CAPITOLO XLV. S. Antonio.

Verso quel tempo (principio del 1846) ebbimo notizie, che il generale Medina — nominato generale in capo dal governo — delle truppe della campagna, in assenza del generale Rivera — che il generale Medina dico: con alcuni emigrati orientali, dal Brasile e da Corrientes, ove stavano dopo la sconfitta dell'India muerta dovevano riunirsi a noi nel Salto -

La sconfitta di Vergara, ci aveva bensì vantaggiato, ma non dato quei risultati che se ne potevano aspettare se [148] l'avessimo sorpreso — Lamas non molto distante occupato a far domare puledri, accorse alla notizia del rovescio, ed agevolò al collega, la riunione della gente — Ambi stabilirono il campo, ad alcune miglia dal Salto — e ricominciarono l'assedio — che consisteva per lo più ad allontanarci il bestiame ciocchè potevan fare agevolmente in considerazione della loro superiorità in cavalleria -

Nominato il generale Medina a capo dell'esercito — conveniva proteggere la sua entrata nel Salto — Il collonnello Baez, come già dissi: avea assunto il comando della cavalleria nostra, e l'aveva regolarmente organizzata, perito com'era in quell'arma — d'un attività non comune — egli aumentò il numero dei cavalli, e provvedeva la città e milizia di bestiame. Mundell, e Juan de la Cruz, trovavansi ai di lui ordini — ed in quei giorni trovavansi distaccati ambi, in commissione di domar puledri.

Il colonnello Baez, più noto al generale Medina, era in diretta relazione con quel generale — seppi da Baez dunque, che Medina, colla sua piccola truppa, doveva comparire alla vista del Salto, nel giorno 8 Febbraio — combinammo dunque, che lo accompagnerei colla fanteria -

All'alba del giorno 8 febbraio 1846, uscimmo dal Salto, dirigendoci verso il fiumicello di S. Antonio — sulla sponda sinistra del quale, dovevimo aspettare l'apparizione del generale Medina, e del suo seguito — Anzani, per fortuna nostra, rimase nel Salto, un po' indisposto -

Il nemico, come soleva farlo, quando si usciva a tale direzione — mostrò sulle alture di destra, alcuni gruppi di cavalleria, che si approssimavano a vicenda, come per osservare, se si raccoglieva bestiame, e disturbarci — contro tali osservatori staccò il collonnello Baez, una catena di tiratori di cavalleria, e si stette per alcune ore guerrigliando (fuochi da volteggiatori) colla catena nemica -

La fanteria avea fatto alto, e formato i fasci, nelle vicinanze del fiumicello, su d'una eminenza chiamata: tapera de Do Venanzio — ove rimanevano pochi avanzi d'un posto di estancia o di saladero -

Io mi ero staccato dalla fanteria, e contemplavo le guerriglie — Assuefati a quel genere di guerra — ove la perizia, l'agilità ed il valore del milite Americano risplendano brillantemente — ciò era per noi, un divertimento — Ma il nemico, con tali finte nascondeva l'avvicinamento del Vespajo — dietro il suo trastullo di guerriglieri — che spingeva [149] d'un modo debole e non curante, per meglio ingannarci — e dar tempo alle formidabili forze che venivano indietro, di avvicinarvi.

Il terreno, in tutto il dipartimento del Salto, è formato di colline, e tali sono i campi di S. Antonio. — Cosicchè l'imponente forza che marciava contro di noi, potè approssimarsi, dietro la cortina, formata dalla cavalleria di Lamas e Vergara, sino a piccola distanza. Mentre giunto alla descrita posizione, io stavo gettando la vista dall'altra parte di S. Antonio — io scorgo, con stupore, comparire sul vertice della prima collina, a noi dirimpetto — ove pochi nemici s'eran veduti sino a quel momento — una foresta di lancie — fitti squadroni di cavalleria con bandiera spiegata, ed un corpo di fanteria, doppia della nostra in numero; che venuta a cavallo sino a due tratti di fucile; mise piede a terra, si ordinò in battaglia ed a passo di carica, suonata da un tamburo, marciò sulla nostra alla bajonetta -

Baez fu sconvolto — e mi disse «ritiriamoci» — Io, vedendone l'impossibilità, dissi: «non è più tempo e bisogna combattere». Così ai legionari, per distruggere o mitigare l'impressione — che loro farebbe l'apparizione d'un nemico sì formidabile, dissi loro: «noi pugneremo» (era voce grata, a quei valorosi Italiani) — «la cavalleria siamo assuefati a vincerla — oggi, vi abbiamo anche un po' di fanteria» -

Si poteva fuggire, farsi maccellare, sino all'ultimo — ma non ritirarsi — Con 180 fanti non è possibile una ritirata di sei miglia, con 300 di buona fanteria nemica colle bajonette nelle reni, e circondati da 900 a 1200 de' primi cavalieri del mondo — La voce di ritirata in tale impegno, è condannabile — è codarda! Bisognava combattere, e si combattè come uomini che preferivano morte onorata — alla vergogna!

La tapera, in cui ci trovavamo, conservava vari travicelli, che avevano servito alla parete d'antico edifizio di legno — Ad ogni travicello in piede, dunque si pose un legionario — Il restante, formando tre piccole sezioni, fu collocato in collonna, dietro l'edifizio, e coperto dalle mura in mattoni, della testa settentrionale dello stesso edifizio, a guisa di stanza, capace di contenere una trentina d'individui — e coprendo quasi intieramente, la testa della piccola nostra collonna -

Alla destra della fanteria, si collocò Baez, colla cavalleria — mettendo a piedi gli armati di carabina — e rimanendo [150] a cavallo i lancieri — Avevimo circa cent'uomini di cavalleria, e cento ottanta sei legionari — Il nemico aveva novecento uomini di cavalleria (vi fu chi assicurava: esser la cavalleria nemica, in numero di 1200), e trecento di fanteria -

Uno scampo solo v'era per noi: respingere, e debellare la fanteria nemica, — Io me ne persuasi, ed a tale intento volsi ogni sforzo nostro -

Se quella fanteria nemica, invece di caricare in linea di battaglia, formando una linea estesa — carica in collonna d'attacco con una linea di tiratori avanti — e senza far un tiro — io credo: irresistibile sarebbe riuscito il suo assalto — Noi ci saressimo battutti corpo a corpo giacchè quartiere non v'era da sperare da tale nemico — ma una volta mischiati, l'enorme massa di cavalleria che veniva dietro — ci avrebbe calpestati sotto le ugne dei cavalli -

I campi di S. Antonio, oggi ancora biancheggierebbero, d'ossa Italiane — e la patria nostra avrebbe plorato l'eccidio d'un pugno di prodi suoi figli — senza che un solo di loro, fosse sortito a contarlo -

La fanteria nemica, avanzò invece bravamente, battendo la carica, su d'una sola linea — senza sparare, sino a pochi metri di distanza — in cui si fermarono e fecero una generale scarica — Ciò fu la salvazione nostra!

I legionari avevan ordine d'aspettare il nemico a bruciapelo — e così fecero. Tale scarica nostra fa decisiva, — Caddero molti dei nostri bensì — alla scarica del nemico, ma pochi dei nostri tiri furono perduti — E quando il prode Marrocchetti, che comandava le tre sezioni in riserva, uscì da dietro il riparo, e caricò in massa, la già decimata fanteria nemica — che volse le spalle e si pose in fuga bajonettata dai nostri — Anche tra noi, vi fu un momento di titubanza, e di disordine alla vista di tanti nemici — Vi erano alcuni neri con noi, prigionieri del Tapebì — e forse altri, che non credendo alla possibilità di difendersi — cercavano coll'occhio una vana via di scampo — Ma, quei prodi, che si lanciarono sul nemico — come leoni — Oh! quelli, furon belli di valore e di gloria!

Dal momento in cui fissai tutta la mia attenzione alla fanteria nemica — io non avevo più osservato, nè veduto il collonnello Baez e la cavalleria nostra — Eran fuggiti! Ed anche quella circostanza avea sconcertato non poco i deboli — Cinque o sei cavalieri eran rimasti con noi — ed [151] io ne incaricai un valoroso ufficiale orientale — Josè Maria -

Colla sconfitta della fanteria nemica, io mi confortai nella speranza di salvezza — Profitammo del momento di calma, che ci lasciava la stupefazione del nemico, per alquanto riordinarci — Egli avea contato giustamente di annientarci sino all'ultimo uomo — e si trovò ben deluso -

Sui cadaveri nemici rimasti tra noi — e massime sulla linea, ove s'era fermato per far fuoco — trovammo abondante provvista di cartuccie — Molti fucili migliori dei nostri lasciati dai morti o dai morenti servirono ad armare i mancanti militi ed ufficiali — Non essendo riuscito nel primo tentativo — reiterò ripetutamente il nemico, le sue cariche — Mise a piedi, molti de' suoi dragoni — con quelli, coi pochi avanzi de' suoi fanti, e con masse di cavalleria, da far tremar il terreno — ci assaliva, procurando in ogni modo di farci perdere contenenza — Ma, non le fu più possibile — I nostri s'eran penetrati del santo dovere di combattere per l'onore del nome — e s'eran persuasi, che con coraggio, e sangue freddo, si può combattere un nemico, senza contarne il numero — A misura che il nemico ci caricava — io tenevo sempre pronti, alcuni scelti legionari — ed i pochi cavalieri che ci rimanevano — e con quelli, facevo io pure caricare il nemico ogni volta -

Tentò pure, di far avvicinare a noi, per varie volte, un parlamentare con bandiera bianca — a provare naturalmente, s'erimo disposti alla resa — Io allora, sceglievo tra i nostri i migliori tiratori, e facevo sparare sino a fugare il messo -

Sin verso le 9 della sera durammo in quel modo — e verso un'ora p.m. era cominciata la pugna — Noi stavamo in mezzo ad una barricata di cadaveri — Verso le 9 si fecero i preparativi per la ritirata — Molti erano i feriti nostri, e più dei sani — quasi tutti gli ufficiali feriti — Marrocchetti, Casana, Sacchi, Ramorino, Rodi, Berutti, Zaccarello, Amero, ecc. — Carone, e Traverso soli rimanevano illesi -

Fu ardua e dolorosa impresa, il rimore [rimovere] quei giacenti — collocandoli parte sugli abandonati cavalli, o feriti — altri, che potevano trascinarsi, a piedi sostenuti da compagni — Terminato l'accomodamento dei feriti — si dispose il rimanente in quattro sezioni; ed a misura che si ordinavano in rango, si facevan coricare, per meno esporli al continuo fulminare dei tiri del nemico — Alcune ammonizioni sul modo di condursi — e s'imprese la ritirata -

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Fu pur bella, la ritirata di quel pugno d'uomini! in collonna serrata, tra una nube densa, de' primi cavalieri del mondo — l'ordine era di non scaricare un solo fucile, seno a bruciapelo, sino a ragiungere il limitar del bosco che guarnisce la sponda del fiume Uruguay — Avevo ordinato pure prendessero i feriti la vanguardia — certo, che le cariche del nemico, sarebbero sulla nostra retroguardia, e sui fianchi — Ma come regolare i poveri soffrenti — Essi si disordinarono alquanto, ed alcuni ne furon vittime: uno o due io credo — Il resto fu salvo — ed eran molti -

La piccolla collonna!..... oh! lo ricordo con orgoglio!..... fu ammirabile! Essa armò le bajonette al moversi e serrata, siccome era partita, giunse al determinato punto! — Invano fece il nemico tutti li sforzi possibili, per sconvolgerci, caricando in ogni direzione, con tutta possa — Invano! Giungevano i lancieri nemici, a ferire i nostri nei ranghi — Non vi si rispondeva senonchè colle bajonette — e più compatti si procedeva -

Alto! e dietro fronte, si fece qualche volta, quando troppo incalzati dal nemico che si respingeva con pochi tiri — Giunti poi al limitare del bosco — potemmo più agiatamente, tempestarlo di fucilate ed allontanarlo -

Uno dei patimenti maggiori della giornata, era stata la sete — massime per i feriti, che avevano bevuto la propria urina — Giunti sulla sponda del fiume, lascio pensare con che brama, si corse all'acqua — Parte bevevano, e gli altri tenevano il nemico lontano -

Il successo brillante del nostro primo movimento in ritirata — ci valse: esser meno molestati in seguito — Formammo una catena di bersaglieri, a coprire il nostro fianco sinistro, sempre minacciato dal nemico, sin dentro la città del Salto — e costegiammo così la sponda del fiume -

Alle cariche del nemico, che non le cessò indispettitto com'era di vedersi fuggir una preda ch'ei credeva sicura — si faceva alto! poi rinfrancati i nostri intieramente, e boriosi dell'ottenuto successo — gridavano in spagnuolo, all'indirizzo di quello: «Ah che no!» (cioè: a che non venite!) — e mettendolo in fuga a fucilate — lo burlavano -

Anzani ci aspettava, all'entrata della città — e volle abbracciarci tutti, commosso sino al pianto — Il modesto ed incomparabile guerriero — non avea disperato! Egli stesso me lo assicurava — Ma sì ardua, era stata la pugna! e sì sproporzionato il numero dei nemici! Egli avea riunito [153] nella fortezza i pochi rimasti — la maggior parte feriti in convalescenza — ed aveva risposto alle intimazioni di resa — come Pietro Micca all'assedio di Torino — e come Pietro Micca, egli avrebbe mandato in aria il mondo, piutosto che arrendersi!

Durante il conflitto — contando sull'imponenza delle sue forze, avea il nemico, intimato la resa a noi, ed a Anzani nel Salto — Già vedemmo la risposta ch'ebbe da noi nel campo — Ma più importante ancora fu la risposta d'Anzani: colla miccia alla mano — Chiunque più debole di lui — alle assicurazioni del nemico non solo — ma a quelle di Baez stesso, e della di lui gente: che tutto era perduto al di fuori — e che mi avean veduto cadere (ciò era vero ma soltanto ebbi il cavallo morto) -

Ma Anzani non disperava! Ed io lo accenno..... lo grido a quelli de' miei concittadini, che disperarono qualche volta per la salvezza d'Italia!..... È vero, che sono pochi gli Anzani!..... Ma chi dispera è un codardo! Ed abbiam provato abbastanza: che mai disperiamo della completta redenzione della patria nostra — a dispetto dei neri traditori, sempre disposti a venderla — e dei boriosi vicini tante volte assuefatti a comprarla!

Anzano col suo atto eroico, avea salvato tutto, e noi potemmo, grazie a lui, rientrare nel Salto in trionfo.

A mezzanotte circa, entrammo nella città — Del presidio o della popolazione, certo, nessuno dormiva in quell'ora — ed i generosi abitanti si affollavano, per richiedere dei feriti, soccorrerli, e condurli nelle loro case, ov'ebbero ogni gentile assistenza -

Povero popolo! Che tanto hai sofferto nelle varie vicende della guerra! Io ti rammenterò sempre con un senso di profonda gratitudine -

Noi ebbimo delle sensibili perdite in quel fatto d'armi — e sensibilissime le toccò il nemico — Il generale Servando Gomez, capo supremo delle forze nemiche, che sì maestrevolmente ci avea sorpresi — e quasi annientati — sparì nel 9, trascinando la sconquassata divisione, verso Paysandù da dove era partito -

Egli condusse gran numero di feriti, e lasciò il campo di S. Antonio coperto di cadaveri -

Il giorno 9, s'impiegò totalmente all'accomodamento e cura dei feriti nostri, o nemici ch'erano rimasti -

Due chirurghi Francesi, ci valsero sommamente nella [154] pietosa cura — Il medico dell'Eclair giovine zelante e di capacità (non ricordo il nome) e Desroseaux altro giovane facoltativo della stessa nazione — addetto da qualche tempo alla legione, e che avea combattutto in quel giorno da milite — prestarono validamente l'opera loro presso gl'infermi -

Più d'ogni cosa poi, valse ai nostri sofferenti, la delicata assistenza delle gentilissime Saltegne -

I giorni seguenti furono impiegati alla raccolta e sepoltura dei morti -

Siccome straordinario era stato il combattimento, solenne, mi sembrò dover essere l'inumazione dei cadaveri — Mi ricordai allora d'aver veduto i tumuli dei campi di battaglia nell'Oriente — e sulla collina che domina il Salto, e già era stato teatro di pugne gloriose, si scavò una fossa per tutte le salme indistintamente — quindi una cestella di terra per ogni individuo, coperse le reliquie degli amici e nemici — ed innalzò il tumulo che ognor si scerne — signoreggiato da una croce, sulla quale legonsi le seguenti parole:

«Legione Italiana, Marina, e cavalleria orientale» dall'altra parte: «8 Febbraio 1846»

I nomi dei valorosi, morti o feriti, nel conflitto glorioso, esistono nel giornale della legione tenuto da Anzani.

Il generale Medina, potè liberamente entrare nel Salto col suo seguito — e vi mantenne il comando superiore, sino alla rivoluzione eseguita dai Riverista in Montevideo — In tutto quel periodo nulla d'importante successe –

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