1. – Facciamo quattro passi intorno al campanile.

È inutile che tu cerchi di nascondermelo: lo capisco dalla faccia che hai, ancora pallida e sconvolta, come prima, come quando ci vedevamo tutti i giorni e io ti raccontavo le poche cosuccie che succedevano al mondo: tu sei sempre in crisi. È anche inutile che tu te la prenda col governo. Se il governo è ladro, questo è semplicemente perchè ladri siamo noi. Come per le donne. È un grave errore dir male delle donne. Ce le meritiamo. Esse ci meritano. Persuaditi che il mondo è regolato a partita doppia sempre, in ogni caso, in ogni momento. Per cui, finiscila di fare il Prometeo divorato dagli avvoltoi: è un atteggiamento grottesco che ti nuoce. No: io non entro in merito, perchè, vedi?, siamo tutti persuasi che il mondo non va come deve andare; ognuno di noi è intimamente convinto che il nostro paese, che è il più bello ed anche il più francescano del mondo, non ha ancora trovato la sua strada, la sua sistemazione interna; non si è ancora imposto con una personalità decisa, propria, alle diplomazie europee; noi vediamo chiaramente che ci son molte ingiustizie irresolute, molte iniquità impunite, molte miserie abbandonate, molto sangue dimenticato. Se entriamo nel merito dobbiamo per forza costruirci tutti codesta faccia pallida e sconvolta che tu porti a spasso: dobbiamo tutti offrire il fegato all’avvoltojo dell’anima nostra, per morire a poco a poco, tra i più disperati tormenti.

E questo è sadismo.

Mòderati, amico mio, compòniti un equilibrio sociale; voglio dire, incomincia a persuaderti di questa verità: la storia è fatta dalla intelligenza e dalla forza. Ora tu non hai nè intelligenza, nè forza. Mi spiego; tu non hai una grande coltura. La colpa non è tua, lo so: hai dovuto guadagnarti, come me, la vita a frusto a frusto e non hai potuto costruirti, nel cervello, che una impalcatura provvisoria, in attesa di tempi migliori, che ti permettano una edificazione compiuta. Per ora, ti compiaci della impalcatura pura e semplice e ne riempi i vuoti, le assenze, con i tenui veli delle intuizioni, che non ti salvano dal cattivo tempo, ma valgono a mantenere permanentemente la tua coscienza sotto pressione. La tua coscienza è nel fremito parossistico del corridore che attende da un momento all’altro il segnale della partenza. Non abbiamo coltura, amico mio. Di te, si può dire, al più, che non sei un ignorante. Ma basta. D’altra parte a che ti varrebbe la sapienza – dico la erudizione – costretto come sei a cozzare tutti i giorni contro le più elementari necessità? Tu fai l’avvocato – non fai l’avvocato? Mi pare impossibile. – Allora fai l’ingegnere, il medico, lo speziale, l’impiegato, il professore... non mi importa di sapere quello che fai: l’essenziale è che non fai nè il signore, nè il proletario. Dunque non hai nemmeno la forza, che per i signori è la pecunia e per i proletari è (no, non il lavoro) il numero.

O dimmi un po’: che figura ci fai nella lotta sociale, tu che non sei un mostro di sapienza, tu che tiri il fiato coi denti, tu che sei solo, con una mentalità proletaria intersecata da tendenze tradizionalistiche borghesi.

Non alzare le spalle: lo sai come ti chiamano i giornali? Ti chiamano la massa grigia. Bella soddisfazione!

Ora, dico io, fin che ti permane fitta in testa la tradizional divisione della società in capitalisti, massa grigia e proletari, la storia può fare l’altalena a suo bell’agio e tu rimarrai sempre a fare la melensa figura del perno. Bisogna convincersi invece che il mondo va diviso, in un altro modo: uomini della capitale e uomini della provincia. I sapienti, i ricchi, i numerosi – diamo a questo aggettivo un significato armonico, organico, di disciplina e di tendenza – sono il palcoscenico della vita sociale, il teatro della storia; gli altri, tu e i tuoi, stanno semplicemente a vedere e non hanno affatto il compito di applaudire o di fischiare – il che non condurrebbe a nulla perchè i pareri sono sempre discordi in questa eteroclita platea – ma di stare a bocca aperta.

Se ti metti in testa questo principio, chi sa che tu non riesca un giorno o l’altro a costruirti una coscienza sociale e a conquistarti il diritto di applaudire o di fischiare! Per ora non ti resta che rinunciare a recitare una parte qualsiasi: fai ridere. Abbandona la capitale, amico mio e vieni con me: facciamo quattro passi intorno al campanile. La crisi, tutte le crisi, si risolveranno da sè e, quanto al ventisette, qualche santo provvederà. Sopra tutto non illuderti di portare un grande contributo, col tuo vociare per i caffè e le riunioni, alla soluzione del problema orientale e nemmeno a quello dei cambi, dei noli, della piccola intesa, del caro viveri, della disoccupazione, dell’ordine pubblico, della collaborazione socialista...

No: la tua turbolenza ha un solo effetto: quello di farti perdere l’appetito e devi invece avere molta cura per la tua salute perchè, per te, non c’è nemmeno la Cassa di Previdenza. Ti ho convinto? Senti: in ogni modo, non ti farà male chiacchierare un po’ con un tuo simile e riposare un poco e rientrare pacifico e modesto in parrocchia, almeno per un giorno. Dammi retta: per un giorno almeno, non poniamoci innanzi alla coscienza nessun problema universale da risolvere: nemmeno quello di fare o di leggere un libro. Restiamo chez nous. È così dolce! Ci sei? Li facciamo questi quattro passi? Grazie per me e anche per l’editore. Ci divertiremo un mondo. Ma lascia a casa le decorazioni accademiche. Abbasso la capitale!

Share on Twitter Share on Facebook