CAPITOLO IV.

Del Ducato napoletano, e suoi Duchi.

Poichè nel Ducato napoletano abbiamo de' Duchi, che lo ressero, una continuata serie, e fu quello, che solo restò esente dalla dominazione de' Longobardi, e che poi, estinti gli altri Ducati minori, abbracciò molte città ch'eran in quelli comprese, onde perciò si rendè anche più cospicuo, non sarà fuor di proposito, che parlando de' Duchi di Benevento, nel tempo stesso si parli di quelli di Napoli; perchè si conoscano in ciò le vicende delle mondane cose, come per le continue guerre, ch'ebbero questi popoli, i Beneventani co' Napoletani, avanzandosi sempre più il Ducato di Benevento, quel di Napoli all'incontro, e la dominazione de' Greci in tutto il resto dell'altre province venisse ad estenuarsi: e come da poi siasi veduto, che del Ducato di Benevento appena siane a noi rimaso vestigio, ed all'incontro Napoli si fosse innalzata tanto, sino ad esser non pur Capo di un picciol Ducato, quale era, ma Capo e metropoli d'un vastissimo e floridissimo Regno, qual oggi con ammirazione e stupore di tutti si ravvisa.

Il Ducato napoletano, che nel suo nascere ebbe angustissimi confini, la città sola di Napoli colle sue pertinenze abbracciando, ne' tempi di Maurizio Imperadore d'Oriente, fece notabili acquisti: poichè questo Principe aggiunse stabilmente al suo dominio l'isole vicine, come Ischia, Nisida, e Procida, nella cui possessione confermò i Napoletani, siccome scrive S. Gregorio M.. S'aggiunsero da poi Cuma, Stabia, Sorrento, ed Amalfi ancora, la quale insino a' tempi di Adriano Papa, e di Carlo M. fu del Ducato napoletano, come è chiaro per una epistola di quel Pontefice rapportata dal Pellegrini; tanto che ridotto questo Ducato quasi in forma d'una provincia, venne volgarmente chiamato anche Campania: onde sovente il Duca di Napoli dicevasi Dux Campaniae, come S. Gregorio chiama Scolastico Dux Campaniae; ed altrove Gudiscalco Dux Campaniae. Questa abbracciava molte città di quel lido, che a' Napoletani, ed al lor Duca eran soggette; ed i Vescovi di queste città solevan perciò appellarsi Vescovi Napoletani; ond'è, che sovente nell'epistole di questo Pontefice si legga: Episcopis Neapolitanis.

Non potè stendere più oltre i suoi confini verso Occidente, Settentrione, o Oriente; poichè il Ducato beneventano già verso quelle parti stendeva, fatto potente, le sue forti braccia: Capua col suo territorio infino a Cuma, ed a' lidi, che non han porto, di Minturno, Ulturno, e Patria, detta anticamente Linterno, era già passata sotto la dominazione de' Longobardi. Non molto da poi stesero i Longobardi i confini del Ducato beneventano infino a Salerno; e molte altre città verso Oriente insino a Cosenza, con tutte l'altre terre mediterranee furono a' Greci tolte; ed anche questo Ducato napoletano sarebbe passato sotto il dominio de' Longobardi, come passarono nel correr degli anni tutte l'altre città mediterranee del Regno, e da poi le marittime ancora, toltone Gaeta, Amalfi, Sorrento, Otranto, Gallipoli, e Rossano, se due cagioni non l'avessero impedito; ciò sono il non essere i Longobardi forniti di armate di mare, nè molto esperti agli assedj di Piazze marittime; e per aver i Napoletani, per ragion anche de' loro siti, ben fortificata Napoli, e l'altre piazze marittime a loro soggette. Tanto che potrà meritamente vantarsi Napoli col suo picciolo Ducato, che nonostante d'esser passate sotto la dominazione de' Longobardi quasi tutte le città del Regno, toltone quelle poche dianzi rammemorate, e d'essersi renduti i Longobardi signori di quasi tutto ciò, che ora è Regno, non poterono però mai soggiogar affatto i Napoletani, ancorchè da poi negli ultimi anni a' Principi di Benevento fossero fatti tributarj, come nel progresso di questa Istoria diremo: in guisa che non è condonabile l'error del Biondo, che scrisse, i Longobardi non molto tempo dopo il governo de' 36 Duchi avere soggettata Napoli.

Al Ducato napoletano solevansi mandare i Duchi per reggerlo, o da Costantinopoli a dirittura dagl'Imperadori d'Oriente, o pure, quando il bisogno non permetteva d'aspettar molto tempo, che venisse da parti sì remote, l'Esarca di Ravenna, ch'era allora in Italia il primo Magistrato degl'Imperadori greci, soleva egli mandarvelo.

Ne' tempi, ne' quali siamo sotto il Ducato di Arechi, imperando in Oriente Maurizio, essendo Napoli senza Duca, e meditando Arechi insieme con Arnulfo Duca di Spoleti assalirla, S. Gregorio M. a cui molto importava la sua difesa, e che invigilava per gl'interessi dell'Imperadore contro a' Longobardi, dubitando che costoro conquistando il resto d'Italia, ch'era in poter de' Greci, finalmente non soggiogassero Roma ancora, scrisse nel 592 con molta sollecitudine a Giovanni Vescovo di Ravenna, perchè affrettasse l'Esarca a mandar prestamente in Napoli il Duca per difenderla dall'insidie d'Arechi, poichè altrimente egli senza dubbio la vedeva perduta.

E da un'altra epistola di questo stesso Pontefice data nell'anno 599 osserviamo, che non molto tempo da poi fu mandato in Napoli per Duca Maurenzio, il quale con tanta vigilanza si pose a custodir questa città, che oltre ad averla munita con valido presidio, costrinse anche i Monaci a far la sentinella sopra le mura, senza perdonar nemmeno a Teodozio Abate, onde fortemente se ne dolse Gregorio, e perchè l'affliggeva oltre alle sue deboli forze, e perchè avea mandato ancora molti soldati ad alloggiare in un monastero di Monache, costringendo Angela loro Badessa a ricevergli.

Ma essendo stato l'Imperador Maurizio scacciato dall'Imperio nell'anno 602 da Foca, questi si fece acclamare Imperadore dall'esercito nella Pannonia, e giunto in Costantinopoli, vi fu riconosciuto, e fece morire Maurizio co' suoi figliuoli; ed avendo mandato il suo ritratto in Roma, fuvvi parimente acclamato Imperadore, con consenso anche di S. Gregorio, che io riconobbe in Roma, come avea fatto in Costantinopoli il Patriarca Ciriaco. Foca dunque assunto al Trono, in luogo diCallinico, ch'era stato da Maurizio sostituito a Romano, mandò di nuovo in Ravenna per Esarca Smaragdo , ed in Napoli per Duca Gondoino.

Per la morte di Gondoino, fu mandato da Foca in Napoli per Duca Giovanni Compsino constantinopolitano, quegli, che violando la fede al suo Principe, tentò rendersi assoluto signore della città a se commessa; poichè essendo stato ucciso nell'anno 610 Foca, e succeduto nell'Imperio Eraclio suo competitore, non potendo i Ravignani sofferir la superbia e le gravezze di Giovanni Lemigio nuovo Esarca, mandato nell'anno 612 da Eraclio in Ravenna, preser le armi, e tumultuando, con gran concorso di popolo, giunti al palazzo, l'uccisero insieme co' suoi Giudici. Pervenuto questo fatto a notizia di Giovanni Compsino Duca di Napoli, pensò non dovere aspettar miglior occasione per impadronirsi della città; onde tantosto per se occupolla, e con forte presidio munilla contra gli sforzi, che temeva dell'Imperador Eraclio, il quale in fatti, avvisato de' tumulti di Ravenna, e della fellonia di Compsino, mandò subito in Italia per Esarca Eleuterio Patrizio e suo Cubiculario, uom prode di mano, e più di consigli. Questi avendo composti i romori in Ravenna, passò con sufficiente esercito in Napoli, dove entrato pugnando, uccise il Tiranno, riducendola come prima sotto la dominazione d'Eraclio, e lasciatovi nuovo Duca, vincitore in Ravenna fece ritorno.

Non ha del verisimile l'opinione del Summonte, o ciò che egli suspica, che il nuovo Duca lasciato in Napoli da Eleuterio, fosse quel Teodoro, che si porta fondator della chiesa de' SS. Pietro e Paolo, già posta nel quartier di Nido: poichè l'iscrizione greca, che in un marmo ivi si leggeva, e nella quale si nominava per fondator di quella chiesa Teodoro Console e Duca, portando la data della IV indizione, viene a cadere in tempi più bassi, cioè nell'anno 717, nel quale tempo governò questo Duca, come da valenti uomini è stato osservato; ed all'incontro è vero, che Eleuterio fu mandato da Eraclio in Ravenna nell'anno 616 dove poco più di due anni tenne l'Esarcato; poichè nell'anno 619 vi fu mandato Isacio Patrizio per suo successore.

Su questa fellonia di Compsino sono stupende le favole, che i nostri moderni Scrittori hanno inventate: dicono che questo Duca dopo aver occupato Napoli si rendesse ancor signore della Puglia e della Calabria, e d'altri luoghi del nostro Regno: che di più se n'avesse fatto incoronare Re, e che prima andasse a Bari a farsi coronare della corona del ferro, e poscia in Napoli con quella dell'oro: e che perciò egli fosse il primo, che s'avesse usurpato il titolo di Re di Napoli, aggiungendo che i Normanni da poi, coll'esempio di questo I. Re di Napoli, vollero pure farsi prima coronare in Bari colla corona del ferro, e poi in Palermo con quella dell'oro. Sono tutti questi racconti sogni d'infermi. Nè mai Compsino s'insignorì della Puglia e della Calabria, nè d'altre province, le quali per la maggior parte erano passate in questi tempi sotto la dominazione de' Longobardi. Invase egli Napoli solamente colle sue pertinenze; e Paolo Varnefrido narra, che dopo non molti giorni ne fu cacciato da Eleuterio Patrizio. Gran cose dovea far costui in così breve tempo, domando non pure i Greci, ma i Longobardi allora potentissimi; nè presso ad Autori di conto si legge mai, che s'avesse fatto incoronare Re; cosa anche più ridicola è il dire, che fosse andato fino a Bari a prender la corona di ferro, e poi in Napoli quella d'oro; essendo tutto favoloso ciò che si narra di questa coronazione di ferro in Bari, nè da alcuno de' nostri Re mai praticata, come si vedrà chiaro ne' seguenti libri di questa Istoria.

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