono mai d’accommodarli in quello stato medesimo, che erano l’anno innanzi. Vero è, che quando vi fusse qualche cassa, o altro vaso che havesse i rami verso tramontana più magri assai di quel che fussero gli altri che giaceno all’austro, all’hora lodarei à rivoltare quella pianta; perche à questo modo, i detti rami magri, con l’aiuto del Sole, diverrebbono uguali à gl’altri belli. Ma volendosi portare di lontano simili piante sopra a i cavalli, ò alle carette, bisogna accommodare in tal maniera le radici nella terra co i panni, ò con la paglia legata attomo, ch’elle non restino offese dal Sole, ò da i venti per modo alcuno; piantandole la sera dopo che sono giunte, non tanto in terreno perfetto; ma ancora bagnandole spesse volte sul tardi, secondo che si vede la loro necessità.

Vinc. Posciache à sufficientia voi mi havete ragionato, come si coltivano, & si governano gli arbori de i cedri, & de gli altri frutti di questa specie nella nostra Riviera Salodiana; vi prego che mi parliate ancora ciò che si debbe osservare intorno alle sorti, che si tengono nella nostra Città, & in più luoghi del paese.

Gio. Bat. Questa sorte d’arbori si tengono à tre modi cosi in Brescia, come per li castelli, & per le Ville. Alcuni li piantano à mezodì, non movendoli mai fuor di terra. Altri li piantano nelle casse grandi di legno. Et altri li pongono ne i vasi di terra, detti da noi pitari. I primi si coltivano finalmente come quelli della Riviera; serrandoli, & coprendoli, all’autunno, accioche non gelino, & scoprendoli poi alla primavera, perche verdeggino, & fioriscano, & accioche i frutti già produtti, tendano alla perfettione. I quali, benche non habbiano si felice aere, quanto hanno quelli della bella Riviera; nondimeno, essendo ben custoditi (come sono quasi tutti, per essere nelle mani di persone nobili, che li tengono per trastullo, & per ricreatione) riescono finalmente tanto belli, & buoni, che alcune volte avanzano, i coltivati da coloro, che nascono in quei siti (riservando però sempre i più eccellenti, che per generosità se ne dilettano) per vivere solamente dell’entrate, che cavano dalla loro industria.

I secondi si pongono nelle casse di larice (per esser legno forte, che stà saldo all’acqua) inchiodate à quattro travetti di castagno, per ciascuna cassa, che avanzano di sotto, per piede, un palmo. Le quali si fanno tanto lunghe, & larghe quanto gli arbori sono grandi; ma pero quasi tutte non sono men lunghe di corpo d’un braccio & mezo, & poco meno d’altro tanto larghe. In queste si tiene della terra ben minuta, & sempre grassa benissimo, la quale ogni anno si accompagna di sterco ben marcio di colombi, di polli, ò di cavalli, overo di cloache; & poi al san Martino si portano al coperto sotto alle loggie, ò portici, accioche gl’arbori, ò i frutti non siano percossi dalle prime brine che cadono (non essendo però privi dal goder’il Sole che all’hora vi aggiunge) & à santa Caterina si mettono nelle sale, ò altri luoghi ben chiusi per lo freddo; non mancando poi di portar loro delle bragie ne gli estremi freddi, & anco (come ho detto) di bagnar loro la terra, quando mostrano haver sete. Ritornandosi poi all’aere sotto al coperto à mezo Marzo, accioche possano godere i raggi solari, & si mettono innanzi san Giorgio fuori all’aprico, ne si manca di dar loro dell’acqua tante volte, quante si conosce che habbiano sete. Vero è che non si manca di potarli, & di ordinarli quando si portano fuori, di Marzo, & anco per quattro dita nel discalzare la superficie della terra, & di tagliare tutte le radici che si trovano intorno all’arbore, accioche le altre stiano sempre à basso; percioche, quanto più stanno lontane tali radici della superficie, tanto più gli arbori si fanno potenti per fruttare.

I terzi arbori piccioli che si pongono ne i vasi, ò pitari fatti di bella terra colorata, si coltivano con maggior’arte di tutti gli altri, i quali rendono molta vaghezza, come quelli che non pure sono cosi belli da vedere sopra alcune finestre, o sopra più muratelli; ma ancora rendono gran maraviglia nel fruttare; come si veggono alcuni arbuscelli in questi vasi, che hanno produtto maggior copia di frutti belli, che non hanno in se numero di foglie verdi.

Non è forse cosa da stupire, vedendo un vaso simile, il quale sia non più alto d’un braccio, & non più largo in fondo d’un palmo, & che vi sia piantato un’arburscello anco non più alto d’un’altro braccio, il quale si trova talmente carico di cedri grossi, che ciascuno che li considera, si maraviglia grandemente, che quei ramicelli, che li sustentano, non si scavezzino del tutto?

Vinc. Qui veramente la Natura, con questo essempio, ci fà conoscere benissimo quanta forza ha nelle cose unite, mostrandoci, che mentre uno di questi cedri (benche sia grosso) è sostenuto dal ramicello donde riceve l’humore, egli col suo peso non lo tira al basso; Ma essendo spiccato, & dapoi rittaccato con lo spago, subito lo piega di tal sorte all’ingiù, che quel ramicello ci mostra chiaramente non haver possanza per sustentarlo, come faceva.

Gio. Bat. Non è dubbio alcuno, che l’arte è cosi simile alla Natura, quanto è la scimia all’huomo. Et però non vi è lingua humana che potesse mai narrare la sua possanza, per esser’imprensibile à noi, mentre che siamo nel calcere delle miserie nostre. La onde, siamo obligati infinitamente à Dio, poiche egli ci fà capaci, d’imitarla almeno in parte, con gl’ingegni nostri, che tuttavia ci dona senza alcuni meriti.

Vinc. Vorrei saper’ancora da voi, se in questi belli vasi si piantano cosi i limoni, & gli aranci, come si fanno i cedri.

Gio. Bat. Volendosi piantare arbori piccioli di cedri, limoni, aranci, & limonee, bisogna anco ponerli in pitari piccioli con poca terra, che sia ben grassa, dove non siano percossi dalla tramontana, & che habbiano buon’aere, perche faranno i frutti in tre anni, eccetto però gli aranci per esser molto duri di legno. Ma chi vole che in pochi anni questi fruttino, gl’incalmi sopra i cedri, ò più tosto sopra gli Adami; & faranno anco i frutti più grossi dell’ordinario.

A mantener poi i detti arbori ne i pitari tempo lungo, bisogna ogni tre, ò quattro anni levarli fuori, & tagliarvi la terra con le radici talmente attorno & in fondo, che non ve ne resti più di tre dita. La quale sia cambiata molto minuta, & ben grassa; non mancando poi à cimare i rami, accioche stiano bassi, & levare i superflui che sono per lungo, & per traverso. Non lasciandoli patir sete nel gran caldo, & nel verno bagnarli leggiermente; perche quando si bagnassero assai facilmente gelarebbono nel gran freddo.

Vinc. Fatte voi differentia di poner’in questi vasi di terra tanto un ramo c’habbia fatto le radici sottoterra, quanto un’altro che le habbia produtte in un tronco dell’arbore, con la cassetta di legno, ò col vasetto di terra?

Gio. Bat. Ciascuno di questi è buoni per piantarvi; Ma però quel ramo che sarà spiccato dal tronco, farà all’hora bel vedere, poiche haverà i frutti suso; benche ancor l’altro che sarà cavato dalla terra, produrrà l’anno seguente i suoi frutti.

Vinc. Si come mi havete detto la via che vi vole nel mantener più anni questi arbori ne i pitari, vorrei saper’ancora come si possono mantener nelle casse sempre in buona forma.

Gio. Bat. Come si veggono le radici abondare troppo alla superficie, & appresso alle quattro parti delle assi, dico che si cavino di Marzo le piante dalle casse con le corde in alto; tenendole cosi levate sin che si habbia tagliato via una parte della terra attorno con le radici almeno per mezo palmo, facendo il medesimo alla parte di sotto, accioche ritornando ogni pianta nella cassa, che habbia in fondo alquanto alquanto d’altra terra ben grassa, si abbassi anco con le radici; riempiendo parimente tutta la cassa di perfetta terra; poiche à questo modo si ringioveniscono tali piante, le quali fruttificano benissimo, quando appresso sono ben potate, & tenute basse in bella forma.

Vinc. Questo modo di rinovar le piante, mi piace tanto più, quanto ne ho veduto più volte alcune, che rimangono lungo tempo vane di frutti, & tutto è da credere avenghi per la troppo copia delle radici, che divorano tutto l’humore, che dovrebbe andar’alle piante.

Gio. Bat. Fra li spiriti gentili, che si dilettano di tener’all’ordine questi si belli arbori, non posso tacere M. Giovan’Angelo Rota, il quale tiene i suoi arbuscelli ne i pitari con tante politezza, che non si vedrebbe un ramo fuor dell’altro, un frutto men bello dellaltro, ne più foglie da un lato, che dall’altro; di maniera, che quanti li veggono, si stupiscono, maravigliandosi che l’Arte, & la Natura si siano convenute à mostrar quanto vaglion le forze loro. Oltra ch’egli non ha pari per ridur’à bellezza in simili vasi, diversi animali fatti di basilico, di maggiorana, di mirtella, e d’altre herbe che sforzano ognuno à mirarli per cose molto rare.

Vinc. Che modi osservano costoro nel fare, che questi arbuscelli stiano cosi ben’ordinati come dite?

Gio. Bat. Non solamente fra le vie che tengono questi ingegnosi intelletti, cavano con le mani, ò con le forbicette le foglie, i rami, i fiori, e i frutti che sono fuor dell’ordine, ò che sono doppij, ò troppo sotto l’un l’altro; ma ancora, ritrovandosi che l’arbuscello habbia da un lato i ramicelli più sottili, ò più bassi dall’altro, volgono il vaso fin che questi stiano verso al Sole, poiche da quello vengono ingrossati, & inalzati. Et oltra che sono solleciti nell’adacquarli quando fà bisogno, & sempre con acqua riposata assai, & stercorata; non mancano parimente di chiuderli ben nel verno dal freddo, e dar loro per un’hora, ò due il Sole su’l mezo dì percioche quello li corrobora molto, & cava ogni loro humidità.

Vinc. Dapoi che mi havete satisfatto di quanto sin’hora vi ho richiesto, resta solamente che mi diciate quelle doti maggiori che hanno i cedri, i limoni, & gli aranci.

Gio. Bat. Dovendovi ragionare di questi arbori, & de’ loro frutti, comincierò à dire che essendo ben coltivato quello del cedro, non tanto mai non si ritrova senza frutto, come quello che ne ha sempre di maturi, di quelli che si maturano, & anco de’ piccioli, & de’ picciolissimi che tuttavia di mano in mano l’ingrossano; ma ancora è sempre ben fornito di foglie verdi. Laonde non è maraviglia se tanti nobili spiriti di questo paese, ne tengono appresso di se diversamente (come ho detto) per ricrearsi, nel mirarli, & nel nodrirli con le proprie mani.

Lasciandovi poi la bellezza, & la bontà di questi si pretiosi frutti, per haverne detto à bastanza; fra le prerogative che hanno per natura, mi pare rarissima quella, che hanno contra i veleni, mangiando non solamente tutto il frutto, ma più ancora i loro semi: come di ciò narra Atheneo esser’occorso in Egitto al tempo suo. Et oltra che tenendo in boca la loro decottione, fà buon fiato all’huomo; & mangiandoli conditi, scaldano lo stomaco; il loro acetoso humore li spegne la colera, & lo preserva dalla peste: Senza che i medici moderni, nelle febri pestilentiali, usano i loro siroppi per estinguer la sete.

Venendo non meno à ragionarvi intorno all’albore del limone naturale, & non dell’incalmato sopra il cedro, dico ch’egli non teme tanto il freddo, quanto fà il detto del cedro; & il medesimo fanno i suoi frutti naturali. I quali, oltra che sono più acetosi, & più mordenti al gusto di tutte le altre specie, sono anco di succo più freddi, & più secchi assai. Dalquale succo si fanno siroppi utili, come si fanno de i cedri, per spegner la caldezza della colera, & per estinguer le febri pestilentiali. Et l’acqua fatta con lambico di vetro, non tanto è perfetta per fare il viso lustro, & polito alle donne, quanto perche scaccia le volatiche in ogni luogo della persona, senza che dandolo à bere à i fanciulli ammazza i vermi c’hanno nel loro corpo.

Resta solamente che vi narri dell’arbore dell’arancio, & che facciamo fine. Ilquale (come ho detto) è talmente duro di legno, che stà saldo quasi sempre à tutti i freddi che vengono nella Città nostra, & nel paese, pur che si trovi in luogo coperto, & non mai sotto posto alla tramontana; ma nella Riviera Salodiana non accade coprirne alcuno, poiche sono soccorsi da quel si felice aere, benche vi nevichi sopra, che non temono di rovina alcuna. Et questi arbori producono distintamente tre sorti di frutti; cioè (come ho anco detto) dolci, garbi, & di mezo sapore. Ma tutti hanno le scorze più amare di tutti gl’altri frutti detti, le quali son perfette nel fare la conserva, che si adopra à fare buona mostarda, & altre cose assai, come si usa. I dolci sono caldi in tutte le parti, & gl’altri sono di succo frigido, secondo che più & meno sono anco acetosi. Et però i medici moderni con ragione danno questi, & non i dolci à gli amalati di febri calde.

Parlaremo dimane di quanto vi piacerà.

Vinc. Et io non mancarò di esser con voi all’hora solita. Et però leviamoci da qui.

Il fine della settima giornata.

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