CAPITOLO III.

Di Agilulfo IV. Re de' Longobardi; e di Arechi II. Duca di Benevento.

Mentre queste cose accadevano nelle nostre province, Autari non avendo potuto ottener per moglie la sorella di Childeberto Re di Francia, la quale fu da questo Principe sposata a Recaredo Re di Spagna da poi che ebbe costui abbracciata la fede cattolica, e con memorabil esempio discacciato l'Arrianesimo da' suoi Regni; rifiutato dunque Autari da Childeberto, dimandò a Garibaldo Re de' Bajoari la figliuola Teodolinda per isposa: femmina prudentissima, le cui eccelse virtù dovranno sovente rammentarsi in questa Istoria; ed avendola nell'anno 590 sposata in Verona, fu da poi questo Principe intrigato in una nuova guerra co' Franzesi; poichè Childeberto volendo restituirsi nel perduto onore per la sconfitta ricevuta gli anni precedenti, ritornò con potente esercito in Italia, e fu tanto il terrore delle sue armi e le promesse, che molti Duchi longobardi si ribellarono: si diede al suo partito Minolfo Duca di Novara, Gandolfo Duca di Bergamo, e Valsari Duca di Triviggi. Narrasi, che in questi tempi, occupata Pavia da Papio Duca de' Franchi, ne avesse questa città preso il nome, che oggi tuttavia ritiene, e fossesi abolito l'antico di Ticinum. Ma non fu più felice dell'altre questa impresa de' Franzesi, poichè infestato il loro esercito dal morbo di disenteria, essendosi Autari con suoi Duchi ben munito nelle sue Piazze, i Franzesi, ancorchè per tre mesi andassero vagando per l'Italia, alla fine incrudelendo il morbo, furon astretti ritornare alle paterne case; onde Autari prese il tempo opportuno di far dimandar la pace a Childeberto da Guntrando Re di Francia zio del Re Childeberto, il quale si frappose per trattarla: ma non passò guari, che Autari fu tolto a' mortali, poichè partitosi da Verona per Pavia, gli fu data una bevanda attossicata onde finì la vita in settembre di questo stesso anno 590, dopo aver regnato in Italia poco men che sei anni. I Longobardi intesa la morte del loro Principe, tosto raunati in Pavia, pensarono all'elezione del successore, ed intanto mandarono Ambasciadori a Guntrando, dandogli avviso di questo successo, e insieme a pregarlo, che proseguisse i suoi uficj interposti per trattar la pace con Childeberto suo nipote: ma venutosi all'elezione d'un nuovo Principe, non parendo loro d'averne alcuno, che fosse ben atto a sostener questa dignità, deliberarono, che Teodolinda gli governasse, e a colui ch'ella s'eleggesse per marito fra i Duchi, si conferisse la regal dignità. Fra i Duchi longobardi era allora al Ducato di Torino preposto Agilulfo, Principe di sangue ad Autari congiunto, ed in cui alla bellezza del corpo s'accoppiava anche quella dell'animo veramente regio, e adatto a qualunque governo: Teodolinda fra tanti trascelse costui, che con universal giubilo, stabilite le nozze, fu da tutti per Re proclamato.

Fra le molte e pregiate doti di Teodolinda, non fu riputata la minore in questi tempi, essere stata ella zelantissima della religion cattolica, nella quale era allevata e nudrita, onde ne divenne carissima a S. Gregorio M. il quale le mandò i quattro libri delle Vite de' Santi, che avea composto, siccome quegli, che la conosceva affezionata alla fede di Cristo, non meno che costumatissima ed eccellente in tutte le buone arti; e ancorchè fossero riusciti vani tutti i di lei sforzi per ridurre Autari, suo primo marito, a rinunziare l'Arrianesimo; nulladimeno credè non dover ritrovare in Agilulfo la stessa durezza, non solamente per le sue pieghevoli e dolci maniere, ma molto più per la gratitudine d'averlo al Trono innalzato: abbraccia per tanto Agilulfo la religion cattolica, e seguitando i Longobardi l'esempio del loro Principe, moltissimi di loro detestarono, chi il Gentilesimo, altri l'Arrianesimo, de' quali eran infetti, e renderonsi cattolici; e potè tanto in Agilulfo il zelo di questa religione, che a' conforti di Teodolinda rifece molti monasterj, e molte chiese ristorò, le quali per le passate guerre eran poco men, che distrutte, e donò a quelle molte possessioni, restituendo l'onore e la riputazione a' Vescovi, i quali, quando i Longobardi erano nell'errore del Paganesimo furono in depressione, ed abbietti.

§. I. Di Arechi II. Duca di Benevento.

Nel Regno di Agilulfo, conforme al conto del Pellegrini, in quest'anno 591 accadde la morte di Zotone Duca di Benevento, celebre più per la sua rapacità e per lo memorabil sacco del monastero Cassinese, che per altro; onde per la costui morte fu dal Re Agilulfo nel Ducato di Benevento eletto Arechi congiunto per consanguinità a Gilulfo Duca del Friuli. Secondo la politia introdotta da Autari nel Regno de' Longobardi in Italia, non solevan questi Duchi levarsi, se non o per fellonia, o per morte; e dopo la morte venne anche ad introdursi, di anteporre a qualunque altro i figliuoli del morto, se il Re gli reputava abili: così veggiamo, che dopo il lungo Ducato di questo Arechi, che durò cinquant'anni, succedè nello stesso Ajone suo figliuolo; e accadendo di morire il Duca senza figliuoli, il Re, o eleggeva altri in luogo suo, ovvero estingueva il Ducato, senza surrogarvi successore. Il che s'osserva essersi cominciato a praticare negli ultimi anni del Regno di questo Principe: ciocchè facevano essi per ragion di Stato, fomentata dall'ambizione de' Duchi, i quali bene spesso tentavan di scuotere il giogo della dipendenza, e rendersi assoluti; onde furon obbligati a pensare di sopprimere, quando potevano, molti di questi Ducati, tanto che pian piano gli ridussero a ben pochi, ritenendo solamente quelli, che potevano, come s'è di sopra osservato, giovare alla maggiore sicurità e custodia del Regno. Tanto maggiormente, che i Re longobardi non meno per le guerre esterne di straniere Nazioni, quanto per quelle, che venivan mosse dai loro proprj Duchi, erano in continue sollecitudini ed angustie, come si è veduto nel Regno d'Autari, e potrà osservarsi in questo d'Agilulfo, il quale dopo avere nell'anno 600 di nostra salute, fatta la pace co' Romani, e dopo avere ristabilita la lega con Teodiberto nuovo Re di Francia,ebbe a combattere coi suoi Duchi, ch'eransegli ribellati, e con memorando esempio sconfitti che gli ebbe, senza che potessero trovar perdono, privò di vita tre di loro, Zangrulfo in Verona, Gandolfo in Bergamo, e Varnecauso in Pavia.

Per questa ragione, mancando per morte o per fellonia alcuno di essi, o procuravan surrogarvi altri, della cui fedeltà ed amore eran ben certi, come fece Agilulfo, quando morto Eoino Duca di Trento, surrogò in quel Ducato Gondoaldo uomo cattolico, ed insigne per la sua pietà: ovvero non curavan darvi successore, siccome avvenne al Ducato di Crema, al quale, morto Cremete senza figliuoli, non se gli diè successore.

Il Ducato beneventano sotto il governo d'Arechi, che fu il più lungo di quanti mai ne furono, durando cinquant'anni, dal 591 infino al 641 stese molto i suoi confini, tantochè secondo Paolo Emilio, ed altri Scrittori, i suoi termini da un lato s'estesero insino a Napoli, e dall'altro sino a Siponto, la qual città dopo il Ponteficato di Gregorio M. si rendè anche a' Longobardi, ed al Ducato beneventano fu aggiunta. Nè infino a questi tempi allargò egli tant'oltre i suoi confini, quanto fortunatamente gli distese poi negli anni seguenti, allorchè abbracciaron quasi tutto quello, ch'è ora Regno di Napoli. Nè perchè i Longobardi sotto questo Duca di Benevento, che secondo l'Epoca del Pellegrino non potè esser certamente Zotone, ma Arechi, avesser presa e saccheggiata la città di Crotone, e fatti quivi molti prigionieri, dovrà dirsi, che fin da questi tempi i suoi confini verso Oriente si fossero stesi sino a Crotone; poichè il costume dei Longobardi era, quando loro non riusciva di conquistar Piazze, nelle quali potessero mantenervisi, e lasciarvi presidio, di scorrere a guisa di predoni il paese e saccheggiarlo, con portarsi seco i paesani, che riducevano in cattività, e n'esigevan grosse somme per gli riscatti: comeappunto avvenne a' Crotonesi, che per ricomprarsi fu d'uopo sborsar gran denaro; e da una epistola di S. Gregorio M., ove, deplorandosi la cattività de' medesimi, si leggono gli sforzi, che da questo Pontefice si facevan per riscattargli, si conosce chiaramente, che presa ch'ebbero questa città, dopo averla saccheggiata, carichi della preda, si condussero con esso loro molti nobili, non perdonando, nè ad età nè a sesso, e la lasciarono, nè vi posero presidio, essendo allora molto lontana da' confini del loro Ducato, ed in mezzo all'altre città de' Greci loro inimici. Fu questo un costume praticato anche fra' Cattolici, i quali ancorchè non riducessero in servitù i presi, solevano nondimeno custodirgli infino che non fossero con denaro riscossi: di che rendono a noi testimonianza gravissimi Autori. Non dee perciò riputarsi acerbità o furor de' soli Longobardi, i quali, parte Gentili, ed altri Arriani, praticassero lo stesso co' loro nemici. Così anche sotto Zotone, non perchè dessero il sacco al monastero Cassinese, s'allargò in quel tempo questo Ducato tanto verso quella parte, come si stese da poi: e per questa ragione ancora più sconcio error sarebbe, se fin da' tempi d'Autari Re volessimo dire che il Ducato beneventano si fosse disteso sino a Reggio, perchè Autari infino a quest'ultima parte facesse correre il suo stendardo; poichè da questo stesso e da ciò che narrasi aver detto questo Principe quando coll'asta percosse quella colonna, che fin quivi dovea egli stendere i confini del suo Regno, si conosce manifestamente, che allora tutti que' luoghi erano, come furono per molto tempo da poi, sotto la dominazione degl'Imperadori d'Oriente.

Ecco come quello, che ora è Regno di Napoli, in questi tempi non riconosceva, come prima un sol Signore ed un sol Principe, ma ben due. Il Ducato beneventano ubbidiva al suo Duca immediatamente, e per lui al Re de' Longobardi. La Puglia e la Calabria; la Lucania ed i Bruzj; il Ducato napolitano; quelli di Gaeta, di Sorrento, di Amalfi, e gli altri Ducati minori, a' loro Duchi immediatamente, e per essi all'Esarca di Ravenna, e agl'Imperadori di Oriente.

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