Il Ducato napoletano, la Calabria, il Bruzio, ed alcune altre città marittime di queste nostre province si mantengono sotto la fede dell'Imperadore Costantino e di Lione suo figliuolo.
Grandi che fossero state le scosse, che gl'Imperadori d'Oriente ebbero in Italia, il Ducato napoletano, che allora, stendendo più oltre i suoi confini, abbracciava anche Amalfi, il Ducato di Gaeta, quasi tutta la Calabria e 'l Bruzio, rimaser fermi e costanti nell'ubbidienza de' loro antichi Principi: perduto l'Esarcato e tutto ciò che in Italia ubbidiva all'Imperio greco, non per ciò mancò il dominio degl'Imperadori d'Oriente in queste nostre parti. I Napoletani si mantenevano sotto l'ubbidienza de' loro Duchi, chiamati ancora Maestri di soldati, siccome sotto gl'Imperadori d'Oriente erano appellati i Duchi[b]. Questi era un Magistrato greco, che da Costantinopoli soleva destinarsi. Fuvvi in questo secolo Teodoro nell'anno 717 di cui questa città serba anche vestigio, portandosi egli per fondatore della chiesa de' SS. Pietro e Paolo, ora disfatta, siccome dimostrava la lapida che prima ivi si leggeva, ed oggi nella chiesa di Donnaromata. Fuvvi Esilarato. Fuvvi intorno a questi tempi, dopo la morte d'Astolfo, Stefano, il quale avendo per dodici anni governato con tanta prudenza il Ducato di Napoli, morta sua moglie, fu anche fatto Vescovo di questa città.
Nel tempo che Stefano reggeva Napoli in qualità di Duca, avendo l'Imperador Costantino nell'anno 753, come si disse, fatto convocare un Concilio in Costantinopoli di 338 Vescovi, questi stabilirono in quello Concilio un decreto contro l'adorazione delle immagini. Costantino e Lione suo figliuolo associato all'Imperio, fecero per mezzo de' loro editti valere il decreto per tutto Oriente, ed impiegarono anche la forza per l'osservanza di quello: tentarono anche di farlo valere in Occidente, donde nacquero que' disordini e rivolte che si sono vedute: renderonsi per ciò più aspre ed irreconciliabili le contese, e s'inasprirono più l'inimicizie, che passavano allora tra' Pontefici romani, e gl'Imperadori d'Oriente: era in quest'anno 757 morto Papa Stefano, il quale ebbe per successore Paolo. Questi non meno, che i suoi predecessori, era odioso agl'Imperadori d'Oriente, i quali s'erano impegnati a far valere il decreto di quel Concilio, anche nel Ducato napoletano e negli altri luoghi, che ancor rimanevano in queste province sotto la loro ubbidienza. I Napoletani ancorchè avversi ad eseguirlo, come quelli che erano più di tutti gli altri popoli di Italia attaccati all'adorazione delle immagini; nulladimanco perchè ciò non s'imputasse a loro disubbidienza, proccuravano in tutto il rimanente mostrarsi tutto riverenti ed esatti in aderire al volere e potestà dei loro Signori; laonde essendo in questi tempi accaduta la morte del lor Vescovo Calvo, ed essendo stato dal Pontefice ordinato Paolo Diacono della Chiesa di Napoli suo molto amico e familiare, ripugnava l'Imperadore per esser costui aderente al Papa, che fosse ricevuto in quella Chiesa, come quegli che avrebbe in Napoli fatti riuscir vani i suoi disegni di far ricevere il decreto del Concilio di Costantinopoli. I Napoletani aderirono in ciò al volere del loro Imperadore e de' Greci, ed impedirono perciò l'andata di Paolo in Roma per farsi consecrare dal Papa: scorsi nove mesi, Paolo di nascosto andò in Roma, ed il Papa immantenente lo consecrò; ma tornato a Napoli, narra Giovanni Diacono, nella Cronaca de' Vescovi di questa città, che i Napoletani suoi cittadini per l'aderenza che aveano co' Greci, non lo vollero ricevere dentro la città, ma tenuto fra di loro consiglio, lo mandarono fuori, nella chiesa di S. Gennaro, posta non molto lontana dalla città, dove stette per lo spazio di quasi due anni; non mancando intanto così il Clero, come il Popolo universalmente d'ubbidirlo ed averlo come lor Pastore, disponendo egli senza ostacolo delle cose della Chiesa, e facendo ivi tutte le funzioni pontificali. Intanto i Nobili, scorgendo che per l'assenza di un tanto lor Pastore, la città languiva, si risolsero tutti finalmente d'introdurlo nella città, e con molta letizia e celebrità andarono a prenderlo, e l'introdussero nel Vescovato, dove, dopo avere governata la sua Chiesa per due altri anni, finì i giorni suoi. Si scusarono essi coll'Imperadore, allegando di non potere maggiormente soffrire la vedovanza della Chiesa.
Per la morte di Paolo i Napoletani elessero nell'anno 764 l'istesso Duca Stefano per lor Vescovo: questi ancorchè eletto Vescovo, non lasciò il Ducato, ma lo governò insieme con Cesario suo figliuolo, che l'assunse per suo collega. Cesario premorì all'infelice padre; onde Stefano continuò solo il governo fin al 791, anno della sua morte. Teofilatto gli succedette nel Ducato. Costui era suo genero, come quegli che s'avea sposata Euprassia sua figliuola; ed avealo anche, dopo Cesario, fatto suo collega, onde morto Stefano, restò egli solo Console e Duca. A Teofilatto succedette nel fine di questo secolo Antimio, di cui si narra, che nel tempo del suo Consolato avesse costrutta in Napoli la chiesa di S. Paolo Appostolo, ed il monastero de' SS. Quirico e Giulitta. Questi furono i Duchi che ressero in quest'ottavo secolo il Ducato napoletano per gl'Imperadori d'Oriente, a' quali ubbidiva. Furono anche nomati Consoli. Ma come i Duchi di Napoli si chiamassero anche Consoli, niuno de' nostri Scrittori, per quel ch'io ne sappia, ebbe curiosità di saperne la cagione.
Il nome di Console, dagl'Imperadori romani e da poi dagl'Imperadori d'Oriente tenuto in tanto pregio, e del quale essi s'adornavano, negl'ultimi anni dell'Imperio greco, fu da costoro disprezzato e finalmente affatto tralasciato. Il vedere, che di quello valevansi anche i Principi da essi riputati barbari ed usurpatori dell'Imperio, glie lo fece deporre. Carlo M. per mostrare esser egli succeduto a tutte le ragioni e preminenze degli antichi Imperadori d'Occidente, ne' suoi titoli se ne fregiava: il simile fecero tutti gli altri Imperadori franzesi suoi successori: al costoro esempio lo stesso fecero gl'Imperadori italiani Berengario Duca di Friuli e Guido Duca di Spoleti. In fine sino i Saraceni, da poi ch'ebbero acquistata la Spagna, ad esempio degl'Imperadori di Costantinopoli, vollero pure chiamarsi Consoli. Abderamo Re de' Saraceni in Ispagna, che cominciò a regnare in Cordova nell'anno 821, Maomat suo figliuolo e successore nel Regno, secondo che ce n'accertano l'opere di S. Eulogio, ne' loro diplomi notavano non meno gli anni del loro Imperio, che del Consolato. Anzi nel nono secolo della Chiesa, siccome nell'Oriente gl'Imperadori creavano altri Consoli onorarj, così i Re saraceni non solo se medesimi, ma anche i principali Magistrati del loro Regno chiamavano Consoli. Quindi nacque che secondo il fasto de' Greci, questi non potendo comportare che titolo sì spezioso fosse usurpato da Nazioni straniere e barbare, si proccurò avvilirlo, e davanlo a' loro Magistrati, ancorchè di non molto eminente grado, insino che essi poi, secondo che prova l'accuratissimo Pagi, intorno l'anno 933 non lo deponessero affatto; donde avvenne che un'ombra ed immagine di quella dignità e titolo rimanesse in molti loro Uficiali, e si vedesse così diffuso in tanti Ordini, anche di persone private.
I Saraceni solevano dar questo nome agli Ammiragli di mare; onde poi avvenne che coloro ch'erano preposti agl'Emporj ed a' Porti, si chiamarono Consoli; e Codino, Pachimere e Gregoras osservano, che il Magistrato de' Pisani e degli Anconitani, che dimoravan in Costantinopoli, eran chiamati Consoli. Quindi il Consolato di mare, e quindi negli Autori della bassa età, rapportati nel Glossario di Dufresne, questo nome lo vediamo sparso nelle Comunità, tra' Giudici, e varj Ordini di persone, insino agli artegiani. Non dee dunque sembrar cosa nuova e strana, se in questo ottavo secolo il nome di Console proprio degl'Imperadori, e prima cotanto illustre e rinomato, si senta nelle persone de' Duchi di Napoli, Uficiali ch'erano dell'Imperio greco, al quale questo Ducato ubbidiva.