CAPITOLO II

Del Ducato beneventano: e di Zotone suo primo Duca.

Aveva Autari, ciò, che non fecero i suoi maggiori, soggiogata quasi tutta l'Italia citeriore; toltone il Ducato romano e l'Esarcato di Ravenna, che allora veniva governato da Romano, avendone poco prima l'Imperador Maurizio levato Smaragdo, tutto il resto era in sua mano; ma restavagli ancora da conquistare la più bella e preclara parte d'Italia, cioè quella parte e quelle province, che oggi compongono questo Regno di Napoli. Infino a questi tempi eransi queste province mantenute sotto l'Imperio degl'Imperadori orientali, che le governavano secondo quella forma, che da Longino v'era stata introdotta: avevan quasi tutte le città più principali il lor Duca: Napoli aveva il suo, Sorrento, Amalfi, Taranto, Gaeta e così di mano in mano l'altre, tanto che quello, che ora è Regno, intorno all'amministrazione, in più Ducati era distinto, tutti però immediatamente sottoposti all'Esarca di Ravenna, e dopo costui agl'Imperadori d'Oriente; e se bene nella forma del governo tenessero apparenza di Repubblica, nulladimeno è somma sciocchezza il credere, che fossero così liberi, che non riconoscessero l'Imperadore d'Oriente per loro Sovrano, sotto la cui dominazione vivevano: quantunque per la debolezza degli Esarchi di Ravenna, e per la lontananza della sede imperiale, il governo de' Duchi si rendesse un poco più libero e pieno, tanto che sovente arrivavano infino a manifeste fellonie, con ribellarsi dal loro Principe, la qual cosa più volte tentaron di fare i Duchi di Napoli, come più innanzi nel suo luogo diremo.

Queste province, come quelle ch'erano più lontane da Pavia, sede de' Longobardi, e che potevano, in caso che fossero assalite, ricever tosto soccorsi per mare, onde sono quasi tutte circondate, con picciolissimi presidj da' Greci eran guardate; onde Autari espertissimo Principe, pensò dalle province mediterranee cominciare le sue conquiste; e lasciandosi in dietro Roma e Ravenna, delle quali non così di leggieri potevasi venire a capo, avendo nella primavera di quest'anno 589 nel Ducato di Spoleti unito il suo esercito, fingendo di dirizzare il suo cammino in altre parti, di repente lo torse e nel Sannio si gettò. Colti così all'improvviso i Greci, entrarono in tale stordimento e costernazione, che senza molto contrasto venne fatto ad Autari di conquistare in un tratto tutta questa provincia, e finalmente Benevento, città, come credette il Sigonio, fin da questi tempi capo e metropoli del Sannio. Indi si narra, che questo Principe al calore di sì ragguardevole conquista, spingesse oltre il suo cammino, e traversando tutta la Calabria insino a Reggio scorresse, città posta nell'ultima punta d'Italia lungo il mare, e che quivi, essendo ancor a cavallo, percotendo colla sua asta una colonna posta ne' lidi di quel mare, dicesse: Fin qui saranno i confini dei Longobardi : ond'è, che l'Ariosto de' fatti di questo glorioso Principe cantando, disse, che

......Corse il suo stendardo

Da' piè de' Monti al Mamertino lido.

Narrasi ancora, che ritornato a Benevento, riducesse quella provincia in forma di Ducato, e che ne creasse Duca Zotone, ed a' due celebri Ducati di Friuli e Spoleti v'aggiungesse il terzo, il quale col correre degli anni si rendè tanto superiore agli altri due primi, quanto questi sopravanzavan gli altri Ducati minori d'Italia.

Ma poichè del principio ed instituzione del Ducato beneventano non è di tutti conforme il parere, e questo Ducato dee occupare una gran parte della nostra Istoria, per lo spazio di 500 e più anni, siccome quello, il quale non solamente per la durata, ma per la sua ampiezza, si stese tanto che abbracciò quasi tutto quel ch'è ora Regno di Napoli, non rincrescevol cosa doverà perciò essere, che di esso più partitamente si ragioni.

Il Ducato di Benevento credesi comunemente, che da Autari in questo anno 589 fosse stato la prima volta instituito, e che Zotone ne fosse stato creato Duca da questo stesso Principe. Passa per indubitato presso a tutti gl'Istorici, che questo Zotone fosse il primo Duca di Benevento; ma chi ve l'avesse fatto, ed in quali tempi, non e di tutti concorde il sentimento. Carlo Sigonio; e Volfango Lazio, non avendo ben esaminate le parole e la frase usata da Paolo Varnefrido, quando di questa instituzione favella, tennero costantemente per la costui autorità, che fosse stato instituito da Autari in questo stesso anno, ch'egli conquistò il Sannio e Benevento, creduto da essi in questi tempi capo di questa provincia; ma dal modo istesso, con cui ne parla Varnefrido, che non con fermezza, ma con un putatur, refertur, fama est, se ne disbriga, e da ciò, che ne viene da lui soggiunto, che Zotone tenne il Ducato di Benevento venti anni: il che non s'accorderebbe colla serie delle cose da poi avvenute, e colla cronologia de' tempi degli altri Duchi che seguirono, se da questo anno 589 si volessero cominciare a numerare i venti anni dal Ducato di Zotone; perciò alcuni altri, fra i quali Scipione Ammirato nelle dissertazioni dei Duchi e Principi di Benevento, ed Antonio Caracciolo, hanno cominciato a dubitare, se si dovesse ne' tempi più antichi fissar l'epoca di questo Ducato. Ma ciò, che poi loro fece rifiutar deliberatamente la opinione tenuta dal Sigonio e dal Lazio, fu l'autorità di Lione Ostiense, il quale ancorchè fiorisse trecento anni dopo Varnefrido, non con incertezza, ma con molta asseveranza scrisse nella sua Cronaca, secondo l'edizione napoletana, che i Greci ritolsero ai Longobardi Benevento nell'anno 891 dopo trecento venti anni, da che Zotone ne fu Duca; onde secondo l'Ostiense, il principio del Ducato di Zotone dovrebbe riportarsi nell'anno 571 o siccome vuole l'Ammirato all'anno 573 il quale per accordarlo colla serie delle cose accadute da poi, e colla cronologia degli altri Duchi tenuta dall'istesso Varnefrido, emenda il luogo dell'Ostiense, e vuol che si legga, non trecento venti, ma trecento diciotto: in guisa, che secondo il parere di costoro, il Ducato beneventano prima, che Autari conquistasse il Sannio, ed alquanti anni dopo la venuta d'Alboino in Italia, ebbe il suo principio. Altri trovarono l'origine di questo Ducato in tempi più lontani, cioè nell'istesso anno 568 quando Alboino, uscito dalla Pannonia, venne alla conquista d'Italia, e che oltre alla provincia di Venezia, una banda di Longobardi s'inoltrasse infino a Benevento, e quivi fermati, eleggessero Zotone per loro Duca: il che comprovano per un catalogo antico de' Duchi e Principi beneventani fatto da un ignoto Monaco del monastero di S. Sofia di Benevento, che va innanzi all'istoria dell'Anonimo Salernitano, ove questo Scrittore dice: Anno ab Incarnatione Domini quingentesimo sexagesimo octavo, Principes coeperunt principari in Principatu Beneventano, quorum primus vocabatur Zotto, al quale dà egli ventidue anni di Ducato, non venti, come Varnefrido.

Ma non finisce qui la varietà de' pareri, nè si contentano i più diligenti investigatori di questo principio, ma un altro più remoto, ed in tempi più lontani se ne cerca: questo viene addittato da Lione Ostiense medesimo nella sua Cronaca, nella quale se bene, giusta l'edizione napoletana, si legga, che corsero trecento venti anni, da che fu creato Zotone Duca infino all'anno 891, che fu da' Greci riacquistato Benevento; nulladimanco il suo originale, che si conserva nell'Archivio cassinese, è molto discorde dall'edizione napoletana; poichè ivi si legge, che da Zotone insino all'anno 891, non 320 ovvero 318, ma ben 330 anni passarono: conformi a questa lezione sono l'edizioni di Venezia, quella di Parigi, e l'ultima data fuori dall'Abate della Noce: l'una e l'altra molto più appurate, che quella di Napoli intorno al numero degli anni, in guisa che secondo questo conto, bisognerà confessare, che il Ducato di Benevento avesse il suo principio da Zotone nell'anno 561. Ma sembrerà senza alcun dubbio cosa molto strana e assai nuova, che in questo anno si dovesse dire di essersi instituito quel Ducato, quando verrebbe ad aver il suo principio sette anni prima, che i Longobardi usciron dalla Pannonia per l'impresa d'Italia; e quando i Greci dominavano con vigore tutte le province della medesima.

In tanta varietà, a noi giova seguitare il parere del diligentissimo Camillo Pellegrino, Scrittore accuratissimo, e che con più diligenza di tutti gli altri trattò di proposito questo soggetto: parere, che vien sostenuto da ciò, che sull'arrivo de' Longobardi in Benevento ci lasciò scritto Costantino Porfirogenito: Autore, ancorchè alquanto favoloso intorno a ciò che scrive della venuta de' Longobardi in Italia; nulladimeno in mezzo delle sue favole riluce pure qualche raggio di vero, che può in cosa tanto difficile e dubbia additarci il cammino per trovare il principio e instituzione di questo Ducato. Narra questo Scrittore, che chiamati i Longobardi da Narsete in Italia, questi venissero con le loro famiglie in Benevento, ma che non ammessi da' Beneventani dentro alla città, fuori delle mura si fabbricassero le loro abitazioni, e con ciò venisse a formarsi una picciola città, che fino da' suoi tempi riteneva ancora il nome di Città nova: e che quivi fermati, ne' tempi seguenti loro venisse fatto per inganno d'entrare in Benevento armati, e posta sossopra la città, uccidessero tutti i cittadini, e che preso Benevento scorser da poi per tutta la provincia, e la sottoposero al dominio de' Longobardi, e stendessero il loro Imperio dalla Calabria infino a Pavia, toltone le città d'Otranto, Gallipoli, Rossano, Napoli, Gaeta, Sorrento ed Amalfi.

Ciò che narra costui, che i Longobardi usciti da Benevento stendessero il loro Imperio per tutta Italia, ben si vede esser favoloso, e contrastare a tutta la istoria, dalla quale abbiamo, che usciti dalla Pannonia sotto Alboino, i primi acquisti furono nella provincia di Venezia, e da poi tratto tratto nella Liguria, nell'Emilia, nella Toscana e nell'altre province. Favola eziandio è ciò, che dice della Città nova, la quale molto tempo dopo la venuta d'Alboino in Italia, cioè ducento anni appresso, fu da Arechi per timor de' Franzesi costrutta, come diremo a suo luogo. Ma ciò, che questo Autore narra de' Longobardi, che sotto Narsete si ricovrarono in Benevento, non è certamente favoloso; poichè, da quel che si è di sopra narrato, è costantissimo, che Narsete, prima dell'invito fatto ad Alboino, e della universal loro trasmigrazione, in quasi tutte le sue guerre soleva valersi in Italia de' Longobardi; nè fu questa la prima volta, che furono da lui chiamati: gli ebbe ausiliari nella guerra contro a Totila, e siccome dice Varnefrido, avvegnachè dopo aver riportata quella vittoria, carichi di molti doni, fossero stati rimandati alle proprie stanze, in tutto il tempo però, che possederono la Pannonia, furon sempre in aiuto de' Romani; onde è molto probabile, che quantunqueNarsete gli licenziasse, non però tutti ritornassero alle paterne case: ma che intorno all'anno 552 ovvero 553 molti di essi, ritenuti dall'amenità del paese, in Italia si fermassero, ed a guisa di predoni andassero vagando ora in questo, ora in quell'altro luogo, del che Procopio ancora rende testimonianza; e che in fine spontaneamente, o pure per comandamento di Narsete per tenergli in freno, e per impedire que' disordini, che l'andar così dispersi cagionava, fosse stata loro assegnata per abitazione la città di Benevento; e che poi nell'anno 561 l'avessero occupata, nella qual azione avessevi avuta la principal parte Zotone lor Capo. Così da quest'anno potremo dire con l'Ostiense, che cominciassero i Longobardi a dominar Benevento sotto Zotone, perchè infino all'anno 891, nel quale furon discacciati dai Greci, corsero appunto trecento trenta anni: ma non già, che in questi tempi si fosse instituito il Ducato, e che quando la dominazione de' Greci era in questa provincia vigorosa e potente, avessero quei pochi Longobardi potuto ridurre il Sannio in forma di Ducato, e stabilirvi Zotone per Duca. Per accordare poi gli anni del Ducato, che Varnefrido dà a Zotone, colla serie de' fatti, e cronologia degli altri Duchi successori tenuta da quest'istesso Scrittore, bisognerà porre per primo anno di questo Ducato l'anno 571, cioè, quando essendo entrato già Alboino in Italia, e conquistate più province, fatti più audaci que' Longobardi ch'erano in Benevento, scossero apertamente il giogo de' Greci, e ribellandosi da loro, avessero occupata la regione convicina, e n'avessero poi in questo anno 571 creato Zotone della lor propria gente Duca, il quale per così oscuro principio avesse cominciato a governargli. Venuto poscia Autari ad invadere la nostra Cistiberina Italia, ed avendo al suo dominio sottoposta l'intera provincia del Sannio, trovando Benevento occupato da' Longobardi, i quali ubbidivano a Zotone lor Duca, ne confermò a costui il governo, e fattolo tributario, come furono in appresso tutti i Duchi di Benevento a' Re Longobardi, lasciò quel Ducato sotto la sua amministrazione; onde avvenne, che presso a' Scrittori il principio del Ducato di Zotone si prese, non dal tempo, che Autari occupò il Sannio, e ridottolo in forma di Ducato, lo commise al suo governo; ma dal tempo, che Zotone cominciò per quegli oscuri principj, e per questo ordine di cose ad avere il governo di Benevento, e di que' Longobardi, che, come narra Porfirogenito, prima l'aveano occupato.

Il Ducato adunque di Benevento da sì bassi e tenui principj ebbe il suo nascimento: qual narrasi, che sortirono ancora le più celebri Repubbliche, ed i più famosi Principati del Mondo: col correr poi degli anni, non pur agguagliò quello di Spoleti e di Friuli, ma di gran lunga superogli, e lo vedremo un tempo occupare quasi tutta l'Italia Cistiberina, anzi verso Settentrione stendere i suoi confini, più di quel che presentemente verso quella parte si stende il nostro Regno. Incominciò da que' pochi Longobardi, che sotto Narsete in Benevento si fermarono; e sopra sì deboli fondamenti pian piano venne da poi ad introdurvisi quella politia e quella forma di governo, che sotto i Duchi successori di Zotone per più secoli si mantenne. Autari fu il primo, che gli diede più stabile e certa forma, e che cominciò a dilatare i suoi confini; imperocchè tutta la provincia del Sannio sottopose egli a questo Ducato; e come vedremo, gli altri Re longobardi suoi successori per mezzo de' Duchi maravigliosamente l'accrebbero. Benevento ebbe la fortuna d'esser capo e metropoli di un tanto Ducato, non per elezione, nè perchè forse nel Regno d'Autari questa città s'innalzasse tanto sopra tutte le altre città di quelle province, che poi dominò, onde forse per questa sua eminenza avesse avuto d'anteporsi a tante altre: vi erano nel Sannio altre città non meno celebri ed antiche, come Isernia, Boiano ed altre; ed assai più ragguardevoli ve n'erano nella Campagna; all'incontro Benevento quantunque a tempo de' Romani fosse stata una delle più celebri Colonie, che avesse quella Repubblica; nulladimeno per le invasioni dei Gotipatì sovente di quelle calamità, che soglion nascere da sì strani ravvolgimenti, nè in tempo di costoro riteneva più quella sua antica dignità, anzi sotto il Regno di Totila per aver fatto demolire questo Principe le sue mura, si ridusse in istato pur troppo lagrimevole. Fu dunque per certo fato, e per sua prospera fortuna, che Benevento, costituita sede di questo Ducato, si rendesse da poi capo e metropoli delle province a se vicine; ma questo pregio lo venne ad acquistar molto da poi. Ben ne' tempi, nei quali scrisse Varnefrido, avea questa città innalzata la fronte sopra tutte l'altre; ma questo fu due secoli dopo il Regno d'Autari. Per la qual cosa, quando questo Autore, descrivendo le diciassette province di Italia, e collocando nel Sannio Benevento, nomò questa città capo delle province circonvicine, ciò disse avendo riguardo a' tempi, che scriveva, ne' quali la sede di questo Ducato s'era resa amplissima e ricchissima, e Benevento fu innalzato ad esser capo non pur d'una, ma di molte province, come del Sannio, della Campania, della Puglia, della Lucania e de' Bruzj, o in tutto, ovvero in parte, come appresso diremo. Siccome tutto a rovescio, quando questo Scrittore collocò Benevento nel Sannio, ciò non fece riguardando i tempi, ne' quali dominarono i Longobardi, ma tenne presente la vecchia descrizione d'Italia de' tempi degli antichi Sanniti, poichè secondo l'altra più recente di Augusto, come ce n'assicura Plinio, Benevento non nel Sannio, ma nella Puglia era collocato; e nelle altre descrizioni seguite appresso, si vide questa città posta dentro a' confini della Campania; ond'è che negli atti di Gennaro, quel Santo Vescovo di Benevento, oggi primo tutelare di Napoli, osserviamo, che patendo egli il martirio sotto Diocleziano, fu al Preside della Campania, cui appartenevasi, commesso quell'affare. E ritroviamo ancora, che Ausonio favoleggiando di coloro, che mutarono sesso, e narrando che in Benevento non avea molto tempo, che un giovanetto divenne femmina, chiamò Benevento città Campana.

Nec satis antiquum, quod Campana in Benevento

Unus epheborum virgo repente fuit.

E per questa ragione nell'Itinerario, che s'attribuisce ad Antonino, il confine della Campania si figge ad Equo Tutico, che secondo l'osservazione di Filippo Cluverio, è quella città, che noi oggi volgarmente chiamiamo Ariano, posta più in là di Benevento; come sono le parole dell'Itinerario: A Capua Equo Tutico M. P. LIV. ubi Campania limitem habet. Caudit M. P. XXI. Benevento M. P. XI. Equo Tutico M. P. XXI.

Nè per altra ragione ancora avvenne, che i Beneventani, come s'è detto, posero più marmi cogli elogi de' Consolari della Campania, siccome altresì facevano i Campani, i Napoletani e le altre città, che dal Consolare della Campania eran governate. Da' quali documenti manifestamente apparisce, per qual ragione l'altro Gennaro pur Vescovo di Benevento, essendo anch'egli intervenuto nel Concilio di Sardica celebrato nell'anno 347, e correndo allora il costume di sottoscriversi i Vescovi col nome della propria città e della provincia, ove quella era posta, si fosse ivi sottoscritto in questa forma: Januarius a Campania de Benevento.

Non altrimente fece Varnefrido, quando ci descrisse le diciassette province d'Italia, rappresentandole siccome le ritrovò nella notizia dell'uno e dell'altro Imperio, fatta sotto Teodosio il Giovane intorno l'anno del Signore 440, poichè ne' suoi tempi le province di Italia, ancorchè ritenessero i medesimi nomi presso agli Scrittori, come anche facciamo oggi, che per ostentar erudizione nello scrivere, non pur ricorriamo a' tempi di Teodosio, ma a più alto principio volgendoci, diamo i nomi a ciascuna delle dodici nostre province, che oggi compongono il Regno, secondo erano ne' tempi della libera Repubblica, con nomare i loro Popoli, Sanniti, Lucani, Hirpini, Salentini e simili; nulladimeno era variata in tutto la loro amministrazione, e fu divisa l'Italia in più Ducati, che non furono prima province; onde avvenne, che di quello, che ora è Regno, e che prima non era diviso, che in quattro province, se ne fossero da poi formate dodici, che acquistarono altri nomi ed altri confini, come nel proseguimento di questa Istoria vedremo.

Or ritornando in cammino, l'istituzione di questo Ducato, se si riguardano i suoi bassi principj, fu a caso, non ad arte, in Benevento stabilita, siccome furono non solo tutti gli altri Ducati minori da' Longobardi in diverse città istituiti, ma quel di Friuli ancora, e l'altro di Spoleti; e siccome sogliono essere tutte le altre cose di questo Mondo: che se si riguarda la lor origine, sorte a caso da tenuissimi principj si innalzano al sommo, ove poi giunte, uopo è che retrocedano, ed allo stato di prima ritornino, come portano le leggi delle mondane cose; leggi indispensabili, alle quali l'umana sapienza non vale ad opporsi, nè a darvi riparo. Non è però, che stabilite col correre degli anni le fortune de' Longobardi in Italia, avendo i loro Re scorto, che il perpetuare con lunga serie tanti Ducati, sarebbe tener troppo diviso il loro Regno, non pensassero da poi d'estinguerne moltissimi, e ritener quelli solamente, che potevano più giovare alla conservazione dello Stato. In fatti Varnefrido istesso ne accerta, che a' suoi tempi molti erano estinti, non facendo questo Scrittore ne' seguenti anni della sua istoria menzione d'altri Ducati, se non di quello di Trento, di Turino, di Bergamo, di Brescia e di questi altri tre, che sopra tutti s'estolsero, cioè di Spoleti, di Friuli e questo di Benevento.

Nè egli è fuor di ragione il credere, che questi ultimi tre sopra tutti gli altri si fosse procurato avanzargli, perchè stando così distribuiti, veniva il Regno a conservarsi con più sicurtà, ed a poter estendere assai più oltre i suoi confini: imperocchè essendo situato il Ducato del Friuli all'ingresso dell'Italia, si potesse quindi con maggior prontezza resistere alle incursioni di straniere genti, che tentassero invaderla: dall'altro di Spoleti, collocato in mezzo l'Italia, si potesse con più facilità contrastare a' moti de' Romani e de' Greci, da' quali in Ravenna e in Roma fortificati, venivan sovente con varie scorrerie molestati: ed il terzo di Benevento era posto a reggere l'inferior parte d'Italia, donde si potesse fare argine a' Greci stessi, ed a' Romani, da' quali spesso per questi lati marittimi erano assaliti, ed in continue guerre esercitati. Per la qual cosa Matteo Palmerio accuratamente ci rappresentò la politia e forma del governo de' Re longobardi, quando disse, che avendo costituita la loro Reggia in Pavia, avevano varj Principati per Italia distribuiti, a' quali preponevano i Duchi; fra' quali i più cospicui, e per successione osservati, erano quel di Friuli nell'ingresso dell'Italia, l'altro di Spoleti posto quasi nell'umbilico di quella, ed il terzo di Benevento per regger l'inferior parte della medesima; dappoichè questi tre Ducati furono sempre a' Re sottoposti, e con uno spirito e colle medesime leggi si governavano, formando una sola Repubblica, ed in questa maniera stabiliti si renderon più celebri, e pian piano stendendo i lor confini (nel che sopra tutti gli altri s'avanzò quel di Benevento) poterono lungamente conservare in Italia il dominio de' Longobardi.

Nel registrare i fatti de' Duchi di Benevento noi seguiremo l'ordine de' tempi, e degli anni tenuto dal diligentissimo Pellegrini, come quegli ch'è più accurato di tutti gli altri, eziandio dello stesso Varnefrido; e ponendo noi il principio del Ducato di Zotone nell'anno del Signore 571 non nell'anno 585, come fece Varnefrido, il quale però confessa ancor egli, che il di lui dominio durò anni venti, tempo certamente che è il più sicuro: verremo perciò a mettere il suo fine nell'anno 591 non nel 605 o nel 598 come fa il Sigonio. Laonde quel che questo Scrittore narra del sacco, e della preda di Crotone, che indubitatamente sortì nell'anno 596, non sotto Zotone, ma sotto Arechi suo successore avvenne; donde manifestamente si veggono gli abbagli, che nascono, e de' quali non si avvide l'istesso Sigonio, se si voglia fissare il principio del Ducato di Zotone, com'ei fece, nell'an. 589 poichè il fine del suo Ducato, e la sua morte avrebbe egli dovuto porre nell'anno 609 dopo scorsi li 20 anni, non come fece, nel 598, nel qual anno non ne sarebbon passati più che nove del suo Ducato.

I fatti di Zotone primo Duca di Benevento non meritano commendazione; poichè appena ritornato Autari in Verona, dopo aver sottoposto il Sannio al suo Ducato, e lasciatone a Zotone il governo, ci diede saggi ben chiari della sua rapacità, ed ancora della poca sua religione, per quanto dal seguente fatto si può comprendere. Il monasterio Cassinese, 60 anni prima edificato da S. Benedetto, così per la fama del suo fondatore, come per la santità e dignità de' Monaci, assai celebre al Mondo, aveva tirato a se la munificenza di vari Principi, che con donazioni grandissime avevanlo meravigliosamente arricchito: Zotone uomo avarissimo, co' suoi Longobardi, avido di queste ricchezze, improvvisamente di notte l'assalì, e non contento della preda, e d'averne tolto tutto ciò, che più di pregevole v'era, devasta e getta a terra l'edificio; e mentre i Longobardi sono tutti intenti alla preda, ebbe campo Bonito, che n'era allora Abate, di fuggir con i suoi Monaci in Roma, ove accolti con molta benignità da Pelagio Papa, ed assegnate loro alcune stanze vicino Laterano, quivi si fabbricarono essi un monastero, dove per cento trenta anni si formarono, e rimase intanto quel monastero di Cassino abbandonato per tutto questo tempo, infinochè Petronace ai conforti di Gregorio II, ne prese cura. Costui avendovi ridotti molti Monaci e Nobili, che l'elessero Abate, rifece l'abitazione, e lo restituì alla pristina dignità.

Il sacco di questo monastero non può porsi in dubbio, che da Zotone fu commesso non molto tempo prima della sua morte, verso la fine di quest'anno 589 come quello, che accadde sotto Pelagio Papa, il qual morì nell'anno 590, non molto innanzi che S. Gregorio M. scrivesse i suoi Dialoghi, ne' quali, facendo menzione di questo sacco, lo narra come d'un successo di fresco accaduto; ed è costantissimo, come accuratamente osservò il Baronio, che S. Gregorio scrisse i suoi Dialoghi nell'anno 593, onde si vede apertamente l'errore di Varnefrido, che pone questo fatto nell'anno 605, e l'altro di Sigiberto, che questa devastazione vuol che sia seguita nell'anno 596, non avvertendo il testimonio certissimo di S. Gregorio, e quel che si raccoglie dalla Cronica di Lione Ostiense; ciò che meriterebbe un più lungo discorso, ma supplirà quello dell'Abate della Noce, che esaminò con molta diligenza questo punto.

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