Di M. Agostino Gallo,
Intorno al piantare, & allevare le Viti in poco tempo.
Venuto il terzo giorno, M. Vincenzo andò nell’hora solita à casa dell’Avogadro; & trovatolo à passeggiare nella bella loggia, che guarda à tramontana, & per mezo d’un dritto viale accompagnato da due belle siepi di sanguini, il quale divide il giardino delle case de’ suoi lavoratori; dopo le loro salutationi, fù pigliato da lui per mano, & condutto, di passo in passo, sin’in capo sotto di una gran castagna foltissima, la quale per trovarsi accommodata di freschezza, & di seggi attorno, si posero à sedere. Et dopo che hebbero ragionato della mirabil vaghezza, ch’essi godevano da quelle diverse verdure, & dal dolcissimo cantar de’ tanti uccelli, che tutta via vi erano, il Maggio, ponendosi la mano destra al petto, disse. Poscia che voi Messer Gio. Batista mi siete stato cortese nel chiarirmi questi due giorni passati di quante cose vi ho richiesto, vi prego che mi diciate anco le qualità delle viti, secondo la natura loro.
Gio. Bat. Quantunque la vite sia domandata arbore da gli antichi, & da i giureconsulti; in niuna cosa è però simile à gli altri arbori, eccetto ch’è di legno, & atta à brusciare, come loro. Percioche si vede primamente, ch’ella è dissimile per esser di dentro porosa, & piena di spiracoli spessissimi, & minutissimi nell’asta, nelle braccia, ne i maderi, & pampini; & non meno è dissimile nella scorza, nella drittura, & nel colore; di maniera che non so qual’arbore non sia più bello assai di questo. Senza che non solamente è dissimile per non potere stare in piede, se non è ben sostentata secondo il suo bisogno; ma ancora, si come i rami de gli
Vinc. A quello che voi dite esser quell’arbore cosi languido, cosi debole, & cosi difforme; debbiamo credere, che’l Signore Iddio lo facesse cosi, accioche non fusse buon per altro, che per produrre un licore tanto pretioso, & tanto necessario, quanto è à noi mortali: Percioche quando fussero altramente, non è dubbio che ne sarebbono consumati tanti, che poi i vini sarebbono sempre in maggior pretio di quel che sono.
Gio. Bat. Ch’è poi della dissomiglianza del loro frutto à comparatione di quei de gli altri arbori conosciuti tra noi? I quali sono sodi, & tutti d’un pezzo, & quello della vite è sempre molle, tenerissimo, & in più pezzi: Come si vede, che i graspi grandi, & piccioli han più numero di grani diversissimi, & di tal sapore, che non vi è lingua che esplicasse mai la varietà delle delicatezze, ch’essa vite fà gustare nel mangiarli, & nel bevere i vini, le vernaccie, le malvasie, & altre infinite bevande, che per tutto il mondo sono produtte da lei.
Vinc. Benche vi havrei da domandare più cose circa alla natura di queste vite, nondimeno mi contento che più tosto mi mostriate prima i terreni, che sono da schifare nel piantarla, & poi gli altri che sono buoni per lei.
Gio. Bat. Primamente non si debbono piantar nelle altezze de i monti nostri, & manco nelle parti loro Settentrionali, ne de’ colli, percioche non vi fruttarebbono per cagion del freddo. Come anco non sono da piantare ne i terreni maligni, & specialmente ne i salsi, amari, paludosi, & ledosi; percioche i vini vi venirebbono cattivi, & facilmente si guastarebbono; ponendo ne i campi grassi le viti magre, & le fertili ne i magri; & non meno ne i freddi, ò humidi quelle che hanno poca midolla, & i grani sodi: & poi ne i caldi, ò secchi le altre che ne hann’assai, & i grani molli: Non ponendone sorte alcuna ne i terreni, che habbiano in cima delle pietre in grandissima quantità; percioche vi nuocono di state per lo troppo caldo, & di verno per lo eccessivo freddo, ma essendone sin’alleradici, non tanto giovaranno loro nel tenerle fresche l’estate, ma farrano etiandio che i vini saran migliori. Non piantando viti in valli profonde, ancorche producessero delle uve in copia; percio che, non potendosi maturare, sarebbono vini garbissimi, & di poco valore: Et pur chi ne volesse in simili siti, ve ne ponga di quelle, che facciano talmente i grani rari, che’l Sole possa penetrare tra essi benissimo. Similmente chi vol piantare viti, debbe scegliere delle migliori; & volendone diverse sorti, le ponga tutte separatamente; percioche, stando che le gentili producono curti pampini, & le grosse lunghi, non solamente fà ben’a metter queste più lontane l’una dall’altra, che non voglion’essser poste le gentili; ma ancor’hà maggior commodità nel vendemiar le scelte, che se fussero ne i fili mescolate; conciosia ch’egli può divisare nel far’i vini secondo che le sorti si trovaranno di una in una, & anco accompagnarle come gli piace: Oltra che nel potarle, può cominciar ad ordinare quelle che ricercano esser le prime (cioè le morbide) & fare poi il medesimo al tempo delle più tarde. Et à questo modo si beneficiano tutte di tempo in tempo secondo la natura loro; cosa che non vien fatto cosi, quando sono diverse sorti mescolate insieme. Et però non è maraviglia se in tal caso, ve ne sono assai che patiscono per esser potate fuor del tempo loro. Et questa cosa è di molta importantia, benche pochi vi siano, che pensino ad un tanto danno.
Ancora chi vol piantar viti, debbe considerare la qualità dell’aere, & del sito; percioche essendo da Mezodì, pigli ancor i maderi da quella parte della vite, che’l vol piantare. Et se’l sito è da Oriente, li pigli parimente da quella parte; & se vol piantare in luogo alto, pigli non meno i maderi in sito alto; & se à basso, in basso: Et cosi piantandoli in sito humido, ò freddo, ò secco, ò caldo, sempre (essendo possibile) li pigli da i medesimi luoghi, percioche osservando questo bell’ordine, quei maderi pigliaranno più facilmente, & faranno miglior frutto, & anco più tosto. Avvertendo sempre à non piantarli ne i luoghi freddi, se non alla primavera, ne i caldi se non all’Autunno, & ne i temperati tanto all’Ottobre, quanto al Febraro. Ma perche le viti gradiscono più i luoghi caldi, che i freddi; & più i secchi, che gli humidi; & anco più l’aere sereno, che le pioggie; però non si piantino ne i terreni che hanno l’acqua prossima alla superficie loro, ma n’anche stan bene ne gli altri che si adacquano: Percioche oltra, che non producono buoni vini, & facilmente si guastano; elle parimente vi durano poco tempo. Et però, stando che son’offese tanto dalle acque, lodo che si pongano ne i luoghi asciutti, & anco più tosto ne i colli, che ne i piani. Et avenga che questi ordinariamente abondino più di vino; tuttavia quelli lo fan migliore, per esser maggiormente beneficiati dal sole: Come ben si vede, che si come ogni campo quando più è grasso, & più potente di fondo, tanto più abonda di vino, ma non buono; così, quando più si trova magro, tanto manco ne produce, ma migliore.
Appresso, perche migliore vini raccogliono coloro, che zappano ben le viti più volte all’anno, che non fanno quegli altri, che in cambio di zapparle, l’ingrassano col letame, ò altra cosa atta à farle immorbidare; però i siti producono le uve (quanto alla bontà, & quantità) secondo la natura, & l’arte usata loro.
Vinc. Hora che io ho inteso benissimo questi ricordi, desidero che cominciate à parlarmi intorno à i modi, che debbo tenere nel piantare, & allevare le viti cosi facilmente al modo vostro.
Gio. Bat. Perche principalmente si debbe piantar viti, che facciano delle uve assai, vi ricordo che pigliate di quelle, che siano di poca midolla; percioche queste non tanto ne producono in copia, quanto non temono cosi la nebbia, & la brina, & la fersa, come fanno le altre sorti. Ma per non piantar’uve che vi dispiaccino, voi prima cercarete al principio di Settembre quelle viti cariche d’uve, secondo l’intento vostro; & fatto un segno à le gambe con un podettino, quando vorrete piantar’i lor maderi, pigliarete i più grossi, che siano tondi, spessi d’occhi, & che habbiano fatto quell’anno dell’uva assai (come facilmente si conoscono à i piccanelli de’ graspi tagliati, che vi saran restati) & non mai de gli altri; percioche vi sarebbe dubbio, che non facessero frutto, per esser maderi sterili. nè pigliarete di quelli che sono alla gamba, ò alle braccia; per non essere spessi d’occhi, & manco di quegli altri che sono prossimi alle cime; perche sono troppo sottili, & curti; tagliandoli sempre nel crescer della Luna, & dopo Mezo dì al tardi, & piantandoli anco quanto più tosto si può ne i primi giorni di essa. Et se per caso voi mandaste à torre tai piantazzi di lontano, li ponerete subito nell’acqua, & li piantarete quanto più tosto; facendo il simile (quanto all’acqua) à i tagliati di fresco, & massimamente quando il terreno è molto secco.
Ancora per esser cosa naturale, che alcun’arbore non può mai crescere, se non è aiutato, & quanto più sono deboli, tanto più la verga patisce; però bisogna far loro tre provisioni, che quando cominciano à germogliare, possano facilmente trappassar la terra. Voi adunque farete prima i fossatelli (& non buche) larghi un braccio e mezo, & alti altrotanto, all’Ottobre volendo piantar’al Febraro seguente; ma piantando inanzi al verno, li farete all’Agosto: percioche questi dal caldo, & quelli dal gelo, diverranno come cenere; facendoli trappassar la ripa, dove maggiormente pende il campo, accioche l’acque, ch’entraranno, discorrano sotto terra fin nel fosso prossimo; facendoli non meno con l’aratro (per manco spesa) fin che si può fondare, & poi finendoli con la vanga; gittando il terren migliore dall’un lato, & il resto dall’altro; ma questo lontano dalla ripa non meno d’un braccio, accioche nel piantar’i maderi, possiate prima poner sopra il grasso cavato, & dapoi quello delle due ripe non mosse tanto quanto sarà buono; spianandovi etiandio tutto il resto, benche fusse magro; perche col tempo si farà buono.
Fatti adunque i fossatelli à questo modo, voi coprirete il fondo di pietre non più grosse d’un pane; percioche non solo le radici delle viti vi staranno nel gran caldo fresche, & le acque piovane, & le adacquanti, over le risorgenti vi si purgaranno; ma ancora i vini riusciranno migliori, & li occhi delle medesime viti tarderanno di anno in anno à germogliare; cosa in vero utilissima, poiche la brina, ò freddo grande non le danneggiaranno; come fanno molte fiate quando escono fuori per tempo: Coprendo quelle pietre di buona terra, che non si veggano, ponendo dapoi sopra delle brocche, ò rami di legne. Vero è che per minore spesa, potrete mettervi de’ ricci di castagne, ò meligazzi, ò più tosto de gli spini di rovere, & di questi in quantità; percioche teneranno quel terreno talmente sospeso, che le radici delle viti non haverano impedimento, che non crescano commodamente in lunghezza, & in grossezza, trahendole poi adosso tanto terreno del più grasso, che non si vegga cosa alcuna. Et fatte ben queste cose piantarete per Luna crescente le viti, & opij, over’altri arbori, & ponerete i maderi lontani l’un dall’altro quasi un palmo, accioche si possa zappare fra mezo: I quali coprirete con terreno mescolato col letame vecchio; ò per manco spesa con le vinaccie, ò guscie d’uva; overo col bulaccio chiamato locco da molti, che si cava dalle biade quando si fanno fuori della paglia; & è perfettissimo, se’l si trova ben marcio d’un’anno, ò di due, conciosia che fà talmente germogliar le radici (per esser di natura caldissimo) che molte fiate in capo di due anni, quelle viti si caricano d’uva. Et però sarebbe cosa buona à ponerlo ogn’anno in qualche luogo separato allo scoperto, & non marcirlo sotto à gli animali (come si fà) per servirsene poi nel caso detto delle viti. Et anco per far nascer tosto le zucche.
Vinc. Ancora io credo il valor di questo bullaccio, come più volte l’ho veduto à mettere col rosmarino, co i cedri, limoni, aranzi, & altri arbori delicati, quando si piantano senza radici, & venir quelli in poco tempo bellissimi.
Gio. Bat. Poi non piantarete più di dui, o tre maderi appresso all’albore; percioche quanto più sono insieme, tanto manco ciascuno participa della grassezza di quel terreno. Lodo bene, che ne poniate nel vaso tra un’arbore, & l’altro; ma lontani l’un da l’altro mezo braccio, ò poco più; attesoche voi gli allevarete con quel medesimo zappare, che farete à gli altri principali; stando che quando si zappano questi, per l’ordinario si zappa anco quello spatio, che è fra l’un’opio, & l’altro. I quali maderi superflui; come havranno due, ò tre anni, li potrete ripiantare in altri campi; & questi faranno più tosto della uva, che li sbarbati: Piantandoli però sempre tutti distesi in piano, & più lunghi che potrete; ma che le cime non restino troppo sottili sopra
Lodo medesimamente gli eccellenti Bergamaschi, che piantano le viti ne i terreni potenti, col farvi i fossi alti due braccia, & larghi altrotanto, & poi vi pongon’i maderi lunghi in fondo ben distesi in piano; gittandovi sopra non più del terzo del terreno migliore cavato, & lasciando il resto delle due ripe à maturare, per trarglielo adosso di anno in anno, fin che sieno spianati quei fossi in tre, ò quattro anni; cosa molto giovevole à quelle viti; si per cagion di quel terreno cosi polveroso, & cosi grasso; & si anco per lo Sole, che vi penetra, & le beneficia come fà. Et oltra che lasciano il primo anno se non dui occhi per madero sopra terra, non mancando etiandio à nettarli, à zapparli, & ordinarli di paletti, ò frusconcelli di tempo in tempo secondo il lor bisogno; di maniera che quando cominciano à tirar quelle viti; non solamente producono ogni anno più gran quantità di uva; ma si mantengono anco belle à centinara d’anni.
Vinc. Benche i Bergamaschi generalmente siano in questo più da lodare de’ Bresciani; nondimeno nel resto dell’Agricoltura sono poi inferiori assai.
Gio. Bat. Piantati che haverete i maderi, non lasciarete se non dui occhi per madero, & come i germogli saranno lunghi un dito, levarete via co i diti il men bello, & non mai con ferri; mondando poi quel che resta da ogni altro germoglio, che gittasse fuori; facendo questo al Maggio, & più ancora fin che quell’occhio, ò madirolo sarà inviato à farsi lungo; perche all’hora non più germoglierà. Et al Febraro seguente, tagliarete via quel poco legnetto, che avanza sopra al madirolo col podettino, ò tanagliuola ben taglienti; accioche crescendo la gamba, & quello di compagnia, divengano una medesima verga.
Ancora non mancarete à zappar le dette gambe almeno tre, & quattro volte il primo; & altri anni; ma meglio sarebbe à zapparle ogni mese, cominciando al Febraro sin per tutt’Ottobre; ma ritornarvi parte del lor terreno attorno da Maggio fin per tutt’Agosto, accioche non siano traffitte le radici dall’eccessivo caldo, & poi colmarle maggiormente con l’aratro innazi il verno (se tanto si può fare per minore spesa) & aprirle ancor fuori con quello alla primavera zappandole, & nettandole all’hora benissimo; con tagliare via tutte le radici, che saranno sopra terra; ma lungi un poco dalla gamba; percioche patirebbe quando si tagliassero ben sotto, & massimamente chi facesse questo al Maggio, ò nel gran
Appresso, perche le dette viti havranno compiuti tre anni al Febraro pur susseguente; essendo state zappate, & ordinate di tempo in tempo al modo detto, sicuramente potrette tirar’uno, о dui maderi per gamba secondo che saran potenti: & poi di anno in anno crescerete la somma quanto abondaranno le forze loro. Et questa è la vera via per allevar tosto ogni vigna, ma non già quell’altra, che generalmente si osserva per tutto il Bresciano: percioche coloro fallano in due cose.
La prima è, che quando han piantato la vite, non solamente per dui ò tre anni non le fann’altro che lasciarla andar per terra; ma le lasciano ancora quanti figliuoli, ò rami vi nascono, i quali quanti più sono, tanto più tirano à se l’humore, che dovrebbe andar’alle radici.
La seconda è, che passati tre anni, ò quattro tagliano tra due terre la gamba della sfortunata vite; & non contenti di questo, la tagliano il quinto, & alle volte il sesto, & settimo anno; tenendo fermamente, che quante più volte la tagliano à quel modo, che tanto maggior beneficio ricevano le radici. Et questo è falsissimo; percioche tagliando à quel tempo cento gambe frà due terre, ne periranno almeno otto, ò dieci. Ma tagliandone à migliara nel nuovo legno, io son certissimo, che pur’una sola non perirà: Come di ciò si puo far giuditio nel tagliar’un piantone di salice ben fronduto di tre anni, ò quattro. Che tagliandolo in quei rami, si sà che non perirà; ma chi lo tagliasse di sotto di quelli (cioè nell’hasta) gran maraviglia sarebbe se non seccasse. Ma pensate, se’l zappatore debbe esser circonspetto nel zappare à non ferir le viti nelle parti da basso (stando che temono assai più che non si stima) che dobbiamo poi credere quanto sia il danno, che si fà nel troncar tutta la verga loro?
Vinc. Perche si vede, che per ordinario, nell’allevar le viti, sono talmente dannegiate da’ buoi, & vacche, che come sono pasciute, ò mortificate, o solamente che sentano il fiato loro, tardano assai innanzi che ritornino nel primo stato; però vorrei saper se vi è riparo alcuno per diffenderle da questa maladittione?
Gio. Bat. Non è dubbio alcuno, che à bagnare queste viti novelle con l’acqua pura che resta nel vaso, dove sono state à mollire le pelli secche de’ buoi, & vacche, & d’altri animali piccioli, v’assicuro che non vi si approssimaranno per la gran puzza, che aborriscono di quell’acqua. Et però havendone voi in un vaso, bagnarete di gamba in gamba quelle viti con una scopa, come havran gittato fuor’i pampini con le foglie; facendo questo al tardi, accioche per lo fresco ella s’incorpori meglio in esse, che se fussero spruzzate a mattina, & poi arse al Sole.
Vinc. Quante volte si debbe far questo? conciosia che crescendo tutta via quei pampini sin che son maturi, vi nascono, & crescono parimente de gli altri, i quali, per non esser bagnati, non dovrebbono n’anche putir’in modo alcuno.
Gio. Bat. Ancorche i primi pampini puzzino talmente in quella parte dove son bagnati, & che non ribagnandoli altramente non perdino se non poco quel puzzore, nondimeno per assicurarsi che non siano danneggiati secondo il solito, lodo che si bagnino un’altra volta, come sono cresciuti assai, e si faccia massimamente questo quanto più vi fosse piovuto sopra.
Vinc. Vorrei saper’ancora come si debbono far le buche, ò fosse in quei luoghi, dove non si possono far’i fossatelli.
Gio. Bat. Non le farete men lunghe di braccia tre, & larghe un’& mezo, & altrotanto alte, accioche possiate piantare due, & tre gambe di viti con l’arbore separatamente l’una dall’altra almen’un palmo. Senza che quanto più harann’intorno del terreno mosso, tanto maggiormente verrano belle. Ma non mancarete à metter dentro di quelle cose, che hò detto de’ fossatelli per maggior beneficio delle viti, & arbori, che si pianteranno, facendole lontane l’una dall’altra, più, & meno secondo la sorte delle uve, & de’ terreni; percioche piantando uva gentile in terreno magro, che sia sabbioso, ghiaroso, ò d’altra natura simile, non passarete sei, ò sette braccia; ma piantando questa istessa sorte in terreno grasso, la ponerete non meno di nove, ò di dieci. Et essendo uva grossa, & piantandola in potente terreno (perche produrrà più lunghi maderi) tanto maggiormente la piantarete lontana l’una dall’altra.
Vinc. Per qual cagione havete voi fatto tanti pendoli, ò stropelleti di salice attorno i vostri campi arati, col far’andare sopra i loro cerchi tante belle viti, che реndono con si bell’ordine allo in giù cariche di uva?
Gio. Bat. Vedendo io il gran danno, che davano a i miei campi gli onizzi con l’ombra loro, li cavai con tutti gli arbori grossi, & piantai in luogo suo delle viti, & piantoni di salice per incalmarli poi come ho fatto: da i quali non tanto ho cavato quest’anno ducati trenta, & più cavarò per l’avenir di stroppe, & stropelli che ho venduti à questo Febraro; ma spero che le viti, che vi rampicano sopra daranno il vino, che mi bisogna per la famiglia.
Vinc. Non solamente non è maraviglia, che voi caviate molti danari ogni anno da queste stropellere, poiche tuttavia crescono i vignali per tutto il paese; ma è da lodare questa inventione, vedendo i tanti palmiti carichi di uve à pender’intorno à quei cerchi cosi ben’ordinati senza danno delle biade, ò d’altri frutti.
Gio. Bat. Dapoi che dite d’inventioni, voglio mostrarvene un’altra per far’un vivaio di viti, che in capo di cinque anni vi darà ogn’anno tante gambe con le radici, quante desiderarete di piantare, & vendere. Voi adunque divisarete primamente un luogo accommodato à quello, & li farete i fossatelli lontani l’un dall’altro non più di otto braccia, & di quell’altezza, & larghezza che vi ho detto; & poste anco dentro le medesime cose, vi piantarete quelle miglior viti senza arbori, che vi piacerà; ponendole lontane l’una dall’altra non meno d’un piede, & allevandole di tempo in tempo al modo pur delle altre dette, & vi ponerete i suoi frasconi secondo il bisogno, accioche possano rampicar’i lor maderi sopra à i ranfioni non più lunghi d’un palmo: Et come havranno compiuti tre anni, si come si dovrebbono tirare al Febraro i maderi per far dell’uva, voi volgerete all’hora sotto terra dui, & tre di quelli per gamba; crescendoli poi di anno in anno secondo che verranno potenti; sotterrandoli non più d’un piede, & per lunghezza non più di braccia tre.
Poi essendo le viti per drittura da Tramontana à Mezodì, li volgerete la prima volta con le cime da Occidente, & li troncarete talmente, che non avanzino sopra terra se non dui occhi per madero; accommodandoli con tal misura, che si possano zappare, & infrasconare, & che l’una cima non impedisca l’altra: Cioè sotterrando il primo madero lontano dalla gamba un braccio, il secondo due, il terzo tre; & poi il quarto solamente uno, il quinto due, & il sesto tre; & sempre per drittura. Et à questo modo, alcun madero non occuparà l’altro; nè cima di due occhi sopra terra non impedirà l’altra; anzi si vedranno distinte l’una dall’altra infrasconate secondo le qualità di quei maderi. Et quando cresceranno in maggior numero, gli sotterrarete anco più spessi sin’al doppio; lasciandovi però sempre de gli speroni, che producano maderi per l’anno seguente: che se ben saranno lontane le cime un piede, ò mezzo braccio, si zapperanno facilmente. Ma come havrete infrasconato le gambe grandi, accioche vi possano rampicar’i maderi, che si volgeranno al Febraro seguente da Oriente al modo de gli altri, zapparete le cime provanate con le gambe a’ suoi tempi; & poi all’altro Febraro cominciarete à cavare tutti i maderi da Occidente, i quali (per haver compiuti dui anni) saranno talmente grandi, & barbati, che piantandoli altrove, & non mancandoli delle cose necessarie, vi daranno dell’uva in capo di dui anni; percioche quando li levarete per piantarli, saranno più belli che i piantati sbarbati di quattro anni. Et come gli havrete cavati tutti da quel lato, provanarete anco quei quattro, ò sei, ò più maderi per gamba. Osservando poi à questi, & à gli altri che volgerete, & cavarete d’anno in anno quei medesimi modi, che havrete fatto à i primi. Percioche, piantando voi ducento viti in una pertica di terra al modo detto, come saranno in prosperità, vi renderanno ogni anno almeno mille cinquecento piante, che saranno perfette da piantare in ogni luogo: Senza che le potrete vender’almeno dui marchetti l’una, che saranno d’entrata ducati vinticinque. Che se fussero un iugero, ne cavarete ducati cento all’anno.
Vinc. Che cosa si debbe far’alle viti per haver delle uve in copia.
Gio. Bat. Fra le cose che vi potrei dir’intorno à questo, solamente ne dirò cinque, per esser’anco le più importanti.
La prima è, che zappiate le viti più volte all’anno, cominciando quando si aprono fuori al Febraro insino che si colmano all’Ottobre; facendo questo nello scemar la Luna, percioche si seccano più facilmente le herbe.
La seconda, che tagliate all’hora via tutte le radici che si scoprono nel zapparle quasi in cima terra, al modo detto; & le nettiate d’ogni gramigna, & d’altre herbe che fussero appresso alle gambe, ò che fussero nel vaso, ò spatio trà un’arbore, & l’altro.
La terza, che teniate ben nette le gambe d’ogni madirolo che sia di sotto delle braccia, ò legame; & anco d’ogni verme, ò d’altre cose, che le noiassero; percioche sono alle volte ridotte da tali animaletti in niente.
La quarta, che leviate via al Maggio tutti i maderi superflui, che si trovano fra le braccia delle viti, & lasciarvi quei soli che son più belli, & necessarii per tirare l’anno seguente, & per fare de gli speroni, come ve ne vogliono per tenere basse le viti; percioche à questo modo vengono assai più belli, & nel potarli non occorre à farli altro: Levando via non meno tutti quegli altri maderi, & pampini, che non han produtto uva; perche, essendo sterili, non stà bene che tirino à se quell’humore, che debbe andar’à gli altri che han fruttato.
La quinta, che alla fin di Maggio cimiate tutti quei maderi, che hanno l’uva, accioche quell’humore, che tuttavia tende ad allungarsi, si volga ad ingrossar maggiormente l’uva: oltrache la fersa non potrà offenderla come spesse volte fà, la quale per la soverchia morbidezza, corre sempre alla cima di quei maderi non castrati, & non à beneficiar l’uva.
Vinc. Qual tempo giudicate voi migliore per potar le viti, la Primavera, ò l’Autunno?
Gio. Bat. Voi sceglierete, & potarete le viti magre (essendo possibile) nell’apparir la Luna di Gennaro sin’à i quindici di; ma quanto più fussero morbide, tanto più tardarete verso il fine; percioche, per esperientia si vede, che questa fà produr più uva d’ogni altra: Osservando però questo medesimo modo in tutte le altre Lune: Potarete poi innanzi il verno quelle, che si trovano ne i colli, ò vicine à quelli talmente, che non siano offese dalla Tramontana; percioche non patiscono, nè s’indeboliscono per conto del lagrimare, come fanno alla primavera, & producono etiandio maggior quantità di uva, & migliore: Non potandole mai, come comincia à gelare, ma si ben subito che sono spogliate delle foglie (per esser all’hora maturo il legno) nè anco alla primavera, ò d’altro tempo quando tirano venti molto freddi, ò che piove: ma solamente quando l’aere è temperato, & asciutto; sia poi Sole, ò nuvolo; che sempre è bon tempo. Potandole però sempre innanzi che comincino à far segni di gittar fuori cosa alcuna, percioche in simil caso patirebbono tanto più, quanto che gli occhi fussero più allungati. Avvertendo poi à lasciare alle viti molto morbide tanti maderi, quanti siano atti per dispensare quella superfluità, che in lor si trova, perche questa è la vera via di mortificar la fersa, laquale per la troppa morbidezza, distrugge le uve. Et però, si come falla colui, che impoverisce simili viti di maderi, poiche quelli che rimangono, restano talmente carichi di morbidezza, che non possono produr frutto, ma solo tendono ad abondar ogn’hora più quelle di pampini, & foglie; cosi quell’altro fa bene, che non solamente vi lascia tanti maderi, quanti fan di mestiero, ma vedendo che sono di assai numero, li tira co i pali da i lati delle gambe tutti quelli, che sono di più dell’ordinario, & in quella lunghezza, ch’egli conosce il bisogno loro. Oltrache per esser ben prattico, lieva dalle viti magre tutti quei maderi, che lasciandoli, sarebbono cagione di rovinarle; & massimamente quanto più si facesse questo de gli altri anni.
Ancora sarete discreto verso le viti, che han fatto dell’uva più dell’ordinario à non caricarle di maderi l’anno seguente, ma vi lasciarete solamente quei soli, che bisognano secondo le loro forze. Et sarete circonspetto nel conciar le viti giovani differentemente da quel che si fan le altre sorti; percioche, si come à quelle che han fruttato più anni (per l’ordinario) possono portar più numero di maderi per fruttare l’anno seguente; cosi alle giovani ne lasciarete pochi il primo anno, & poi li crescerete di tempo in tempo, secondo che diverranno potenti.
Parimente quando troverete alcuna vite talmente vecchia, & fracida, la quale sia dubbiosa di ridursi in niente, all’hora (essendo di buona sorte) non mancarete, per rinovarla, à provanare sotto terra qualche madero, che sia à proposito; & non essendone, le darete nel più bel luogo dell’asta, uno, ò dui tagli, accioche nasca da quelli qualche sarmento, ilquale sarà poi atto per provanare, & rinovarla in poco tempo, & senza spesa alcuna.
Similmente imitarete gli Agricoltori esperti, i quali nel potar le viti, levano via quei madiroli miseri, che si trovano sotto, ò appresso à i belli, che sono per produr dell’uva in copia; ma non seguitaste mai quegli altri innumerabili, che rovinano le meschinelle viti con lasciarvi assaissimi maderi, che non son’à proposito, & levano via quelli che dovrebbono restare, ò almeno farli in speroni: Senza che più volte lasciaranno un braccio di vite trascorso, per haver dui, ò tre bei maderi; onde poi è forza privarli del frutto almen per un’anno, ò che la povera vite vadi di mal in peggio. Et però lodo à fare de gli speroni al basso, accioche ella non trascorra, & non lasciare più di dui occhi per sperone.
Veramente, se le povere viti potessero esprimere parte de’ torti, che loro vengono fatti, & che trovassero giudici, che lor facessero giustitia, io son certissimo, che di villani ignoranti, si fornirebono le centinara di galere: Castigo in vero conveniente à simil generatione, poiche non sapendo, non vogliono n’anche imparare, & manco confessare i lor’errori.
Vinc. Certamente, se i nostri Illustrissimi Signori imitassero gli antichi Romani nel fare i Censori sopra alle mal coltivate possessioni, non vi è lingua, che potesse mai esplicare l’abondantia, che havrebbono i lor sudditi, & con beneficio grandissimo del loro Dominio. Ma perche dubito di non veder mai questa santissima provisione, desidero che seguitiate pure nel dirmi dell’altre cose in beneficio delle viti.
Gio. Bat. Quanto poi à potar le viti, le tirarete giù da gli arbori quando piove, ò che sono humide; percioche non si rompono, ma si ben quando il tempo è asciutto, ò molto arido. Dilettandovi sempre di haver ferri ben taglienti, & sottili, perche tagliarete benissimo ogni cosa, & con poca fatica; non lasciandovi mai ranfioni, come fanno infiniti ignoranti, ma tagliando, & radendo a canto all’asta ogni madero, che vadi levato; onde non è poi maraviglia, se quelle viti sono rovinate da i vermi, che vi entrano, & se essi acquistano nome d’esser valenti per far ranfioni in copia, per attacarvi botazzi, & fiasconi.
Vinc. Aspetto parimente che mi diciate, come si possono incalmar le viti sterili, ò vecchie, ò che facciano cattivo frutto.
Gio. Bat. Di quanti modi, che si leggono ne gli Autori antichi, i più lodati sono la trivella gallica, & il fessolo.
Vinc. Ho più volte veduto ad incalmare à fessolo, troncando la gamba dove è più netta, & più rotonda, & fendendola al modo medesimo che si fendono gli arbori fruttiferi, ponendovi dui maderi proportionati à lei. Ma benche io habbia letto Columella, che parla di questa trivella gallica, però non ho mai inteso la forma sua.
Gio. Bat. Questa è simile à quella, che fà i buchi in cima alle botte, per ponervi dentro il vino, la quale taglia senza far niente de segatura, & è grossa quanto bisogna far’il buco, per mettervi il madero. Voi adunque senza troncar la gamba della vite, la forarete prima con un trivellino solito in luogo tondo, liscio, netto, & grosso insino alla midolla; facendo dapoi maggior quel buco con la gallica, il quale anco restarà ben netto. Et tolto il madero tondo, bello, & alquanto più grosso del buco, lo tagliarete dov’è più grossello facendolo ben tondo in lunghezza tanto quanto possa entrar giustamente in quel buco; & troncandolo poi talmente, che non habbia à restar fuori, se non con dui occhi nel batterlo con qualche legno, ò martello, finche sia ben ficcato, & ben serrato, & che anco non si vegga del taglio: facendo questo dal Marzo fin mezo Aprile; havendo riguardo sempre à i siti, & à i tempi. Vero è, che questo non mi è riuscito nelle mie viti qui, benche siano cresciuti i pampini un braccio; conciosia, che l’humore dell’acqua è talmente abondato in quei buchi, che finalmente sono seccati; nondimeno ho per fermo, che riuscirebbe ne i colli, per esser’asciutti, & non humidi, come sono i nostri campi; overo chi tagliasse di sotto della gamba per due dita; perche quell’humore uscirebbe da questo taglio, & non dal buco della calma. Ma vi voglio dire un’infallibile secreto, ilquale, oltra che non è in Auttor’alcuno, è anco, fin’hora da pochi conosciuto. Voi pigliarete adunque un madero de’ più belli, de’ più lunghi, & de’ più bassi che siano nella verga della vite, il quale, senza spiccarlo da lei, lo troncarete in cima dove è tondo, & grossetto; & lo lasciarete talmente lungo, che arrivi sotto terra almen’un palmo; & fessatolo per mezo non più d’un dito lungo, con sottigliar di dentro alquanto le cime, pigliarete poi quell’altro che vorrete incalmar’in quella fessura, che sia lungo un braccio, & conforme à quello in grossezza, & in tondezza: Et lippatolo da dui lati à modo d’un conio lungo, quanto è la detta fessura, lo commetterete dentro talmente, che non si vegga taglio alcuno, ma solamente la scorza dell’uno, & dell’altro madero. Et fatto ben questo, pigliarete uno stroppello fesso, come se voleste legar’una scopetta, & con quello legarete, & scoprirete tutta la parte fessa, & lippata congiunte insieme; mettendo poi tal legatura in fondo della fossa larga un braccio, & altro tanto lunga, & alta, à canto della vite, secondo ch’è commodo per drittura al filo delle altre viti, & che vi si possa zappar’attorno. Et spianata che haverete la detta fossa col terreno grasso, tagliarete la calma sopra dui occhi. Vero è che forse sarebbe meglio, in cambio del fessar, & lippar questi maderi, che si fessasero tutti dui per mezo, come pur sarebbe un dito lungo, & tagliarli poi per traverso da una parte fin’alla midolla: Et levata via quella metà tagliata à ciascuno li commetterete, & legarete come ho anco detto percioche restaranno più uguali in quella legatura, che nell’altra prima. Ma innanzi che sterpiate la vite vecchia, lasciarete passare almeno quattro anni, accioche la calma (in quel tempo) divenga potente, la quale potrete tirare dopo dui anni, & la vite vecchia di continuo sin che la cavarete. Et questo è il vero modo d’incalmare ogni vite; si perche non si perde niente del frutto; & si anco perche la calma divien potente presto, per l’humore ch’ella riceve dalla gamba di quella vite: Cosa che non aviene cosi alle calme del fessolo, & della gallica, le quali durano pochi anni, per esser posti nel troncone vecchio, che tuttavia si và struggendo per l’humore che corre sempre nelle tenere calme, le quali crescono talmente, che vengono assai più grosse del troncone loro; senza che molte fiate cadono, ò si scavezzano il primo anno, per cagion de gli animali, de i venti, ò per altre disgratie: & quest’altre rarissime volte, ò non mai pericolano, per esser’incalmate sotto terra.
Vinc. Hora che resto satisfatto di questo bel secreto, desidero non meno, che mi mostriate con quanti modi si possono ingrassar le viti magre.
Gio. Bat. Primamente s’ingrassano col letame vecchio, ma bisogna ponerlo lontano dalla verga, & dalle radici poco men di un palmo: percioche quanto più le fusse vicino, tanto più le nocerebbe col suo calore.
Poi, per manco spesa, sono buone le guscie dell’uva, delle noci, la bulla del lino, rasicatura de gli arbori, & la cenere delle fornaci.
Ancora è buona la polvere raccolta per le strade (come dissi) la terra avanzata del salnitro, la grassa delle cloache, & il letame de’ cavalieri servato, per darlo all’autunno, come all’hora si debbe dar loro tutte le grasse avanti, che si colmino.
Non meno è buona la polvere de’ prati prusciati, & quella delle lane vergheggiate, & il calcinaccio minuto accommodato col letame vecchio.
Appresso è buono il bulaccio ben marcio, che tanto vi ho lodato, & lo sterco (pur ben marcio) de’ polli, de’ colombi, & d’altri animali simili.
Parimente sono buone le tagliature de’ sarti, de’ pellicciari, de’ calzolari, & la segatura, ò limatura de’ corni. Ma sappiate che quelle grasse si dovrebbono più torto dare alle viti novelle, accioche maggiormente facessero presto dell’uva, & non alle grandi; percioche à queste è d’altro beneficio la buona diligentia del ben zapparle, poiche producono miglior vino, & si mantengono belle più lungo tempo.
Vinc. Quali arbori sono più à proposito, per piantare appresso alle viti accioche siano sostentate secondo il lor bisogno?
Gio. Bat. Secondo l’usanza nostra, si hà per migliori gli opij, di tutti gli altri arbori; percioche durano più lungo tempo, & producono più minuta foglia, & più picciole radici. È ben vero, che ne i luoghi montuosi, sassosi, ghierosi, aridi, ò magrissimi, stà ben piantarli de’ frassini; percioche prendono, & crescono più facilmente de gli opij. I quali, ben che durino manco assai, & siano sottoposti à gelare quando gelano le loro viti; nondimeno sono d’apprezzare; conciosiache i serpenti non si prossimano mai tanto quanto giunge la ombra loro: Onde, non solo hanno questo dono dalla natura, ma producono i fiori avanti che quegli escano fuor di terra, nè mai lasciano le frondi, se prima non ritornano nelle caverne loro. Et taccia le ciregie salvatiche, atteso che non si costumano, come si soleva fare, & manco lodo gli olmi; conciosia che vengono troppo grandi, & fanno grandissima copia di radici che rovinano i terreni; & medesimamente si può dire delle noci, & delle pioppe; nè ancor mi piacciono le salici; percioche le viti producono poca uva, la quale fa parimente il vino debole; & pur chi ne vol piantare, le faccia in pendoli, per le cose dette.
Vinc. Quali viti sono migliori tra noi, per far dell’uve assai?
Gio. Bat. Lodo primamente che si piantino quelle che producono le uve cropelle, nere, morbide, per renderne più delle gentili, le quali stanno ben’accompagnate con tutte l’altre uve nere, & bianche. Vero è, che le cropelle gentili sono più delicate da mangiare, & fanno miglior vino, benche sia poco, ma patiscono facilmente i mali tempi, & la fersa.
Poi sono mediocremente buone le vernaccie nere; percioche non fallano à produr frutto assai: Ma il proprio loro è di accompagnarle con le trebiane bianche, ò con le cropelle dette; perche altrimenti non farebbono vin saporito, nè potente, & sarebbe anco carico di colore.
Ancora sono buone per piantar le schiave nere grosse di grano: percioche abondano di uve, che fanno vino assai, benche sia debole, & fumoso; ma migliora accompagnandola co’l cropello. * Lequali si conservano molti mesi, spiccandole per Luna vecchia, di mezo giorno ardendo ben’il Sole, & piccandole non molto mature. Et questo occorre anco ad alcune altre, facendovi cosi. *
Appresso lodo le uve marzamine, che fann’i graspi lunghi, & i grani grossi, per abondar di vino gentile, che tien dell’amabile, ma carico di colore, il quale si accomoda con ogni altro, pur che non sia insipido.
Parimente è cosa utile à piantar delle voltoline; percioche oltra che producono in copia vino lodato da tutti per la bontà, & bel colore; si può bever anco semplice, & accompagnato. Et queste viti sono chiamate voltoline; percioche il vino loro si volta più fiate all’anno; parendo guasto, avenga che in un dì, ò dui ritorni, & duri più lungo tempo d’ogn’altro.
Tra queste sorti, non vi è uva migliore delle cropelle Veronesi, le quali non tanto producono sempre dell’uva in quantità, ma fanno ancor’il vino saporito, & di poco colore. Poi, perche i suoi maderi sono di poca midolla, non patiscono il gelo, la brina, la fersa, nè il gran caldo. Et oltra che per cader le sue foglie innanzi che maturino le uve per più giorni, il Sole le fa più facilmente maturare; di maniera ch’è poi bel veder quei graspi grandi, neri, & in gran copia à pender da i maderi cosi spoliati. Io vi potrei dir’ancora delle altre sorti, che non son buone da mangiare, ma perche ho detto le più utili, dirovvi delle bianche, che producono del frutto assai, & il vino buono.
Vinc. Et questo mi sarà grato.
Gio. Bat. Io lodo piantar le viti trebbiane, che fann’i graspi grandi, & i grani grossi: percioche abondano di vino, ma potente, & con fumo, & spetialmente dove si adacqua: nondimeno è perfetto per mescolarlo co i deboli, & che sono carichi di colore. Egliè ben vero, che se quelle viti sono delle migliori, & poste ne i colli, che non siano morbidi di terreno, producono tanto più vino delicato, quanto più sono ben percosse dal Sole: come la prattica cel mostra in più paesi. Et oltra che sono buone le schiave bianche da piantare, le quali maturano innanzi le altre, & fanno frutto assai, & il vino gentile. Sono buone parimente le buonimperghe, per produr quantità di graspi lunghi co i grani grossi, & il vin gentile, e le albamate, attesoche fanno vin più gentile d’ogni altro bianco: ma perche tardano à maturare, non è perfetto sin’al gran caldo, & più quando ha passato un’anno. Ma taccio le altre uve bianche, per havervi ragionato delle migliori.
Vinc. Havendo voi detto dell’uve che si piantano ne i campi, aspetto che mi parliate ancor di quelle, che convengono ne i giardini per mangiare, per seccare, & per farne buone bevande.
Gio. Bat. Lodo primamente le vernaccie; percioche son’ottime verdi, & secche, & per far bevande delicate, le quali possono star’al pari delle malvasie, & d’altre bevande conosciute tra noi. Vero è, che in questo paese il proprio loro è à piantarle nelle colline, come si vede massimamente in Cellatica, & in Limone.
Poi si piantino delle moscatelle bianche, per essere perfette da mangiare, & far vino tanto migliore, quanto che quell’uve sono trafitte dal SoIe, ò poste ne i colli da buona parte. E ben vero che le nere sono più delicate da mangiare, ma dubito che’l vino non sia cosi buono. Et si piantino anco delle aliane, per esser le prime che maturano, & che sono delicate alla fine di Luglio, & anco più tosto secondo i tempi.
Parimente sono dolcissime le malvasie bianche, ma il lor vino è differente in bontà da quel di Candia; & per questo non se ne usano tra noi, eccetto ne i giardini.
Medesimamente sono da piantar le brumeste nere, benche tardino a maturare, fanno però bel vedere, per haver i graspi lunghi, & i grani grossi, i quali sono duri, & buoni da mangiare per più mesi: Ma più lodo le brumeste bianche se sono ne i colli, ò altri luoghi aprici; conciosia che sono più delicate delle nere, & si conservano più lungo tempo:
Fra le tante uve, che sin’hora vi ho narrate, non vi è poi che meriti tante lodi, quante la marina nera; poiche è più delicata nel mangiare, & si matura facilmente. Et quella uva, oltra ch’è singolare per non havere i vinaccioli, over’accini, ne i grani, & che non offende gli huomini nel mangiarla verde, anzi che più volte è concessa à gli ammalati, non hà pari in bontà quando è secca. Laquale non solamente è perfetta per lubricar il corpo, per acconciar lo stomaco, & per rihaver il gusto; ma è molto delicata per metter’in ogni sorte di torte, di sfogliate, di offelle, & altre cose simili; & non meno ne i pesci, ne gli uccelli, & in altre carni.
Appresso è singolare nell’ordinare, & governar la vite; percioche si come l’altre si tengono basse quando si potano, altramente andarebbono in niente; questa non farebbe uva in copia, se ogni anno non trascorresse. Et però commendo più coloro che tirano simili viti intorno alle case, ò alle corti, over che le fan rampicare sopra gli alti arbori, che quegli altri che le tengono ne i pergolati.
Vinc. Mi maraviglio di molti, che havendo in copia di questa benedetta uva, non ne tengono conto nel seccarla à bei pesi, per servirsene in casa secondo le usanze nostre; onde per dissiparla verde, spendono poi le decine de’ marcelli nel comprare la levantina, la quale non è cosi saporita com’è questa nelle cose che si cuocono; benche sia più delicata nel mangiarla semplice, della nostra.
Gio. Bat. Mi piace, che voi conosciate la dapocaggine di molti, & massimamente di quei che habitano in Villa, i quali potrebbono prevalersi di molte cose che lasciano più tosto consumare, che honorarsene con gli amici.
Vinc. Mentre che io mi ricordo, vi prego che mi diciate s’è cosa buona à piantare, & incalmare le viti, & altri albori fruttiferi l’anno del bisesto; stando che molti credono, che non fruttarebbono se non un’anno, & l’altro non: Tenendo anco, che molte donne & altri animali disperdano, & che gli ovi covati dalle galline, & d’altri uccelli vadino la più parte à male, Senza che vi sono alcuni huomini, che han quest’anno per tanto sfortunato, che non solamente non pigliarebbono qual si voglia moglie per ricca, & bella, & ben creata che fusse (mentre che dura) ma n’anche non comprarebbono possessione, nè altre cose per possedere; & manco si porrebbono à far lunghi viaggi, solcar’il mare, cominciar fabriche, ò altra honorata impresa; tenendo sempre, di non haver mai allegrezza alcuna.
Gio. Bat. Questo anno non è detto bisesto, perche proceda da gl’influssi celesti ma solamente dall’ordine humano; come si legge, che non piacendo à Giulio Cesare quel che haveva statuito Numa Pompilio (ancorche fusse miglior di quel di Romulo fondator di Roma) li piacque col mezo di molti sapienti, di stabilire l’anno à giorni trecento sessantacinque, come sempre si è osservato: Ma perche egli conobbe, che ogni anno correvano sei hore, di più, ordinò che ad ogni quattro anni si aggiungesse un giorno, il quale è detto bisesto; percioche in tal’anno due volte si dice, sexto calendas Martij; per esser tanto nominato sesto il vigesimo quinto di Febraro, quanto il vigesimo quarto. Come per esempio si è osservato sempre in Roma. Che se quell’anno morisse Pietro à i vintiquattro, & Giovanni à i vinticinque, ciascun di loro sarebbe morto sexto calendas Martij. Et veramente se quest’ordine non fusse, ogni cent’anni trascorrerebbono vinticinque dì: Onde si come il Natale di nostro Signore viene nel fine del verno, in settecent’anni venirebbe al tempo del gran caldo. Et per certo quell’ordine avanza ogn’altro de gli antichi Greci, Egittij, Caldei, & d’altre nationi che diversamente regolarono gli anni, secondo le lor openioni; come di ciò narrano Herodoto, Servio, Plutarco, Macrobio, Svetonio, & altri Autori. La onde si può concludere, che in quell’anno non può esser cosa che osti al piantare, all’incalmare, nè à fare qual si voglia cosa necessaria.
Vinc. Poscia che son chiaro di questo bisesto; mi sarà caro se mi ragionarete delle osservationi, che convengono à vendemiare le uve; & massimamente qual’è meglio, ò spiccarle ben mature, ò acerbe, ò mature mediocremente.
Gio. Bat. Per adesso io non posso parlarvi di queste cose; percioche mi convien’andar’in luogo importante: Ma ritornando qui dimane all’hora solita, vi ragionerò di quelle, & d’altre cose secondo che mi richiederete.
Vinc. Io mi rimetto à voi di quanto vi pare, & piace.
Il fine della terza giornata.