Lettera de gli Anesi scritta al Mag. M. Agostino Gallo.

Più volte ricordandomi della mala satisfattione che havete di me, perche ò per troppo delicatezza, ò per fugir la fatica, io non habbia letto il vostro bel Libro; vi dico che per queste cagioni non sono restato, ma si ben per le occupationi che di continuo sono in me, & molto più per non potervi ricordare cosa di qualche consideratione. La onde, il grand’amore che vi porto, hà finalmente fatto che in questi giorni l’ho discorso con tanta diligentia, & con tanto mio piacere ch’el Signor Iddio mi hà aperto gli occhi, & fattomi veder tal cosa, che ricordandovela (se non m’inganno) giovarà à i Lettori, sopra ogni altra cosa, che sia stata ricordata da noi: anzi che tutte le altre, senza questa, non possono alcun buon frutto produrre.

La vostra intentione, & il vostro fine è stato, & è con la fatica di molti anni di giovare à tutti, & particolarmente à i nostri Bresciani; giovare dico prima all’animo. Percioche questo nobilissimo essercitio dell’Agricoltura, li farà abbracciare le virtù, & lasciare i vitii cagionati dall’occio: Giovare al corpo nel conservarlo con l’assiduo essercitio, e nel somministrarli i convenienti cibi per lo bisogno suo: Giovare alla robba nell’accrescerla, raccogliendo maggior quantità di frutti, e quelli conservare con buona diligentia, e quiete, è un tanto desiderio: Il quale merita da quanti sono buoni esser aiutato come anco deve esser la principale intentione di tutti gli eccellenti Scrittori. Ma perche non si può perfettamente giovare ad alcuno, se prima del suo stato, et di quanto bisogna non si hà buona cognitione: poiche non tutti i rimedii giovano à tutti ugualmente: anzi che quello che ad uno giova, assai volte ad un’altro noce: come si vede, che la medicina in uno suggeto ad uno cagiona la sanità, & all’altro cagiona la morte: e necessario adunque, chi vuole giovare all’amalato, conoscer la cagione della infermità: perche in questo consiste la eccellentia del Medico, altramente volendosi giovare, li daria notabil danno, e forse la morte. Quello che più d’ogni altra cosa contamina l’animo, distrugge il corpo, e consuma la roba à i gentilhuomini Bresciani, è la Ventosità, l’esser troppo gonfii, vani, leggieri, ambitiosi, & in conclusione pieni di vento. Et questa Ventosità è quella che cagiona cosi grande leggierezza mescolata con la pazzia del contendere, & dell’amazzarsi per l’andar di sopra, e di sotto per la strada; della qual cosa, tutti i forestieri, & giudiciosi huomini se ne ridono, e l’allegano per una solennissima vanità, et estrema pazzia. Percioche, oltra che si scaccia dell’anima ogni virtù, e bella creanza, carica ancor’il corpo di ferro, col farlo andare sempre armato, e patire assai altri incommodi: consumando ogni grossa facultà nel nutrire tanti animali, che gli compagnano. Spendendo poi nelle liti, nelle prigioni, e in altri molti danni cagionati dall’esser troppo gonfii, & troppo pieni di Ventosità. Fra la molta copia di frutti, che per infinita bontà di Dio, produce la terra à beneficio de gli huomini, per scacciar la Ventosità, sopra tutti vi sono gli Anesi, per essere perfettissimi a tale infirmità: senza che per ogni altro rispetto sono molto buoni, & molto dilettevoli. Vorrei adunque che nel principio del vostro Libro haveste trattato di questo frutto cosi gentile, & cosi necessario alla salute de’ nostri Cittadini, insegnandoli à raccoglierne gran quantità, & persuadendoli ad usarli di continuo, & sopra ogni cosa, facendoli ben conoscere il lor bisogno, & in che male stato si trovano, se gli Anesi non gli aiutano. Et veramente questo era suggetto per una Giornata intiera, poiche non potevate ricordar cosa ne più utile, ne più necessaria, dico tanto che i vostri ricordi (per lo parer mio) non solamente non giovaranno, ma molti di quelli, il più delle volte nuoceranno. Et accioche non restiate suspeso, che questo non sia vero: voglio discender’al particulare, e farvi conoscere, che tutto è verissimo.

Nel vostro Libro, voi vi siete affaticato nel persuadere à i gentilhuomini Bresciani, che lascino la Citta, & vadino ad habitar la Villa: se voi intendete che vi vadino cosi gonfii, & pieni di vento come hora si trovano, non li potete dare il peggior ricordo, & per lor medesimi, & per li contadini che vi habitano. Percioche, dove nella Citta per riverentia di lor parenti, e di suoi maggiori: & per la tema de i Magistrati, ò per non trovare qualche altro più matto & più potente di essi loro, sono meno insolenti in Villa dove cessano simili rispetti, saranno insolentissimi: Onde a dirvi in poche parole, non sarebbe altro che farli di poco modesti Cittadini, diventare dissolutissimi. Non vedete voi che nel Territorio, ò quasi in ogni Villa, vi è il suo Tiranetto, & che in quelle dove ne sono dui, subito vengono alle arme tra loro. Et però si vede, che senza Anesi si sta male alla Citta, ma peggio alla Villa. Voi havete fatto una bella fatica, & detto molte cose nuove intorno al far nascere maggior quantità di frumento del solito: dato il modo del conservarli in herba, & che non siano danneggiati da i barbelli, & dalle tarme ne i granari; & anco che le viti non siano rodute dalle fonfogne. Ma che giova all’huomo vano, & gonfio l’havere tanti rimedii contra quelli piccioli animaletti, e non haver poi alcun rimedio contra questi animalacci, che tuttodi egli tien’appresso di se? I quali sempre li mangiano, e li consumano in pochi dì, non solamente tutto il frumento, & le altre entrate raccolta: ma distruggono ancora tutte quelle che sono in herba, e che si seminaranno per quattro anni. Che vi sia poi gran copia di questi bravi, che divorano l’entrate, e li stabili a i lor patroni, che si gloriano tanto di questi mangiaferri, tutta la Città lo vede di dì in dì. E però bisogna provedere a queste cosi grasse tarme, e zaccaruole, & a questi sì gran galavroni, e barbelloni; ma ancor si glorian senza modo, quando si veggono in gamba due baghe di tanta grossezza, che à pena possono andare, ò star à cavallo: facendo il bravo à costo del patrone; ilquale, havendo usato ogn’industria per conservar 25. sacchi di frumento, li spende poi tutti in simili pazzie. I vostri ricordi son buoni, e belli, levato prima la Ventosità, ma stando quella non vi può esser cosa nè buona, nè bella. Io non posso tacere una parola, che vi farà maravigliare, & è certissima: Che à i Vani, & à gli Ambitiosi, non si potendo sanar da questa pestifera infermità, sarebbe lor’utile il non havere nè quantità di robba, nè prosperità di corpo; poi che la povertà, e l’infermità molte volte fanno l’istesso effetto de gli Anesi, disgonfiando i troppo gonfiati. Non vorrei già che voi dubitaste di non haver buona ispeditione alla molta quantità de gli Anesi, stimando che pochi sian coloro, che ne habbiano bisogno; e per queste che andaste freddo a sì bell’impresa: Siate pur sicuro che la verità vi farà veder’incontrario, poi che quasi ogn’uno patisce di questa infermità; onde per maggior chiarezza, voglio dirvi in che modo intendo questa materia. Io considero che vi sono tre sorti di Ventosità, lequali per distinguerle chiamiamo, una grossa, l’altra mediocre, e l’altra sottile. La Ventosità grossa è facil da conoscere perche ciascuno la vede in coloro, che spendono il suo nel vestir sontuoso, nel mangiar delitioso, nel pascer cavalli, cani, huomini bravi, e nell’edificar senza disegno; essendo poi negligenti nell’acquistare, e nel conservare, ma solleciti nel dissipare: pensando poco nell’entrar de i debiti, e manco all’uscir di quelli; non estinguendone mai un solo, se prima non ne hanno fatto un’altro maggiore: comprando sempre caro, e vendendo buon mercato, credendo, che l’honor sia vergogna, e questa sia honore; procurando tutti gli honoratissimi luoghi, senza che mai habbiano fatto cosa honorata, volendo esser sempre de’ primi, e meritar esser de gli ultimi. Et in conclusione tutta la lor vita non è altro che insolentia, vanità, pazzia, e leggerezza: nè altro fine possono havere se non vergogna, confusione, e pentimento. La Ventosità mediocre, non è tanto grossa quanto la precedente, e non è cosi sottile, come si trova la sussequente. Questa è compagnata col viver politico, civile, e con la prudenza humana, sotto dellaquale si copre sempre, e si difende: Et è in coloro, che pongono ogni lor cura nel farsi stimare, & honorare, accioche habbian le prime dignità, e i primi offici. Si humiliano per esser’esaltati, & si dimostrano servitori per farsi patroni. Laudano in presentia colui, che poi biasimano in absenza. Usano buone parole a tutti, ma fanno buoni fatti à pochi. Et questi credono poter servire à Dio, & al Mondo in un tempo istesso; non considerando che la sua infinita Sapienza ha detto. Ch’egliè impossibile servir’a tutti, e che amandone uno, bisogna haver in odio l’altro. Sì come con la verità, e con gli effetti non si può servire, & amar tutti dui: poi che con uno simula, e con l’altro vien’amato da dovero. Colui che in apparenza serve al Mondo, accommodandosi cosi nel vestire, quanto in altre sue attioni (che però non sian di peccato) al viver’universale, per poter meglio servire al Sig. da dovero, merita ogni laude, & ogni honore: e di questi se ne parlera nella terza specie. Hora diciamo di coloro che fanno il contrario, i quali servono a Dio in apparenza, e con gli effetti servono al Mondo: Come noi vediamo che non servono a Dio, ma essi si servono di lui, e della religione per haverne utilita, e riputatione. Costoro mostrano la religione, e la santità con la lingua, & con le mani, eccetto quando sono spinti dall’Ambitione: laquale leva la virtù insieme con le buone opere. A questi, venendo al vostro fondego de gli Anesi, vi prego che gliene date abondantemente, accioche l’Ambitione insieme con la Ventosità, & il tanto desiderio di esser’estimati, e honorati per l’avenire si servono del Mondo per servir’à Dio. La terza specia della Ventosità è sottile, laquale è difficile da conoscere, ma assai più difficile da sanare: percioche per sua diffesa hà sempre lo scudo della santità, e della vita spirituale. Questa è in una parte di coloro che con la lingua, col vestire, & con le altre attioni esteriori sprezzano l’honor del mondo, e le commodità con tutti i piaceri: Et questi huomini sono di due sorti. La prima, sono gl’Ippocriti, simulatori, ribaldissimi, e sceleratissimi: I quali sono in apparentia santi, et in essentia Diavoli. A costoro dubito che gli Anesi giovarebbono poco, per esser la loro Ventosità accompagnata con molta malitia, e sceleratezza: nondimeno vi essorto à dargliene, ma assai: percioche, lentata l’Ambitione, si potriano riconoscere del lor’errore. La seconda sorte di quelli huomini che con lealtà, et sincerita di cuore, hann’abbandonato il Mondo, et ogni loro desiderio, per honorare, & glorificare il grande Iddio. Et con questi poneremo coloro, che interiormente hann’abbandonato veramente il Mondo, benche esteriormente paiono del Mondo; perche il Signore non riguarda à i panni, ne alle altre cose esteriori, ma al cuore solamente; i quali meritano d’esser’amati, imitati, et havuti in quella più reverentia che si possano havere. Ma non bisogna però che mai cessino di far buona guardia, che non entri in loro quella sottilissima Ventosità, che tiene il nemico apparecchiata di continuo per farli gonfiare, e persuaderli che sono santi, e che possono molto appresso Dio. Questa ventosità (come ho detto) è difficile da conoscere, e difficilissima da curare; perche come è entrata in loro, à sanarli bisognerà darli maggior quantità di Anesi, è sempre de’ più perfetti. Et però è di necessità che si conservino del tutto da quella peste, e dapoi che hanno fatto, quanto per loro possono fare à honore, & gloria del Signore, conoscano col cuore, e confessino con la bocca che sono inutili servitori; e che da se medesimi non meritano alcun bene. Et questi soli non havran bisogno di nostri Anesi per scacciare la Ventosità, ma si ben per conservarsi, e de i più fini: perche il crudelissimo Nemico, non cessa mai di battagliarli. Et oltra che li giovarà il pigliarne spesse volte per conservarsi, saranno anco perfetto instrumento per farvene espedire buona quantita, havendo virtù per sanare gli amalati di questa infirmità. Si che non dubitate di non ritrovarvi buono spaccio; anzi che non potrette raccoglierne tanti che bastino; poiche ogni età, ogni sesso, ogni stato, et ogni conditione de’ mortali, hanno bisogno di questa medicina.

Voi vedete prima i fanciulli, che à pena sono nati, come de’ belli vestimenti, essendo laudati, & presenti à gli altri, quanto se ne allegrano, & ne vanno gonfii, & del contrario, quanto se ne tristano, & piangono: & tutto questo nasce dall’esser più, e meno estimati; il che non procede d’altro che dalla Ventosita.

La adolescentia, & la età Virile, è sempre gonfia nelle feste, nelle pompe ne i bagordi, ne i desideri de gli honori, & nelle prattiche, e congiure per haverli: Et quel ch’è peggio, le ingiurie, le nemicitie, le persecutioni, le ferite, & le morti procedono dalla pestifera Ventosita.

Vi resta la Vecchiezza, della quale il tanto ragionare, e lodare il tempo passato, e biasimare il presente, non procede d’altro che dalla Ventosita; anzi che quella maledicentia, è cagionata da questa maladetta radice, parendo che per l’abbassare, & biasimare altri (& specialmente della loro qualità & professione) essi s’inalzino, e debbiano esser lodati. Et se tanto può la Ventosita ne gli huomini, pensate poi quanto debbe poter nelle donne, poiche in loro è veramente la sua perfetta habitatione: Laquale, benche stia volontiera ne gli alti palazzi; e stanze regali, non si sdegna però d’entrare nelle case di paglia, e nelle più vili habitationi; onde a tutti loro fa passare i termini dell’honesto procedere. Ne i principi cagiona le guerre, le oppressioni de sudditi, le distruttioni de paesi, e ne gli altri il desiderio di soprastare a i suoi eguali; usurpando quello de’ vicini, e deprimendo altri, per essaltare se medesimi. Ma sappiate che da questo desiderio dello stare sopra gli altri, pochi ne vanno essenti, dico n’anco i vostri Agricoltori, i quali s’impegnano per molti anni, per haver’i più belli animali che stano nella Villa. Voglio finirla, perche vedo che la cosa va troppo in lungo. La Ventosita si caccia in ogni luogo, sotto alle berette, alle Mitrie, a i capelli, ai capucci, e finalmente non lascia luogo alcuno, dove non faccia prova per entrarvi, accompagnandosi con ogni sorte d’attioni: hora alla scoperta, & hora mascarata: muta habito, e muta nome. Va dinascosto, che tal’hora è quasi invisibile, e tal hora anco si fa invisibile. Alle operationi cattive, e reprobate s’accompagna alla scoperta, e senza mascara essendo da tutti conosciuta. Alle operationi lodate da Dio, & biasimate dal Mondo s’accompagna in diverse sorti di habiti; ma non sono però tali, che se l’huomo stà avvertito nel guardarla con l’occhio sincero, non la conosca, e non se ne liberi. I quali habiti, e mascare sono mille, e molto diverse, come ne dirò alcuni. Alle attioni del cercare e procurare le dignità, et i magistrati, questa Ventosità s’accompagna con l’habito dello amore della Patria, ò con l’habito del timore che essi non cadano nelle mani de ribaldi. Alle operationi delle liti, e delle contentioni, s’accompagna con l’habito della giustitia d’osservare il grado loro, di temere, che non invitino altri à farli peggio, et non voler nodrire la insolentia. Poi alla operatione del perdonare del fare vendetta ella s’accompagna con l’habito dell’honore, della scontentezza de’ parenti, e de gli amici: dicendo che cosi fanno gli altri che sono prudenzi, e che tutti non possono esser Chietini, ne Capuccini. e questi esempi vi bastino. poiche sarebbe troppo lungo il commemorare con quanti habiti, e mascare, questa mala bestia della Ventosità s’accompagna con le operationi di tutti quelli, che si credono essere sapienti, e di viver ben al mondo. Io ho chiamata questa Ventosita mediocre, percioche non è tanto grossa, che facilmente sia da tutti conosciuta: anzi che la maggior parte de gli huomini (per non avvertirli) restano sempre ingannati da lei. Ne anco è tanto sottile, che volendo l’huomo aprire gli occhi, & stare attento, non la veda, e conosca molto bene: perche alle operationi che sono per natura buone, e sante, ella s’accompagna con la vesta della santita, di una vita essemplare, e d’un riformatore di costumi, accio che sia ammirata, & lodata da tutti. Questa Ventosita è tanto sottile, e tanto difficile da conoscere, che non solo alle volte inganna i buoni, ma anco gl’istessi che la fuggono. Oltra ch’è tanto ardita, & sfacciata che non lascia alcuna buona opera, che non faccia prova d’accompagnarsi seco, e continuarla con lasciar’il Mondo, col sprezzar gli honori, col far limosine, col digiunare, con l’orare, con la castita, & verginità, con la vita religiosa, e severa, con la patienza, e perseveranza nel bene, e finalmente non lascia pure una sola virtù ch’ella non se le voglia mescolare, dico sino con l’humilta, ch’è tanto sua capital nemica.

Di due cose mi maraviglio grandemente. L’una è, che quella istessa opera santa di voler’essere libero da ogni Ambitione, & la diligentia grande di scacciare ogni sorte di Ventosita, non è sicura dall’istessa Ambitione, ne dalla medesima Ventosita. Et l’altra è, che queste due maledette pesti, offendono i mortali non solamente nel tempo della vita mia, ma ancora nell’atto della morte, facendo venir l’huomo in tanta pazzia, che per morir costantemente (essendo riputato di gran cuore) muor meno che Christianamente, e resta eternamente dannato.

Io mi son disteso piu di quel, ch’era il mio volere, per farvi in parte conoscere quanto il Mondo, & particolarmente la nostra Citta, habbia bisogno di rimedio a tanto male. Et però abbracciate allegramente questa cosi necessaria impresa, poi che sarà ornamento grande al vostro Libro, e d’infinita utilità alli vostri compatrioti, & anco a voi di molta satisfattione.

Ho lasciato nell’ultimo quello che più importa, cioè, a che modo si debbono usare questi Anesi. Se io ho bene osservato il vostro procedere. Voi havete fatto l’ufficio e di buon’Agricoltore, e di eccellente Medico, mostrando la via di raccogliere gran copia di frutti, & il modo di usarli e per cibo, e per medicina. Il mio ricordo non debbe punto deviare da questo bell’ordine; e tanto più, perche non essendo gli Anesi ben preparati, non produrranno quei buoni effetti che si desidera, & la tanta fatica restara senz’alcun frutto. Bisogna adunque prepararsi à questo modo. Che primamente stiano in infusione quanto più si può nella perfetta cognitione di Dio, & di se medesimo. Percioche, quanto più vi staranno, tanto più facilmente scacciaranno ogni sorte di ventosità. Se questo mio ricordo vi piace, ne resto contentissimo, & se anco nò, accettate almeno il mio buon’animo: & conoscete che io non ho perdonato alla fatica per satisfarvi.

Di Venetia alli 13. di Gennaro. 1568.

Il vostro Cavalier ...

Share on Twitter Share on Facebook