Morte del Duca d'Alcalà: sue virtù, e sue savie leggi che ci lasciò.
Questo savio Ministro, ne' dodici anni del suo governo, ebbe a sostenere non meno queste fastidiose contese colla Corte di Roma, che a star vigilante per timore d'una guerra crudele e spietata, la qual fu quella che il Turco minacciava nelle nostre contrade. La fama degli estraordinari apparecchi, che spesso si sentivano farsi dagli Ottomani in Levante, lo tenne in continue sollecitudini e timori. La guerra intrapresa nel 1565 per la conquista di Malta, dava da pensare ugualmente al Regno di Sicilia, che a quello di Napoli: bisognò per tanto, ch'egli munisse le città marittime con validi presidj; ed essendo il Regno quasi che tutto circondato dal mare, le provvidenze in molte città doveano perciò essere maggiori e più dispendiose.
Ma non perchè finalmente si vedesse Malta libera da questi mali, cessarono in noi li timori; poichè nell'anno seguente usciti i Turchi da Costantinopoli con potentissima armata, dopo avere conquistata l'Isola di Scio, posseduta 300 anni da' Genovesi, s'inoltrarono nell'Adriatico; e non essendo loro riuscito di sorprendere Pescara, devastarono quelle riviere, saccheggiando tutte quelle Terre poste a' liti del mare, dove fecero un grosso bottino di gente e di roba, e tornarono poi in Levante. Ma nel 1570 posti di nuovo in mare, spaventarono nuovamente Italia; onde il Duca avendo muniti i luoghi sospetti, fece venire tremila Tedeschi per difesa del Regno: il turbine però venne a piombare sopra i Veneziani, che si videro inaspettatamente assaltare l'importante Isola di Cipri, al cui soccorso andò Giannandrea Doria con cinquanta Galee, fra le quali ve n'eran ventitrè della squadra di Napoli, con tremila soldati comandati dal Marchese di Torre Maggiore, e moltissimi Cavalieri napoletani.
Questi continui timori di guerra, che sono peggiori della guerra istessa, e più l'altra di Religione, che tuttavia ardeva in Fiandra, posero, per le continue ed immense spese, in necessità il Re Filippo II di premere alquanto il Regno con frequenti contribuzioni e donativi. Ma l'accortezza del Duca, che maneggiava co' Baroni quest'affare con molta soavità e destrezza, e l'amore, che avea a se tirato di tutti gli Ordini, particolarmente de' Nobili, tanto che invitato a farsi lor Cittadino, lo aggregarono nella Piazza di Montagna, fu tale che nello spazio di soli sei anni, facendo secondo il costume convocar a questo fine in S. Lorenzo Generali Parlamenti, ne trasse dalla Città e Regno profusi donativi. Nel 1564, presedendo come Sindico Cola Francesco di Costanzo di Portanova, si fece dono al Re d'un milione di ducati. Nel 1566 gli si donarono un milione e ducentomila ducati, essendo Sindico Fabio Rosso di Montagna. Nel 1568, nel qual anno fu creato Sindico Gianvincenzo Macedonio di Porto, si fece donativo d'altrettanta somma; e nel 1570, essendo Sindico Paolo Poderico, se ne fece un altro d'un milione; e per occasione di questi donativi leggiamo noi nel volume delle Grazie e Capitoli della Città e Regno di Napoli, moltissimi Privilegi e Grazie profusamente concedute alla medesima dal Re Filippo II, particolarmente quando reggeva il Regno, come Vicerè, il Duca d'Alcalà.
Ma ecco finalmente, che questo incomparabile Vicerè bisognò cedere al fato: le continue applicazioni e le tante cure moleste e fastidiose gli avean fatta perdere la salute: più volte avea supplicato il Re, che per ristabilirsi gli desse licenza di poter tornare in Ispagna, suo suolo nativo; ed il Re finalmente aveacelo accordato; ma come si è veduto, per l'impertinenti pretensioni della Corte di Roma, fu obbligato il Re a rivocar la licenza, e comandargli che non partisse, anzi nel caso si trovasse partito, ritornasse per resisterle. Così egli debole ed infermiccio proccurava sovente con dimorare nella Torre del Greco, nel qual luogo per ciò leggiamo la data d'alcune Prammatiche, col beneficio dell'aria ristabilirsi, ma sopraggiunto nella Primavera di quest'anno 1571 da un fiero catarro, a cui essendosi accoppiata una mortal febbre, gli tolse finalmente la vita a' due d'aprile, nel sessagesimoterzo anno dell'età sua, e dodicesimo del Viceregnato di Napoli. Il suo prudente Governo era da tutti i popoli commendato, e perciò la di lui morte fu da ciascuno amaramente compianta; facendosi allora giudicio, che di Spagna non ne avesse a venire nel Regno niun simile a lui; poichè veramente dalla morte di D. Pietro di Toledo, Napoli non conobbe miglior Ministro di questo. Fu il suo cadavere con onoratissime esequie sepolto nella Chiesa della Croce di Palazzo, donde poi fu trasferito in Ispagna.
Le virtù che adornarono il suo spirito, furono veramente ammirabili. Fu celebre in lui la pietà Cristiana sopra ogni altra virtù: egli adoratore dell'Augustissimo Sagramento dell'Altare, non solamente quando si portava per le piazze agl'infermi, facevalo accompagnare con torchi accesi da tutti i Paggi della sua Corte, ma sovente incontrandovisi egli, calava dal cocchio e l'accompagnava a piedi: compassionevole e pien di carità per li poveri e per gli afflitti, mandava spesso un suo Gentiluomo di confidenza a visitar la casa di quell'infermo, ove portavasi il Viatico, affinchè vi lasciasse buona limosina, se vi conoscesse bisogno. Per la penuria de' tempi ridotti i poveri in estremo bisogno, egli agevolò alla città quella pietosa opera d'aprire l'Ospedale di S. Gennaro fuor delle mura, ove provvide di cibo a più di mille mendichi, ed aggiunse ancora dalla sua borsa molte centinaja di scudi, che servirono per mantenimento de' poveri vergognosi. Per evitare il traffico indegno che facevano le pubbliche meretrici della verginità delle loro figliuole, promosse nel 1564 quell'altra opera degna della sua pietà, che fu la fondazione della Chiesa e Conservatorio dello Spirito Santo, dove le Donzelle, rubate all'ingordigia delle madri, se vogliono rimanervi, sono comodamente nudrite, e volendosi maritare è loro somministrata conveniente dote. Rilusse ancora la pietà di questo Ministro assai più nelle brighe, ch'ebbe a sostenere con gli Ecclesiastici, dove, ancorchè fosse da questi con modi imperiosi ed impertinenti posto in pericolo di perder ogni pazienza, egli però nell'istesso tempo, che sosteneva con vigore e fortezza le ragioni e preminenze del suo Re, usò con li medesimi ogni moderazione e rispetto, e colla Sede Appostolica tutta la divozione ed osservanza.
La prudenza civile fu in lui mirabile, e sopra tutto la cura ed il pensiero ch'ebbe per la conservazione e maggior comodità e sicurezza dello Stato fu assai commendabile: egli con forti presidj munì tutte le città del Regno esposte all'insidie de' nostri implacabili nemici. Per maggior comodità e sicurezza del commercio aprì nel Regno più regie strade, e fece costruire nuovi e magnifici ponti. A lui dobbiamo la via, che da Napoli ci conduce insino a Reggio. L'altra, che ci mena in Puglia, nel Sannio e ne' confini del Regno; e quell'altra magnifica da Napoli a Pozzuoli. A lui dobbiamo i famosi Ponti della Cava, della Dovia, di Fusaro e del fiume Cranio, ovvero Lagno, chiamato comunemente Ponte a Selce, tra le città d'Aversa e Capua; il Ponte di Rialto a Castiglione di Gaeta; il Ponte di S. Andrea nel Territorio di Fondi; e tanti altri, di cui favellano le iscrizioni di tanti marmi, che risplendenti del suo nome, si osservano in varie parti del Regno. A lui finalmente dobbiamo l'avere, su la via di Roma in Portella, con termini ragguardevoli e marmorej, e con iscrizioni scolpite su' marmi, distinti e separati i confini del Regno collo Stato della Chiesa di Roma, perchè nella posterità non vi fosse, come fu già, occasione di contrasti e di litigj.
Alla sua magnificenza non meno, che alla sua vigilanza dobbiamo non pure tutto ciò, ma che nelle congiunture presentateglisi mentre presideva al nostro Governo, abbia fatto rilucere l'animo suo regale e veramente magnifico. La crudele, e da non raccontarsi, morte accaduta in Ispagna all'infelice Principe Carlo a' 24 luglio nel 1568 proccurossi con lugubri apparati e pompose esequie renderla men dura. In Ispagna ne furono celebrate superbissime, ed in Napoli il Duca d'Alcalà, ricevutone l'avviso, nel mese di settembre del medesimo anno, ne fece celebrare parimente altre non inferiori: con grande magnificenza fece innalzar gli apparati ed i mausolei nella Chiesa della Croce presso il regal Palazzo, dov'egli intervenne con la maggior parte della nobiltà e del popolo a compiangere la disgrazia di quel Principe. Non molto da poi infermatasi la Regina Isabella moglie del Re Filippo d'una febbre lenta, giunta all'età di 22 anni, e gravida di cinque mesi rese finalmente lo spirito a Madrid in ottobre del medesimo anno 1568, e fu sepolta nell'Escuriale. Il Duca d'Alcalà, avutone avviso, fece in novembre celebrare alla medesima, coll'istessa magnificenza e pompa, esequie uguali nella stessa Chiesa. E due anni dopo la costei morte, avendo il Re Filippo tolta la quarta moglie, che fu Anna d'Austria primogenita dell'Imperador Massimiliano e di Maria sua sorella, su l'avviso d'esser arrivata la Sposa in Ispagna, il Duca d'Alcalà fece celebrare in Napoli, a maggio di quell'anno 1570, solenni e magnifiche feste con pubbliche illuminazioni per tre sere continue, e con pomposi apparati. Alla sua magnificenza pur deve Napoli quell'ampio stradone, che dalla Porta Capuana conduce a Poggio Reale. Egli aprì ancora nella punta del Molo quella già bellissima fontana ornata di bianchi marmi, con quattro statue rappresentanti i quattro fiumi del Mondo, e che dicevansi volgarmente i quattro del Molo. Ed egli parimente fu quegli, che diede principio a quelle due amene e regie strade, che portano dal Ponte della Maddalena a Salerno, e dalla Porta Capuana alla volta di Capua.
Della sua giustizia abbiamo perenni monumenti nelle tante Prammatiche, che ci lasciò. Fra tutti i Vicerè che governarono il Regno, egli fu, che sopra gli altri empisse il Regno di più leggi, contandosene sino a cento. I tanti avvenimenti e strani successi accaduti al suo tempo, la corruzione del secolo, e la perduta disciplina, l'obbligarono per questa via, nel miglior modo che si potè, a riparare la dissolutezza e pravità degli uomini.
Dal 1559 primo anno del suo governo, insino a marzo del 1571, l'anno della sua morte, ne stabilì moltissime tutte sagge e prudenti, ed infra l'altre cose ripresse per quelle la rapacità de' Curiali, tassando i loro diritti: invigilò perchè la buona fede fosse tra gli artigiani, ne' traffichi, e ne' lavori di mano: fu vigilantissimo sopra l'onestà delle donne, proibendo severamente le scale notturne, imponendo pena di morte naturale a coloro, che per forza baciassero le donne, anche sotto pretesto di matrimonio: sterminò i fuorusciti: vendicò con severe pene di morte naturale i falsificatori di moneta: riordinò il Tribunal della Vicaria, ed egli fu, che impose agli Arcivescovi e Vescovi del Regno, che ordinassero a tutti i Parrocchiani e Beneficiati, che hanno cura d'anime, che dovessero formare un libro, dove giorno per giorno notassero tutti i battezzati, per sapersi la loro età e per buon governo anche dello Stato. Egli ancora riordinò le Province del Regno, e comandò, che in quelle si formassero pubblici Archivj, e diede altri provvedimenti per la politia del Regno, degni della sua saviezza e prudenza civile, contenuti nelle nostre Prammatiche, li quali per non tesserne qui lungo catalogo, possono secondo l'ordine de' tempi, ne' quali furono stabiliti, osservarsi nella Cronologia prefissa al primo tomo di quelle, secondo l'ultima edizione del 1715.
STORIA CIVILE
DEL
REGNO DI NAPOLI