Al Mag. M. Agostino Gallo.

Io ho veduto con mio grandissimo piacere le dieci giornate dell’Agricoltura mandate nuovamente in luce da voi si perche questa materia mi diletta sommamente, come à quella, che mi sono essercitato molti anni (mentre piacque alla mia fortuna) con infinito contento intorno à questa professione: & si per veder’espresso leggiadramente in questa vostra bell’opera tutto quello, ch’io andava desiderando ne gli Autori antichi e moderni, i quali hanno ben tocco la forza dell’arte, & li precetti universali di essa: ma non sono discesi à i particolari, nè fatto toccar con mano (il che fate voi) tutte le cose narrate, con l’esperienza propria; laqual è madre, & perfetta maestra di tutte l’arti. Onde, si come à quelli si deve molto per haver formato cosi bella figura, à voi solo è debito il colmo di tutti gli honori per haverla condotta à tal perfettione, che non pare, che se le possi aggiunger cosa alcuna. Si che mi son rallegrato doppiamente del beneficio, che ne risulta al mondo, et della fama, che ne ridonda in voi; il quale amo già tant’anni al pari di me medesimo, et vi sono obligato, quanto può esser’un’amico all’altro. Vero è s’haveste fatto qualche mentione in questo vostro utile, et honorato libro della vita pastorale, ò trattando della dolcezza sua, ò insegnando, quanto è grande il guadagno, che si cava in diverse cose da essa, li havreste (al mio giudicio) aggiunto tutto quell’ornamento, che potrebbe esser per aventura desiderato da qualche cupido, e curioso intelletto. Onde per spronarvi à cosi bel corso, come geloso della vostra gloria, e per mostrarvi, quanto io habbia gustato, et gusti questa solitaria, et ritirata vita (alla quale mi son ridotto, poiche è piaciuto alla mia sorte di farmi abbandonare la mia dolce Agricoltura, e’l comertio de gli huomini) mi son posto à scrivervi quello, ch’io ho considerato da i costumi di molti pastori, che sono per questi monti. & quello c’ho sentito raccontare d’alcuno di loro, circa la giocondità di questa vita, & l’utillità, che si cava dalle loro mandre, e da questa professione. Voi poi da questo poco, che ve ne dirò (non volendo esservi tedioso con la troppa lunghezza, ne potendo à sufficienza esprimere i veri piaceri di questa sincera gente, i quali se possono vedere; & molto meno quelli, che sentono dentro di lor medesimi forse maggiori de gli altri) farete giudicio, se questa profession pastorale contiene quella felicità, che vi dico; e s’ella è degna, che voi ne facciate memoria nella vostra lodatissima opera. Et cominciando dalla dolcezza sua, non vi pare giocondissima cosa il viver lontano da tutti gli strepiti, e rammarichi di questo travagliato, & misero mondo, non sentendo mai ne di giorno ne di notte, ne di state ne di verno, nè per alcun tempo, ne per alcun modo niente altro che quiete consolatione, e riposo nell’animo, & nel corpo? Il che avviene benissimo al pastore, il quale nel tempo della state subito che comincia ad apparir l’Alba nel oriente, uscendo dalla capannetta, & dal suo duro letto fuori, gode principalmente della soavissima aria mattutina, dell’allegria del Cielo, e della vaga bellezza dell’Aurora. Et quivi passeggiando, rivedendo, & attorniando il luogo, dove si son posate le sue pecorelle, si rallegra tutto nel rimirarle, e conoscerle salve, et sicure da ogni pericolo delle passate tenebre. Le quali, come sono state munte da lui, ò da i figliuoli, ò famigli, e rassettata poi all’hora debita la povera masseritia sull’asinello, prende la usata arma nella feroce destra, & ridotta à guisa di saggio, & valoroso capitano tutta la sua schiera in un bel drappello, si avia passo passo con lei verso qualche lieta campagna, ò ameno colle, dove egli se imagini di trovar buono, e sano cibo per lei: Et quivi fatto alto, lascia satolarsi delle fresche herbe queste mansuete bestiole: guardandole, circondandole, & compiacendosi di vederle tutte sane pascersi saporitamente senza rumore, senza noia, & senza invidia alcuna. Quindi poi le conduce a qualche fresco rio, ò limpido fonte à bere, & à trastullarsi: Et se il Sole è homai salito tant’alto che ferisca co i raggi suoi troppo ardentemente la terra, le riduce all’ombra de gli opachi, et ameni arbori; le cui frondi mosse soavemente, à guisa di concento, dalla fresca aura meridiana l’invitano à por mano alla sua sampogna, con la quale (facendo à gara con esse) trattiene il suo gregge, & se medesimo con gli altri per buono spatio. Et invaghito della sua stessa armonia, parendoli numerosa, e sonora, sente dentro di se tanto piacere, che non hà invidia ad alcuno stato mortale. Passato il caldo si drizza in piede, et ordinate le fila dell’essercito suo, marchia verso qualche altro lato à pascerlo convenientemente sino alla sera, la qual sopravenuta si muove pian piano verso gli alloggiamenti, li quali presto si accommodano, facendo nel mezo della campagna lontano dalla gente co’ suoi ingegni uno steccato per ritenimento, e sicurezza de gli animali, per se, e per gli altri una casetta coperta di frondi, & di rami d’alberi; dentro la quale, poste prima intorno a i ripari le sentinelle de suoi fidi, e feroci cani, senza alcun pensiero s’adagia, e dorme un quieto, et riposato sonno. Nel verno poi non mancano a’ pastori altre dolcezze, et consolationi, percioche ritirati dove dalle nevi, & da’ ghiacci siano sicuri i lor’animali, vivon in santa pace, et in tranquillo otio, alieni da tutte le cure, et pensieri, che tanto travagliano i miseri mortali; et quivi contenti della lor sorte, dispensano parte del tempo con la lor cara famigliuola, godendo appresso il fuoco dolcemente de i frutti delle loro mandre, dalle quali non mancano mai latte, formaggi, fioriti, ricotte, butiri; al che si aggiungono castagne, noci, & altri rusticani cibi tanto più grati delle delicate, & sontuose vivande de grandi, e de’ Principi, quanto sono acquistati co i lor’honesti sudori, & goduti senza alcun sospetto di veleno in lunga pace allegramente. Et parte si riducono insieme fra loro amici pastori, ove si fanno il dì diversi giuochi pastorali da tener essercitati, robusti, e sani i corpi, e gli animi lieti, e giocondi, e la notte tall’hora al suon d’una cetra, ò d’altro rusticano istrumento in compagnia di molte vaghe pastorelle, et esprimendo i lor rozzi amori, passano honestamente, e festosamente il tempo in suoni, balli, giochi, et altri piacevoli trattenimenti. In tanto cresce la mandra, e si allevano i nuovi parti certa speranza, e felice trastullo al prudente, & buon pastore. Il guadagno del quale (per venir à quest’altra parte) è poi si honesto, e si grande, ch’io lo stimo assai più delle sudette contentezze, e gioie. Primamente voi vedete, che si come l’Agricoltore vive, e cava utilità de’ frutti de’ suoi animali, cioè latte, formaggi, agnelli, e altro senza pensiero, ò stimolo di avaritia, e senza scropolo alcuno di coscienza, lontani da i pericoli del mare, e di tante ambitiose, & faticose arti, che tengono infrascati, & inviluppati i cervelli de gl’infelici huomini del mondo: Et questo guadagno comparte con tanta prudentia, che basta per li bisogni di lui, & de’ suoi tutto l’anno senza dubbio, ò ansietà di havere a cercare, ò mendicar cosa alcuna, e pur che non li manchi non si cura di farne alcun’avanzo. O guadagni buoni, & honesti de gli Agricoltori, e de’ pastori: le quai professioni sono tanto unite, e congiunte insieme, e tanto reciproche di benivolenza, e di amore, che l’una per l’altra si mantiene, & si fa piu bella: in modo, che si possono chiamare compagne, e sorelle; percioche, sì come l’Agricoltura si mostra grata alla madre del perpetuo vitto, ch’ella ci dona, con l’abbellirla, & accarezzarla da tutti i tempi, & ogni luogo, e giova con la sua industria all’arte pastorale; cosi la pastorale tenendo sotto la sua custodia, e governo quelle cose, dallequali depende il vero nodrimento, & il proprio latte de la terra, aiuta sommamente l’Agricoltura, & se riceve da questa universalmente il viver suo è tanto grata, che le rende cosa, onde la madre stessa si faccia più grassa, o prenda maggior vigore per poter meglio nutrire tutto il mondo. Sì che queste due amorevoli sorelle prodotte in un tempo, & da uno istesso luogo, sono sempre intente all’ornamento, & al beneficio della madre. Et sì come l’Agricoltura ha cura del vitto, cosi questa l’ha del vestito, e di parte del vitto ancora, due cose tanto necessarie all’huomo, quanto ogn’un sà, & vede. Ma questo non è però il vero guadagno, che voglio mostrarvi de’ pastori; percioche ve n’è un’altro di maggiore importanza, come voi stesso giudicarete. E questo è, che ritrovandosi essi lontani (come ho detto) da tutti li strepiti, travagli, ambitioni, e molestie del mondo nella lor solitaria, e boscareccia vita, hanno diverse occasioni, e commodità di conoscere Iddio, di amarlo, di riverirlo, & di guardarsi sempre di offenderlo: & udite come, Stà intento il pastore, mentre il gregge suo và pascendo per li verdi prati, & quivi, ò appoggiato al suo bastone, ò assiso in terra contempla, & considera gl’innumerabili benefici ricevuti da Dio, tra i quali il principal’è che non fosse sin da principio ordinato dalla Maestà sua di farlo quel prato, ò quell’herba, onde si nutre il suo armento; overo uno de i suoi armenti altresì. Si vede attorno colli sassi, arbori, fiumi, e fonti: & và lodando Iddio, che non sia nè colle, nè sasso, nè arbore, nè fiume, nè fonte. Considera, ch’egli ama tanto le pecore sue, che le provede in tutti i tempi del cibo, del sonno, e d’ogni altra cosa necessaria, e le guarda da’ pericoli, e da tutti i contrarij, e cosi viene in cognitione, che Iddio molto più pietoso, e benigno pastore di tutti gli altri tiene la istessa cura di lui, del mondo, e di tutte le cose create, e che senza la providenza sua nè esso, nè il gregge, nè tutto ciò che nasce, non potrebbe, nè saprebbe mantenersi: Cose da farli conoscere l’onnipotenza, e bontà di Dio, e da fare ch’egli l’ami, riverisca, e tema, com’ho detto, e quanto egli può. Giunge la notte, và tra se pensando, che à guardar’il suo armento da’ lupi, e d’altre fiere, li convien fare steccati, ripari, metter bravi cani alla guardia di esso, & ch’egli stia desto, e vigilante in ascoltare, e prevedere tutti i pericoli, e con questo stesso pensiero conosce, che per simil modo bisogna che egli si fortifichi, e munisca da gl’inganni, e dalle insidie del perpetuo avversario, & che ponga fortissime guardie, & esso istesso stia pronto à guardare, e provedere, che non siano da costui sforzati i sensi à dar’assalto alla rocca, ove la ragion stà rinchiusa. In somma per lo mezo di questa dolcissima professione egli vive in tutti i tempi, & in tutti i luoghi allegro, sicuro, contento, e felice. La perfettione della qual vita è bene stata conosciuta, & essercitata continuamente per tutti i secoli da diverse persone, e da tutti quei, c’hanno volontà di sbrigarsi da i lacci, e dalle miserie del mondo, senza ch’io vi stia à raccontar con prolissità i Patriarchi, i Profeti, e i tanti santi huomini, che la elessero in quei primi tempi per norma della vera felicità mondana, la qual’è tanto cercata da tutti nelle grandezze, e pur non si truova se non in questi bassi, e ritirati essercitij. Ma per conchiudere, & farvi toccar con mano l’eccellenza di questa vita, non vedete voi, che tutti i governatori della piu degna, e piu nobil parte di noi si chiamano pastori. Non sapete, che son nominati Pastori i Sacerdoti, i Vescovi, i Patriarchi, & pastore si nomina il Papa. Ma di più non si chiamò Iddio stesso, Pastore? Ego sum Pastor bonus, & cognosco oves meas. Non volse egli nascere in un Presepio tra Pastori; & à Pastori significare principalmente la gloria sua, quando fu fatta lor gratia di udire dall’angiolo quella lieta, e felice nuova della Natività del nostro Salvatore? Chi si sdegnerà adunque, ò chi più tosto non devrà desiderare di esser pastore? poi che pastori son tutti i piu stimati, e maggiori nostri, e pastori tutti i cotanti, e beati, & da che Iddio medesimo si degnò di nascer tra Pastori, & volle chiamarsi, & esser Pastore? O vita cara, vita dolce, vita sicura. O vita utile, vita santa, vita felice. Dio mi dia gratia, che mi conservi ancora io tra questi Pastori, mentre la vita mi durerà, & morendo mi riduca ne’ beati perpetui pascoli del vero, & sommo Pastore. Ma dove m’ho lasciato trasportar tanto oltra dalla dolcezza di questo ragionamento, che contra l’intento dell’animo mio vi ho detto molto piu che non havea pensato, & promessovi? benche non vi ho detto la millesima parte di quel, che io comprendo tuttodì dalle maniere di questi boscarecci huomini; & ch’io odo da lor medesimi della lor felicità; nè tampoco quel, ch’io provo, e sento in me stesso di contentezza in questa quieta, e ritirata vita; ilche è tanto, che non posso apena imaginarlomi, non che esprimerlo interamente. Poi perdonatemi della troppa lunghezza, laqual’è causata dal gran desiderio, che ho di persuadervi, che vogliate nella vostra honorata opera dell’Agricoltura far mentione (occorrendovi ristamparla) di quella dolce, e salutifera vita pastorale si perche la materia è tanto conforme; che non pare, che si possi trattar dell’una senza l’altra perfettamente; onde vi accrescerà maggiore honore: & si ancora, perche inalzando questa con le ali del vostro ingegno (ilche non posso fare io) insino al Cielo, come havete celebrata l’altra divinamente, facciate conoscere al mondo, tutte l’altre vie da ritrovare la vera felicità quà in terra esser vane senza l’essercitio, & l’uso di queste due care amate, e dolci sorelle. State sano, & tenetemi nel numero di quei, che osservano le vostre virtù.

Da questi nostri monti non meno che quei dell’Arcadia felici; il 1. d’Ag. 1565.

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