Governo di D. Garzia d'Avellana, ed Haro Conte di Castrillo, nel quale il Duca di Guisa con nuova armata ritenta l'impresa di Napoli, ed entra nel Golfo, ma con infelice successo.
La Corte di Spagna reputò, per mitigare il rigore del Conte d'Onnatte, mandar per suo successore nel Governo del Regno il Conte di Castrillo, di genio più mite ed indulgente, come colui, che datosi prima nell'Università di Salamanca agli studi legali, ed impiegato per più anni ne' Ministerj della Toga, era stato da poi promosso a quelli della Spada. Giunse egli in Napoli a' 10 di novembre di quest'anno 1653, e per dar saggio ne' principj del suo Governo, quanto gli fosse a cuore l'abbondanza, fece accrescere due once al peso del pane. Ma cure assai gravi e moleste travagliarono il suo animo in questi medesimi principj; poichè coloro, che sottratti colla fuga al rigor dell'Onnatte, eransi ricovrati in Francia, non tralasciavano in quella Corte magnificare le loro corrispondenze nel Regno, la scontentezza de' popoli per vedersi ricaduti sotto il giogo degli Spagnuoli, e la facilità, che figuravano si sarebbe avuta nel conquistargli. A queste istigazioni s'aggiunsero gli uffizj del Duca di Guisa, il quale, avendo, come si disse, ottenuta la libertà, in vece d'attender le promesse di favorire i malcontenti di Francia, per non tradire il suo natural Signore, si era portato in quella Corte, ed insinuatosi nella di lui grazia, ed abbagliato tuttavia dagli splendori della Corona del Regno, che avea sperato di poter ottenere per se medesimo, non poteva acchetarsi; onde appoggiato all'istanze di que' miseri rifugiati, aggiungeva maggiori stimoli, esagerando la moltitudine de' Porti, ch'erano nel Regno di Napoli, capaci di ricevere qualunque più grande armata: il numero degli amici, ch'egli vi teneva in ciascheduna provincia: l'affezione, che il popolo minuto portava alla sua persona, donde si prometteva una nuova sollevazione, se un'altra volta avesse avuta la sorte di comparirvi, non già disarmato, come prima, ma con forze valevoli a sostenere le risoluzioni de' malcontenti, avviliti dal timor del castigo. Indusse pertanto quella Corte a somministrargli ajuti, e fur dati gli ordini per la spedizione dell'armata, commettendone al Guisa il comando.
Il Conte di Castrillo, avvisato di questi nuovi tentativi della Francia, fu costretto a mettersi in difesa, ed oltre d'aver comandata una nuova elezione di milizie del Battaglione, così a piedi come a cavallo, e delle Compagnie d'uomini d'arme del Regno, fece arrolar nuova gente, e chiamando tutti gli Ufficiali riformati, ne compose due Compagnie, una di trecento Italiani, alla quale diede per Capitano D. Gaspar d'Haro suo figliuolo, e l'altra di Spagnuoli, della quale diede il comando al Marchese di Cortes suo genero. Furono destinate per Piazze d'armi le città di Sessa e di Teano, dove furono chiamate tutte le soldatesche del Battaglione, e le genti di guerra del Regno; e fattasene rassegna in presenza del Maestro di Campo Generale D. Carlo della Gatta, ne furono spediti duemila a rinforzare i presidj di Toscana. Tutte le province del Regno, esposte agl'insulti de' nemici, furono provvedute di soldatesche e di Capitani.
Fatte queste prevenzioni, essendo passato il mese d'ottobre, nè comparendo armata veruna de' Franzesi, si dubitò non fosse stato lor artificio di pubblicare questa spedizione, per impedire che non fossero andati soccorsi dal Regno in Catalogna ed in Fiandra, dove ardeva più che mai fra l'una e l'altra Corona la guerra. Ma si trovò poi vero il sospetto; poichè essendo convenuto al Duca di Guisa consumar maggior tempo di quello, che s'era creduto per porre in ordine l'armata, non potè trovarsi pronta, che sul principio d'ottobre a partir da Tolone, composta di sette Vascelli d'alto bordo, e quindici mercantili, e di sei Galee, con altrettante Tartane, sopra de' quali legni eransi imbarcati settecento soldati, e centocinquanta cavalli, oltre un gran numero d'armi, ed altri ordegni, che doveano servire ad armar tutti quelli, che il Duca sperava si dovessero dichiarare del suo partito, al quale effetto avea fatto imbarcare ducento Nobili per valersene da Comandanti. Sbattuta poi l'armata da tempesta, non comparve ne' nostri mari, se non agli dodici di novembre.
Il Vicerè, all'avviso, che gli diede il Governador di Gaeta, fece tosto porre in ordine sedici Galee, che erano nel Porto: fece guarnire di soldatesche tutte le marine e le città e terre del Golfo di Napoli: fece rinforzare la guarnigione della città di Pozzuoli e del Castello di Baja; e fu spedito il General dell'artiglieria D. Diego Quiroga con fanteria, cavalleria e cannoni a guardar la spiaggia de' Bagnuoli.
L'armata nemica, dopo aver costeggiate le marine di Sorrento e di Vico Equense, gettò l'ancore dirimpetto a Castell'a Mare. Fu questa città, dopo breve opposizione, renduta a patti dal Comandante, nella quale entrato il Duca di Guisa col seguito di cinquanta Cavalieri Gerosolimitani, si portò al Duomo, dove avendo con pubblica e solenne cerimonia rese a Dio le grazie, si pose a fortificar la Piazza con nuove trinciere ben guarnite di soldatesche. A tutti coloro, che non vollero rimanervi, diede ampissimi passaporti, ne' quali s'intitolava Vicerè, e Capitan Generale del Re di Francia nel Regno di Napoli. Commosse questa perdita grandemente il Popolo Napoletano, ed ancorchè si fossero non men i Nobili, che i Popolari offerti al Vicerè di sagrificar la vita e la roba in servigio del Re, non mancavano de' malcontenti che ponevano col timore in costernazione gli animi; tanto che fu obbligato il Vicerè d'imprigionare alcuni, che erano stati Capi de' passati tumulti, fra' quali, due Preti ed un Frate, che andavan facendo pratiche a favor de' Franzesi.
Perchè il Guisa non potesse allargar gli acquisti, il Vicerè, valendosi anche de' Banditi, a' quali concedè il perdono, fece occupar la montagna posta alle spalle di Castell'a Mare. Mandò poi ordine a Carlo della Gatta, al Principe d'Avellino ed agli altri Ufficiali, che dimoravano in Sessa, che provvedute le Piazze di Terra di Lavoro, marciassero col grosso dell'esercito ne' contorni di Castell'a Mare; e spedì sei Galee al Finale per prendere le soldatesche, che calavano dal Milanese. Intanto affollandosi i soccorsi, il Guisa, ancorchè uscito dalla Piazza tentasse occupar i luoghi vicini, trovò da pertutto valida resistenza, e venutisi più volte a scaramucce, con perdita de' suoi, bisognò ritirarsi. Ma sopraggiunto dapoi il General della Gatta con un esercito di dodicimila uomini, composto di Nobili, Baroni, Ufficiali, e soldati riformati, e rinforzato in appresso da altri Reggimenti, svanirono in un tratto le mal concepite speranze; onde i Generali Franzesi pensarono d'abbandonar la Piazza, e proccurar nel miglior modo, che potessero, d'imbarcarsi sopra l'armata e ricondursi in Tolone. Consideravano, che voler stendere le conquiste per terra era impresa non che dura, ma disperata; poichè tutto il paese circostante era pieno di truppe nemiche. Rimaner in quel mal sicuro Porto in quell'inverno, era lo stesso, che esporre l'armata ad un certo naufragio. Non restava loro altro che il mare libero, per non esservi Armata Spagnuola, che potesse far ostacolo; nè la stagione, che correva tempestosa, avanzata già ne' principj d'un rigido inverno, poteva lor promettere felice navigazione, sicchè potessero sicuramente condursi ad invadere altri Porti. L'inclinazione de' Popoli alla persona del Guisa, ch'era stato il principal fondamento di quest'impresa, si vedeva interamente svanita, tardi il Guisa avvedendosi della incostanza della Nazione: rimanendo non poco sorpreso di tanta mutazione e vie più sbigottito, quando intese essersi trovato affisso in Castell'a Mare un cartello, col quale si promettevano trentamila ducati a chi troncasse la sua testa.
Tenutosi per tanto Consiglio di guerra, fu da tutti gli Ufficiali franzesi deliberato d'abbandonare la Piazza, e di condur l'armata in Tolone, per non lasciarla miseramente perire in quel Porto; onde fur dati gli ordini opportuni per la partenza. A quest'avviso cominciarono le soldatesche a saccheggiar le case de' cittadini, nè si perdonarono le Chiese, le quali furono spogliate di tutte le suppellettili e vasi sagri; e fatta non picciola preda, montarono i Franzesi su l'armata la sera de' 26 di novembre; ma trattenuti per quindici giorni, e combattuti da' venti contrarj alla loro navigazione, quietatosi alquanto il mare, partirono al 10 di dicembre verso Tolone: nell'istesso tempo, che comparve nel nostro Golfo una squadra di 23 navi inglesi, la quale ad istanza del Re Filippo era stata spedita per opporsi a' Franzesi: onde non essendovi del lor soccorso più di bisogno, a' 26 di dicembre voltarono le prore verso ponente, dopo essersi trattenuta in questo Porto due giorni.
In cotal guisa terminarono i timori, che la spedizione del Duca di Guisa avea cagionati nel Regno; ma non finirono le cure del Vicerè e le occasioni di provvedere a' bisogni d'una nuova guerra. I Franzesi non cessavano con nuovi mezzi di tenere solleciti gli animi e distratte le forze: aveano a questi tempi indotto il genio guerriero di Francesco Duca di Modena ad armare, per rinovar la guerra nel Milanese; onde il Marchese di Garacena Governador di Milano, per ridur questo Principe con la forza dell'armi alla quiete era entrato ne' di lui Stati. Era a' 7 di gennaio di quest'anno 1755 morto Innocenzio X, ma con tutto ciò il Collegio de' Cardinali, ridotto in Conclave per la nuova elezione del successore, non avea tralasciato spedir Emilio Altieri, per ridurre le Parti a' più moderati consigli; ed essendo da poi a' 7 d'aprile seguita l'elezione del nuovo Pontefice nella persona di Fabio Chigi, nominato Alessandro VII, interpose costui i più fervorosi ufficj per dar riposo all'Italia. Ma nulla giovando le interposizioni del Papa, nè quelle della Repubblica di Vinezia, la quale angustiata da' Turchi mal soffriva queste contese tra' nostri Principi in Lombardia: il Duca di Modena, dichiarato Generale del Re di Francia, andò ad accamparsi sotto Pavia. Bisognò per tanto all'avviso di queste mosse, che il Vicerè, richiesto di soccorso, spedisse nel mese di maggio al Finale sopra sette Galee millecinquecento fanti: e poco da poi allestisse una Squadra di Vascelli e Galee: sopra le quali vi furono spedite quattromila persone sotto il comando del Marchese di Bajona. Nè perciò essendo cessati i bisogni, fu duopo in agosto sopra cinque Galee, e quaranta Tartane di spedir altri duemila fanti del Battaglione e millecinquecento cavalli, sotto il comando del Marchese di Cortes genero del Vicerè. Ebbe costui poscia il contento di veder bene impiegate tutte queste spese e travagli; poichè rinforzato da sì valevoli soccorsi l'esercito del Governador di Milano, ed all'incontro trovatasi da' Franzesi grandissima resistenza in Pavia, valorosamente difesa dal Conte Galeazzo Trotti, fu costretto il Duca di Modena a ritirarsi dall'impresa.