Capitolo XVI. Naufragio

Pronti alla partenza, si aspettò l'ora della piena — ed avventurammo la partenza alle 4 circa p.m.

In tale circostanza ci valse molto la pratica nostra a spingere le imbarcazioni tra frangenti — senza di che, non so come avressimo potuto riescire a metter fuori i lancioni — Abbenchè l'ora propria dell'alto flusso — si fosse scelta — non bastava la profondità dell'acqua -

Comunque al principio della notte, i nostri sforzi furono coronati da pieno successo — e gettammo l'ancora nell'Oceano, al di fuori de' furiosi frangenti — a circa sei cento metri dalla costa — Si osservi: che barca di nessuna specie era mai uscita dal Tramandaï -

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Alle 8 circa p. m. facemmo vela da quel punto con piccola brezza da mezzogiorno, che venne mano mano crescendo, sino a diventar bufera — ed alle 3 p.m. del giorno seguente, eravamo naufraghi vicino all'imboccatura del fiume Averinguà, con sedici compagni perduti nell'Atlantico — ed infranto il Rio-pardo ch'io comandavo — nei terribili frangenti di quella costa -

Sino dalle prime ore della sera — alla nostra partenza dal Tramandaï — mostravasi il vento da mezzogiorno, apparendo minaccioso — e cominciando a soffiare con violenza — La nostra corsa era parallela alla costa — Il Rio-pardo con trenta persone a bordo, un cannone da dodici, nel centro — rotante — cioè da poter essere puntato in tutte le direzioni — molti attrezzi e proviste per l'equipagio — non prevedendo certamente un temporale così imprevisto, e subitaneo — e non sapendo qual sorte ci toccherebbe in paese nemico — ove si doveva approdare — il Rio-pardo dico: trovavasi imbarazzato, e soperchiato dal mare — in modo — che qualche volta ci tenne per un pezzo sommersi — rimanendo per minuti, tuffati sotto i marosi -

La pericolosa situazione in cui trovavasi il piccolo legno — minacciato d'esser soprafatto dalle onde, e rovesciato da un momento all'altro, fece concepire la determinazione d'avvicinare la costa, ed approdarla, comunque fosse — Ma infuriando sempre più la bufera ed il mare — non ci diedero tempo alla scelta del luogo — e fummo travolti da terribile maroso -

Io mi trovavo in quel momento alla sommità dell'albero di trinchetto, sperando di scoprire un punto nella costa, ove aprodare con meno pericolo — Il legno fu capovolto sulla destra, e fui lanciato per ciò da quella parte a certa distanza -

Io ricordo bene: che, abbenchè in pericolosissima circostanza — non pensai alla morte; ma sapendo di aver molti compagni non marini — e prostratti dal mal di mare — ciò mi martoriava, e cercai di raccogliere, quanti remi, ed altri galleggianti oggetti — mi fu possibile — raccoglierli, avvicinarli a bordo — e raccomandare a tutti di prenderne uno per sorregersi, ed agevolarsi a guadagnar la costa -

Il primo individuo, che incontrai stretto ad una sartia — dalla parte sommersa — per ove io potei rientrare a bordo — fu [48] Edoardo Mutra — mio compagno d'infanzia — a cui rimisi un boccaporto — ed a lui raccomandai di non lasciarlo a qualunque costo -

Luigi Carniglia, il coraggioso nostr'uomo, che trovavasi al timone al momento della catastrofe — era rimasto aggrapato al bordo, verso i giardini della parte sinistra — cioè la parte non sommersa -

Sventuratamente un giacchetone di Calmouk, assai pesante lo serrava talmente, quando imbevuto d'acqua — ch'egli dovendosi tenere per non esser portato via dal mare — trovavasi nell'impossibilità di liberarsene — Me ne fece cenno — ed io corsi in soccorso dell'amico del cuore -

Avevo nella sacoccia del pantalone, un piccolo coltello di manico bianco — lo misi alla mano — e cogli sforzi di cui ero capace, principiai a tagliare il colletto, ch'era di velluto — Avevo finito di tagliare il colletto — e con uno sforzo ancora, io scucciva, o stracciava il maledetto! quando un maroso, con orrendo fracasso — avviluppò, e schiacciò: bastimento, e quanti individui a quello afferravansi -

Io fui scaraventato nel fondo del mare come un projettile — e quando ricomparvi, stordito dal colpo e dai vortici che mi soffocavano — era scomparso lo sfortunato amico mio per sempre!

Parte dei compagni, al mio risorgere, comparivano dispersi, e facendo sforzi ognuno per guadagnar la costa — determinazione ch'io dovetti prendere, come gli altri per salvar la pelle -

Nuotatore dalla più tenera infanzia, io giunsi tra i primi — e la mia prima cura, posando i piedi sul fermo, fu di girarmi indietro, per osservare la sorte dei compagni — ed Odoardo mi si affacciò non lontano — Egli aveva abbandonato il boccaporto da me raccomandato — o piutosto la violenza del mare, glielo aveva strappato — Nuotava, sì, ma con uno stento — una fatica — indicanti lo sfinimento a cui era ridotto! Io amavo Edoardo, com'un fratello! E mi affannò oltremodo, la disperata sua condizione — Oh! [49] mi sembrava in quei tempi, esser io, più sensibile e generoso! Anche il cuore induriscono, ed inaridiscono gli anni ed i malanni!

Io mi slanciai verso il mio caro, per porgerli un legno che aveva servito a salvarmi — Già ero giunto vicino a lui — e confortato dalla grandezza del proposito — io lo avrei salvato quel mio fratello! — E che fortuna sarebbe stata per me! Troppo grande! Un maroso, ambi ci sommerse!

Un momento dopo io galleggiai..... chiamai; non vedendolo ricomparire..... e chiamai disperatamente! ma invano! il mio amico di infanzia, era rimasto travolto nei gorghi di quell'oceano — che non avea temuto di varcare per ragiungermi — e per servir la causa d'un popolo -

Un altro martire della libertà Italiana, privo d'un sasso, che segni ove furon sepolte le sue ossa nelle arene del nuovo mondo! -

I cadaveri di sedici compagni ebbero la stessa sorte — ingojati dal mare — essi furono trasportati dalle correnti a trenta miglia di distanza verso il settentrione — e là sepolti nelle sabbie della costa — Tra i sedici — trovavansi sei Italiani — io settimo, solo mi era salvato: Luigi Carniglia, Edoardo Mutru, Luigi Staderini, Giovanni D. ed altri due che non rammento — tutti forti e prodi giovani -

I superstiti, in numero di quattordici, l'uno dopo l'altro tutti aveano approdato — Invano, tra loro, cercai un volto Italiano — Morti tutti! Mi sembravo solo nel mondo! Io vaneggiavo — a quasi mi parea pesante quell'esistenza salvata con tanta fatica — Molti dei compagni, non marini, non nuotatori, si salvarono — Commenti chi vuole! Tra i perduti io contavo altri compagni ben cari: due liberti, un mulato, ed un nero perfetto — Raffaël e Procopio gente d'un valore e d'una fedeltà a tutta prova — Con noi approdava alla costa, un barrile d'acquavite, mi sembrò una fortuna — e dissi a Manuel Rodriguez — ufficiale Catalano -: procuriamo di aprirlo e rinvigorirci coi compagni che vengono aprodando -

Si mise mano all'opera di sturare il barrile — ma nel tempo in cui faticavamo per ottenere l'intento, ci colpì un freddo tale — che fu fortuna il ricordarsi di prender a correre — senza ciò fare, certo, saressimo caduti esausti dalla stanchezza e dal freddo — Avendo i panni bagnati, ed essendo il vento freddissimo — era naturale ciò accadesse -

Corremmo — corremmo machinalmente lungo la costa [50] verso mezzogiorno — ed incoraggendoci reciprocamente a correre — La sponda del mare faceva schiena e ci riparava alquanto dalla violenza del vento — e nel pendio interno, scorreva l'Areringua, fiume di poca importanza, con direzione a tramontana, e per un gran pezzo, parallellamente al littorale, per sboccare poi nell'Oceano a breve distanza -

Seguimmo dunque la sponda destra del fiume — ed alla distanza di circa quattro miglia, trovammo una casa abitata, ove ricevemmo ospitalità completta. La casa che ci accolse ospitalmente — era poco internata in quella maestosa ed immensa foresta del Brasile — certo, una delle maggiori del mondo — di cui già accennammo.

In un campestre poco spazioso ergevasi quella casupola, i di cui abitatori erano padre, madre ed un bambino — Intorno ergevansi le annose secolari piante, stupendamente robuste ed alte — ed in un canto del campestre, trovavasi un agrumetto con delle piante, come mai vidi sì belle — e con degli aranci ch'erano una meraviglia — Per naufraghi, fu una ben grata sorpresa!

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