Al Mag. M. Agostino Gallo.

Son molto obligato alla mia Fortuna, & alla cortesia di M. Andrea Arrivabene, che con l’havermi fatto veder’una vostra lettera in materia dell’Agricoltura mi è stata porta occasione di riconoscervi per amico, & di offerirmivi per servitore. Percioche havendo io discorso con lui dell’Agricoltura del Tatti nuovamente venuta in luce, & di alcune traduttione fatte da moderni di Palladio, & di Crescentio, dissi che mi pareva questo Autore, & quei traduttori non haver ritoccate molte cose, che potrebbono esser per aventura desiderate dalli studiosi di questa scientia; & che non ci possono esser donate da altri, che da chi insieme con la theorica, havesse congiunta una lunga esperienza di questa nobilissima, & utilissima arte: Sopra la qual cosa, M. Andrea mi disse haver’una lettera vostra conforme in tutto à questa mia openione: & mi pregò che havendovi à scrivere intorno à questo particolare io li facessi gratia d’isporre più chiaramente ciò che mi paresse poter’esser desiderato da i moderni Agricoltori, à fin che dandovene notitia, egli potesse con l’honorato vostro mezo, per via della sua bella stampa, far questo beneficio al mondo: Dandomi à conoscere (ilche hà fatto anco molto bene la vostra lettera) che voi dotto, e prattico siete, havendo à i studi delle buone lettere aggiunto la esperientia di quest’Arte con la coltivatione de i fruttuosi vostri poderi; & che da voi solo si poteva aspettare questo universal giovamento. Non potendo per tanto denegare cosi honesta domanda all’amico; e tirato in parte dal desiderio del mio proprio commodo, come quello che mi diletto di questa scienza, & professione, & ho bisogno d’impararla da più dotti, e pratichi di me, mi son lasciato persuadere d’isporvi brevemente quello, che da me, e forse da tutti gl’intendenti potrebbe esser desiderato in questa materia: Non perche io creda, che a voi sia nascosta alcuna di queste cose, che vi sia per dire, ma per sodisfare à chi me l’ha domandato, e per ragionarne con mio diletto, e piacere.

Dico adunque che havendo frà li Latini (per lasciar’à dietro tant’altri Autori Greci, & d’altre nationi) Catone, Varrone, Virgilio, Columella, Palladio, Plinio, & di più moderni Crescentio, che quasi ha commentato tutti questi altri, havendo, dico, costoro trattato dell’arte dell’Agricoltura tanto celebre, et famosa in quei tempi, e parlatone tanto esquisitamente, ma con quei modi, termini & vocaboli, che sono proprij della lingua, e ben’intesi da chi ne hà cognitione, desiderarei; che qualche elevato spirito Italiano con una chiara & ampla traduttione di questi dotti antichi, dechiarando tutti i luoghi difficili, amplificando, & allungando i troppo stretti, e brevi, & illustrando gli oscuri, venisse riscontrando tutti i nomi di qualunque cosa detta da loro, i numeri, & le loro misure di robbe, come de’ campi, co i nomi, et vocaboli nostri proprii bene intesi da l’Italia tutta; & massimamente tra il circuito di questi nostri Illustrissimi Signori; ove primieramente i libri si stampano, si vendono, si leggono, & si pongono in opera i precetti, havendo conceduto Iddio oltra gli altri suoi rari doni à questo felicissimo Stato un paese tanto fruttuoso, & fertile, quanto ne habbia ogni altra parte del mondo. Et vorrei che con questi detti nomi, & vocaboli nostri, egli facesse conoscere chiaramente quale, & quanto era l’antico, & usato da quei felici ingegni, & quale, & quanto sia il moderno, & che dobbiam usar noi per imitare i loro precetti: facendo anco bene intendere le Calende, None, & Idi, che servono à molti propositi d’importantia: non lasciando medesimamente la dechiaratione de Solstitii, Equinottij, delle stagioni dell’anno, delle stelle, de i venti, & in somma di tutto quello, che s’appartiene à questa parte: della quale, come di cosa necessaria ne hanno trattato i sudetti nostri Maestri: Non già che io volessi, ne parlasse esquisitamente secondo questa scienza, che sarebbe un partirsi dallo intento suo d’insegnare l’Agricoltura, & bisognarebbe fare nuovi libri di Astrologia, & di altre facoltà: ma ne dicesse quel tanto, che han detto i sopradetti Autori cosi chiaramente, che in questa nostra lingua si potesse bene intendere da chi non hà cognitione della latina, facendo conoscere che egli havesse bene inteso i luoghi, & i sensi di chi si prende ad esprimere: parendomi che il traportare di parola in parola sia cosa più tosto puerile, & vana, che fruttuosa. Et quando paresse à questo elevato ingegno, che questa via della tradottione, per la quantità de i Scrittori sudetti fusse fastidiosa, e rincrescevole, ò molto difficile; potrebbe far di una materia tanto publica, e commune un soggetto privato, et proprio; togliendo il meglio da i migliori et mettendo quello, che communemente fusse detto, & approvato da tutti per vere regole. Facendo anco conoscere qualche loro diversità et per qual rispetto; adducendo le ragioni dell’una, et dell’altra parte: Et in somma facendo una elegante, et giudiciosa scelta da più antichi, e famosi Autori di tutto ciò, che à questa arte si appartenesse, per scriverne compiutamente. Et perche tutte le cose del mondo variano, et variano ancor’i Cieli, sarebbe gratissima, utilissima, & importantissima cosa che questo moderno autore havendo fatto conoscere le cose, et i precetti de gli antichi, vi aggiungesse la usanza de i nostri tempi, la differenza de gli antichi co i nostri; e per qual rispetto sia causata la diversità de i paesi, et delle nationi, et specialmente d’Italia, ne i cui termini intendo sempre, che per lo più debba esser rinchiuso questo trattato suo (potendo anco giovare altrove, dove questa nostra lingua fusse intesa) conciosia che non manchino à Spagnuoli, à Francesi, et ad altri oltramontani: chi nelle loro lingue ne ha copiosamente trattato: come per il libro, che fece tradurre dallo Spagnuolo, e stampare in Venetia il Tramezzino non ha molto tempo si è chiaramente veduto. Et sopra tutto io stimo per una delle più importanti cose, che si possa desiderare da questo nostro Autore, ch’egli faccia nota, chiara, e palese in tutte le cose, ch’egli tratterà la esperientia propria, alla quale ogn’uno crede più facilmente, et si acqueta senz’altro. Il qual testimonio della isperienza non si è ancor veduto da nessuno de moderni dimostrato, e fatto palese al mondo.

Hora io credo, che se verrà in luce un libro di Agricoltura con tutti questi avertimenti, la nostra lingua potrà arricchirsi di un bello, et utilissimo volume: e che la stampa dell’Arrivabene potrà andar altresi gloriosa di questo, come quella dell’honorato Giolito và tanto altiera della non mai à bastanza lodata Retorica del famosissimo, e celebratissimo Cavalcanti, Et se voi M. Agostino, che tanto sapete, e valete in questa professione del culto de capi farete degno il mondo di cosi rara, & perfetta opera, riportarete egual premio d’immortale gloria: havendo insegnato à poter vivere, come questi à saper ben parlare, & forse maggiore per esser cosa più necessaria, & più cara la vita delle parole.

Aspetto adunque con gran desiderio questa dotta, & copiosa, & chiara Agricoltura del Gallo honor di Brescia, Madre di tanti altri famosi, & elevati ingegni. Alla qual Città si apparteneva à punto questa nuova fama di haver’insegnato perfettamente questa si solenne arte; essendo ella hoggidi la più fertile, & meglio cultivata parte di tutta Italia.

Ritornando al proposito di questa nuova amicitia contratta per così honorato mezo con voi; vi offero in Padova mia antica, & cara Patria tutto ciò, che un’amico di cosi picciolo affare, come io mi trovo, può promettere di animo, di volontà & di forze à chi veramente ama & osserva. Poi perche l’adoperarvi cosi di subito in questo bisogno mio dia à voi essempio di commandarmi nelle occasione vostre, & sia un fondamento della nostra amistà, vi prego che vogliate scrivermi un picciol trattato di ridurre i campi arativi, & piantati d’arbori, & di vigne in prati; il che so esser nel Bresciano molto usitato, & per consequente benissimo inteso. Del qual trattato voglio servirmi in questi giorni (se da voi sarò così consigliato) di trarre à coltura de prati certa quantità de i miei terreni buoni sul Padovano, per mancarmi i pascoli, & fieno, che tengo per uno de principali bisogni in questa coltura. Pregandovi à degnarvi non solamente di rispondermi questa volta al prato della valle di Padova, dove habito, ma, molte altre, che io scrivendovi da qui innanzi saro forse noioso col valermi della vostra virtù, & commandatemi, che Dio vi doni gratia di condurre à felice fine questa benedetta, & da me molto desiderata Agricoltura, & vi faccio d’ogn’altro vostro desiderio lieto, & contento.

Di Venetia alli 23. di Gennaro. 1560.

Giovan Battista da Romano.

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