18. – Dico bene del governo.

Non vorrei per altro che tu mi tenessi per un maldicente. No, vedi, io....

Un momento: so che le autodefinizioni – che sono sempre la espressione di ciò che uno vorrebbe essere – sono male accette da coloro, che hanno la disgrazia di doverle ascoltare, i quali non possono ribattere con l’espressione del loro pensiero, che sarebbe, molto probabilmente, offensivo. Pure bisogna bene che tu sappia che sono un ottimo giovane, di buoni principi morali e civili, tradizionalista fino al midollo, seguace devoto delle consuetudini, degli usi e costumi del mio tempo, della mia gente, del mio paese; altrimenti le mie parole assumerebbero ai tuoi orecchi i ritmi e il tono di una canzonetta consumata, come per esempio: lo zigozago. Quando ti ho detto questo, tu capisci benissimo che io sono uno di quelli che in fondo in fondo dicono sempre bene del governo, anche quando, come accade spesso, compie degli atti pleonastici.

Mi spiego.

Muore uno e tutti quelli di famiglia portano per un anno preciso, o sei mesi, il lutto stretto o mezzo lutto, o un quarto di lutto, a seconda della necessità sentimentale di ciascuno, le quali aumentano fatalmente con l’importanza del grado di parentela. Molte volte però capita che il lutto, – dolore, disperazione, lacrime – si fermi al nero del vestito. Tolto il vestito l’essere umano non dimostra, per segno alcuno, il suo dolore.

Dunque? Abasso il lutto? No, non esageriamo. Anche la forma ha la sua importanza, nella vita e se fosse permesso agli eredi, tutte le volte che uno muore, di vestirsi secondo la loro fantasia, scometto che gli abiti che sono oggi in circolazione diventerebbero ben goffi e meschini, in mezzo al fiorire della più barbarica allegria coreografica. No: non per coloro che muoiono, ma per coloro che vivono, i quali sono degni di tutto il nostro rispetto, poverini.

Morale: bisogna portare il lutto nel cappello anche se il cuore sta allegro.

Proseguo nella esemplificazione. In molti luoghi per bene, dove si riuniscono molte persone per bene, è obbligatorio il frack. Si lascia alla porta un galantuomo, anche decentemente vestito, ma si spalancano tutte le porte a un farabutto il quale esponga al pubblico uno sparato bianco, per bene. E con questo? Sarebbe dunque il caso di riformare certamente usanze e di dar diritto di cittadinanza onoraria e onorifica all’alpagas? Ma no, ma no: se non ci fossero i sarti, i quali si incaricassero della fabbrica delle persone per bene, sarebbe un brutto mondo questo, per le persone per bene, così poche, così sole, nell’universo mondo.

La forma, sopratutto la forma. Però, morale: non stringere mai la mano a nessuno: pericolo d’infezione!

Proseguo nella esemplificazione. Tutte le volte che agli uomini capita qualche cosa di importante – una croce di cavaliere, un lutto, una gioia – essi si riuniscono a banchetto, il che dimostra che tutto serve all’uomo per mangiare. Se il pubblico trova che queste mie osservazioni sono poco originali, fa male, perchè in fondo, la colpa è sua, come mia: il pubblico non ha mai dato prova, come in questi ultimi tempi, di tanta afonia e di tanta uniformità, a basso livello. È nell’aria, è nel tempo, è in tutti. Oh, io chi sono? Dunque, banchetti! Abolire i banchetti? Ma no! Perchè? È tanto bello mangiare in compagnia e – a questi lumi di luna – gratis, che sarebbe un vero peccato escludere dalla consuetudine questa espressione dell’animo, universale come la musica. Tanto più che in fondo, nonostante le speranzielle che covano nel fondo del cuore di ognuno di noi, siamo sempre un po’ increduli del nostro buon destino e sentiamo che, per fortuna, una croce di cavaliere che ci obblighi a recitare per una sera la dispendiosa parte di anfitrioni, non è la cosa più comune di questo regio governo. Dunque? Viva le consuetudini e non se ne parli più. Ci vuole molto rispetto per la forma, che è, in fondo, la buona educazione, la linea, la direttiva indispensabile alla vita sociale. Senza la forma, gli uomini – ricondotti alla loro più sincera manifestazione – si prenderebbero amorevolmente a pedate dalla mattina alla sera.

Quando uno si mette in testa di essere commendatore, non ride più: sorride. Hai mai visto per la strada un commendatore ridere sgangheratamente?

Quando uno si mette in testa di essere capo-popolo, abbandona molte abitudini: hai mai veduto un capo-popolo col colletto pulito?

Quando uno si mette in testa di essere bello non si occupa più di niente, all’infuori di se stesso e del cinematografo, per ragioni di parentela spirituale. Hai mai visto un bel giovane fare una moltiplicazione per 999 e capire – che so? – Alessandro Manzoni?

La forma, la forma. Ecco: un bel giorno un capo di governo si mise in testa di avere un formidabile pugno di ferro. Ma perchè ridere, santo Dio? Chi è senza peccato, scagli la prima pietra!

Una volta disse delle parole sacrosante: «Produrre di più e consumare di meno!» E da allora in poi fu una serie di scioperi catastrofici, che pareva il finimondo. Che importa? Il governo aveva detto la sua parola e la sua volontà. Poi, in camera charitatis, si sa, si può essere leggermente diversi. Non si porta mica il frack tutto il giorno: viene l’ora di andare a letto e allora.... E quando si va a letto il pugno di ferro lo si depone gelosamente sul comodino. «Produrre di più e consumare di meno». E da allora in poi fu un’orgia satanica di mangiate e bevute, che Dio solo lo sa, e uno sfrenarsi impetuoso di sibaritismo per tutte le vie, per tutte le case, per tutti i tuguri!

Vietate le spese di lusso! Ma non si è fatto arrestare colui che ha regalato per mille lire di fiori a una cantatrice del varieté, la quale ha fatto benissimo ad accettarli per il rispetto dovuto alle sue toilettes. E poi dal momento che tutte le serve e le sartine portano calze di seta e braccialetti d’oro....

Popolo d’Italia, popolo pieno d’appetito, popolo dedito ai vizi e ai bagordi, a te: catenaccio sul tabacco! – E si fuma di più. – A te: chiusi i negozi alla mezzanotte e tutti i luoghi di ritrovo, a scopo di consumo! E si è finito col consumare di più e col protrarre i ritrovi di molti uomini, sempre a scopo di consumo, ad ore impossibili. Popolo italiano, amante delle passioni violente: è giunta l’ora della bisca!

E i cittadini razionati accaparrano; i cittadini espulsi dai caffè, si rinchiudono a giocare a poker e a baccarat, e mangiano e bevono e fumano; i cittadini tassati da tutte le parti, pagano e si arrabattano per soddisfare ugualmente le loro perverse esigenze di questo tempo decadente: non frenano, moltiplicano le ingordigie e illividiscono più che mai le loro passioni.

Si deve dire per questo che il governo è ladro? Ma no, che va benone così: in Italia va benone così. Non si può dir male di colui che è trascinato dal pathos a fare una figura barbina, da coloro medesimi che pretendono poi di giudicarlo. Lo senti, come dico bene del governo italiano? Da Nicotera a Orlando è la sola persona in Italia che possa dichiarare apertamente di avere «le mani nette».

Per questo da noi la parola «galantuomo» è usata soltanto per far crepar dal ridere.

E tutto cammina a meraviglia.

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