Al Mag. M. Dionisio Maggio.

Perche furono sempre pochissimi quegli huomini, che sapessero pigliare il buon camino per goder questo mondo, come cosa transitoria; non posso fare, che non mi allegri molto, vedendo io per la vostra lettera, che voi l’havete ritrovato, et posto in effetto quei concetti, che spesse volte dicevate, mentre che eravate sotto al grave peso delle lunghe, & penose liti fatte per racquistare i vostri beni antichi. Che per verità non vidi mai gentil’huomo cosi carico di travagli & di fatiche, come siete stato voi in tutto il fiore della vostra giovanezza. Ma chi non dovrebbe haver’invidia allo stato vostro, poiche vivete cosi lieto, & accommodato in Villa, esaltando la dolce Agricoltura più d’ogn’altro cittadino; come ben si vede, che non solamente siete stato vero imitatore di Magone padre de gli Agricoltori vendendo la vostra bella casa (com’egli commanda) per manco pretio di quel ch’ella valeva, per sbrigarvi tosto dalla Città, ma fate veder’al mondo, che la prodigalità rovina soli coloro, che malamente spendono le loro facultà, & non quegli altri, che largamente le spendono nella santissima Agricoltura? Come ben si vede, che per haver’osservato questo voi, havete anco in quattro anni dupplicato le vostre entrate, senza che di tempo in tempo, so che le crescerete più assai.

O quanto havete fatto bene à levarvi dalla servitù della Città, e ridurvi alla libertà, & quiete che tuttavia godete nella terra di Manerbio; Villa veramente gratissima per le sue rare doti, & bellissime qualità. Imperoche è posta quasi nel centro della pianura nostra, & frà mezo di Brescia, e Cremona nella strada diritta di trenta miglia, & in perfetto aere, e bellissimo sito; havendo etiandio il vago fiume di Mella, il quale non solamente hà sopra di se il cosi alto, e lungo canale che conduce l’acqua del Molone, la quale serve à più nello adacquar’i campi, & nel far girare i suoi molini; ma ancora è accompagnato di amene valli, di belle costere, di morbidi prati, di fertili campi, di utili vignali, & di foltissimi boschetti. Le quai cose, tanto più sono degne di mirare, quanto che sono potenti per movere ogni elevato ingegno à considerare gl’infiniti benefici, che c’impartisce continuamente il grand’Iddio senza alcun merito nostro.

Poi si vede l’abondantia, che questa felice Villa produce di biade, di migli, di fieni, & di vini. Et oltra ch’ella avanza tutte le altre nella quantità di lini bellissimi, & di acque che capiosamente irrigano tutto il suo gran territorio; & non meno accommodata di buoni pesci, di lattesini, di carni, di pollami, di colombi, d’altre cose per lo vivere, di maniera che si può dire essere più tosto una picciola Città, che bella Villa; & massimamente per essere habitata da migliara di contadini, & da molti nobili cittadini, i quali sono amorevoli nel conversare, benigni nel ragionare, officiosi nel servire, e discretti nel comandare. Et però niuno si deve maravigliare, se l’havete eletta per vostro caro albergo dispensandovi ben’il tempo con gli amici virtuosi, con leggere buoni libri, e con la vostra cara Agricoltura. La onde vi potete stimar beato, si perche la fortuna vi ha fatto nascere di Magnifico Cavaliero, & Dottore di cosi antica famiglia, genitrice di tanti huomini honorati; fra i quali, non è da tacere il Reverendissimo Vescovo Berardo, eletto dalla nostra Città nel mille trecento per Signore nello spirituale, & nel temporale; come ancora, perche la Natura vi ha dato un corpo cosi ben organizato, che non tanto siete prudente nel negotiar, affabile nel parlare, patiente nell’ascoltare, arguto nel rispondere, e pronto nel servire; quanto che siete ancora constante nelle avversità, e humile nelle prosperità.

Pur’adesso io mi aveggo, che non pigliai la penna per scrivervi queste cose, ma per risponder solamente alla vostra amorevole lettera, nella quale voi trappassate i termini de meriti miei, lodando tanto ben le sette Giornate dell’Agricoltura, che ho havute dal vostro ben creato servitore, onde sono stato in forse di domandarvi le tre della Villa che hora ho riformate, & che mi chiedete con tanta instantia. Nondimeno ho pensato di mandarvele, perche son sicuro che v’infiammaranno maggiormente à perseverare nella via che tenete. Nostro Signor Iddio ve la prosperi sino al fine, accioche siate specchio à tutti i nobili della nostra Città, vedendovi vivere da huomo libero, & non come fanno molti, i quali per non pascersi d’altro che di ambitione, stanno legati infelicemente sempre al carro del suo trionfo. Et con questo, à voi mi raccomando.

Dal Borgo di Poncarale, alli 20. di Gennaro. 1560.

Agostino Gallo.

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