Al Mag. et Eccell. Iureconsulto, M. Marc’Antonio Porcelaga.

Non è dubbio alcuno, Eccellente Dottore mio osservandissimo, che generalmente tutti gli huomini bramano di viver felici in questa vita: & nondimeno pochissimi sono quelli, che sappiano trovar la via di pervenire à questo fine: perche quanto più è ricercata, hora nelle ricchezze, hora ne gli honori, & hora nelle grandezze di questo mondo, tanto meno e ritrovato. Et però mi allegro: perche per vostre lettere ho inteso che l’havete conosciuta nelle dieci giornate dell’Agricoltura, & della Villa che vi mandai: percioche spero, che tosto abbandonarete i curiosi libri, gli intricati offici, il periglioso giudicare, con le cose fastidiose della Republica, per ritirarvi alla Villa, nella quale non si trovano simulationi, nè risse, nè inimicitie, nè bagordi nè torniamenti, nè comedie, nè tragedie, nè altre superfluità, che dishonorano Iddio, invescano gli huomini, corrompono i giovani, distruggono le famiglie, e crucciano tutti quelli, che conoscono à qual fine la gran bontà di Dio ci hà dato le ricchezze. Che beato voi, mentre che habitarete ne i vostri bei luoghi suburbani, & ne gli altri accommodati che havete; poiche con le doti del vostro candido animo, potrete speculare le belle prospettive de monti, le infinite vaghezze produtte dalla terra, la purificatione dell’aere, il soffiar de venti, il cader delle pioggie, il lampeggiar de’ fulgori, lo spaventar de tuoni, i colori de gli archi, il nascimento dell’aurora, il caminar del Sole, il minutamento della Luna, il girare de pianeti, e la dispositione delle stelle. Le quai cose sono scala per contemplare, quel ben’infinito, dal quale siamo stati creati per fruirlo dopo, che saremo fuori di queste tante miserie, che ci opprimono lo intelletto, mentre che siamo in questa si calamitosa valle.

Non sarete voi molto felice quando col vostro bello intelletto filosofarete nelle vostre Ville, & che appresso vederete i carissimi fratelli continovare le loro professioni? Come ben’incamina il Magnifico Cavalier Vicenzo oratore eloquentissimo nella Republica, lo strenuo Capitan Scipione nella militia, il diligente Messer Teseo nell’Economica, il virtuoso Messer Aurelio nell’ecclesiastica, & il devoto Messer’Hieronimo nella scrittura sacra.

O quanto dovete ringratiare Iddio, havendovi fatti nascere di cosi nobile, & antica famiglia, & fattivi figliuoli d’un cosi ricco, & Magnifico Cavalere, felice memoria, specchio veramente di pietà; per essere stato sempre liberalissimo à tutti i poveri.

Poi venendo voi alla Villa, non solamente sò che gustarete le delitie, che dite haver comprese nella lettera dell’Eccellente Dottore Messer Lodovico Moro, buona memoria, ma ancora lo imitarete, per essere stato il primo che ha fatto la via à i pari vostri, la quale essendo stata conosciuta da gli eccellenti Dottori, Messer Giulio Fisogno, Messer Nicolò Maggio, & Messer Giovan Battista Belaso, hanno abbandonato gli honori del Collegio della Città, & la toga con Bartolo, & altri Autori, percioche maggiormente possano signoreggiare se medesimi, & godere i commodi privilegi della Villa.

Che sarà poi quando si vedranno de gli altri Dottori, & forse non pochi à fare il simile? Come spero che faranno gli eccellenti Messer Princivalle, e Messer Lodovico Barbisoni, Messer Cesare Ducce; e forse anco Messer Vincenzo Stella, Messer Paolo Bornato, & Messer Helia Cavriolo. Mi daranno alcuni, che meglio sarebbe, che questi si honorati Dottori seguitassero la loro professione, poiche la fanno tanto giustamente perche nel consigliare, nello avocare, & nel giudicare per coloro, che han ragione, acquistarebbono parimente le grosse facultà à i lor figlioli. Et io dico, che molto meglio farebbono se gli allevassero nel viver moderato, & procacciassero arricchirli di buona creanza, di assai virtù, & farli medesimamente buoni Agricoltori, che farli ricchi di possessioni, di palazzi, e d’altre superflue commodità, per offender dopò la morte de padri, Iddio & se medesimi nello spendere malamente ò più tosto consumarle in pochi dì, come per molti essempi, più volte habbiam veduto.

Si che Magnifico Signor mio, resta solamenta che vi sgabbiate presto dalla Città & che venghiate alla Villa piena di molti spassi, di varie commodità, & di gioconda libertà: Cose certamente non conosciute se non da quelli spiriti, che apprezzano la tranquillità dell’animo, lo studio de’ buoni libri, la conversatione de’ virtuosi, l’allegria del pescare, la dolcezza dell’uccellare, et i tanti effetti dilettevoli dell’Agricoltura, nella quale son certo, che vi occuparete gentilmente, come cibo proprio, di quanti nobilissimi spiriti già furono, & hora sono della vostra si honorata famiglia. Et però non dirò altro; eccetto, che con desiderio aspettarò la buona nuova, che da dovero vi siate sbrigato da i vilupi della Città, & che siate stantiato nel dolce albergo della Villa, accioche poi mi facciate degno di goder’i rari doni del vostro animo nobilissimo, secondo che piacerà à Vostra Eccellentia, come quel servitore fedelissimo, che le fui sempre, alla quale quanto posso mi raccomando.

Del Borgo di Poncarale, alli 8. d’Agosto. 1559.

Agostino Gallo.

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