Carlo eTardini
Tardini – Brutta abitudine, invece, non è vero, mio caro e buon amico? Questa gioventù viene su alquanto impertinente. Ed ora a noi, caro Panteo. Prima di tutto perdonate la mia importunità.
Carlo – Vi assicuro che provo un vero piacere nel rivedervi. Mettiamoci a sedere. Ecco, un vero piacere. Rivedo in voi qualche cosa che ancora respira nella mia vita passata. E poichè sono vecchio vivo di ricordi...
Tardini – Vecchio alla vostra età! E poi non avete abbandonato da troppo tempo le fatiche dello studio, sì, dico, dell’Università, per fare già di tutto ciò un oggetto di nostalgia...
Carlo – Avete ragione, pure mi sembra che un secolo mi divida.
Tardini – Un secolo sì, ma indietro, forse... Oh, non ve ne abbiate a male. Il vostro libro, la posizione che avete assunto contro tutto ciò che è fatica dell’umano pensiero e conquista dell’umano sapere è stato come un colpo di fulmine per tutti noi, che, anche di idee lontane e diverse nello stesso campo del sapere, vi ammiravamo...
Carlo – Non me lo avevate mai detto, ma vi ringrazio...
Tardini – E per essere chiaro fino in fondo aggiungerò che, a parte il carattere intrinseco del vostro libro e delle polemiche che avete testè sostenute a confronto della vostra tesi oscurantista, perdonate la parola...
Carlo – È esatta...
Tardini – ...a parte tutto ciò, vi dirò che non era forse opportuno e caritatevole quello che avete fatto in questo momento... La guerra è appena finita, si può dire. Salgono dalla officina e dalla sagrestia correnti di negazione e di distruzione che minacciano seriamente la vita della nostra patria stessa e voi, proprio voi, l’inventore dei gas asfissianti più potenti, il perfezionatore di tutte le polveri esplosive, voi venite fuori a gridare a tutti che la guerra è un fenomeno meccanico dovuto alla vertigine del moto impresso al mondo dalle follie della ragione... Andiamo... Si fa presto a fraintendere. Senza contare che il vostro nome dà alle vostre parole un senso pernicioso. Eh, male, male... Alla società accademica di cui sono presidente e di cui siete socio anche voi, si dicevano delle cose molto amare sulle vostre evoluzioni spirituali che nessuno giustifica, tanto più che, a quanto almeno si diceva, eravate sulla via di una affermazione... sì... sulla soglia della gloria... Perchè mai non ci siete entrato?
Carlo – Perchè ho preferito restare all’aperto... Comunque non credo che siate venuto qui a rimproverarmi di aver combattuto la guerra come nessuno di voi, e di aver fatto, dopo la guerra, le considerazioni che ho creduto di fare per il bene dell’umanità che io amo appunto perchè adoro il mio paese. E poco importa di quello che si dice di me da parte di qualcuno della società...
Tardini – Io se fossi in voi mi dimetterei da socio...
Carlo – Ma nemmeno per sogno...
Tardini – Mi parrebbe che questo fosse da parte vostra un atto logico di coerenza... Avete dato le dimissioni da preside della facoltà di scienza e da professore ordinario... A proposito: vi annuncio che sono stato chiamato a sostituirvi...
Carlo – Ne sono molto lieto, sopratutto perchè la facoltà potrà godere del vostro magnifico gabinetto sperimentale che è uno dei primi in Italia.
Tardini – Ecco... ma non potrà servire all’uso quotidiano... Dunque dicevamo che non intendete dare le dimissioni?
Carlo – Ma non c’è nessuna ragione. Che ci siano degli imbecilli che delle mie osservazioni credono di capire che condannano le guerre fra i popoli, io rinneghi la patria, questo non mi riguarda, ma io non posso autorizzare in nessun modo alcuno a dubitare dei miei sentimenti. Non confondiamo i sentimenti con la ragione. Questa può dominare quelli ma ha il compito sopratutto di guidarli. Amo il mio paese ma odio la civiltà di tutti i paesi. Il pensiero della guerra, di tutte le guerre del mondo, della guerra che ha dato sangue in questi ultimi anni, ma ha dato lacrime sempre, da secoli, dico, il pensiero di questa sofferenza eterna mi soffoca... Scrivendo questo libro e combattendo per queste mie idee non ho pensato più nè alla vittoria, nè alla sconfitta, nè al fermento dei popoli, nè ad altro. Niente: solo ho pensato alla verità che sta nel fondo di tutto il sangue versato da tutti i martiri, l’inutilità di questa corsa pazza verso l’avvenire. Io ho sentito profondamente il grido di dolore che si è levato sui campi di battaglia contro di me, fabbricatore di gas asfissianti e di polvere da sparo.
Tardini – Mio Dio: sotto questo aspetto è un rimorso del tutto personale.
Carlo – Può darsi, se credete che i gas asfissianti non siano una logica conseguenza di tutto quello che precede... Tutto lo scientismo, questa imbecille religione che esclude dal suo regno l’inafferrabile, l’imponderabile, l’incalcolabile, sì signore, il sentimento, è tutto un gas asfissiante per gli uomini e soffoca nelle loro anime il sentimento della felicità che è semplicità, per coltivarsi solo il germe velenoso dell’inquietudine. E poi basta.
Tardini – Sì basta. Ma non comprendo come fino a poco fa abbiate studiato, lavorato ad una grande applicazione... solare... nientemeno... Non avevate quasi inventato l’elettrificazione dell’energia solare?
Carlo – Un sogno...
Tardini – Ecco, vedete? I maligni mettono in relazione il vostro libro e le vostre polemiche con uno stato d’animo di sconfitta...
Carlo – (vivace) Come?
Tardini – Sì: non essendo riuscito a realizzare...
Carlo – Questo pensiero è ignobile...
Tardini – Per un uomo che è tanto rispettoso dell’imponderabile, dell’incalcolabile, sì, del sentimento – che per me è semplice passione – è un pensiero verosimile.
Carlo – Vi prego di non insistere.
Tardini – Non insisto. È tutta una questione di coincidenza. Il vostro pensiero entrava in quel campo nel quale oggi scorazza con tanto poetica voluttà, nel medesimo tempo che la vostra esperienza cozzava contro l’impossibile...
Carlo – Io non ho conosciuto l’impossibile...
Tardini – Ah, ah, dunque...
Carlo – No, semplicemente disdegno anche il possibile.
Tardini – (lo guarda un momento con un sorriso maligno. Poi riprendendosi) Bene bene. Ma io non sono venuto qui per questo. Ho ascoltato con molto piacere le vostre belle parole, ma (guarda l’orologio) eh, è tardi. Dunque dicevo... Visto e considerato che voi, sì, avete deciso di non studiare più, ecco, sapete, le lezioni cominciano presto, il Rettore desidererebbe di sapere quando potrebbe rimandare a prendere gli apparecchi che vi furono prestati per quelle misteriose vostre esperienze...
Carlo – (turbato) Tanta fretta?
Tardini – Mio Dio! Vi ho detto: le lezioni ricominciano molto presto. È bene che il gabinetto sia al completo...
Carlo – Ma non avete il vostro meraviglioso gabinetto?
Tardini – Sì, ma i giovani sono così maldestri! È meglio che rompano la roba del governo. D’altra parte si è pensato che a voi non servono più...
Carlo – (sempre molto turbato) Gli è che... (decisamente) Ma sì! Dite al Rettore che domani o dopodomani, quando vuole, se li mandi a prendere. Non tanto tardi però, (come prendendo una decisione dimenticata) perchè parto.
Tardini – Partite, per dove?
Carlo – Lontano... Per questo sono molto occupato... Li mandi a prendere posdomani...
Tardini – Ah, ma se partite... sì, dico, non vogliamo disturbare i vostri preparativi... Anche fra tre giorni...
Carlo – Ecco, bene, fra tre giorni...
Tardini – Ed ora vado... E poichè non ci vedremo più... buona fortuna e buon riposo...
Carlo – Grazie.
Tardini – (via).