Proemio sopra la sestadecima giornata dell’Agricoltura

Di M. Agostino Gallo,

Nella quale si tratta de’ Cavalieri, ò Bachi, ò Vermi, che fanno la seta.

Piu, & più volte fra me stesso considerando con quel poco lume d’intelletto, che per mera gratia di Dio mi trovo havere, sopra la natura de’ Vermi, che per tutta Lombardia sono chiamati Cavalieri, & in Toscana Bachi, ho sempre conosciuto, che fra tutti gli animali insetti, questi concorrono per nobilità, & per artificio co i più singulari; come quelli che soli partoriscono la seta con sì maravigliosa industria. Et come non hanno gloria & nobilità questi sì piccioli vermicelli, quando essi col singolare artificio loro fanno apparir gloriosi, & nobili nella perspettiva del mondo, tutti coloro, che dell’opera di essi pomposamente s’adornano, & si fanno risplendenti? Per la industria veramente di questi animaletti, noi vediamo tutto il giorno nobilmente addobbati gli huomini di gravità, i Ministri maggiori della giustitia, i Capitani supremi della militia, i Prencipi di ogni potentia, & finalmente i grandi prelati con le loro Chiese, & Altari destinati al vero culto di Dio. Il che à tutti coloro che volentieri vanno speculando i secreti della Natura, genera non poca maraviglia, & stupore. Percioche, si come i lini, & i campi vengono dalla terra, & le lane dalle pelli de gli animali per supplire alle necessita dell’huomo; cosi la seta sola per honorarlo, è produtta in pochi giorni dalla bocca de’ Cavalieri in un sol filo; il quale nondimeno è ordito con sì mirabile arte, che non se ne trova pur un solo, ò rotto, ò fallato ò disuguale: ma sempre tutto perfetto dal principio al fine d’ogni bocciuolo, ò galetta, quando insieme con l’altre è inaspata. Oltra che con maggior maraviglia si può dire, che questi animali si veggono senza sangue, senza carne, senza ossa, senza nervi, senza vene, senza scaglie, & senza interiori: si come ancora si veggeno esteriormente privi di corna, di denti, di unghie, di spine, di peli, di occhi, ò di orecchie, & in poco più di quarantacinque giorni di molti piccioli che sono al nascer loro, si fanno veder grossi, & lunghi col mangiare, col dormire, & col mutarsi quatro volte di spoglia. Ultimamente si serrano col lor filo medesimo nella galetta, forse per non vedere spesso la gloria loro in qualche parte avvilita, mentre che infiniti scelerati, vogliono ambitiosamente ricoprir le loro dishonestà con la coperta della industria loro. Et di questa galetta, in manco di dieci, ò dodici giorni, uscendo come di pregione; di Cavalieri si trasformano in parpaglioni, ò barbelli, come diciamo. Dal valore adunque di questi rari animaletti, mi son risolto a palesare alcuni utili discorsi fatti da i nostri Gentil’huomini nella villa del Borgo di Poncarale, intorno al modo di governarli, accioche ottimamente ciascuno che sia per pigliare tal’impresa, possa satisfarsi a pieno. Et i discorsi sono questi.

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